Di Antonella Randazzo
Le nostre autorità dai pulpiti ci dicono che siamo in democrazia.
Ma se siamo davvero in democrazia come mai c’è tutto questo controllo sulle ricerche storiche e sulle opinioni? Come mai una persona come il Prof. Antonio Caracciolo, che non ha mai fatto del male a nessuno, si trova ad essere trattata come fosse colpevole di qualcosa di tremendo?
E che dire di questo pseudo-giornalista Marco Pasqua (vedi http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/cronaca/prof-olocausto/prof-olocausto/prof-olocausto.html ) che scrive articoli diffamanti sapendo di avere dalla sua il sistema? Che dire dei giornalisti di regime che non saranno mai veramente amati dalla gente ma non si troveranno mai senza lavoro o malpagati grazie alla loro capacità di sottomettersi al potere? Questo giornalista, prima di scrivere i suoi articoli-spazzatura, buttando fango su una persona rispettabile, si è documentato? Ha letto qualche libro di storici indipendenti, che mostrano una Storia ben diversa da quella studiata a scuola? E non mi sto riferendo soltanto al fenomeno detto “Olocausto”.
Mi viene in mente la nota scrittrice Hannah Arendt, che negli anni Sessanta scandalizzò tutti quando disse che Adolf Eichmann, il feroce e crudele nazista, in realtà non era un “mostro”, e nemmeno un uomo molto diverso dagli altri. La scrittrice intendeva dire che molti esseri umani possono agire in modo malvagio semplicemente per sottomissione al contesto ideologico in cui si trovano, oppure perché persone “banali”, comuni, a tal punto da obbedire ciecamente alle autorità. Non si sta dicendo che i nazisti fossero innocenti, ma che dietro a persone che ci appaiono “normali” si può celare colui che, per interesse, per opportunismo o per sottomissione, può agire in modo malvagio, danneggiando una o più persone.
Ad esempio, il giornalista Marco Pasqua ricorda la cattiveria di diversi giornalisti dei tempi di Falcone, che per sottomissione al regime dicevano peste e corna di persone rispettabili.
Come tutti sanno, il Pool Antimafia riuscì a fare in modo che si avesse un maxiprocesso contro la mafia, un evento importantissimo perché dette agli italiani una forte speranza di sconfiggere la mafia.
Dopo il maxiprocesso si scatenò una vera e propria persecuzione contro il pool. Giornalisti di ogni colore politico scrissero cose infamanti e disoneste.
La richiesta di Falcone di entrare nell'ufficio istruzione, soltanto un mese dopo la sentenza del maxiprocesso (18 gennaio 1988) fu bocciata. Sarà nominato Antonino Meli, che scioglierà il pool e distruggerà in pochi mesi il lavoro fatto dai giudici.
Il gruppo di giudici istruttori fu ridotto ad un organo esecutore delle direttive di Meli, e coloro che avevano fatto parte del pool furono oggetto di una campagna denigratoria, anche per evitare che la nuova situazione venisse scoperta da tutti, che così avrebbero appreso con chiarezza le strategie dello Stato per evitare la distruzione della mafia.
Meli, oltre a smantellare il lavoro del pool, cercherà di rivolgere accuse del tutto infondate a Falcone. Lo accuserà di non aver agito in modo giusto verso gli imprenditori Costanzo, ma in realtà contro di essi Falcone non aveva alcuna prova concreta.
Puntare il dito sui magistrati del pool sarebbe servito anche a nascondere le malefatte di Meli. Nessun giornale criticò o accusò mai Meli e altri magistrati come Giammanco di aver intralciato la lotta alla mafia, eppure ciò corrispondeva a verità e avrebbe trovato conferma da parte di molti magistrati. L'obiettivo vero era quello di delegittimare la magistratura antimafia.
Dopo il maxiprocesso i media si scatenarono, iniziando ad alimentare critiche, diffidenza e sospetto verso gli uomini del pool, per screditarli agli occhi dell'opinione pubblica. Era come se esistessero due fronti all'interno delle stesse istituzioni: uno portava la novità di una cultura del progresso morale e civile e l'altro spingeva per distruggerla. In realtà, il secondo fronte era sostenuto soltanto dalle autorità che avevano creato il fenomeno mafioso, e dai loro complici, che traevano vantaggi di vario genere. La società civile era compatta contro la mafia, ed era proprio questo che spaventava le autorità.
In particolare fra il 1987 e il 1992 (fino a pochi mesi prima della morte di Falcone), i giornali si scatenarono nel seminare diffidenza e sospetto contro i giudici antimafia. Giornali come "Repubblica" scrivevano: "Non si capisce come mai Falcone non abbandoni la magistratura... s’avverte l’eruzione d’una vanità, d’una spinta a descriversi, a celebrarsi, come se ne colgono nelle interviste dei guitti televisivi"(firmato Sandro Viola). "L'Unità", due mesi prima della morte di Falcone, scriveva:
“Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché... La collaborazione tra il magistrato e il ministro si è fatta così stretta che non si sa bene se sia il magistrato che offre la sua penna al ministro o se sia il ministro che offre la sua copertura politica al magistrato. La prima deduzione è che fra i magistrati è diffusa l’opinione secondo cui Falcone è troppo legato al ministro per poter svolgere con la dovuta indipendenza un ruolo come quello di procuratore nazionale antimafia; la seconda deduzione è che tale opinione sarebbe accentuata, e quasi verificata se, in sede di concerto, il ministro si pronunciasse a favore di Falcone e contro tutti gli altri”. (1)
Lino Jannuzzi, sul "Giornale di Napoli" scriveva di Falcone e Borsellino:
“E` una coppia la cui strategia, passati i primi momenti di ubriacatura per il pentitismo ed i maxiprocessi, è approdata al più completo fallimento: sono Falcone e De Gennaro i maggiori responsabili della débâcle dello Stato di fronte alla mafia... l'affare comincia a diventare pericoloso per noi tutti... dovremo guardarci da due 'Cosa nostra', quella che ha la Cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma...sarà prudente tenere a portata di mano il passaporto”.(2)
Il "Resto del Carlino" scriveva:
“Inaffidabile e Martelli – dipendente. Così si possono riassumere in sostanza le imputazioni del Csm a Giovanni Falcone. Sono i capi d’accusa che gli hanno fatto preferire Agostino Cordova per l’incarico di superprocuratore antimafia. Secondo la commissione, insomma, la fama di magistrato antimafia, che ha accompagnato Falcone fino alla direzione generale degli Affari penali al ministero, è semplicemente usurpata.”(3)
Falcone e Borsellino furono costretti a lavorare in solitudine e in un clima di sospetto e diffidenza, come se la lotta alla mafia fosse un loro fatto privato, e come se non avessero diritto al massimo rispetto per aver scelto un percorso che li costringeva ad una vita "blindata". Il giornalista Giommaria Monti, nel libro “La calunnia”, spiega che contro Falcone si ebbe un vero e proprio linciaggio operato attraverso i media ufficiali: "Non vi è dubbio che Giovanni Falcone fu sottoposto a infame linciaggio, prolungato nel tempo, proveniente da più parti, gravemente oltraggioso nei termini, nei modi e nelle forme, diretto a stroncare per sempre, con vili e spregevoli accuse la reputazione e il decoro professionale del valoroso magistrato".(4)
Dopo la morte di Falcone nessuno dei giornalisti che lo avevano infamato chiese mai scusa per le cattiverie e le maldicenze che avevano amareggiato i giudici del pool, tutti rimasero al loro posto, continuando a servire i loro padroni.
Oggi i giornalisti di regime fanno lo stesso: agiscono con malvagità verso persone di tutto rispetto per carriera, opportunismo, servilismo, ecc.
Insieme ai politici, formano un bel quadretto che non avrebbe nulla da invidiare ai fascisti in quanto a corruzione, involuzione civile, ignoranza e metodi disonesti.
Ormai da diversi anni è stata creata ad oc una persecuzione contro gli intellettuali indipendenti al fine di scongiurare il pericolo che queste persone danneggino la propaganda storica creata dai vincitori dell’ultima guerra mondiale.
Si accusano gli storici o gli intellettuali indipendenti di essere nazisti oppure di voler attuare un altro genocidio come quello ebreo. Ma c’è da osservare che nessuno è più bravo ad attuare genocidi del gruppo sionista-statunitense, che, com’è noto, di stragi genocide è assai avvezzo (vedi palestinesi, iracheni, afgani, ecc.).
Allora, se i crimini non vengono commessi dagli storici indipendenti ma da altri, come mai i criminali non vengono perseguiti e al loro posto vengono additati coloro che non hanno mai fatto del male ad una mosca?
In Francia, nel 1990, è stata approvata la legge 90-615 detta Fabius-Gayssot (cognomi del socialista Laurent Fabius e del comunista Claude Gayssot ), che combatte "il delitto di revisionismo", e persegue penalmente chi nega che gli ebrei sterminati furono sei milioni. A questa legge è subentrata nel 2003 la legge Lellouche, che pretende di affrontare la "provocazione alla discriminazione". L'articolo 9 della legge Fabius-Gayssot dice:
"Saranno puniti delle pene previste [... ] coloro che avranno contestato, attraverso uno dei mezzi enunciati all'art. 23, l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità, come sono definiti dall'art. 6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale annesso all'Accordo di Londra dell'8 agosto 1945 e che sono stati commessi sia dai membri di una organizzazione dichiarata criminale in applicazione dell'art. 9 del detto statuto, sia da una persona riconosciuta colpevole di tali crimini da un tribunale francese o internazionale".
Purtroppo, la legge sortì gli effetti sperati, e come rivelò “Le Monde”, gli storici francesi iniziarono a temere di essere trascinati in tribunale, e terrorizzati iniziarono a limitare gli articoli sui giornali. Ad essere perseguitati furono storici di idee assai distanti dal nazismo e dal razzismo, come Robert Faurisson, uno storico "colpevole" di aver sostenuto che le camere a gas naziste non sono mai esistite. Faurisson non ha mai inneggiato ad idee naziste, né ha mai espresso idee antisemite, eppure è stato condannato, ha perso il posto all'università, ed è stato demonizzato dai media e rovinato economicamente.
Ma se questi storici dicessero davvero cose assurde e false, che bisogno ci sarebbe di imporre per legge una determinata versione storica? Occorrono i tribunali per imporre un fatto storico? O piuttosto accade ciò perché la versione ufficiale potrebbe essere confutata in modo efficare e veritiero? E poi, perché associare "negazione dell'Olocausto" con "incitamento all'odio razziale", dato che gli storici detti "revisionisti" non incitano affatto all'odio razziale? Si può accusare qualcuno per "induzione" di un reato da un'opinione storica? Come mai paesi che si autodefiniscono "democratici" hanno quest'impeto ad imporre a suon di processi una versione storica? Come mai gli storici "tradizionalisti" non sono in grado di affrontare un dibattito in sede adeguata e hanno bisogno dei tribunali? Se si ha la necessità di imporre per legge un presunto fatto storico significa che non vi sono prove inoppugnabili a suo sostegno. E poi, se gli intenti sono quelli professati (ossia di impedire altri genocidi) perché sanzionare soltanto chi nega l'Olocausto ebraico e non anche chi nega lo sterminio dei nativi o degli armeni? I genocidi non dovrebbero essere tutti altrettanto gravi?
E' come se la verità storica dovesse diventare un dogma, imposto per legge. Come se fosse un fatto di autorità e non di ricerca e cultura. Con queste leggi si svilisce l'intera cultura e crolla l'ultima illusione che in Europa ci potesse essere davvero la fantomatica "democrazia".
E' evidente che gli scopi principali di queste leggi sono:
1 - Spaventare chi vuole fare ricerca storica indipendente;
2 - far capire una volta per tutte che è il sistema a decidere ciò che è vero e ciò che è falso;
3 - additare gli storici indipendenti come criminali, in modo tale che nessuno voglia seguire il loro esempio o prenderli sul serio;
4 - far intendere la cultura come un settore su cui le autorità possono imporre dogmi o schemi prefissati rigidi.
Per una semplice opinione si può essere oggetto di persecuzione giudiziaria, volta a distruggere la dignità e la credibilità dello studioso. Alcuni storici francesi hanno reagito a tutto questo firmando un manifesto dal titolo Liberté pour l'histoire!, in cui chiedono l'abrogazione delle leggi che restringono la libertà di opinione.
Nel 1993, le autorità italiane presero a pretesto l'esistenza dei naziskin, e la presunta lotta interetnica nell'ex Jugoslavia, per parlare di "incitamento all'odio razziale" e di possibilità che si verificassero violenze "di stampo razzista". Il governo Amato si sentì, sollevate le istanze morali di dover contrastare il razzismo e l'antisemitismo, di avere diritto di punire penalmente chi non accettava la versione storica ufficiale dell'Olocausto.
Fu dunque approvato il decreto n.122 del 26 aprile 1993, convertito il 25 giugno nella legge n. 205 "Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa". La vaghezza della definizione del termine "discriminazione" permette di interpretare la legge in modo ampio, facendovi entrare anche intellettuali privi di ogni sentimento discriminatorio o razzistico. La legge, infatti, non aveva tanto l'obiettivo dichiarato di combattere la "discriminazione", quanto quello non esplicitato perché vergognoso, di tenere sotto controllo le ricerche storiche degli intellettuali indipendenti (definiti dalla propaganda "revisionisti"). La legge dava la possibilità di criminalizzare posizioni di pensiero o nuove teorie storiche, talvolta basate su studi e ricerche. Le ricerche storiche indipendenti venivano bollate come "revisioniste", e senza voler né analizzare le prove o la loro veridicità, si associava "revisionismo" a "razzismo".
In Austria la legge che controlla la ricerca storica è stata approvata il 26 febbraio e 19 marzo 1992, in Germania il 28 ottobre 1994, in Svizzera il I' gennaio 1995, in Belgio il 23 marzo 1995, in Spagna l'l1 luglio 1995, in Lussemburgo il 19 luglio 1997. La legge lussemburghese prevede il carcere da otto giorni a sei mesi o un'ammenda da 10.000 a un milione di franchi a "chi contesta, minimizza, giustifica o nega l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità o crimini di guerra, come definiti nell'art. 6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale [... ] e compiuti da un membro di un'organizzazione dichiarata criminale dall'art. 9 del detto statuto o da altro individuo, dichiarato colpevole di un tale delitto da un tribunale lussemburghese, straniero o internazionale". Anche la Polonia, nel gennaio 1999, ha approvato una legge analoga.
Queste leggi, pur ammantandosi di ideali etici, sono contrarie alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il cui Articolo 10 sostiene: nella sua apparenza formale, letteralmente la seguente:
"Art. 10 - 1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera".
La legge Mancino, riconfermata e ampliata dal disegno di legge Mastella n° 1694 (Decreto approvato all'unanimità dal Consiglio dei Ministri del governo Prodi), è in contrasto con l'articolo 21 della Costituzione italiana, che afferma: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
Il decreto legge n° 1694 prevede il carcere da sei mesi a quattro anni "per chiunque diffonda in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o l'odio razziale o etnico, ovvero inciti a commettere o commetta atti di discriminazione". Associare alcune teorie o nuove interpretazioni storiche al razzismo significa poter trascinare in tribunale praticamente qualsiasi storico indipendente. Ma questa legge dovrebbe condannare anche gli ebrei, come i cristiani e gli arabi, che ritenessero di avere la superiorità religiosa rispetto agli altri. Dovrebbe essere messo al bando l'Antico Testamento e il Corano, dato che parlano di "eletti" e di popoli inferiori. E sarebbe da condannare la Costituzione israeliana, che è fortemente discriminante verso i non ebrei.
Si è aperta una nuova caccia alle streghe, in cui tutti coloro che trovano elementi per contrastare la versione storica data dai vincitori diventano immediatamente "neonazisti" o "razzisti", e sono costretti a risponderne in tribunale.
Si vuole far credere che chi osa negare la versione ufficiale dei fatti storici relativi all'Olocausto sarebbe un antisemita disposto ad uccidere ebrei.
In realtà di genocidi la Storia ne può annoverare molti, e anche nel nostro tempo se ne stanno commettendo in diversi paesi del mondo.
Oggi come ieri avvengono stermini ed eccidi, ma le stesse autorità che approvano leggi contro il razzismo e l'antisemitismo, non sono disposte a fermare questo scempio, anzi, ne sono complici in vari modi. Soltanto questo basterebbe a capire che le leggi che dovrebbero avversare la "xenofobia, l'antisemitismo e l'incitamento all'odio razziale", sono in realtà leggi per controllare il pensiero e la libera ricerca.
Le autorità occidentali utilizzano la propaganda per far credere che ci sia un pericolo di "xenofobia, di antisemitismo, di incitamento all'odio razziale", per limitare la libertà di opinione su temi che hanno retto ideologicamente il sistema attuale. In realtà il pericolo xenofobico viene alimentato ampiamente dai mass media, attraverso notizie di reati commessi da immigrati e facendo associare l'immigrato povero al criminale. Le autorità occidentali traggono diversi vantaggi dall'incutere paura e insicurezza, facendo credere il contrario, di essere per la "sicurezza". In realtà il sistema attuale mira ad utilizzare gli immigrati per distogliere l'attenzione dall'impoverimento progressivo a cui sono soggetti i cittadini europei, e dal sistema di potere gravemente iniquo e criminale, che produce mafia e corruzione. I criminali, anziché i corrotti e i personaggi che organizzano guerre e distruzioni, diventano i poveri immigrati, specie se arabi o slavi. In tal modo vengono giustificate leggi repressive, che mirano a controllare la ricerca indipendente e le libere opinioni.
Queste leggi hanno duramente colpito storici rigorosi e seri come David Irving, Siegfried Verbeke, Germar Rudolf, René-Louis Berclaz e molti altri, che non hanno mai espresso idee razziste o antisemite. Le tesi di questi storici, evidentemente erano difficili da contrastare con strumenti culturali, e quindi si è fatto ricorso ai tribunali, negando in modo evidente la libertà di opinione e di ricerca.
La diffusione nel mondo delle leggi che cercano di controllare la ricerca storica conferma l'esistenza di un gruppo ristretto di persone che ha interesse a manipolare la cultura e l'opinione pubblica. Dalle ricerche di diversi studiosi è emerso che le grandi banche hanno finanziato importanti eventi storici, come la Rivoluzione bolscevica. Si tratta dunque delle stesse persone che detengono il potere finanziario ed economico. Queste persone utilizzano diverse tecniche per proteggere lo status quo. Scrive René Guénon (con lo pseudonimo di Le Sphinx) in un articolo titolato "Réflexions à popos du pouvoir" pubblicato sulla rivista “France Antimaconnique”, dell’11 giugno 1914:
"Un potere occulto di ordine politico e finanziario non dovrà essere confuso con un potere occulto di ordine puramente iniziatico… E’ incontestabile che la mentalità degli individui e delle collettività può essere modificata da un insieme sistematico di suggestioni appropriate; in fondo, l’educazione stessa non è altro che questo, e non c’è qui nessun ‘occultismo’ (…). Uno stato d’animo determinato richiede, per stabilirsi, condizioni favorevoli, e occorre o approfittare di queste condizioni se esistono, o provocarne la realizzazione".
Secondo Guénon, anche le divisioni politiche "destra" e "sinistra" sono invenzioni di chi controlla la politica: "tali movimenti sono talvolta suscitati o guidati, invisibilmente, da potenti organizzazioni iniziatiche, possiamo dire che queste li dominano senza mescolarvisi, in modo da esercitare la loro influenza, egualmente, su ciascuno dei partiti contrari".(5)
L’esistenza di gruppi di potere è uno dei più grandi tabù presenti ad oggi nei libri di Storia scolastici. Ad esempio, tali pubblicazioni presentano personaggi come Hitler e Mussolini come fossero persone che hanno guadagnato potere soltanto in virtù delle loro capacità oratorie o della loro fascinazione. Quello che si omette è molto significativo per conoscere l’intera Storia del nazi-fascismo nella sua verità.
Lo storico di regime non può fare alcuni collegamenti che risultano del tutto logici e provati. Le pubblicazioni che raccontano i collegamenti fra dittatori e gruppo egemone finanziario-economico sono di solito appannaggio soltanto di poche migliaia di persone, oppure riguardano gli “addetti ai lavori”. Spiega lo studioso Enrico Voccia:
“Lo storico può parlare di complotti orditi dai potenti, ma lo deve fare in un ambito controllato e non aperto - un po' come nel XVI secolo solo gli ecclesiastici "addetti ai lavori" potevano leggere la Bibbia ed ai semplici fedeli venivano lette solo pagine scelte e sermoni controllati. Un altro esempio: Hitler e la nascita del partito nazionalsocialista tedesco. Cosa racconta il mainstream rivolto al grande pubblico? Che Hitler entrò in contatto con un piccolo partito, ne divenne poi il leader, ecc. Chi legge un tale racconto ha l’idea che Hitler fosse un reduce di guerra che avesse letto un volantino, parlato con qualcuno, ecc. Anche qui, per sapere la verità occorre leggere testi specialistici: p. e. William Shirer, Storia del Terzo Reich, Einaudi, 1962, due volumi di mille pagine l'uno. Bisogna farlo non per ottenere dettagli, ma per conoscere l'essenziale degli eventi – cosa che dovrebbe essere il compito del mainstream rivolto al grande pubblico… Testi di migliaia di pagine od articoli specialistici pubblicati in riviste di difficile reperimento: occorre leggere questi per sapere che Hitler era un agente dei servizi militari, che venne infiltrato da questi nel DAP e non vi si presentò spontaneamente, che ne divenne il leader grazie ai soldi dell’esercito e della borghesia reazionaria, che ne espulse il fondatore e ne fece entrare tanti altri in odore di servizi, ecc. A leggere invece il mainstream rivolto al grande pubblico, invece, sembra si sia trattato di un privato cittadino, un reduce come tanti altri dalle idee magari particolarmente destrorse, dotato di un'incredibile capacità magnetica, ecc. Il tutto per non dire che il nazismo fu un movimento creato a tavolino dall'esercito, da società segrete e dalla "Confindustria" tedesche - insomma per non pronunciare in pubblico la sconveniente parola "complotto". Tanta aria fritta, invece, sulla follia o meno di Hitler”.(6)
Con le leggi che controllano la ricerca storica cosa si tenta di nascondere?
Sono molti i fatti storici emersi dalle ultime ricerche, che tengono conto anche dell'apertura di nuovi archivi, all'inizio degli anni Novanta, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Russia. Da questi archivi è emerso molto materiale che confuta diverse interpretazioni che sono state date alle due guerre mondiali, alla Guerra Fredda e ad altri eventi. Dalle nuove interpretazioni, la presunta autorevolezza dell'egemonia statunitense ne esce a pezzi, e le autorità statunitensi appaiono mostruose, potentemente criminali e assai pericolose per tutti i popoli del mondo (compreso quello statunitense).
Si vuole nascondere la verità: ovvero che i vincitori non ci hanno “liberato” e non sono democratici come vorrebbero farci credere.
Potranno anche cercare di criminalizzare i ricercatori indipendenti, e potranno punirli penalmente, ma la verità viene sempre a galla prima o poi, e sempre più persone comprenderanno che soltanto in una dittatura non si permette di esprimere pensieri diversi rispetto all’ideologia dominante, e che dunque la democrazia è attualmente come una favoletta raccontata ai cittadini per farli stare buoni.
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NOTE
1) Pizzorusso Alessandro, "Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché", L'Unità, 12 marzo 1992.
2) Jannuzzi Lino, "Cosa nostra uno e due", Il Giornale di Napoli, 29 ottobre 1991.
3) Tamburini Lucio, "Falcone, una fama usurpata", Il Resto del carlino, 12 marzo 1992.
4) Monti Giommaria, "Falcone e Borsellino. La calunnia, il tradimento, la tragedia", Editori Riuniti, Roma 2006.
5) Guénon René, "L’Esoterismo di Dante", Ediz, Atanòr, Roma 1971.
6) Voccia Enrico, "Il complotto dei potenti come tabù storiografico", http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=63
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15 commenti:
Un lungo applauso alla Randazzo.
La vicenda Caracciolo ha permesso di rendere evidenti punti deboli della "democrazia".
Tempo fa ti esortai a parlare di Faurisson, con questo articolo il tema é stato ampiamente trattato.
Spero di trovare nel tuo libro "Dittature" i riferimenti ad Hitler cosi bene esposti alla fine dell'articolo. A proposito: a quando l'uscita della ristampa?
Con stima.
Francesco
Grazie per l'apprezzamento.
Il libro "Dittature" è già disponibile, per leggere la recensione e sapere come acquistarlo vai al link:
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2009/10/regalati-e-regala-la-nuova-edizione-del.html
complimenterrimi,
ancora una volta, brava!
Cara Signora,
ho letto questo suo magnifico articolo su comedonchisciotte e là ho lasciato un commento che qui riporto non perché mi piaccia rileggermi, ma solo perchè tengo ad avere una sua risposta.
Cara signora, la leggo sempre con lo stesso piacere con cui leggo Bertani e Barnard. Pur nella diversità, scorgo lo stesso spessore, lo stesso rigore, la stessa intelligenza. Questo anche se, non me ne vogliate, non concordo su tutto ciò che affermate. Comunque, è un fatto che la vostra presenza su CDC dia al sito un rango ben più elevato ed interessante di quello dei più seguiti media nazionali su cui scrivono i più noti pennivendoli del sistema. In questo specifico caso concordo totalmente col suo articolo ma, per pura dimenticanza, ha mancato di aggiungere cosa potrà accadere al povero professor Caracciolo quando verrà presto applicato il Trattato di Lisbona. Credo sia importante farlo per far comprendere a tutti cosa in pratica il Trattato comporti. Ebbene, se il caso non sarà stato chiuso, uno dei giudici che hanno a suo tempo trascinato in tribunale Faurisson in Francia, Irving in Austria o in Germania l’avvocato tedesco Mahler – 73 anni, condannato dal tribunale di Monaco, il 25 Febbraio di quest’anno, a 6 anni di carcere per negazione dell’Olocausto e subito rinchiuso dopo la sentenza, ma l’elenco delle vittime è molto lungo – potrebbe spiccare contro di lui mandato d’arresto e, dopo averlo fatto condurre innanzi a un tribunale di uno questi ‘democratici’ paesi, lo farebbe condannare secondo le leggi di quel paese per quindi ivi incarceralo.
Nessuna nmeraviglia per il sottoscritto. La democrazia è solo un utile paravento onde permettere ai "Poteri forti" (come li chiami tu, in realtà essi hanno un nome)di poter agire indisturbati.
Mah!
Va bene tutto!
Non mi fa più meraviglia niente
Vediamo un tipo come ignazio larussa, vecchio picchiatore che non mi risulta pentito, inneggiare ogni due giorni alla democrazia
e dobbiamo credergli
Non voglio entrare nel merito del negazionismo e delle verità storiche
Di certo la persecuzione razziale durante il nazismo non fu una barzelletta
Ma qui si legge una strenua difesa della LIBERTA' DI PENSIERO.
GIUSTO! Solo una domanda:
Apologia di reato, apologia di fascismo.
Sono reati di opinione, non c'è dubbio!
Vogliamo abolirli?
O una coscienza antifascista ha ancora un senso?
Libertà sessuale!
Va bene!
Ma allora va bene anche la pedofilia?
Cioè, riassumendo, si possono fare leggi per cui vi sono LIMITI al pensiero?
Nel senso che NON TUTTI I PENSIERI SONO ACCETTABILI?
Alcuni pensieri sono o non sono un attacco alla democrazia?
Mi direte: ma quale democrazia?
Ok, ma almeno avere un principio al quale potersi appellare ...
Si chiede troppo?
Il sistema attuale fa in modo che le persone confondano chi commette o inneggia ai reati e chi semplicemente esprime un’opinione diversa dall’ideologia dominante.
Occorre perseguire chi commette reati o chi istiga a commettere reati, e non chi ha idee diverse dal regime.
Ad esempio, lo storico che si accorge che non tutto quello che è stato raccontato nei libri di Storia ufficiali è vero non commette reato, ma i leghisti come Bossi & C: che dicono di “prendere a cannonate” gli immigrati commettono reato perché stanno istigando all’odio e al crimine.
Eppure i leghisti che non perdono occasione per seminare odio e divisione (anche fra italiani settentrionali e meridionali) non vengono mai messi seriamente sotto accusa dai media ufficiali. Chiedetevi perché. Anche in questo caso, occorre saper aprire gli occhi e uscire dalla propaganda.
Per capire meglio perché alcuni vengono criminalizzati e altri no, riporto le parole di Antonio Caracciolo:
“È di questi giorni una dichiarazione del “rabbino” Pacifici che invita apertamente ad introdurre in Italia le leggi giù vigenti in Germania, per le quali io, secondo lui, sarei già dovuto essere in galera per ciò che lui mi attribuisce di pensare. Non credo che si dia data troppo la pena di sapere cosa io effettivamente penso. Gli basta solo sapere che non sono un filo-israeliano e/o un filo-sionista. Di non essere un “antisemita” l’avrò detto un’infinità di volte, ma poco serve, quando si è ormai oggetto di attacchi calcolati. Mi stanno mettendo alla gogna, in quanto “negatore” di non si sa bene che cosa, e giocano su singole parole di cui non si danno neppure la briga di leggere, nel vocabolario, cosa esattamente significhino, né di verificare l’accezione che io ne avevo dato. Stante l’odierna divisione del lavoro scientifico, ad uno storico competerebbe tutta la materia relativa ai campi di concentramento: cosa di cui, io, non mi occupo professionalmente, e su cui non ho mie specifiche conoscenze e competenze. Rientra, invece, perfettamente nella mia competenza di filosofo del diritto, tutta la problematica connessa alla libertà di pensiero e di ricerca. Direi che nessun’altra disciplina può, con maggior diritto, rivendicare questa problematica. Quanto poi, io personalmente, sia bravo nel trattarla, è altra secondaria questione. Mi pare, però, che nessuno se ne occupi come sto facendo io: cioè, non in impenetrabili e astruse trattazione accademiche, ma gridando ai cittadini: attenti! Vi stanno privando della vostra libertà più preziosa, base di tutte le altre.” (fonte: http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=16795).
Da piccolo la storia me la facevano imparare a memoria, così non l'ho mai studiata come si pretendeva facessero i bravi bambini. Dico la verità, mi porterò nella tomba i danni indotti da quel tipo d'educazione, contraria alla libera espressione della creatività umana, la cui inibizione credo sia proporzionale all'infelicità della vita terrena (industria del gioco tanto per fare un esempio).
PDL e PD meno L hanno nel titolo l'enunciazione del principio di libertà, tanto quanto hanno nei fatti la dimostrazione del principio d'autorità, che dalla sfera dell'educazione giovanile, dove viene impiegato nel peggiore dei modi, sconfina nella vita reale adulta, dove non dovrebbe aver ragione d'esistere, se ci meritassimo l'utopia democratica.
La conclusione è semplice quanto evidente, la "conquista" della libertà è l'esito positivo di una battaglia interiore, contro nemici che non sono solo fantasmi, ma le realtà quotidiane che alimentano questi orrendi fantasmi, intesi come scorie della nostra mente, in un gioco di causa-effetto sempre aperto a tutti gli esiti.
Che sia questo la libertà?
No, non ci siamo.
Se contro Caracciolo sia stato preparato un complotto per farlo fuori per motivi ignoti non lo so.
Ma ciò che mi interessa è un'altra cosa.
Abbiamo costruito una democrazia sull'assunto che è VIETATO essere fascisti.
Il divieto di ricostruire il partito fascista fa parte della costituzione che tutti tanto difendiamo, soprattutto in questi giorni.
Bene! Questo reato è INDUBBIAMENTE IDEOLOGICO.
Apologia di fascismo è un reato IDEOLOGICO!
Abbiamo un bel dire che il fascismo in sé ha causato morte e distruzione.
Anche il comunismo ha causato morte e distruzione.
Eppure cosa diremmo se venisse introdotto il reato di apologia di comunismo?
Grideremmo alla dittatura del regime che attenta alla libertà di pensiero!
Oppure dobbiamo batterci per abolire il reato di apologia di fascismo!
Come la mettiamo?
Ho letto con attenzione l'articolo e lo condivido in pieno ma allo stesso modo mi fa paura, dovrebbero essere gli studiosi a confrontarsi e dare nuove verità se ci sono ma dovrebbe essere una cosa il più possibile condivisa e provata altrimenti troveremmo sempre qualcuno che vuole cavalcare la tigre per le proprie orrende convinzioni.
io uomo della strada ho paura.
grazie perchè ci fai pensare
Risposta a Giosby: Il concetto di divieto di "apologia del fascismo" esprime caratteristiche del periodo in cui è stato formulato ed è dovuto al fatto che gli italiani uscivano come da un incubo, ovvero da un'ideologia che aveva prodotto cose orrende e gravi sofferenze a tutti. L'idea che il fascismo non dovesse più ritornare era comune a tutti dato che soltanto il minimo pensiero di ripetere gli orrori vissuti risultava inaccettabile.
Oggi il discorso è diverso: oggi sono le nostre stesse autorità che "apologizzano" il fascismo e lo fanno non a parole ma a fatti.
Come qualcuno ha detto, oggi siamo in un fascismo senza fascisti, ovvero ufficialmente e teoricamente saremmo in "democrazia" ma di fatto siamo ostaggio di un gruppo ristretto che ha caratteristiche fasciste, nel senso che è a servizio del gruppo dominante e discrimina le minoranze, gli immigrati e le donne. Fa tutto questo negandolo con una sfrenata quanto mistificante propaganda.
Dunque, apologizzare il fascismo cosa significherebbe oggi? Significa forse fare discorsi come quelli che qualcuno fa al bar, contro immigrati e minoranze? Oppure accettare e apologizzare la legge del più forte? Il potere dell'autorità? Molti sostengono questa ideologia. Ma spendere parole al bar con gli amici può semplicemente indicare ignoranza o miseria morale, di cui purtroppo oggi è pieno il mondo, e non c'è alcun divieto mi sembra di esprimersi in tal modo.
Diversa situazione è quella che vede un'autorità "apologizzare il fascismo" con i fatti, discriminando persone e avvantaggiando pochi a danno di molti. Non conviene a nessuno questo tipo di "apologia" criminale. Ed è proprio per questi "apologeti" del fascismo nei fatti che ci troviamo nell'attuale situazione.
Cara Antonella, scusa ma permettimi di dissentire (ci diamo del tu, vero?)
Concordo che ormai le manifestazioni fasciste siano tollerate alla grande, ma non di questo si stava discutendo!
In realtà credo che nessuno abbia mai subito una condanna in Italia per apologia di fascismo.
Eppure quante volte saremmo stati lieti di vedere puniti i saluti romani, i coretti "duce duce" e tante altre manifestazioni come la visita in divisa da Balilla alla tomba di Mussolini.
Io credo che questi espliciti comportamenti dovrebbero essere puniti e sono tuttavia convinto che questa colpa sia IDEOLOGICA.
Cioè penso che la società, alla luce di un'esperienza negativa, possa democraticamente stabilire che quel tipo di esperienza non si possa più riproporre.
Non abbiamo una legge specifica, ma cosa accadrebbe se oggi volessimo riproporre i gladiatori che si battono contro le belve feroci nel Colosseo?
Per evitare certe ovvietà non è necessaria una legge.
Ma io ritengo NECESSARIO che ci sia un parametro a cui poter richiamare anche il governo e tutti i politici.
In fondo Gentilini è stato appena condannato per istigazione al razzismo, che è un reato IDEOLOGICO che riguarda la libertà di pensiero e, mi sembra, che ne siamo tutti ben felici ...
Anche sul comunismo, del resto ci sono delle risoluzioni ufficiali di condanna.
Nella risoluzione 1481 del Consiglio d'Europa nel gennaio 2006 si afferma, tra l'altro:
"I regimi totalitari comunisti che governarono nell'Europa Centrale ed Orientale nel secolo passato, e che sono tuttora al potere in molti Paesi del mondo, sono stati, senza ccezioni, caratterizzati da massicce violazioni dei diritti umani. Le violazioni hanno differito in funzione della cultura, del Paese e del periodo storico e hanno incluso assassini ed esecuzioni individuali e collettive, morti in campi di concentramento, fame, deportazioni, torture, lavoro in schiavitù e altre forme di terrore fisico di massa, persecuzioni su base religosa o etnica, violazioni della libertà di coscienza, pensiero e parola, della libertà di stampa, e mancanza del pluralismo politico."
Fonte:http://www.democraticicristiani.it/europa/ris_1481.html
Allora mi chiedo se anche questa è una posizione corretta, e penso di sì.
Che poi dobbiamo difendere a tutti i costi una libertà di pensiero senza porre alcun limite alla decenza mi sembra affascinante da un lato, ma anche estremamente pericoloso.
O no?
:-)
PS - non è vero, per quanto ne so, che
"L'idea che il fascismo non dovesse più ritornare era comune a tutti dato che soltanto il minimo pensiero di ripetere gli orrori vissuti risultava inaccettabile."
come tu e affermi.
Tanto è vero che il MSI si riformò quasi subito e fu anche denunciato, senza esito, per ricostruzione del disciolto partito fascista nel 1972.
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Dodicesima_disposizione_transitoria
Se dovessero "perseguire" tutti quelli che hanno idee razziste o fasciste ci vorrebbero penitenziari in ogni zona d'Italia.
Ovviamente, ognuno può pensarla come vuole, ma essendo una pedagogista preferisco pensare alla "formazione" piuttosto che alla "punizione". Il problema è che oggi molte cose sono allo sfascio, come spiego nei miei libri: "Bambini Psico-programmati" e "Dittature".
Ad ogni modo, ripeto: ognuno la pensi come vuole.
E' ovvio Antonella che ognuno pensa ciò che vuole.
Inoltre vorrei vedere come si fa ad eliminare la libertà di pensiero, considerando che fino ad oggi nessuno è ancora in grado di leggere nel pensiero ...
Anch'io ho una formazione da educatore e preferisco aiutare a capire meglio e crescere piuttosto che reprimere, ciò non toglie che alcuni parametri, non dico regole, possano essere utili ad una società civile e matura per distinguere ciò che è lecito e ciò che invece è quantomeno sconsigliabile.
Grazie per la chiacchierata ...
"La reazione è il venir meno dello Stato legale: non da oggi lo Stato legale è venuto meno, e non è precisamente venuto meno per colpa dei comunisti. Era un comunista D’Annunzio, che ammutinava soldati e generali contro il governo «legittimo»? Era un comuni-sta Millo, che rifiuta ubbidienza ai suoi superiori «legittimi»? Erano comunisti gli incendiari
39 Non firmato, Avanti!, ediz. piemontese, 17 ottobre 1920.
Scritti politici II Antonio Gramsci
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dell’Avanti! di Milano e di Roma? Era comunista Cadorna quando nel 1917 preparava la ditta-tura militare? Sono comunisti i fornitori militari e gli speculatori che hanno rastrellato la ric-chezza nazionale e l’hanno esportata all’estero? Questo quadro è il quadro della reazione italia-na, che nessun governo ha cercato neppure di soffocare, che ogni governo anzi ha sollecitato, ha promosso, ha aiutato piú o meno apertamente; ogni impresa della reazione è rimasta impunita, ogni eccesso della delinquenza reazionaria è stato legalizzato, perché non è stato sanzionato dalla giustizia punitiva. È un delitto incendiare un giornale socialista? No, poiché i colpevoli di simile delitto, conosciuti, confessi, non sono stati arrestati, hanno anzi potuto organizzare altre imprese del genere. È un delitto uccidere un rappresentante della classe operaia? No, perché gli assassini, i complici degli assassini, i mandanti, gli esaltatori degli assassini, noti, confessi, au-toelogiatori, non sono stati puniti, non sono stati neppure molestati. Da due anni, dal giorno dell’armistizio, il popolo italiano vive in pieno terrorismo, in piena reazione; non esiste piú si-curezza personale per la classe operaia, non esiste piú nessuna garanzia civile di tranquillità e di pace. Nell’attuale periodo, il terrorismo vuol passare dal campo privato al campo pubblico; non si accontenta piú dell’impunità concessagli dallo Stato, vuole diventare lo Stato. Ecco cosa si-gnifica oggi la parola «avvento» della reazione: significa che la reazione è divenuta cosí forte, che non ritiene piú utile ai suoi fini la maschera di uno Stato legale; significa che vuole, per i suoi fini, servirsi di tutti i mezzi dello Stato; significa che l’Italia si avvicina a una nuova guerra imperialista, rivolta al saccheggio a mano armata di qualche ricco popolo finitimo.
La reazione è immanente nelle condizioni economiche del paese. E la reazione non ha per fine di ristabilire l’ordine all’interno, ha per fine di preparare la guerra all’esterno." -Antonio Gramsci- 1920.
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