martedì

Fascist Legacy part 1. (Ita) - Un'eredità scomoda


"Fascist Legacy" è un documentario prodotto dalla BBC sui crimini di guerra commessi dagli italiani. La RAI acquistò una copia del programma, ma non lo ha mai trasmesso. La7, nel 2004, ne ha trasmesso un'ampia parte. Il documentario è diretto da Ken Kirby, e ricostruisce i fatti criminali che accaddero nel corso della guerra di conquista coloniale in Etiopia e durante l’occupazione nazifascista della Jugoslavia fra il 1941 e il 1943.
Per approfondire leggere: Antonella Randazzo "Roma Predona", Kaos Edizioni, e "L'Africa del Duce", Edizioni Arterigere.

venerdì

LE IMMAGINI FALSATE E IL CONTROLLO SUL CORPO

Di Antonella Randazzo

Ogni sistema economico-politico impone la propria idea di “corpo”, in ordine al controllo che vuole avere su di esso, o al grado di disagio sessuale o esistenziale che vuole produrre negli individui. Più un sistema è dittatoriale e più cercherà in modi diretti o indiretti di controllare il corpo, decidendo come esso deve essere.
Nel nostro sistema esistono almeno due tipi di controllo: il controllo farmaceutico o medico e il controllo estetico. Nel primo caso si tende a tradurre ogni dolore o disagio in un bisogno di medicine. Ad esempio, se andate dal medico perché avete avuto problemi di stomaco, il medico tradizionale non perderà molto tempo per indagare, ad esempio, sulle vostre abitudini alimentari o sulla eventuale tendenza a somatizzare, ma dopo pochi minuti avrà già pronto il farmaco “adatto”. Dunque, per ogni sintomo, a prescindere dalla causa che lo ha prodotto, c’è una pastiglia o più pastiglie. Il farmaco e la medicina tradizionale svolgono un importante ruolo di controllo del corpo, sin dalla più tenera età delle persone.
Il controllo estetico avviene in modo diverso a seconda dell’ideologia dominante. Ad esempio, durante il fascismo c’era l’idea che la donna avesse il compito principale di procreare, e dunque l’ideale estetico imposto era quello che ricordava la mamma: figura tonda e fianchi larghi. Oggi, invece, il sistema non desidera che vengano messi al mondo molti figli e dunque propone l’ideale estetico opposto: donne alte, con fianchi stretti e molto magre.

La rappresentazione corporea ha un ruolo fondamentale nel determinare la quantità di autostima, di autoaccettazione e di integrazione sociale. Uno dei più importanti desideri degli esseri umani è quello di piacere a se stessi e agli altri: più si è in grado di piacere e più si crede di valere. In una cultura in cui l'immagine diventa fondamentale, l'aspetto fisico viene ad essere il perno su cui ruota la possibilità di piacere e di piacersi. Sentirsi brutti può rappresentare una catastrofe, anche quando ciò potrebbe derivare dalla percezione che si ha di se stessi, più che da effettive caratteristiche estetiche.
Il rifiuto della propria corporeità può generare vergogna, o un senso di inadeguatezza e di indegnità. Coloro che si sentono brutti possono non sentirsi all'altezza delle situazioni che vivono, o addirittura possono sentirsi ridicoli.
Nelle culture in cui si esalta la perfezione del corpo o si pongono modelli estetici assai elevati, le persone sono indotte ad avere una bassa autostima, dovendo appurare la loro imperfezione estetica rispetto ai modelli dominanti. In tali contesti, le persone decisamente brutte divengono capri espiatori della frustrazioni che tutti, in diversa misura, provano. Ad esempio, i ragazzini più grassottelli, o quelli troppo magri o bruttini e occhialuti di sovente vengono derisi e ridicolizzati dai compagni di scuola. La donna brutta diventa spesso oggetto di scherno. Da ciò si inferisce che la bruttezza evoca contenuti spiacevoli, da "esorcizzare" attraverso un comportamento atto a prenderne le distanze o a dileggiarla.
Secondo Sigmund Freud la bruttezza provoca una perturbazione mentale, in quanto stimola l'emergere di contenuti inconsci rimossi perché proibiti, come l'aggressività, la cattiveria e il sadismo. La bellezza, al contrario, evoca contenuti auspicabili, come l'altruismo e la bontà. Nelle fiabe e nei racconti i buoni sono anche belli, tranne in pochi casi. Ad esempio, nel caso del brutto anatroccolo, si trattava di una falsa bruttezza, ovvero di una diversità scambiata per bruttezza. Infatti, il brutto anatroccolo si trasformerà in un bellissimo cigno, riscattando ampiamente l'equivoco di cui era stato vittima. Era stato rifiutato perché brutto, dunque dalla bruttezza può derivare la mancanza d'amore, l'emarginazione e l'impossibilità di essere accettati.
Nel caso del gobbo di Notre-Dame, Quasimodo, personaggio del romanzo "Notre-Dame de Paris" di Victor Hugo, si tratta di un uomo buono che ciò nonostante, a causa del suo corpo deforme, è tenuto lontano o trattato con disgusto. Nonostante qualcuno, come Frollo o la zingara Esmeralda, provi pietà per lui, egli non potrà avere una vita come tutti gli altri. La donna di cui si innamora è bellissima, e non sarà ricambiato. Alla fine del romanzo i due saranno gli unici a mostrare di aver amato: il più brutto e la più bella. C'è l'idea che è impossibile per un bel corpo amare un corpo brutto. Anche se Quasimodo dimostrerà una grande capacità di amare, egli non sarà mai ricambiato e morirà di dolore in seguito alla morte della sua amata. Scrive Hugo: "Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri. Uno di quegli scheletri era quello di una donna... L'altro, abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo. Notarono che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole e una gamba più corta dell'altra... Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che abbracciava, cadde in polvere". La bella e il brutto uniti soltanto da morti.
Diverso è il caso della favola "La bella e la bestia", in cui la bestia è soltanto temporaneamente orripilante, ma in realtà è un principe bellissimo, trasformato in mostro per poter superare le sue miserie morali. La bella si innamorerà di lui, anche se brutto, ma arriverà il riscatto, non potendo una ragazza bella stare con un mostro. La bella, in quanto bella, non teme la bruttezza, e dunque può accettare o addirittura amare un mostro, ma essa, proprio perché bella, non può non essere resa felice da un corpo altrettanto bello.
Nel brutto viene dunque proiettata l'Ombra, e nel bello gli aspetti idealizzati di se stessi. Spiega lo studioso Aldo Carotenuto: "Il brutto non solo vive la propria Ombra ma è costretto a incarnare quella degli altri... Il brutto sollecita il fantasma dell'indegnità, esso allude all'impossibilità di essere al mondo, rinvia al più devastante dei tradimenti, quello subito nel rapporto primario. Il corpo brutto rappresenta dunque la coazione a esibire un rifiuto d'amore".(1)

Paradossalmente, la paura della bruttezza, che è paura del rifiuto, può generare bruttezza. Come in una profezia che si avvera, chi si sente rifiutato perché brutto diventerà brutto e rifiutato. Nei casi di bulimia e anoressia il corpo diventato brutto provoca il rifiuto che si temeva. Il pensiero inconscio suggeriva l'idea di non poter essere amati perché non in armonia con l'ideale estetico propugnato dalla realtà esterna, e dunque occorreva un comportamento che potesse avvalorare tale idea. La bruttezza del corpo si può avere anche con l'uso di sostanze che lo distruggono, come la droga e l'alcool. Si crea un circolo vizioso, in cui chi non si sente degno di essere amato diventerà tale. Egli, utilizzando sostanze nocive oppure attraverso un'alimentazione squilibrata, abbruttirà il proprio corpo, e continuerà a sentirsi indegno, bloccando in vari modi la crescita interiore che potrebbe avere se superasse lo stadio dell'indegnità.

In un contesto in cui il corpo femminile deve essere bello per sedurre o per dare valore alla persona di genere femminile, le ragazze adolescenti possono detestare il proprio corpo, percependolo come non abbastanza bello. Esse constateranno che i ragazzi fanno commenti sul loro corpo, e questi commenti potranno essere spiacevoli. Le ragazze che sentono che il loro corpo è trattato come un oggetto da valutare esteticamente possono alimentare un senso di rabbia e di rancore, che potrà essere indirizzato contro loro stesse, e come "punizione" potranno rendere il loro corpo realmente sgradevole, attraverso la perdita o l'accumulo di peso. In tal modo esse potranno provare un senso di potere ma allo stesso tempo sperimenteranno i limiti biologici, nella sofferenza del corpo e nelle patologie che deriveranno dallo squilibrio alimentare.
Alcune donne non si sentono all'altezza dell'ideale estetico proposto dai mass media, e per questo sentono un bisogno inconscio di punire se stesse colpendo il proprio corpo attraverso un'alimentazione sregolata, oppure attraverso l'uso di sostanze nocive come droga, alcool e psicofarmaci.
L'affliggere il corpo non è un comportamento presente solo della nostra epoca, basti pensare al Medioevo, periodo in cui esistevano strumenti (es: cilicio) per colpire il corpo, nell'idea della sua indegnità.

Nella realtà attuale, in linea con l'inganno che ci presenta come "democrazia" un sistema dittatoriale, anche i corpi vengono intesi come "liberi", ma in realtà subiscono un pesante controllo, a tal punto che l'immagine corporea proposta dai media può condizionare l'esistenza di moltissime persone, e dare origine a vere e proprie malattie mentali e fisiche. Almeno tre milioni di italiani soffrono per malattie legate all'alimentazione.
La "lipofobia" è la paura di ingrassare, e viene creata nelle società in cui l'ideale estetico femminile è caratterizzato dalla magrezza.
Il mondo della moda e dei mass media tende ad esaltare il corpo femminile privo di grasso, e assai lontano dalla realtà, producendo lipofobia.
Pur proponendo l’ideale della magrezza, la pubblicità e alcuni programmi televisivi esaltano il mangiar bene e stimolano l'impulso a cibarsi. In tal modo si crea una situazione di contrasto fra l'impulso a godere dei piaceri della tavola e la necessità di apparire esteticamente piacevoli.
La nutrizione, da bisogno biologico diventa un modo per accrescere la quantità del piacere quotidiano, ma al tempo stesso tale piacere viene reso come "nemico" dell'accettazione sociale e della seduzione sessuale.
Secondo la sociologa Micaela Liuccio, l'estetica imposta al corpo umano è una forma di potere e di controllo sugli individui:

"Accanto al potere politico e a quello economico esiste un'altra forma di potere che è quella simbolica e che consiste nella produzione delle norme e delle visioni del mondo in grado di fondare l'identità individuale e collettiva... Nella società moderna la spartizione del cibo è stata sostituita da una nuova forma di ricchezza, qualitativa piuttosto che quantitativa... la magrezza è diventata la forma moderna di santità... Il canone di bellezza femminile odierna ci offre corpi giovani, svelti e magri, da ammirare e invidiare. Ma si tratta di un 'ideale' che sfugge alla realtà perché solo un'infima minoranza di donne è biologicamente capace di incarnarlo. Con l'imperativo della magrezza, la donna si scontra col proprio corpo, deve superare il suo funzionamento biologico, che attraverso una normale adiposità garantisce fertilità... (la donna) entra progressivamente nella logica del 'dominio di sé' e del proprio corpo... Vincere la battaglia per mantenersi in linea permette alle donne di appropriarsi di virtù generalmente attribuite agli uomini, come lo sforzo, la volontà, il merito, e consente, paradossalmente, di ridurre lo scarto fra il maschile e il femminile. Anche se al prezzo di un'innegabile ansietà e disagio da parte delle donne stesse. In una società in cui il declino di prestigio della maternità è sempre più evidente, la donna è magra perché è gravida di se stessa e di una sua nuova identità. L'opposizione binaria grasso-magrezza, diventa, dunque, l'alfa e l'omega della scelta alimentare... L'ossessione del 'magrismo' arriva dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra. Il cibo diventa parte essenziale del 'politically correct': essere magri vuol dire stare bene in società... Anoressia e bulimia, così, testimoniano una dimensione di anomia o piuttosto di gastro-anomia... La paura di ingrassare è dunque paura di rimanere fuori dal gruppo, di non rientrare nei canoni dell'élite televisiva o cinematografica, di parlare un linguaggio corporeo diverso dalla massa; ma è anche paura di dimostrare la propria debolezza, la propria imperfezione, in definitiva il proprio 'essere umano'... una società che va contro la dimensione fisica, che vede il corpo come una realtà subordinata, è una società fondata sulla paura... la struttura della società, invece, dovrebbe adattarsi ai ritmi bologici e psicologici dell'uomo e della donna. Solo questa può essere una società libera".(2)

Sempre più persone, donne e uomini, scontenti del loro corpo, fanno ricorso alla chirurgia estetica. Talvolta i risultati sono deludenti e artificiosi, e offrono alla vista donne con gonfiori innaturali, o "tirate" talmente tanto da apparire ridicole.
Spesso non è tanto il corpo a presentare problemi estetici, ma l'immagine che si ha di esso, che deriva da fattori psicologici o da disagi esistenziali. Spiega la scrittrice Gloria Steinem:
"Le donne che vivono in modo conflittuale il rapporto corpo-immagine , o che soffrono di disturbi connessi all'alimentazione, non rappresentano una categoria speciale; sono solo più estreme nella loro risposta a una cultura che sottolinea il culto della magrezza e impone assurdi e improponibili canoni estetici anziché considerare il valore dell'individualità e della salute... Se non abbiamo interiorizzato un'immagine positiva del corpo durante l'infanzia, come possiamo acquisirla?... diete e chirurgia estetica non sempre sono la risposta giusta, per lo meno se non sono affiancate da un serio lavoro di introspezione... essi non raggiungono la nostra immagine interiorizzata... raramente contribuiscono a farci sentire apprezzati per ciò che siamo... i cambiamenti intrapresi per piacere agli altri si limitano a procurarci il compiacimento altrui; mentre i cambiamenti intrapresi per piacere a noi stessi sono i soli che riescono a soddisfarci pienamente... Se abbiamo sviluppato un'immagine negativa del nostro corpo, l'unico rimedio effettivamente funzionale e permanente consiste nel guardare dentro noi stessi e chiederci: da dove proviene?... Quale pressione culturale l'ha nutrita? Quali immagini popolari hanno fatto sì che il nostro autentico sé ci apparisse sbagliato o diverso?".(3)

I disturbi alimentari (bulimia e anoressia) sono in aumento, e sempre più colpiscono anche persone di sesso maschile. L'età in cui iniziano è in diminuzione. Osserva Stefano Erzegovesi, responsabile del centro per i trattamenti dei disturbi alimentari dell'ospedale San Raffaele-Turro (Milano): "Siamo intorno agli 11-13 anni. Bambini che invece di giocare al pallone fanno il conto delle calorie".(4)

Nei centri di Milano sono sempre più i casi seguiti dagli specialisti. Alcune persone cercano di negare o minimizzare il ruolo che i mass media e il sistema in generale hanno nel determinare questo grave problema. Ma secondo molti studiosi i modelli estetici propagandati nelle sfilate di moda, nella pubblicità e nel mondo del cinema e della televisione hanno una grande importanza all'interno del problema. Secondo la psicologa Mirella Curi "i modelli trasmessi dai media, anche la moda, influiscono molto su questi disturbi".(5)

I modelli che sfilano in passerella sono sempre più giovani e magri, e anche nella moda maschile appaiono ragazzini longilinei. I giovani si identificano con i modelli proposti dai mass media e dal mondo della moda, poiché vogliono essere belli e seduttivi come gli indossatori. Racconta Erzegovesi: "I casi di disturbi alimentari al maschile stanno aumentando. Sono il 10-15% del totale. Tanto che abbiamo il dubbio che i disturbi alimentari siano sempre stati diffusi anche tra gli uomini. Probabilmente solo ora trovano il coraggio di chiedere aiuto".(6)

Il fotografo Adi Barkan, in seguito alla morte della sua modella Hila Elmalich, sta lottando per far imporre per legge agli stilisti e alle agenzie di modelle di non accettare ragazze con una massa corporea inferiore a 19. Secondo Barkan, anche se l'anoressia può derivare anche da altre cause, molti casi potrebbero non esistere "se il mondo della moda e l'industria alimentare decidessero di non assumere modelle malate".(7)

Le modelle vengono costrette da forti pressioni a mangiare soltanto insalate e yogurt, e talvolta assumono droghe per fronteggiare la condizione psicologica e fisica in cui si trovano. Nell'ambiente della moda e della pubblicità vengono truccate pesantemente o la loro immagine viene ritoccata per non far vedere la condizione di magrezza o le conseguenze del loro stato malsano.
Le anoressiche diventano vittime di una perfezione corporea che non esiste, e provocano la distruzione del loro corpo, in alcuni casi fino alla morte, in nome di un’immagine corporea ideale e perfetta. L’anoressica è sempre insoddisfatta di se stessa, crede di essere molto brutta a tal punto da non poter essere amata o accettata se rimane tale. Dunque ella inizia a desiderare di modificare il suo corpo ma tutto quello che accade la lascia insoddisfatta e innesca un meccanismo fortemente distruttivo, fino al rifiuto del cibo, che è rifiuto della vita stessa.

Almeno il 35/40% (ma probabilmente di più) delle modelle sarebbe gravemente anoressico, e ogni anno diverse ragazze muoiono. Hila Elmalich pesava 27 chili quando è morta, non si reggeva più in piedi ed era diventata quasi calva. Altre ragazze, come Ana Carolina Reston, di 21 anni, sono morte perché l'astenersi dal cibo era ormai diventato un'abitudine.
Le autorità non fanno nulla di serio per impedire che le modelle siano esposte all'anoressia a causa della taglia che devono avere per poter lavorare. José Luis Zapatero, in Spagna, si è limitato a dire ai negozi di non esporre manichini con taglia inferiore alla 38. Ciò appare abbastanza ridicolo, sia perché anche la 38 non è una taglia comune fra le donne adulte, sia perché non sono tanto i negozi a generare il problema, quanto l'apparato mediatico che comprende le sfilate e le immagini della pubblicità. Zapatero, con la sua proposta, ha dimostrato che le autorità occidentali non osano contrastare il sistema mediatico, della produzione di mode e dell'immagine estetica, che è controllato da chi li ha assoldati.
Anche Giorgio Napolitano ha sollevato il problema delle modelle anoressiche: "Tra le costrizioni minori, ma non per questo poco fastidiose, a cui le donne sono sottoposte, c'è la richiesta di un'eterna snellezza e giovinezza".(8)
Belle parole, peccato che ad esse non è seguita alcuna proposta di legge che vieti di mettere sulla passerella ragazze malate, o che impedisca di escludere le ragazze che hanno la taglia 40 o 42. E' talvolta è proprio per il terrore di essere escluse che le modelle vomitano quello che mangiano e assumono prodotti chimici per sopprimere la fame.

Nel mondo dello spettacolo le ragazze, anche se giovanissime, vengono incoraggiate a sottoporsi ad interventi chirurgici estetici. Il corpo delle vallette viene "omologato", come se si trattasse di mostrare soldatini tutti uguali. Un chirurgo plastico rivelò di aver fatto interventi di chirurgia estetica su ben 9 delle 15 vallette di un programma televisivo. Quelle ragazze subirono interventi al seno, agli zigomi, al ventre e alle labbra, per risultare tutte uguali, come stereotipate.
I corpi femminili rappresentano la capacità di seduzione sessuale, e dunque vengono valutati esteticamente molto di più rispetto ai corpi maschili. I criteri estetici imposti alle donne rispecchiano l'idea del femminile che esiste all'interno della società. Il corpo femminile proposto alle bambine e alle adolescenti è sempre più irreale, più irraggiungibile. La Barbie, se fosse considerata "corpo femminile" avrebbe cm. 91 di seno e cm. 46 di vita! Avrebbe le gambe smisuratamente lunghe e piedi talmente piccoli da non poter sostenere il peso del corpo. Tali modelli irreali frustrano la bambina, e la inducono a credersi grassa anche quando il peso del suo corpo è normale.
Le immagini offerte dai mass media hanno più potere di quello che si crede. Secondo la scrittrice Gloria Steinem, esse possono condizionare profondamente: "Le immagini di potere, grazia e capacità... possiedono una forza vitale - esattamente come immagini banalizzate, stereotipate, degradanti, avvilenti e pornografiche di corpi simili ai nostri esercitano l'influsso opposto, come se assorbissimo questa valenza denigratoria o positiva attraverso le terminazioni nervose. Ogni volta che le raffigurazioni fisiche negative esprimono una scarsa autostima, una rappresentazione positiva può contrastare tale influsso e innalzare il livello dell'autostima".(9)

Specie negli ultimi decenni, i mass media hanno sempre più rafforzato un’immagine di donna fortemente degradata, come corpo seducente e non come persona. Inoltre, i modelli proposti dai media sono spesso soltanto immagini artefatte. Nel 2007, l'azienda “Dove”, che si occupa di prodotti per la cura e la bellezza del corpo, ha attuato una campagna pubblicitaria piuttosto insolita dal titolo “Per la bellezza autentica”, che mostra come i mass media propongano modelli estetici spesso del tutto fittizi, frutto di sapienti trucchi.
Uno degli scopi della campagna pubblicitaria era quello di far capire come nel contesto mediatico attuale si possano trovare canoni estetici irraggiungibili, che producono ai più frustrazioni, sensi di inferiorità e di inadeguatezza.
E’ stato prodotto un breve spot (vedi video sotto) che mostra una ragazza mediamente bella, non priva di inestetismi, che in seguito al trucco e alle manipolazioni tecnologiche (fotoritocco) diventa bellissima e perfetta. Immagini ottenute allo stesso modo vengono utilizzate per pubblicizzare prodotti di vario genere.
La campagna di Dove è senza dubbio interessante per capire l’esistenza di un condizionamento che riguarda i modelli estetici e come venga promosso un livello di perfezione estetica irraggiungibile per la maggioranza delle persone o addirittura falso. Dunque, molti modelli che vediamo sui cartelloni pubblicitari o sulle riviste in realtà non esistono, ma vengono creati attraverso sapienti “interventi”. Il risultato è una non-persona, un’immagine, privata di tutti i difetti umani e assurta ad icona della bellezza, come se per essere belli occorra perdere l’essere persona reale.
Le immagini mediatiche sono persone non-reali, che come tali non possono costituire un esempio reale da imitare. Il problema è che molti percepiscono tali immagini come “realtà”, o addirittura come obiettivo estetico da raggiungere per avere successo o per sentirsi adeguati. Tutto questo spinge all’acquisto di prodotti estetici spesso inutili o dannosi, oppure a ricorrere alla chirurgia estetica.
Le immagini estetiche irreali sono diventate fortemente invasive fino a permeare tutta la nostra realtà: le vediamo in metropolitana, alla stazione ferroviaria, sui cartelloni per le strade, in autostrada e persino sugli autobus. Le percepiamo come reali, e dunque inevitabilmente sarà in noi che vedremo i difetti più orrendi.
Confrontarsi con immagini perfette e irreali risulta il massimo della frustrazione, in un contesto in cui siamo indotti a credere che occorra diventare bellissimi per essere "qualcuno".
Dunque, il controllo estetico sul corpo è nocivo come quello farmaceutico. Esso produce molti più scompensi di quello che si può credere, specie nei soggetti più deboli, come gli adolescenti. Cambiare sistema vorrà dire anche promuovere la libertà di essere se stessi nel corpo e nello spirito, di amarsi così come si è: imperfettamente umani.



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NOTE

1) Carotenuto Aldo, “Amare tradire”, Bompiani, Milano 1991, p. 162.
2) Liuccio Micaela, "Corpo e alimentazione nella cultura tardo-moderna. La paura di ingrassare", in Cattarinussi Bernardo (a cura di), Emozioni e sentimenti nella vita sociale, Franco Angeli Editore, Milano 2000, pp. 339-343.
3) Steinem Gloria, “Autostima”, Rizzoli, Milano 1995, pp. 297-302.
4) "Epolis Milano", 10 gennaio 2008.
5) "Epolis Milano", 10 gennaio 2008.
6) "Epolis Milano", 10 gennaio 2008.
7) "Corriere della Sera", 21 novembre 2007.
8) "Corriere della Sera", 21 novembre 2007.
9) Steinem Gloria, "Autostima", Rizzoli, Milano 1995, p. 267.

Dove - per la bellezza autentica

Come una ragazza carina “reale” viene trasformata in un’immagine bellissima non reale.

mercoledì

The Corporation (in italiano) parte1/15

Questo filmato è importante perché spiega cosa sono le corporation e come sono riuscite nel tempo ad acquisire lo strapotere che hanno oggi.
Consiglio la visione a tutti, anche se molti lo avranno già visto.

DITTATURE, MAFIA E PARADISI FISCALI

Di Antonella Randazzo


Molti sanno che sarebbe assai difficile l’esistenza della mafia, delle dittature e delle frodi societarie se non vi fossero i cosiddetti “Paradisi fiscali”.
Si tratta di luoghi in cui dittatori, mafiosi, imbroglioni, evasori fiscali, corruttori e altri criminali, possono impunemente e tranquillamente praticare i loro crimini.
I mass media parlano di mafia e crimini vari, ma difficilmente spiegano cosa sono i Paradisi fiscali e chi consente e protegge la loro esistenza.
Si tratta di paesi controllati dal gruppo stegocratico (1), che impone una realtà di crimini e dittature, e dunque ha l'esigenza di creare luoghi in cui si possa avere una forte protezione finanziaria.
Nel mondo ci sarebbero circa cinquanta Paradisi fiscali. Le loro banche gestirebbero, secondo stime dell'Fmi, almeno il 25% del Pil mondiale.
Grazie al segreto bancario, queste banche rendono possibile l'evasione fiscale, l’organizzare truffe societarie e reti per corrompere politici e amministratori di ogni paese del mondo. Grazie ai Paradisi fiscali è anche possibile attuare truffe attraverso la creazione di obbligazioni-spazzatura.

I Paradisi fiscali stanno alla base della capacità delle corporation transnazionali di produrre povertà e ingiustizie economiche. Infatti, la loro esistenza rende impossibile ai governanti che lo volessero, tassare in modo equo gli introiti della grandi corporation che hanno sedi sul loro territorio.
James Tobin, premio Nobel per l’economia, aveva proposto una "Tobin tax", ovvero una tassa imposta a tutte le transazioni valutarie che non riguardassero la compravendita di beni reali. Questa tassa avrebbe dovuto limitare le speculazioni finanziarie e permettere ai paesi più poveri di ottenere fondi per un reale sviluppo. La Tobin tax si sarebbe dovuta imporre in tutto il mondo, col risultato che le grandi corporation sarebbero state costrette a pagare cifre considerevoli. Ovviamente, queste ultime, avendo il controllo politico dei paesi in cui operano, non permettono che ciò possa diventare realtà, minacciando di trasferire tutti i loro introiti nei Paradisi fiscali, per poter continuare a produrre senza pagare alcuna tassa.

In assenza di un potere internazionale che sia in grado di prendere le redini della situazione economico-finanziaria del pianeta, le corporation continuano ad esercitare un potere enorme, esportando capitali nei Paradisi fiscali, e impoverendo impunemente le economie di moltissimi paesi.
I luoghi di gestione del potere, come l'Unione Europea, proteggono tale sistema. Ad esempio, dopo il crollo della Parmalat, come spiegò Ivo Caizzi nel “Corriere Economia” del 18 luglio del 2005:

“A Bruxelles ammisero che una stangata ai risparmiatori di quelle dimensioni era stata possibile grazie al ricorso ai Paradisi fiscali. Nell’Europarlamento esplosero dure contestazioni contro le piazze off-shore. Ma quando l’effetto dello scandalo si è attenuato, tutto è rimasto come prima, compresa la possibilità di nascondere nei Paradisi fiscali perfino i capitali destinati a finanziare il terrorismo”.

Sia la mafia che le grandi società, quando le cifre da riciclare sono molto alte, utilizzano società complici che hanno sede in un Paradiso fiscale, come le Isole Cayman.
Esistono anche paesi off-shore, in cui i controlli sul trasferimento di valuta sono molto scarsi ed è facile riciclare denaro sporco, come la Thailandia, la Colombia, la Nigeria o il Messico.
Nelle Isole Vergini britanniche, con soli 1500 euro si può registrare una società, mantenendo un segreto totale sui bilanci, sulle attività e sui titolari. Per sgominare la mafia internazionale basterebbe eliminare tale segreto, e spezzare ogni possibilità di riciclaggio del denaro proveniente da attività illecite. Ma ciò non sarà fatto finché vige l'attuale sistema di potere, che si basa proprio sull'esistenza di Paradisi fiscali e sulla segretezza bancaria.
Per contrastare il riciclaggio del denaro sporco è stato creato, nel 1990, il gruppo di azione finanziaria contro il riciclaggio dei capitali (Gafi), un organismo intergovernativo presente in tutti i maggiori centri finanziari del mondo. L'organizzazione dovrebbe tenere sotto osservazione i paesi in cui è reso facile il riciclaggio del denaro sporco, come l'Egitto, l'Indonesia e alcuni paesi del Sudamerica. Nel 2003, anche l'Europol e la Commissione Europea hanno stabilito norme per la lotta contro il riciclaggio di denaro. Tuttavia, occorre osservare che, finché esisteranno governi sottomessi all'élite di potere occidentale (spesso dittature sanguinarie che commettono ogni sorta di crimine) e i Paradisi fiscali, non sarà possibile contrastare efficacemente il riciclaggio del denaro sporco.
Oggi le cosche mafiose posseggono vere e proprie holding internazionali, e traggono un'immensa ricchezza sia dalle attività illecite che da quelle lecite. Addirittura, come spiega un comunicato del 1994 del Dipartimento di Stato americano, i più grandi gruppi mafiosi (Triadi cinesi, Cosa Nostra, Narcos sudamericani, ecc.) si riuniscono di tanto in tanto per "l'applicazione di una pianificazione strategica e di politiche di sviluppo per i nuovi mercati liberi emergenti, allo scopo di programmare investimenti legali alla stregua di legittime società, nonché di sviluppare ed espandere attività collaterali assolutamente illegali".(2)
Secondo il criminologo Vincenzo Ruggiero, la distinzione fra criminalità economica e crimine organizzato è oggi "un'anomalia analitica, frutto prevalente delle suddivisioni in specialismi che esistono all'interno della disciplina criminologica".(3)
L'economista Bruno Amoroso ritiene che la stessa globalizzazione sia stata prodotta da strategie criminali:

"L'economia della globalizzazione sarebbe di per sé criminale, poiché si regge sui cinque crimini maggiori contro tutta l'umanità: 1) le transazioni finanziarie, alla cui base c'è il riciclo di tutte le altre forme di criminalità; 2) il commercio di armi e di materiali nocivi; 3) il commercio di organi umani, viventi e sezionati; 4) il commercio della droga; 5) il saccheggio della natura".(4)

Tuttavia, occorre precisare che non tutti i grandi imprenditori che devastano l'ambiente, commettono frodi di vario genere, o calpestano i diritti umani, sono affiliati ad un'organizzazione criminale mafiosa, anche se il potere mafioso si può trovare in luoghi insospettabili. L'esempio che si può fare è quello della Holzmann di Francoforte, che nel 1988 ottenne un appalto di circa 10 miliardi per la costruzione di una diga in Sicilia, a Corleone. Dopo anni si capì che era stata la mafia a permettere alla società tedesca di vincere l'appalto, in cambio dei subappalti. Spiega il Procuratore distrettuale antimafia di Palermo Pietro Grasso:

“Nell'estate del 1990 la Guardia di finanza italiana aveva scoperto un preoccupante accordo mafioso con Philip Holzmann, di Francoforte (che recentemente è salito agli onori della cronaca), un colosso dell'industria edile tedesca che, superando la concorrenza di una consociata Fiat, si era aggiudicato nel 1988 un contratto di appalto di circa 10 miliardi per la costruzione di una diga a Corleone, in Sicilia. Tale evento era stato celebrato come il segnale dell'effettivo ingresso della Sicilia nel mercato comune europeo: di fatto la mafia aveva procurato l'appalto ad Holzmann in cambio di tutti i subappalti. A dispetto della ben nota efficienza tedesca, a distanza di due anni i costi continuavano a salire e i lavori erano ben lontani dall'essere ultimati. Si può quindi ipotizzare che mafiosi che riciclano e rinvestono miliardi di dollari non possano farlo senza acquisire la benevolenza di imprenditori, uomini d'affari, funzionari pubblici, talvolta anche delle forze dell'ordine, e di politici, anche se non vi è, allo stato, nessuna prova sulla compromissione a livello di un vero e proprio sistema di potere infiltrato negli ambienti economico-finanziari ed istituzionali dei paesi dell'Europa unita”.(5)

I servizi segreti potrebbero distruggere le reti mafiose, disponendo di mezzi elettronici e investigativi più efficaci rispetto alla polizia, essi però hanno poteri limitati: non possono arrestare, ma possono dare le loro informazioni alla polizia giudiziaria, che arresta e mette i mafiosi nelle mani dei giudici. Questi ultimi possono essere efficaci se riescono ad accedere a dati bancari o assicurativi, ricevendo aiuto da finanziarie e banche. Ovviamente, i magistrati troveranno gli ostacoli del segreto bancario e dell'occultamento di capitali nei Paradisi fiscali.

Tutte le grandi truffe finanziarie usufruiscono dei Paradisi fiscali per poter consentire ad alcuni di nascondere il denaro estorto. Ad esempio, la Enron, che, com'è risaputo, consumò una truffa finanziaria colossale, aveva creato nei Paradisi fiscali ben 860 società fra loro collegate, per non pagare tasse al governo degli Stati Uniti.
I capitali nascosti nei Paradisi fiscali tendono ad essere reinvestiti in altri paesi o nel paese d'origine, senza che i governi possano pretendere le tasse non pagate.
Intanto gli Stati si indebitano e per poter continuare a ottenere prestiti offriranno tassi di interesse sempre più elevati. Inevitabilmente cresceranno tutti i tassi di interesse, anche quelli pagate dalle imprese alle banche. Dunque aumenteranno i costi di produzione e di conseguenza anche i prodotti. Per pagare il debito pubblico, sarà diminuita la spesa sociale (soprattutto pensioni, sanità, sussidi alle famiglie, sussidi di disoccupazione) danneggiando non poco i cittadini, che saranno dunque non soltanto costretti a ridurre le loro spese, ma anche a pagare i servizi che lo Stato non fornisce più gratuitamente. Per pagare i banchieri e sostenere il loro sistema truffaldino vengono spinti verso il degrado le scuole, gli ospedali e l’amministrazione pubblica.
Tutto questo accade perché se i governi dovessero pretendere il pagamento di giuste tasse da parte delle grandi imprese, esse immediatamente attuerebbero una fuga verso paesi poveri costretti a far pagare poche tasse.
Dunque, i Paradisi fiscali rendono impossibile una più equa distribuzione della ricchezza e rendono sempre più ricchi i già ricchi e più poveri tutti gli altri. Finché esisteranno, sarà impossibile avere vere democrazie, che esigono trasparenza e un corretto sistema fiscale. E’ ovvio che nessuna democrazia può basarsi sulla truffa, sull’iniquità fiscale e sulla diseguaglianza, per questo motivo è innegabile che il sistema in cui ci troviamo attualmente è una dittatura mascherata, possibile soltanto perché molti non la credono tale.


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NOTE

1) A questo proposito si veda: http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-prima-il.html
2) Martucci Pierpaolo, La criminalità economica, Laterza, Roma-Bari, 2006, p. 85.
3) Ruggiero Vincenzo, Crime and Markets. Essays in Anti-Criminology, Oxford University Press, New York 2000.
4) Amoroso Bruno, Della globalizzazione, La Meridiana, Molfetta 1996.
5) Commissioni riunite II (giustizia) e VI (finanze), Indagine conoscitiva, 30 novembre 1999. http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/stencomm/0206/indag/riciclaggio_capitali/1999/1130/s010.htm

EVASORI IMPUNITI DI SERIE A

Su segnalazione di un lettore del blog, pubblico il contenuto di una seduta parlamentare sul tema dell’evasione fiscale, sollevato dai senatori dell’Italia dei Valori.
Fonte: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=16&id=304262

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-00170

Atto n. 4-00170

Pubblicato il 17 giugno 2008
Seduta n. 20

LANNUTTI , BELISARIO , GIAMBRONE , ASTORE , BUGNANO , CAFORIO , CARLINO , DE TONI , DI NARDO , LI GOTTI , MASCITELLI , PARDI , PEDICA , RUSSO - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -
Premesso che:
l’evasione fiscale, una piaga da cento miliardi di euro l’anno, dovrebbe essere combattuta senza distinzioni da parte dello Stato: sette punti di PIL di mancate entrate per l’erario, oltre 100 miliardi di euro, cioè il 15-20 per cento di tutte le entrate fiscali raccolte. Se venissero pagati regolarmente potrebbero cambiare il volto dell’Italia;
lo Stato non sembrerebbe adottare lo stesso comportamento sanzionatorio nei confronti di tutti gli evasori. Infatti, anche solo giudicando in base a quanto riportato dai principali organi di stampa, alcuni evasori vengono "sbattuti" sulla stampa e sui telegiornali, mentre, per altri, non viene adottato un adeguato livello di contrasto. Solo a titolo di esempio, sono caduti nella rete del fisco, nell’ambito della lotta all'evasione, nomi illustri come Lele Mora, Riccardo Cocciante, Ennio Morricone, Luciano Pavarotti, Katia Ricciarelli, Ornella Muti, Giancarlo Fisichella, Valentino Rossi, Alberto Tomba, Riccardo Tognazzi, Mario Cipollini. Nel 1982 la grande attrice Sofia Loren fu l’unica ad affrontare la legge, scontando 17 giorni nel carcere di Caserta. L’ultimo a cadere nella rete, è stato Leonardo del Vecchio, patron della Luxottica ed uno degli uomini più ricchi d’Italia, che dovrà restituire al fisco 20,4 milioni di euro, per via di una società tedesca creata allo scopo di ridurre le tasse in Italia. I trucchi della “esterovestizione” - costituire scatole societarie estere in Irlanda, Svizzera, Lussemburgo, Londra, Ginevra o Montecarlo - per eludere il fisco nostrano, sono sempre stati realizzati dai nostri “capitani d’industria”. Il caso più famoso riguarda Emilio Gnutti, il protagonista delle scalate alla Telecom con la madre di tutte le offerte pubbliche d'acquisto. Secondo la Procura di Milano, nella vendita della Telecom di Roberto Colaninno alla Pirelli di Marco Tronchetti Provera, Emilio Gnutti, Roberto Colaninno ed altri, tramite la Bell, società con sede in Lussemburgo, avrebbero omesso di pagare 680 milioni di euro di tasse sui ricavi della cessione della Telecom;
il circo mediatico si mette subito in movimento quando nelle maglie del fisco restano impigliati attori, sportivi e cantanti. Edizioni speciali di telegiornali ed intere pagine dei quotidiani raccontano i particolari scrutando e sezionando la vita e le storie più segrete degli evasori. Evasori che, pizzicati dal fisco e messi insieme, avranno frodato non meno di 500 milioni di euro. Una cifra rispettabile, ma certamente inferiore agli oltre 4 miliardi di euro sottratti al fisco dalle grandi banche, accusate di aver messo in piedi una gigantesca frode fiscale, per 4,3 miliardi di euro, nei confronti dei quali lo Stato è diventato distratto se non addirittura reticente. Lehman Brothers, Goldman Sachs e Jp Morgan, fra le principali banche d'affari mondiali, hanno frodato il fisco italiano per la somma di 4,3 miliardi di euro, una mezza legge finanziaria. Ma quasi nessuno ne parla. Nemmeno la Banca d’Italia, supremo organo di vigilanza e di controllo del sistema bancario. Nessun telegiornale o grande organo di informazione, così solerti nel dare la caccia agli evasori, ha dato risalto a questa colossale frode ai danni dello Stato. Eccetto "l’Espresso", che in un articolo del 1° giugno 2007, firmato da Primo De Nicola, racconta nei dettagli la notizia, che non viene rilanciata da nessun giornale. Ci si chiede cosa avevano fatto le banche, per appropriarsi di una montagna di soldi. Avevano messo in piedi una gigantesca truffa ai danni dello Stato, consumata con i pacchetti azionari di investitori di ogni angolo del globo: europei, americani, asiatici, australiani. Per riuscire a spillare denaro è stato sufficiente chiedere il rimborso del credito d'imposta sui dividendi delle società italiane, facendo credere di averne diritto. In base a quanto riportato dal settimanale "l’Espresso", secondo la Procura della Repubblica di Pescara, banche americane ed altri istituti di credito erano riusciti a mettere le mani su una torta miliardaria. Passando al setaccio oltre 40.000 richieste di rimborso del credito d'imposta sui dividendi per gli anni 1999-2003, il Procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, ed i suoi sostituti, Giampiero Di Florio (esperto di reati finanziari) e Giuseppe Bellelli hanno portato alla luce le dimensioni colossali del raggiro. La scoperta della truffa sui rimborsi, nome in codice "easy credit", risale al 2005 quando, dopo un'indagine sulle richieste di rimborso inoltrate da società inglesi, il Gruppo repressione frodi della Guardia di finanza di Roma ha trasmesso un rapporto alla Procura di Pescara, competente per territorio visto che nella città abruzzese ha sede un centro operativo dell'Agenzia delle entrate. Secondo la legislazione il diritto al credito d'imposta sui dividendi spetta unicamente alle società ed agli enti residenti in Italia. Le tre banche d'affari per mettere le mani sui rimborsi miliardari italiani si sono fatte prestare temporaneamente, da ogni angolo del mondo, da fondi di investimento e istituti di credito delle più svariate nazionalità, pacchetti azionari in maniera che, al momento dello stacco del dividendo delle società italiane, queste azioni risultassero di proprietà delle loro filiali inglesi Lehman Brothers International Europe, Goldman Sachs International e Jp Morgan Securities Limited, tutte e tre con sede a Londra e perciò titolate a chiedere il rimborso. Una volta incassato il dividendo e maturato il credito, tempo qualche settimana, i titoli azionari venivano restituiti agli effettivi proprietari. Un caso tra i tanti. Il 23 marzo 2001, Banca Intesa riceve dalla Deutsche Bank di Londra l'ordine di prelevare 3 milioni di azioni Eni da un proprio conto per girarle a quello della Lehman Brothers International acceso presso la Citibank di Milano. Il 5 maggio, puntualmente, le azioni entrano sul conto milanese della Lehman. Il 18 giugno avviene lo stacco del dividendo Eni e meno di un mese dopo, maturato il diritto al rimborso, le azioni fanno il percorso inverso rientrando sul conto londinese di Deutsche Bank. In quei giorni sono state fatte migliaia di operazioni di questo genere. Lehman Brothers international Europe, per esempio, rispetto a una giacenza media nell'intero arco del 2001 di 5.400.000 azioni Eni, nel mese di giugno vedeva il numero dei titoli petroliferi registrati sul proprio conto milanese superare i 155 milioni. Una grande performance, ma non la sola. Anche Goldman Sachs e Jp Morgan sono state attivissime. La prima, rispetto a una giacenza media annuale di meno di 50.000 titoli Eni, sempre nel giugno 2001 arrivava a possederne 355 milioni. La lista degli accusati potrebbe essere molto lunga con un totale di circa 4.500 soggetti finanziari, quali Merrill Lynch, Nomura International, Citigroup Global Markets Limited e la svizzera Ubs;
sul banco degli imputati ci sono le case madri e le filiali europee di Lehman, Goldman e Jp Morgan, che avevano richiesto al fisco 709 milioni di euro di rimborsi, oltre 600 dei quali non dovuti. Accuse pesantissime: dalla truffa ai danni dello Stato (tentata e consumata) alla responsabilità penale e amministrativa per non avere adottato misure idonee tendenti ad evitare che dirigenti e dipendenti commettessero i reati. Un aspetto molto delicato della vicenda, riguarda proprio Goldman Sachs International di Londra. Negli anni incriminati il vicepresidente e managing director (amministratore delegato) della Goldman Sachs era Mario Draghi, divenuto governatore della Banca d'Italia a fine dicembre 2005. Il conto della Deutsche Bank di Londra dal quale Lehman Brothers prende in prestito il pacchetto di azioni Eni nel giugno del 2001, si legge nel citato articolo, appartiene al fondo Franklin Mutual Series di Short Hills, New Jersey. Un investitore americano: e dunque non titolato a chiedere il rimborso del credito d'imposta. Come non ne avevano diritto gli altri soggetti finanziari dai quali Lehman, Goldman e Jp Morgan che hanno preso in prestito quasi tutti gli altri pacchetti azionari. La Guardia di finanza scrive nel dettagliato rapporto, richiamato dall'articolo di stampa, che si può «ragionevolmente ipotizzare che le maggiori istituzioni finanziarie estere abbiano costituito un vero e proprio cartello finalizzato ad effettuare in Italia operazioni di “lavaggio dei dividendi"», dividend washing in inglese. Un'operazione truffaldina che non si limita alla Gran Bretagna. Se da Londra sono infatti partite richieste sospette di rimborso per 2.200.000.000 euro, anche dalla Francia (l'altro paese con il quale l'Italia ha stipulato un trattato per i crediti d'imposta sui dividendi) sono arrivate istanze per 2 miliardi, molte inoltrate da Bnp Paribas e Credit Lyonnais;
il meccanismo del dividend washing era quello di monetizzare il credito d'imposta assegnato a soggetti italiani percettori di dividendi attraverso il temporaneo trasferimento dei titoli azionari alla vigilia dello stacco dei dividendi. Il non residente non fruitore del credito di imposta vende le partecipazioni con realizzo di plusvalenze a un soggetto italiano legittimato a ottenere il credito di imposta, incassa il dividendo, rivende le partecipazioni a un valore più basso, realizza una minusvalenza deducibile da contrapporre al credito d'imposta e al dividendo per abbattere l'imponibile. Ma una circolare dell’Agenzia delle entrate,che tiene conto delle ultime sentenze della Corte di cassazione, emanata a fine giugno 2007, stronca definitivamente il meccanismo truffaldino denominato credit washing, sbaraglia le difese dei fiscalisti, riconducendo nella giusta sede i tentativi dei legali rappresentanti e dei “Furbetti delle cedoline”, di non pagare le tasse, come tutti i cittadini;
se un povero pensionato, costretto a fare il secondo lavoro “in nero” per sbarcare il lunario viene scoperto, è subito messo alla gogna e denunciato; se un piccolo commerciante, non rilascia la ricevuta fiscale (che deve essere sempre rilasciata) per un modesto importo, viene pesantemente multato rischiando anche la chiusura dell’attività commerciale. Se grandi banche d’affari frodano il fisco, quindi lo Stato ed i cittadini che contribuiscono a far funzionare i servizi pubblici mediante il pagamento delle tasse, per 4,3 miliardi di euro (8.400 miliardi di lire), non vengono neppure cancellate dall'elenco dalle banche di riferimento del Ministero dell’economia e delle finanze,
si chiede di sapere:
se corrisponda al vero la notizia, mai smentita, del citato “scandalo” delle maggiori banche d’affari che hanno frodato il fisco italiano, quindi la totalità dei cittadini, per un controvalore di 4,3 miliardi di euro, come risulta dall’indagine della Procura della Repubblica di Pescara, nell’operazione denominata “easy credit”, resa nota da un’inchiesta del settimanale "L’Espresso";
se siano stati recuperati i 4,3 miliardi di euro oggetto dell’inchiesta di Pescara;
se risulti compatibile la carica del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, chiamato a vigilare proprio sulla correttezza e trasparenza delle banche, con il pregresso status di responsabile legale di una grande banca d’affari, accusata di aver frodato il fisco italiano per una somma ingente;
quali misure urgenti il Governo intenda assumere per evitare che vi siano evasori di serie A riveriti ed impuniti, ed evasori di serie B, come i piccoli esercenti che spesso vengono perseguitati dal fisco, allargando in tal modo il solco dell’iniquità e dell’ingiustizia che allontana i cittadini onesti dalle istituzioni democratiche.

martedì

Le rivelazioni di Cossiga

Questo video mostra l'ex presidente Francesco Cossiga, che intervenendo telefonicamente ad una trasmissione televisiva all’inizio di quest’anno, spiega la svendita dell’Italia avvenuta sul panfilo Britannia nel 1992. Per approfondire leggi:
http://www.disinformazione.it/svendita_italia2.htm

Cossiga continua a darci la certezza che alcune caratteristiche agghiaccianti del sistema o alcuni episodi di natura truffaldina e criminale non sono fantasie ma una tragica realtà. Sul Britannia, personaggi di destra e sinistra si piegarono al gruppo di potere anglo-americano, facendosi beffe dei diritti di sovranità degli italiani e della “democrazia”.
Scrive Andrea Cinquegrani: “Negli splendidi saloni del panfilo si son dati appuntamento oltre centro tra banchieri, uomini d’affari, pezzi da novanta della finanza internazionale, soprattutto di marca statunitense e anglo-olandese. A guidare la nostra delegazione - raccontano in modo scarno le cronache dell’epoca - proprio lui, Draghi, che ai «signori della City» illustra per filo e per segno il maxi programma di dismissioni da parte dello Stato e di privatizzazioni. Un vero e proprio smantellamento dello Stato imprenditore. A quel summit, secondo i bene informati, avrebbe partecipato anche l’attuale ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che sul programma Draghi cercò di far da pompiere: «non venne programmata alcuna svendita - osservò - fu solo il prezzo da pagare per entrare tra i primi nel club dell’euro». Più chiari di così…. In perfetta sintonia con l’attuale “avversario” (del Polo) l’allora presidente Iri, Romano Prodi e quello dell’Eni, Franco Barnabè. Pochissime le voci di dissenso. Il napoletano Antonio Parlato, all’epoca sottosegretario al Bilancio, di An, sostenne che Draghi aveva intenzione di portare avanti un progetto di privatizzazioni selvagge. E aggiunse che proprio sul Britannia si sarebbero raggiunti gli accordi per una supersvalutazione della lira. Guarda caso, tra gli invitati “eccellenti” del Britannia fa capolino George Soros, super finanziere d’assalto di origini ungheresi ma yankee d’adozione, a capo del Quantum Fund e protagonista di una incredibile serie di crac provocati in svariate nazioni nel mirino degli Usa, potendo contare su smisurate liquidità, secondo alcune fonti di origine anche colombiana. E guarda caso, per l’Italia sarà settembre nero, anzi nerissimo, con una svalutazione del 30 per cento che costringerà l’allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi (direttore generale Lamberto Dini) a prosciugare le risorse della banca centrale (quasi 50 miliardi di dollari) per fronteggiare il maxi attacco speculativo nei confronti della lira.
A infilarci pesantemente uno zampino anche Moody’s, l’agenzia di rating che declassò i nostri Bot. Le inchieste per super-aggiotaggio avviate in diverse procure italiane (fra cui Napoli e Roma) sono finite nella classica bolla di sapone. Eppure, anche allora, e come al solito, a rimetterci l’osso del collo sono stati i cittadini-risparmiatori. Craxi puntò l’indice contro «una quantità di capitali speculativi provenienti sia da operatori finanziari che da gruppi economici», parlando di «potenti interessi che pare si siano mossi allo scopo di spezzare le maglie dello Sme», e di un «intreccio di forze e circostanze diverse»… Super Mario Draghi… in otto anni porterà a casa un bottino da quasi 200 mila miliardi di vecchie lire, vendendo a destra e a manca gli ex gioielli di casa, anzi dello Stato. Una mission messa a segno con grande determinazione, portandoci in testa alla hit internazionale dei ‘privatizzatori’ (secondi solo alla Gran Bretagna dell’amico Tony Blair)…
La finanza anglo-americana, quella a bordo del Britannia, gongola, ed un segnale più che significativo arriva con lo sbarco del neo ambasciatore Reginald Bartholomew, che dopo qualche mese di acclimatamento tra i salotti romani dichiara: «continueremo a sottolineare ai nostri interlocutori italiani la necessità di essere trasparenti nelle privatizzazioni, di proseguire in modo spedito e di rimuovere qualsiasi barriera agli investimenti esteri».
I signori della finanza, evidentemente, amano le acque. Vuoi quelle marine, come nel caso della crociera d’affari sul Britannia di Sua Maestà, vuoi quelle, più tranquille, di un bel lago. Come è successo, ad esempio, sulle rive del Maggiore, in quel di Stresa, dove a giugno 2003 il Gruppo Bilderberg a festeggiato i suoi primi 50 anni. Li ritroviamo lì, in un abbraccio appassionato, i potenti della terra, dall’immancabile Henry Kissinger a David Rockfeller fino a Melinda Gates. E la nostra truppa? Mista al punto giusto, trasversale che più non si potrebbe. Il meeting del cinquantennio ha visto la partecipazione, sul versante finanziario, di Franco Bernabè, Rodolfo De Benedetti, Mario Draghi, Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa, Riccardo Passera, Paolo Scaroni, Marco Tronchetti Provera. Per la serie: tutti i candidati possibili alla successione di Fazio al vertice di Bankitalia! Tra gli economisti-politici, i due ultimi ministri dell’Economia nel governo Berlusconi, Domenico Siniscalco e Giulio Tremonti. Ma nel corso degli anni le presenze agli annuali meeting - a partire dal 1982 ad oggi - sono state numerose e di grande prestigio: non ha fatto mancare la sua presenza il gruppo Fiat, con i fratelli Gianni e Umberto Agnelli, Paolo Fresco e l’amico Renato Ruggiero (per pochi mesi al timone del ministero degli Esteri); e poi i banchieri Rainer Masera, al vertice del gruppo Imi San Paolo, e Alessandro Profumo, Confindustria con Innocenzo Cipolletta; e un folto drappello di politici, dai polisti Giorgio La Malfa, Gianni De Michelis e Claudio Martelli (oltre ai già ricordati Tremonti e Siniscalco), agli ulivisti Romano Prodi, Walter Veltroni e Virginio Rognoni”. (http://www.disinformazione.it/stirpedraghi.htm).


venerdì

GENOVA 2001. NOI C’ERAVAMO

Mi sembra opportuno pubblicare questo appello ricevuto da Pina Di Cienzo:

GENOVA 2001. NOI C’ERAVAMO

Noi c’eravamo e abbiamo visto.
Abbiamo visto la violenza inaudita di quelle giornate, la caccia indiscriminata a persone inermi, l’assoluto arbitrio nel gestire l’ordine pubblico. Siamo stati poi costretti a registrare con sconcerto la decisione della magistratura che ha deciso di non procedere nell'accertamento delle responsabilita' delle forze dell'ordine per le gravi violenze subite dai manifestanti che parteciparono al grande corteo dei 200 mila del 21 luglio 2001.
Bolzaneto, la scuola Diaz. Assieme ad altri nomi, come Alimonda, Manin, Tolemaide, rimarranno tra le pagine oscure di questo paese. Abbiamo aspettato sette anni per vedere scritto nero su bianco quello che abbiamo visto e a cui abbiamo assistito, per guardare finalmente in faccia i responsabili di quello scempio.
La sentenza dello scorso 13 novembre sul processo Diaz è un ulteriore insulto alla nostra richiesta di giustizia e trasparenza, alla fiducia che ancora avevamo che la verità potesse finalmente essere sancita.
Per la “macelleria messicana”, così definita dall’allora vicequestore aggiunto della Questura di Roma Michelangelo Fournier, i responsabili si trovano solamente tra la manovalanza di Canterini, allora comandante del I Reparto Mobile di Roma.
Nessun vertice della Polizia è stato incriminato: né Francesco Gratteri, promosso a direttore del dipartimento Anticrimine, già a capo dello Sco; né Gilberto Caldarozzi, promosso a capo del Servizio centrale operativo; né Giovanni Luperi, promosso al vertice del servizio segreto civile, già vicedirettore dell’Ucigos; né Spartaco Mortola, già dirigente della Digos, ora promosso vicequestore aggiunto a Torino.
Tutti assolti.
Mentre l'allora capo della Polizia, Gianni De Gennaro, responsabile della piazza durante il G8 di Genova, e' diventato addirittura direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Rimangono i verbali falsificati, gli arresti ingiustificati, le molotov introdotte illegalmente nella scuola per giustificare l’assalto, la loro sparizione dall’ufficio della Questura di Genova dove erano in custodia come corpo del reato, a fare da sfondo ad un’ulteriore brutta pagina della democrazia italiana.
Noi c’eravamo e per questo auspichiamo un sussulto democratico. Una reazione pubblica, pacifica e nonviolenta per dimostrare che in questo paese esiste ancora un tessuto democratico, e che la convivenza civile si deve basare sul principio di responsabilità, sul riconoscimento dei diritti di tutti e su una giustizia che sappia tutelare le vittime e applicare il principio che la legge è uguale per tutti.

Simonetta Aicardi, Antonello Amico, Salvatore Amura, Massimo Antognoli, Alessio Antonioli, Aldo Antonelli, Paolo Arena, Marco Arturi, Alberto Baccichetto, Francesca Biffi, Francesco Bottaccioli, Massimiliano Cafaro, Graziella Caloi, Gilda Camillucci, Roberta Canepa, Alessandra Cangemi, Ilaria Cavazzuti, Giovanni Ciavarella, Gianluca Cicinelli, Roberta Cileni, Federica Citoni, Michele Citoni, Francesco D'Antonio, Giorgio Dal Fiume, Ferdinando dell’Omo, Rosa D’Elia, Italo Di Sabato, Sabina Eleonori, Donata Frigerio, Sabina Glandrini, Santo Grammatico, Carlo Giorgi, Miriam Giovanzana, Tonino Giuffrè, Celeste Grossi, Lorenzo Guadagnucci, Maurizio Gubbiotti, Roberto Gulizia, Angela Landini, Monica Lanfranco, Barbara Lelli, Stefano Lenzi, Ivano Luberti, Deborah Lucchetti, Marco Magni, Serena Maffioli, Roberto Meregalli, Ersilia Monti, Elisa Moretti, Davide Musso, Pietro Olla, Cristina Papa, Marco Parlati, Adriana Perrotta Rabissi, Annamaria Properzi, Pietro Raitano, Marco Rocchi, Felice Romagnoli, Carlo Schenone, Giannina Subellati, Stefano Terzolo, Enrico Testino, Mario Torneri, Patricia Tough, Andrea Trentini, Paola Trivella, Riccardo Troisi, Paolo Trucco, Nicola Vallinoto, Alessandro Verri, Lorenzo Vicario, Alberto Zoratti, Marinella Ciamarra, Pina Di Cienzo,
per aderire all'appello: noiceravamo@gmail.com

La Saga dei Kennedy e il potere dei banchieri 1 di 11

Un documentario in 11 parti sugli omicidi dei Kennedy e il gruppo di potere.

giovedì

G8 Genova - Testimonianze Bolzaneto, scuola Diaz.

Stasera ci sarà la sentenza per il blitz nella scuola Diaz avvenuto durante il G8 di Genova. Gli imputati sono 28, per i quali i pm hanno chiesto 109 anni di carcere. Tra gli imputati ci sono l'ex Sisde Giovanni Luperi e Francesco Gratteri, oggi ancora al vertice dell'Antiterrorismo. In aula saranno presenti quasi tutte le 93 vittime. Tra queste c'è Mark Covell (preso a bastonate e a calci), giornalista inglese che è riuscito a capire che si stavano costruendo prove false per giustificare il massacro, come le due molotov e un presunto accoltellamento di un agente. Covell avrebbe scattato foto che inchiodano i criminali. L'accusa è quella di aver massacrato persone inermi, di aver arrestato ingiustamente e cercato di far ricadere sui no-global la responsabilità, attraverso la costruzione di prove false. Il governo di allora non è stato mai messo sotto accusa, pur avendo in vario modo sostenuto la durissima repressione e cercato di insabbiare i crimini.

Alex Zanotelli un parere Sulla riforma della scuola.

venerdì

LA CONDIZIONE CULTURALE DEGLI ITALIANI

Intervista a Tullio De Mauro sulla situazione culturale degli italiani.
E’ interessante notare che l’apertura culturale non dipende tanto dal titolo di studio quanto dal desiderio di migliorarsi e crescere culturalmente e socialmente.
Ricordiamo che la crescita degli esseri umani dipende dalle esperienze sociali, culturali o artistiche, se tali esperienze sono scarse o nulle si tende a ristagnare o si diventa nevrotici.
L’attuale sistema è sempre più strutturato in modo tale da scoraggiare la cultura e incoraggiare la superficialità, la passività e l’intrattenimento sciocco. Questo perché una falsa democrazia non potrebbe sopravvivere se la maggior parte dei cittadini diventasse culturalmente attiva e socialmente evoluta.

giovedì

IL LINCOLN NERO - Le promesse di Barack Obama -

Di Antonella Randazzo


Dire “me lo aspettavo” non basta. Bisogna capire le motivazioni della vittoria di Barack Obama.
In una situazione di grave recessione, in cui aumentano sempre più le persone costrette alla povertà, le parole magiche e vincenti sono “Welfare” e “redistribuzione".
Per un popolo piegato dall’oppressione di un ristretto gruppo, diventato sempre più guerrafondaio e agguerrito nel sottrarre libertà e ricchezza, un nuovo personaggio, più spontaneo, intelligente e con un sorriso che non sa di ipocrisia, è diventato portatore di grande speranza.

Obama, durante tutta la sua campagna elettorale ha continuato a ripetere frasi come "Potrete voltare pagina, cambiare la politica dell'avidità e dell'irresponsabilità", alludendo alla sua completa estraneità alle politiche dell’attuale amministrazione.
L’accento era sempre al cambiamento, inteso come capacità di uscire dalla depressione e di migliorare la situazione economica delle persone comuni.
I suoi discorsi sono sempre stati intelligenti e convincenti. Egli sapeva scegliere bene gli slogan e le parole. Una delle frasi più accattivanti era: “potete scegliere tra la paura e la speranza", sapendo bene quanto la paura fosse stata alimentata durante le amministrazioni Bush, per giustificare le restrizioni alla libertà e le imprese belliche.

Obama ha usato spesso le parole “cambiamento necessario” e “avidità” (dei repubblicani), e ha raccolto parecchi applausi dicendo: "cambiare, con il vostro aiuto, l'economia dal basso" e “l’America potrà finalmente voltare pagina e, in un momento decisivo nella sua storia, portare il cambiamento di cui c'é bisogno".
Obama ha promesso di eliminare le tasse per gli anziani con pensioni inferiori ai 50.000 dollari l'anno e di aiutare i genitori che lavorano. Ha detto: "Pagheremo tutto ciò chiedendo alla gente che guadagna più di 250.000 dollari l'anno di tornare al tasso di prelievo fiscale che pagavano negli anni '90''.(1)

La campagna dei repubblicani è apparsa spesso obsoleta e non molto equilibrata, considerando, ad esempio, l’invocazione del “pericolo socialista”, oppure l’infelice canzoncina cantata da McCain sull’Iran: “Bomb Bomb Bomb Bomb Iran!”

I repubblicani, più che a creare affezione verso di essi, hanno puntato a screditare l’avversario, cercando di far emergere qualcosa di poco lusinghiero, o di far credere che Obama avesse l’intenzione di inserire nuove tasse e di applicare un “piano economico di tipo marxista”.
Non hanno saputo proporre qualcosa che desse speranza e fiducia agli elettori, come invece ha fatto Obama.
Senza contare le molte frasi razziste come "Non ci faremo comandare da un negro" dette da personaggi di ambienti di estrema destra detti “suprematisti”. Questi ultimi invocano la “sicurezza”, da difendere perseguitando gli immigrati, i neri e gli ispanici. Hanno cercato in tal modo di risvegliare il più bieco razzismo, che però, evidentemente, non ha fatto presa sui cittadini.
In campagna elettorale, hanno apostrofato Obama come “marxista”, l’hanno bollato come “musulmano”, e poi hanno cercato di associare la sua figura a personaggi di estrema sinistra o vicini ai “terroristi”.
La campagna elettorale dei repubblicani è stata così squallida e mediocre che quasi sembra volessero perdere.

Ad ogni modo, avrebbe vinto, come avviene di solito, chi ha suscitato fiducia, meglio gestito il rapporto con i media e più speso in spot elettorali.
Obama avrebbe mandato in onda una media di 7.700 spot televisivi ogni giorno, il doppio e più lunghi rispetto a McCain. Avrebbe anche acquistato spazi pubblicitari durante i programmi televisivi più seguiti (fiction, partite di football, ecc.). Egli avrebbe speso 180 milioni di dollari per inserzioni su circuiti televisivi locali, reti nazionali e via cavo. Il suo rivale ne avrebbe spesi soltanto 13 milioni.(2)

Obama ha stravinto persino in Ohio, Pennsylvania e Florida, dove risultati simili non si vedevano da molto tempo. Per questo si parla di “vittoria storica”.

Con la vittoria di Obama, molti credono che stia iniziando una nuova era per gli Usa, e di conseguenza anche per gran parte del mondo. Ma è davvero così? Davvero egli taglierà le tasse ai più deboli, arginerà il potere delle grandi corporation e modificherà l’economia a vantaggio di tutti?

La premessa è che un uomo che avesse voluto effettivamente limitare o eliminare il potere dell’èlite dominante non sarebbe potuto diventare un candidato alle primarie, e dunque si deve partire dal presupposto che Obama, in una certa misura, accoglie il sistema e ne è parte.
Nonostante le promesse di “cambiamento”, Obama puntava a convincere quella parte di popolazione ancora stretta nella “gabbia di massa”, e per questo spesso utilizzava termini e concetti che confermavano il sistema anziché auspicarne il cambiamento alla radice. Egli ha rimarcato la propaganda tipica della “guerra al terrorismo”, sostenendo di dover aumentare le truppe in Afghanistan. In tal modo ha reso manifesto il suo legame con l’impero, che si arroga il diritto di occupare militarmente terre straniere, invocando la “lotta al terrorismo”. Inoltre, Obama si è guardato bene dal denunciare la truffa del debito e della tassa sul reddito. Egli, forse sinceramente, vorrebbe migliorare le condizioni delle famiglie vessate dai banchieri, ma non potrà farlo realmente, poiché non ha mai messo in dubbio l’assetto finanziario ed economico. Dunque, molti di coloro che adesso sono trascinati dall’entusiasmo, presto saranno delusi e ripiomberanno nella vecchia sfiducia.

Occorre tener conto della particolarità del periodo storico che stiamo vivendo: molte persone, grazie ad Internet, sono più disincantate verso l’attuale sistema di potere, sanno capire cos’è il sistema rappresentativo partitico, e sanno che le guerre non sono fatte per “portare democrazia” ma per ben altri motivi.
Eppure, la campagna elettorale di Obama ha visto un coinvolgimento emotivo che da tempo non si vedeva, e alle urne si sono presentate così tante persone come non si vedeva dal lontano 1920.
Cosa significa questo? Di sicuro che la gente ha bisogno di sperare in qualcosa o in qualcuno, e, nonostante oramai sia chiaro che le autorità non sono a servizio dei cittadini ma del sistema, molti hanno puntato su Obama per cambiare una situazione economica e finanziaria ormai diventata così grave da seminare paura e insicurezza. Questo significa che la maggior parte delle persone non vedono altra strada che quella di continuare a fidarsi di qualche autorità, magari di qualcuno che si presenta con un sorriso e una faccia “pulita” come quella di Obama.

Che il nuovo presidente sia bianco, nero, donna o uomo, non era così importante quanto il fatto che egli potesse ridare fiducia e speranza al popolo americano. E Obama, senza alcun dubbio, è riuscito a riscuotere un’immensa fiducia, a tal punto che migliaia di persone hanno contribuito a finanziare la sua campagna elettorale. Egli è stato fra i candidati che hanno ricevuto più sostegno finanziario da parte di singoli privati.

Adesso cosa accadrà? Possono accadere le seguenti cose:

Se Obama si limiterà a cambiare aspetti che non fanno crollare l’impalcatura del potere, allora egli sarà lasciato in pace. Ma se vorrà davvero limitare il potere dei banchieri e delle grandi corporation, allora l’idolo del popolo potrebbe trasformarsi in un cadavere, com’è accaduto a diversi presidenti, come Lincoln e Kennedy.

L’assassinio politico, come anche lo scandalo politico, sono “armi” molto utilizzate dal gruppo di potere, per arginare, bloccare o eliminare il potere di un presidente. Non bisogna trascurare che in alcuni casi, il delitto ha anche lo scopo di produrre pessimismo, sfiducia e arrendevolezza. Basti pensare al brillante e rampante presidente Kennedy, così tanto amato dal popolo, e immortalato tragicamente dalla telecamera nel momento dell’attentato e della morte. Come una moviola, la cinepresa riprendeva istante per istante l’evento tragico, per renderlo ancora più agghiacciante di quanto fosse. Si sapeva che ciò avrebbe indotto milioni e milioni di persone in lacrime e disperazione. La disperazione si sarebbe sommata alla rabbia di quegli anni, per l’uccisione di coloro che avrebbero potuto cambiare la Storia, oltre a Kennedy, anche altri personaggi importanti, come Martin Luther King.

Non voglio certo dire che anche Obama farà la stessa fine, poiché egli potrebbe non mettersi contro il gruppo egemone, e poi, oggi ci sono anche altre tecniche molto efficaci per restringere il potere di un presidente, come la calunnia, lo scandalo e la persecuzione giudiziaria.
Ad ogni modo, poco tempo prima del voto, ricordiamo che l’Fbi e la Fox news focalizzarono l’attenzione degli elettori, non tanto sul programma elettorale di Obama, quanto su presunti “complotti” che alcuni naziskin avrebbero organizzato per colpirlo.
A pochi giorni dal voto, la Fox svelava con enfasi: «Due neonazisti di 18 e 20 anni volevano sparargli o decapitarlo»
E’ risaputo che la Fox non amasse Obama, e dunque non era della sua incolumità che si stava preoccupando, quanto di segnalare e sottolineare il fatto che si trattava di un “nero”, e dunque soggetto ai rischi del caso, ovvero esposto ai pericoli del razzismo.

Che l’entusiasmo del nuovo non ci faccia dimenticare che ci troviamo di fronte ad un paese gravemente involuto a causa del gruppo di potere, che ha interesse a manipolare i media e a fare propaganda di una “guerra al terrorismo” raccontata in modo assai mistificato, facendo apparire il controllo militare come una “missione di pace”.
Non dimentichiamo che stiamo considerando un paese in cui la povertà è aumentata a dismisura negli ultimi decenni, a causa della disoccupazione e del precariato lavorativo, e in cui c’è molto degrado a causa dei continui tagli all’istruzione, del sistema sanitario controllato dalle corporation, e dell’assenza di sindacati autonomi capaci di difendere i minimi diritti dei lavoratori. Le cifre parlano: 750 mila disoccupati in più soltanto nel 2008, almeno 3,7 milioni di persone hanno fatto domanda per avere il sussidio di disoccupazione; sarebbero almeno 43,6 milioni i cittadini statunitensi privi di assistenza sanitaria, di cui circa 8,5 milioni sono bambini e adolescenti. Nei mesi più freddi, molti bambini muoiono per malattie dovute alle basse temperature, come avviene in un qualsiasi paese del Terzo mondo. Eppure ci parlano degli Usa come di “una grande e ricca democrazia”.

Per migliorare tale situazione si dovrebbe cambiare il sistema sanitario, imporre leggi e regole ai grandi gruppi economici e finanziari, limitando lo strapotere che hanno acquisito negli ultimi decenni, e fare in modo che vi possa essere un pluralismo mediatico, completamente scomparso negli ultimi tempi. Per “cambiare le cose”, come ha promesso, Obama dovrebbe contrastare gli interessi di alcune persone dotate di enormi poteri, e in grado di avviare campagne mediatiche colossali contro di lui.
Dunque, se egli davvero si muovesse sulla base delle sue promesse elettorali, nel giro di poco tempo avrebbe i mass media contro, e gli agenti dei servizi segreti pronti a seguire ogni sua mossa per infamarlo o far esplodere qualche “scandalo”.

C’è chi prevede un finale tragico: Il senatore Joe Biden, candidato alla vice-presidenza a fianco di Obama, il 19 ottobre a Seattle ha detto parole inquietanti: «Segnatevi le mie parole… non passeranno sei mesi prima che il mondo metta alla prova Barack Obama come hanno fatto con John Kennedy... Ricordatevi che ve l’ho detto, qui davanti a voi... Guardate, avremo una crisi internazionale, una crisi generata per metter alla prova la stoffa di quest’uomo… da studioso di storia e avendo collaborato con sette presidenti, io vi garantisco che sta per succedere… Posso darvi almeno quattro o cinque scenari da cui questo può cominciare… e lui avrà bisogno di aiuto. E il tipo di aiuto che gli servirà, è il vostro - non che lo aiutiate finanziariamente, avrà bisogno della vostra influenza”. (3)

Con queste parole, Biden ha cercato di spiegare che se Obama volesse fare qualcosa di indipendente rispetto ai dettami del gruppo di potere, gli si aprirebbe davanti una serie di scenari atti ad intralciarlo. Questi scenari potrebbero prevedere persino “crisi” con paesi esteri. Si vedano, ad esempio, i difficili rapporti con l’Iran, la Russia e il Venezuela, i cui contrasti sono creati dalle esigenze di potere e di controllo delle risorse del gruppo egemone statunitense.

E se Obama cercasse di contrastare l’aumento del debito pubblico, oppure il “pizzo” dei banchieri detto “tassa sul reddito” cosa succederebbe? Sarebbe forse accusato di essere terrorista? Oppure di essere contro la “patria”?
Quanti crederebbero alle menzogne dei media? Attualmente l’80% dei cittadini lo fa, molti dei quali oggi hanno votato Obama.
Dunque, è più credibile che Obama, salito al potere, ridimensioni le sue vedute di “cambiamento” riducendole magari a qualche miglioramento nel Welfare o a qualche ritocco alla spesa pubblica. Ma il potere dei banchieri non sarà scalfito, fino a quando i popoli si accorgeranno dell’inganno che sta alla radice del sistema: nella stessa organizzazione e gestione del potere, e nel ritenere che le imprese debbano avere quale obiettivo principale il profitto, relegando in secondo piano i diritti umani.
Riporre speranza in un uomo che sarà, comunque, controllato dall’attuale gruppo dominante non appare particolarmente saggio, anche se è consolatorio e illusorio.
Per avere un futuro diverso non possiamo esimerci dal distruggere alla radice un sistema inumano e ingannevole.
Non è consigliabile credere a chi dice “cambierò il mondo”, poiché sarebbe meglio cercare di capire le vere intenzioni di chi lo dice.
Non è possibile cambiare la realtà senza sottrarre il potere a chi lo detiene attualmente e lo gestisce in modo criminale. Non si può cambiare il mondo “a metà”, e non lo può fare chi sta in alto ed è parte del sistema stesso, può farlo soltanto chi sta in basso e chi non ha nulla da spartire col sistema attuale.
Una rivoluzione forse è già in atto, ma non sarà Barack Obama a farla.


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NOTE

1) http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/elezioniusanews/visualizza_new.html_792967476.html
2) http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=202&ID_articolo=698&ID_sezione=425&sezione=
3) www.antimafiaduemila.com/content/view/10220/48/ - 58k -

OBAMA PRESIDENTE: IL PRIMO DISCORSO DOPO L'ELEZIONE