mercoledì

HOMO GREX Un viaggio dall’Humanitas al Grex e ritorno



Antonella Randazzo


HOMO GREX
Un viaggio dall’Humanitas al Grex e ritorno

Ediz. Espavo - Pagg. 446


Pur essendo venuto allo scoperto che circa l’1% sottomette e opprime il restante 99% della popolazione, il sistema è rimasto invariato. È evidente che non basta capire la realtà per cambiarla, ed è risultato inutile protestare contro chi non ha alcun interesse a cambiarla.
Lo scrittore Lev Nikolaevič Tolstoj, in riferimento all’oppressione coloniale inglese in India, ebbe a dire: “Una compagnia commerciale assoggettò una nazione di duecento milioni di persone! Raccontatelo ad un uomo libero dalla superstizione, ed egli non riuscirà a capire che cosa significhino queste parole, che cosa significa che trentamila uomini… ne hanno sottomessi duecento milioni?”
Cosa ci guadagnano i popoli a credere che lo stesso sistema dittatoriale darà loro la possibilità di scegliere la libertà?
Come qualcuno ha detto: “Gli oppressori europei non hanno chiesto gentilmente di ricevere dai popoli il potere che hanno”.
Si chiede il giornalista e scrittore John Pilger: “Per quanto tempo ancora dobbiamo restare sottomessi ad un tale ‘governo invisibile’?... i sistemi politici che promettono sicurezza e giustizia sociale sono stati sostituiti da pirateria, ‘austerità’ e ‘guerra perpetua’: un estremismo dedito al rovesciamento della democrazia. Se applicato a un individuo, lo identificherebbe come psicopatico. Perché mai lo accettiamo?”.
A cosa è dovuta l’incapacità dei popoli di liberarsi da un secolare sistema oppressivo e obsoleto?
Questo libro fa chiarezza su quella realtà chiamata “società di massa”, e sulle caratteristiche che impediscono ai popoli di scegliere ciò che è meglio per loro.
Da molto tempo, autorevoli studiosi parlano di “società di massa”, come di una realtà in cui gli individui sono stati assoggettati ad un assetto che non permette loro alcuna vera libertà, e non rende possibile la consapevolezza necessaria per scegliere liberamente un altro sistema.
Scriveva Alexis Clérel de Tocqueville nel 1832: “Se cerco di immaginare il dispotismo moderno, vedo una folla smisurata di esseri simili ed eguali che volteggiano su se stessi per procurarsi piccoli e meschini piaceri di cui si pasce la loro anima”.
Nell’Ottocento, lo psicologo Gustav Le Bon (1841-1931) osservò che la “massa” è costituita da persone che non vivono nella propria e vera realtà individuale, che hanno bisogno di illusioni, di passioni, di coinvolgimento emotivo.
Da recente, alcuni autori hanno messo in evidenza che molte persone si sentono insicure e hanno perduto ogni riferimento sociale o familiare. Se si chiede ai giovani “chi vorresti essere?”, rispondono citando un loro idolo mediatico, e raramente dicono “Sono felice di essere me stesso”. Altre persone si fanno trascinare dai reality, o da altre produzioni televisive che puntano sulla creazione di un clima emozionale coinvolgente.
Si sono affermati anche i social network, divenuti un fenomeno di massa, con tanti risvolti sociali e culturali.
Si offrono nuove illusioni, che sostituiscono le vecchie, diventate delusioni. Si offrono nuovi leader, nuove speranze, nuove credenze, ma rimangono i vecchi paradigmi.
Secondo Le Bon, la massa deve essere mantenuta in una “scena onirica priva di precisi contorni”. Si deve utilizzare il mito, il simbolo, il passato, l’emozione, la fascinazione, ma anche la menzogna, la falsità, e tutto quello che sfugge ad una verifica razionale. 

Cosa si intende per “massa”?
Quali effetti produce sulle persone?
Si può uscire dalla “massa”?
Queste sono soltanto alcune delle tante questioni affrontate in questo libro.
Il viaggio di comprensione del passaggio da società a massa, o dall’Humanitas al Grex, conduce inevitabilmente al viaggio di ritorno, ovvero alla consapevolezza di quelle caratteristiche che permettono agli individui di uscire dalla massa.
Il ritorno dal Grex all’Humanitas è un viaggio affascinante, che fa luce sulle risorse e sul potere degli individui, riuscendo a comprendere che non sempre è negativo infrangere le regole di quel giudice rigido e implacabile che sta fuori e dentro di noi, quale frutto secolare della massificazione.




INDICE


INTRODUZIONE....................................................7

CAPITOLO I - LA TELEVISIONE E LE MASSE....................19
Par. I. 1 - Bambini e televisione
Par. I. 2 - I Cartoni Animati
Par. I. 3 - La televisione e le divise
Par. I. 4 - I telegiornali e le masse
Par. I. 5 - I Reality
Par. I. 6 - Auditel e Qualitel
Par. I. 7 - Identità televisiva

CAPITOLO II - PUBBLICITÀ E IDEOLOGIA.....................111
Par. II. 1 - Pubblicità e formazione della massa
Par. II. 2 - La soppressione del femminile
Par. II. 3 - Mercato e nevrosi

CAPITOLO III – INNOVAZIONE TECNOLOGICA E SVAGO.....167
Par. III. 1 – La questione della privacy
Par. III. 2 – L’emotività in rete
Par. III. 3 – Metodi Psicotropi
Par. III. 4 – Percezione e materia
Par. III. 5 – L’ideologia delle macchine
Par. III. 6 – Homo Grex e svago
Par. III. 7 – Innovazione tecnoludica

CAPITOLO IV – POLITICA, LOBBY E MASSE..................273
Par. IV. 1 – Le sette lobbistiche
Par. IV. 2 – Religioni settarie
Par. IV. 3 – L’Homo Grex nella letteratura
Par. IV. 4 – Partiti e potere
Par. IV. 5 – Massomafia

CAPITOLO V – RITORNO ALL’HUMANITAS..................381
Par. V. 1 – Repressione e massa
Par. V. 2 – L’ego e l’illusione
Par. V. 3 – Alla ricerca dell’Atman
Par. V. 4 – Meditazione, consapevolezza e creatività
Par. V. 5 – La mente e il DNA
Par. V. 6 – Ribellione creativa

BIBLIOGRAFIA................................................425




INTRODUZIONE

Da molto tempo, gli studiosi parlano di una “società di massa”, ma per molti individui è difficile credere di appartenere ad una “massa”.
Cos’è dunque, una “massa”?
Quali sono gli elementi che gli individui devono avere per appartenervi?
Può una persona essere del tutto “massificata” e non accorgersene?
Come si crea una “società di massa”? E quali effetti produce sulle persone?
Si può uscire dalla “massa”?
Queste sono soltanto alcune delle tante questioni affrontate in questo libro. L’obiettivo è quello di capire in modo approfondito quali sono gli elementi che permettono la creazione di una massa e le possibilità individuali di uscire dalle morse massificanti.
Molte discipline hanno trattato questo argomento, cercando di mettere in luce le cause che rendono possibile la trasformazione di una società in un “gregge”.
Homo Grex è l’uomo che segue il gregge: egli è diventato incapace di autodeterminarsi, e dunque cerca all’esterno quello che dovrebbe cercare dentro di sé. È dipendente dall’esterno poiché non possiede più una vitalità interiore che lo renda in grado di assaporare la vita partendo dalle sue stesse potenzialità creative.
Grex è la parola latina che indica il gregge, la mandria, il branco, la schiera o la truppa. In tutti i casi, l’essere umano si muove in gruppi più o meno folti. Ma la caratteristica del muoversi con gli altri non è certo soltanto una caratteristica spaziale o sociale: è anche psicologica, nel senso che l’Homo Grex ha perduto la capacità di attingere a quelle caratteristiche individuali che costituiscono la sua vera identità.
La parola Grex è stata utilizzata in passato per indicare un gruppo di persone legate da motivazioni sociali o culturali, ma oggi, considerando i media di massa, molti autori hanno analizzato questo concetto in chiave moderna, individuando i diversi fattori che rendono possibile la creazione di una massa, e la successiva manipolazione o controllo sociale.
Anticamente, Cicerone utilizzava l'espressione “Grex Scipionis” (“Circolo degli Scipioni”), facendo riferimento ad un gruppo di persone che avevano vedute culturali e politiche affini, condivise all'interno della famiglia degli Scipioni. Diversi componenti della politica romana, come Scipione Emiliano, e altri intellettuali e letterati, come il commediografo Terenzio, erano molto interessati alla cultura ellenistica e di come essa si stava diffondendo nell'antica Roma. Questi personaggi giunsero a scontrarsi con altre personalità, come il censore Marco Porcio Catone (234 a.C. circa – 149 a.C.), che non vedeva di buon occhio il legame che questi intellettuali avevano stabilito con il mondo greco (specie Polibio e Panezio), alimentando il tipo di filosofia individualistica, che esprimevano nelle loro orazioni e opere letterarie.
Fu proprio a questo gruppo di persone che è stato attribuito il merito del diffondersi di quell’ideale definito Humanitas, che univa la compassione, intesa in senso latino, e la formazione dell’uomo sulla base della civiltà a cui apparteneva, riconoscendo l’essere umano anche come categoria generale.
Con l’Humanitas si concepisce la possibilità di accettazione, benevolenza e comprensione verso tutti. Si concepiva una nuova etica, basata sulla fiducia negli esseri umani, sui sentimenti, e sull’attribuire un valore a tutti gli esseri umani, senza alcuna distinzione sessuale, etnica o sociale.
Cecilio Stazio sviluppa il concetto di Humanitas in opposizione alla concezione plautina riassunta nella frase homo homini lupus (l’uomo è come un lupo per gli altri uomini), sostenendo la possibilità che tra gli uomini possa prevalere la solidarietà e la fiducia.
Le idee del circolo scipionico ebbero una notevole importanza nella cultura romana; ma anche successivamente, il concetto di Humanitas ha influito sugli ambienti culturali europei, dall’età umanistica e rinascimentale fino ai nostri giorni.
Dunque, il Grex Scipionis è un gruppo che riconosce la sua identità collettiva, ma anche quella dei singoli individui, nella considerazione della complessità della personalità umana, che può divergere, creando le culture, e l’identità dei singoli individui.
Oggi però risulta sempre più difficile distinguere le differenze culturali, e ancor di più trovare la possibilità di una vera e libera scelta individuale. La cosiddetta “globalizzazione” ha creato un altissimo grado di conformità tra le nazioni. Le multinazionali creano spot pubblicitari simili in molti paesi, e persino l’assetto politico e le scelte finanziarie sono omologate tra parecchi paesi. Tutto questo ha creato un nuovo tipo di uomo, che chiameremo Homo Grex, ovvero un uomo formato, più che dalla sua stessa cultura, da elementi prodotti dai mass media, o da un insieme di paradigmi precostituiti, appartenenti all’assetto politico-economico in cui egli vive.
L’Homo Grex ha superato persino la vecchia nozione di cultura. Il termine “Cultura” deriva dal verbo latino colere, e significa “coltivare”, ossia aver cura di qualcosa.
Nell’era moderna, il concetto di cultura è stato accostato all’aver acquisito un bagaglio di conoscenze importanti, che saranno trasmesse da generazione in generazione. Nella lingua italiana il termine “cultura” può avere due significati diversi:
- La concezione umanistica o classica intende la cultura come una formazione individuale, che permette di “coltivare”, o di esprimere, l'animo umano.
- La concezione antropologica o moderna considera la cultura come un insieme di costumi, credenze, atteggiamenti, ideali, valori, abitudini delle diverse popolazioni o società del mondo. La cultura riguarda sia la società che l'individuo. In questo senso è possibile parlare al plurale di diverse culture, o dell'appartenenza a diversi gruppi sociali che permettono di acquisire un'identità culturale.

Col passar degli anni, e soprattutto con lo sviluppo mediatico, la definizione antropologica di Cultura è cambiata. Secondo l'antropologo Ulf Hannerz, “una cultura è una struttura di significato che viaggia su reti di comunicazione non localizzate in singoli territori”.
Addirittura, l'uso popolare del termine, in molte società occidentali, rispecchia alcune caratteristiche del sistema nella sua generalità. Ad esempio, molti usano la parola cultura per indicare oggetti, beni di consumo, e attività artistiche o culinarie. Altre persone possono distinguere una cultura “alta” dalla presunta cultura “bassa”, riferendosi, con quest’ultima, a tutti quegli oggetti, usi e costumi che non appartengono all'élite.
Di certo, la cultura comprende i costumi, le abitudini acquisite, gli oggetti considerati importanti, gli stili di vita, i paradigmi, le aspettative, ma anche atteggiamenti, valori, ecc.
La cultura che il bambino apprende sin da piccolo non riguarda ovviamente soltanto gli aspetti materiali, ma la totalità dell'ambiente sociale e fisico. Ogni essere umano nasce in una famiglia e in una società, come parte del mondo. Egli viene educato come un essere sociale, e dunque riceve diversi messaggi che mirano ad indirizzare il suo comportamento, e ad eliminare le risposte considerate non sociali. Oltre alla famiglia, interviene la scuola e la chiesa, per adattare il bambino al contesto sociale e culturale.
Ogni cultura possiede parametri e paradigmi propri, che non possono essere considerati assoluti, e influiscono sul grado di realizzazione delle potenzialità individuali. Possono cioè avere un potere più o meno forte nel condizionare le scelte esistenziali dell’individuo, determinandone il livello di felicità o di benessere psico-fisico.
Dunque, in ogni contesto culturale, esistono modelli culturali e norme, che possono essere intesi come assoluti, pur essendo sempre relativi.
In un contesto che crea una massa, le variazioni di comportamento tra individuo e individuo sono limitate da norme esplicite e implicite. Più il sistema impone norme rigide e implicite, con paradigmi intesi come assoluti e immodificabili, e più le norme sociali non vengono percepite come tali.
In altre parole, si produce l’Homo Grex: un uomo che percepisce l’uniformità o il conformismo sociale come “naturale”, e dunque non intende più la sua condotta come regolata da tali norme, che impongono quale comportamento sia consentito e quale stigmatizzato. Il suo comportamento non è dovuto alla scelta individuale, ma alle regole già preesistenti, ma egli non si accorge di non avere possibilità di scelta. Non è più in grado di percepirlo, in quanto si è identificato con la realtà esterna, a tal punto da non riconoscere più le sue caratteristiche individuali.
Questo tipo di persona permette la creazione di masse, e la possibilità di prevedere il comportamento umano attraverso una serie di stimoli emotivi a lui diretti.
Secondo il sociologo Émile Durkheim, ogni società impone diverse rappresentazioni collettive, cioè insiemi di norme e credenze. Più queste norme danno origine a paradigmi che agiscono sulla stessa considerazione che l’individuo ha di sé, e più potranno creare un gruppo sociale omogeneo, ovvero una massa.
Per lo studioso Ivan Illich, l’omologazione sociale è prodotta da un sistema industrializzato e altamente tecnologizzato, in cui il soggetto è ignaro e inerme di fronte alla mole notevole di stimoli persuasivi e suggestivi volti al consumismo, al dominio politico-economico, e a produrre effetti anche grazie alla “dominanza biomedica e farmaceutica”.
Un altro sociologo, Talcott Parsons, ha sostenuto che la cultura è costituita da “sistemi strutturali o ordinati di simboli (che sono gli oggetti dell'orientamento all'azione), da componenti interiorizzate della personalità degli individui e da modelli istituzionalizzati dei sistemi sociali”.(1)
Pertanto, ogni contesto culturale si muove per conservare il proprio ordine sociale, imponendo in modo implicito o esplicito regole, norme e sanzioni.
Per proteggere lo status quo, e continuare ad esistere contro ogni spinta al cambiamento, un sistema può diffondere valori e norme che potrebbero non essere socialmente condivisi o auspicabili per il benessere della società. Per indurre gli individui ad interiorizzare tali norme e valori, si esercita pressione attraverso diversi metodi, che l’individuo può non percepire affatto come condizionamento o manipolazione. In questo modo, si sacrifica l’individuo sull’altare del conformismo e del consenso al vecchio sistema.
In passato, la questione è stata appiattita e ideologizzata all’interno di determinate ideologie politiche. Ad esempio si è prestata attenzione al “conflitto di classe” tra chi ha i “mezzi di produzione” e chi è un lavoratore dipendente, facendo capire che i primi utilizzano il proprio potere per assoggettare i secondi. Ma la questione dell’esistenza di un potere coercitivo sulle masse è assai più complessa, poiché coinvolge anche caratteristiche degli stessi individui, e non si può fare a meno di considerare gli aspetti emotivi non soltanto di chi esercita il potere, ma anche di chi lo subisce.
Con la globalizzazione, la cultura deve essere inevitabilmente studiata in una prospettiva ampia, relazionale e reticolare. L'antropologo svedese Ulf Hannerz ha scritto che “in quanto sistemi collettivi di significato, le culture appartengono innanzitutto alle relazioni sociali e ai network di queste relazioni. Appartengono ai luoghi solo indirettamente e senza una necessità logica”.(2)
Lo psicologo Umberto Galimberti chiarisce che, nel sistema in cui viviamo, l’indipendenza, l’espressione di sé e la padronanza emotiva non sono valori: “Viviamo in un esercizio quotidiano di negazione di noi stessi. Più le società si fanno complesse più diventano rigide. E quindi la virtù di fondo che ognuno di noi deve interiorizzare non è la creatività, l’individualità, ma la sostituibilità. L’apparato vuole la sostituzione dei singoli individui, più velocemente possibile. Io ti do un mansionario limitato, di modo che, se tu non sei più all’altezza o depresso o ammalato sei immediatamente sostituibile. All’apparato interessa la sostituibilità, non l’eccellenza.”(3)

Dunque, alcune caratteristiche delle società contemporanee rendono possibile la creazione di un uomo-massa. Questo uomo è il frutto di secoli di oppressione, ma la sua prigionia oggi è resa più “leggera” dai mass media, che offrono svago di scarsa qualità e, soprattutto, la possibilità di vedere una realtà diversa da quella vera, alimentando illusioni e credenze funzionali al permanere dell’individuo nello stato di massificazione.
Nessuno di noi ama l’idea di poter essere condizionato dai mass media, sappiamo che i media hanno un forte potere condizionante, ma preferiamo pensare che questo potere venga esercitato su altri.
Molti studiosi, psicologi, sociologi e filosofi, si sono interrogati circa gli effetti che i mass media producono sulla mente e sul comportamento delle persone. Alcuni di essi hanno elaborato concetti utili per comprendere questi effetti e far luce sui metodi e sulle tecniche utilizzate dagli “esperti” mediatici.
Molte pubblicazioni spiegano come e quanto siamo soggetti al condizionamento mediatico, che oggi non riguarda soltanto il campo pubblicitario o dello svago, ma anche quello politico, ideologico e religioso.
“Molti di noi vengono oggi influenzati più di quanto non sospettino e la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto”,(4) scriveva già negli anni Cinquanta il sociologo americano Vance Packard.
Egli parlava di “persuasori occulti”, ad intendere l’esistenza di “professionisti della comunicazione", che utilizzavano varie tecniche difficili da riconoscere, mirando ad agire sul subconscio.
Ovviamente, questi “persuasori” sono a servizio dei grandi gruppi bancari e delle grandi imprese, e producono programmi Tv, pubblicità e altri prodotti mediatici, in armonia col sistema attuale.
Lo scopo principale dei mass media è quello di renderci “etero-diretti”, ovvero di fare in modo che tutti scelgano il proprio stile di vita, la propria alimentazione, l’abbigliamento e persino le idee politiche e le opinioni, sulla base del mondo mediatico.
Scrive il sociologo David Riesman: “Come, in campo commerciale, la suggestione esercitata dalla confezione e dalla pubblicità di un prodotto si sostituisce alla convenienza del prezzo, cosi in campo politico, la suggestione esercitata dalla ‘confezione’ del candidato o mediante una tendenziosa manipolazione dei mezzi di diffusione di massa, si va sostituendo alla ricerca dell’interesse personale che determinava la scelta del tipo auto-diretto”.(5)
Far diventare le persone etero-dirette significa renderle fortemente condizionabili, senza che esse ne abbiano piena consapevolezza, poiché se ne avessero consapevolezza gli effetti sarebbero drasticamente ridotti. Significa creare una sorta di “pensiero collettivo”, che tenderà ad uniformare menti, pensieri, opinioni e scelte, in modo tale che qualora apparisse un’idea inconsueta, fuori dal controllo del sistema, essa spingerebbe a guardare in modo sospetto chi la produce, come se “cantare fuori dal coro” rappresentasse di per sé un pericolo. Eppure, non c’è vera cultura senza capacità di proporre nuovi punti di vista. Osserva la scrittrice Gloria Capuano:
“Nell'informazione prevalgono un'incivile tifoseria politica, lo scandalismo, la notizia dell'orrore, l'immagine truculenta e pornografica, e una gerarchia di valori affidati alla banalità o allo squallore del sentire... questo tipo di informazione è ciarpame 'diseducativo' perché non offre alcuno stimolo di crescita. È veramente stupefacente osservare le innumerevoli opportunità e il tempo messo a disposizione di egregie signore del bel mondo o di personaggi dello spettacolo, o di signori esibizionisti e velleitari, o di ex terroristi, mentre la cultura dei contenuti perorata dalla gente più schiva e più isolata ha praticamente il bavaglio. C'è chi teme che si pratichi una ginnastica delle idee non convenzionali. Tutto ciò senza ricordare che questa gente capace di pensare fuori dal contagio di massa, non ha spazio anche perché non ha percorso i canali obbligati della dipendenza politica e culturale. Nel tener conto di questo spaccato di un mondo informativo che si divide... equamente tra la cultura della testimonianza crudele e casuale senza alcun retroterra critico, e la cultura della vanità e dell'esibizionismo, si può ritenere che la cultura sommersa e imbavagliata sia quella in grado d'innestare il nuovo nei contenuti... Siamo quindi ancora e sempre sulla distinzione tra contenuti e contenitori. Povera democrazia! Senza sponsor non ha alcuna possibilità di camminare. È certa una considerazione: ogni voce messa a tacere costa un ritardo in democrazia... un ritardo di crescita democratica, perché s'impedisce la conoscenza in genere e il conoscersi tra esseri umani... L'idea di libertà consiste proprio nel coraggio d'esprimere soprattutto ciò che si stacca dall'ufficialità e dalla massificazione”.(6)

Il giornalista William H. Whyte parlò di “conformismo razionalizzato”, che mira a cancellare il peso dell’individuo come essere pensante e agente autonomamente. Egli scrive: “Si è giunti insensibilmente alla conclusione che l’individuo non ha di per sé nessun valore se non in quanto appartiene a un gruppo”.(7)
Questo libro analizza il fenomeno delle sette lobbistiche nel nostro Paese, chiarendo quali sono le più presenti e come operano per esercitare un potere antidemocratico e massificante.

Per condizionare la mente e il comportamento occorre manipolare le emozioni, potendo così creare affezione, disaffezione, simpatia, rigetto, coinvolgimento emotivo, suggestione, ecc.
I media, specie la pubblicità, mirano a creare un clima di desideri, bisogni e senso di frustrazione, poiché tale clima è quello psicologicamente più adatto a creare individui dipendenti dalla realtà esterna e inclini all’acquisto di prodotti inutili e persino dannosi.
Siamo invogliati a provare nuovi prodotti o a confrontarci con modelli estetici talmente elevati che la maggior parte delle persone non può che sentire di non essere all’altezza. Tale frustrazione o disagio servirà a stimolare l’acquisto di creme di bellezza o di altri prodotti per l’estetica, e farà crescere la domanda di trattamenti estetici e operazioni di chirurgia estetica.
Negli ultimi decenni, molte persone hanno sostenuto che la rete Internet rappresentava un canale di grande cambiamento sociale e politico. Ma non sono pochi gli studiosi che hanno raggelato questa speranza. Ad esempio, l’informatico Joseph Weinzenbaum ha detto: “L’avvento della rivoluzione del computer e la fondazione dell’èra del computer sono stati annunciati più volte. Ma se il trionfo di una rivoluzione deve essere misurato nei termini del cambiamento sociale che ha generato, allora la rivoluzione del computer non c’è mai stata.”(8)
Il professore del Department of Communication Arts della New York City University, Neil Postman, aggiunge: “È importante ricordare cosa si può fare senza i computers e cosa si perde quando ce ne serviamo”.(9)
Questo libro chiarisce il senso di queste affermazioni, approfondendo il significato che la scienza e la tecnologia hanno per l’uomo contemporaneo.
L’opera considera in modo approfondito, tenendo conto delle fonti più importanti e autorevoli, il mondo dei mass media e di Internet. Considera anche gli aspetti politici, economici e finanziari che mirano ad orientare gli individui verso la massa.
Questo libro si è posto lo scopo di essere uno strumento utile a servizio della consapevolezza.
L’ultimo capitolo considera il ritorno dal Grex all’Humanitas, facendo luce sulle possibilità umane di autodeterminazione e di creazione di uno stato di benessere, che richiede necessariamente la realizzazione delle potenzialità dell’individuo fuori dall’alienazione della massa.
Se manca una decisa azione individuale, la società contemporanea tende a trasformarsi in una massa pericolosamente informe, suscettibile di essere manipolata da poche persone che ne conoscono gli aspetti vulnerabili. Secondo diversi studiosi, ogni individuo dovrebbe prendere atto di aver vissuto all’interno di una società di massa, che lo ha trasformato in Homo Grex, reprimendo aspetti della sua personalità molto importanti. Prendendo atto di ciò, occorre superare quelle paure che fanno parte della società di massa, e riuscire a capire che non sempre è negativo infrangere le regole di quel giudice rigido e implacabile che sta fuori e dentro di noi, quale frutto secolare della massificazione.



NOTE

1) Parsons Talcott, Il Sistema sociale (1951), Edizioni di Comunità, Milano 1981.
2) Ulf Hannerz, La complessità culturale, Mulino, Bologna, 1998.
3) Fiori Antonella, Ricomincio da me, Sperling & Kupfer, Milano 2004, p. 100.
4) Packard Vance, I persuasori occulti, Einaudi, Torino 1958.
5) Riesman David, La follia solitaria, Il Mulino, Bologna 1967, p. 196.
6) Capuano Gloria, “Progetto Informazione per creare un giornalismo di pace”, Edizioni per scuole e Università, Roma 1995, pp. 12-42.
7) Packard Vance, op. cit., pag. 215.
8) Weinzenbaum Joseph, Computer Power and Human Reason: From Judgement to calculation, Freeman, San Francisco 1976, p. 32 (trad. italiana Il potere del computer e la ragione umana. I limiti dell’intelligenza artificiale, Edizione Gruppo Abele, Torino 1987).
9) Postman Neil, Technopoly, Edizioni Boringhieri, Torino 1993, p. 112.


ALCUNE DOMANDE A CUI IL LIBRO RISPONDE:
Quali sono i metodi che permettono di formare le masse?
Quali tecniche vengono utilizzate per impedire di autodeterminarsi?
È possibile controllare la vita emotiva di una persona senza che essa ne sia consapevole?
Come può il sistema elettorale multipartitico avvantaggiare una dittatura?
Cosa sono e come operano le sette lobbistiche?
Come viene utilizzata la rete Internet per creare la falsa dissidenza?
Cosa sono veramente i partiti politici?
Cos’è la Massomafia?
Cosa c’entrano la mafia e la massoneria con la creazione di una massa?
Che significato hanno i luoghi di svago e lo sport per il sistema attuale?
In che modo la rete Internet condiziona l’emotività?
Cos’è un “robot efficiente”?
In che modo il modello economico favorisce la nevrosi?
Cos’è l’analfabetismo emozionale?
Quali sono i paradigmi che permettono l’esistenza di un potere antidemocratico?
Cosa sono l’Auditel e il Qualitel?
Qual è la funzione ideologica della pubblicità?
Cos’è la percezione e come si costruisce la “realtà”?
In che modo gli oggetti tecnologici più sofisticati hanno modificato le potenzialità sociali e cognitive?
Quali sono le risorse individuali per il benessere psico-fisico?



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