giovedì
LA FINLANDIA RIFIUTA IL VACCINO
Intervista a Rauni Kilde, ex ufficiale nazionale sanitario per la Finlandia.
- Lei pensa che questi virus siano stati specificatamente selezionati da testare su di noi per operare mutazioni della specie o per ucciderci?
Beh come minimo ci rendono molto malati, poiché lo scopo che ho letto dell’élite, se posso usare questa parola, è quello di ridurre la popolazione del pianeta terra di almeno i due terzi, forse persino di 5 miliardi…- Stiamo però affrontando questa nuova patologia, la suina..
Ma la suina è una enorme cavolata!
Non è la suina a essere pericolosa, è l’iniezione del vaccino! Perché non è solo composto dal virus della suina ma è mescolato con virus umano e con virus aviario e dietro vi è l’intento di ridurre la popolazione, perché è molto tossico, e di fare guadagnare miliardi di miliardi di miliardi a coloro che li producono, Rumsfeld è uno dei proprietari di quelle aziende farmaceutiche.
Volendo ridurre la popolazione, iniziano dai bambini e dalle donne incinte, i primi da eliminare per la prossima generazione.
- Ha tentato di avvertire i governi?
Non i governi ma ho scritto l’informazione alla Finlandia, non penso che funzionerà…
- Hanno già provato alla fine degli anni 70…
Sì, nel 1976, negli USA con l’influenza suina, ma i vaccini furono fermati dopo tre settimane perché ci furono così tanti morti e si ammalavano della sindrome * che distrugge il sistema neurologico delle persone; questa volta hanno portato degli accorgimenti per ricominciare; però prima hanno fatto in modo che le persone non possano più essere risarcite, in caso di conseguenze nefaste sulla salute, perché prima negli USA si dovevano pagare importi enormi in caso di danneggiamento alla salute ma adesso è stata approvata una legge secondo cui queste aziende non sono responsabili e non devono pagare alcun risarcimento né in caso di morte né in caso di danno sanitario cronico. L’hanno pensata proprio bene.
- Quindi possono avvelenarci o ucciderci e farla franca?
Esattamente.
- Ma come mai succede? Come mai così tanti governi lo permettono?
Beh non lo stanno ancora permettendo perché non hanno ancora fatto niente. Stanno portando avanti un programma di terrore nei mass media, tutti i mass media: è una propaganda del terrore e le persone si spaventano perché non lo sanno.
L’OMS ha ordinato che tutti devono essere vaccinati obbligatoriamente. Precedentemente, l’OMS non aveva la facoltà di costringere alcun governo, poteva formulare solo raccomandazioni ma nel 1986/87 si disse che in caso di pandemia, allora l’OMS poteva impartire ordini.
All’inizio di giugno, l’OMS ha dichiarato la pandemia di livello 6, che è il massimo, ma viaggiando in qualsiasi paese del mondo si poteva constatare che non c’erano i milioni di malati di suina. E’ stato fatto solo per forzare le persone e per preparare i governi all’obbligo del vaccino.
Ma non funzionerà perché le persone…
- Lei pensa che le cifre fornite dall’OMS siano false?
Certamente sono false. Si deve sempre tener presente perché lo fanno, e il cui prodest. Cui prodest?
Secondo me, sono stati costretti, ma da chi? Da Big Pharma che gestisce la popolazione del mondo e il denaro del mondo, milioni e milioni.
- Qual è la strategia? Perché lo fanno? Qual è lo scopo?
E’ quello di uccidere quante più persone possibile e di fare quanti più soldi possibile (per loro). Ma penso che abbiano mal calcolato questa volta. Perché già alla riunione del Bilderberg il 14 e il 15 maggio scorso in Grecia, si è verificata quasi una spaccatura, quando ne hanno discusso. E posso immaginare benissimo che i partecipanti usuali al Bilderberg non siano sempre d’accordo con i piani di Kissinger di eliminare gran parte della popolazione mondiale. E ieri il governo finlandese ha preso la decisione di cambiare le leggi nel senso di non dichiarare più questa malattia come pericolosa e contagiosa, il che significa che le persone dovranno comprarsi il vaccino. Ed è anche una questione giuridica perché secondo me se una malattia non è pericolosa e contagiosa, non possono obbligarti a vaccinarti. Sono stati furbi. Ho scritto anche all’Istituto sanitario della Norvegia il cui direttore mi ha risposto che non hanno l’intenzione di rendere il vaccino obbligatorio ma solo facoltativo; spero che nessuno lo farà, soprattutto non le donne incinte e i bambini, spero nessuno.
Traduzione N. Forcheri
Fonte: http://www.stampalibera.com/?p=6648
mercoledì
STERMINIO DI MASSA
Sono molti i medici in tutto il mondo che temono che sarà lo stesso vaccino a scatenare una pandemia di H1N1 combinata con H5N1. Questi timori purtroppo sono fondati. Quello che sta accadendo è fuori da ogni immaginazione: addirittura, in alcuni casi, negli stessi vaccini viene messo il virus, in modo da indurre i bambini vaccinati ad infettare gli altri.
Una società farmaceutica, la Baxter International, è stata sorpresa mentre distribuiva stock di vaccini nasali contaminati dal virus vivo dell'influenza aviaria, la H5N1.
Paradossalmente, il virus sarebbe stato brevettato tempo fa, come fosse una vera e propria arma di distruzione.
Il Dr. A. True Ott ha trovato nell'ufficio brevetti USA un brevetto del virus dell'influenza suina dell'azienda americana Medimmune, richiesto nel 2007 e ricevuto nel 2008. Questa è un'altra prova, se ce ne fosse bisogno, della malafede dell'Oms che ha detto che questo virus non esisteva prima e che i vaccini sarebbero necessari.
E' evidente che ci troviamo in un momento storico in cui il gruppo dominante desidera far diminuire la popolazione mondiale nel giro di poco tempo, e per questo, oltre ai soliti metodi (guerre, massacri, fame) vuole utilizzare la falsa pandemia, inducendo molti a vaccinarsi.
Occorre anche osservare che queste persone sono infastidite dalla corretta informazione sul vaccino che sta circolando in rete, a tal punto che qualcuno sta teorizzando la possibilità di bloccare la rete "in caso di pandemia".
Il GAO, lo U.S. Government Accountability Office, l’agenzia americana ha detto che nei momenti di emergenza la rete va chiusa. Nel documento “INFLUENZA PANDEMIC”, uscito questo mese e scaricabile in pdf da Internet, si fanno pressioni alla Protezione Civile americana, la Homeland Security Department, perché sviluppi una strategia per prendere il controllo della rete in caso di pandemia (fonte: http://www.byoblu.com/post/2009/10/27/La-protezione-civile-blocca-la-rete.aspx#continue). Chiediamoci perché si vuole fare questo.
lunedì
APPUNTAMENTO IN VIA GRADOLI
Di Antonella Randazzo
Ritengo che i personaggi politici debbano essere giudicati soltanto per ciò che riguarda la “cosa” pubblica, e non per le vicende private. Non mi sembra indice di civiltà il mettere alla gogna un personaggio per le vicende private. Ovviamente, non è il massimo avere come autorità personaggi che fanno uso di droga e che partecipano a festini a luci rosse.
Stando alle parole dei “trans” che ricevono in via Gradoli a Roma, sarebbero tanti i personaggi della politica e dello spettacolo che frequentano via Gradoli, e pagherebbero in media 1500 euro per “appuntamento”. La cifra si alzerebbe se viene fatta richiesta, oltre che di sesso, anche di droga. Qualcuno conferma che il "vizietto" di Marrazzo sarebbe assai diffuso in ambienti politici e non solo. Spiega il giornalista e presidente dell'Italia dei Diritti Antonello De Pierro: "Molti politici in questo momento stanno tremando. Soprattutto se viene confermata la holding del ricatto messa in piedi dai quattro carabinieri. Altri politici potrebbero essere ricattati. All'epoca c'era un noto personaggio di Centrodestra che aveva lanciato una crociata contro i trans. Ma aveva ricevuto delle foto che ritraevano il figlio in compagnia di un trans e aveva quindi fatto marcia indietro... Più volte ho ricevuto informazioni su molti personaggi famosi della politica, dello spettacolo e dello sport, dediti a queste debolezze private... I trans lavorano per strada, per esempio in via Gradoli, ma hanno anche inserzioni sui giornali. I politici preferiscono gli stranieri, perchè li riconoscono meno. Ma alcuni si fidano e vanno anche con i trans italiani" ((vedi http://www.affaritaliani.it/politica/marrazzo_palazzo_trans261009.html).
Lo squallore di tutto questo però non deve farci dimenticare che quando un personaggio viene messo alla gogna mediatica è perché sta facendo qualcosa non in linea con i suoi padroni.
In questi giorni, i personaggi politici sembrano essersi trasformati, grazie alle colpe del collega, in cavalieri senza macchia, additando il “reo” e punendolo con espulsione ed ostracismo.
Qualcuno ha detto che nell’attuale sistema i personaggi che avranno ruoli importanti saranno quelli “ricattabili”, ovvero che nella propria vita (anche privata) hanno comportamenti che la maggior parte dei cittadini giudica negativamente, specie se, come Marrazzo, si vantano di essere cattolici e di credere nei valori della famiglia.
Perché devono essere ricattabili? Perché, se dovessero voler uscire dal recinto può scattare lo “scandalo” che li distruggerà irreversibilmente.
Questo spiegherebbe perché fra milioni di italiani onesti, che credono veramente nei valori morali e della famiglia, sarebbero scelti personaggi di cui, all’occorrenza, si può svelare la moralità non ineccepibile.
Ma cosa avrebbe fatto Marrazzo di così grave da meritare la gogna mediatica sui suoi “vizietti”?
Probabilmente lo sapremo meglio in futuro, ma oggi possiamo constatare che egli aveva talvolta assunto posizioni non popolari fra il gruppo politico, facendo emergere che l’economia italiana era in agonia a causa delle banche, che col pretesto della “crisi” erano diventate assai avare, costringendo non poche aziende a fallire.
Il 24 Settembre 2009, Marrazzo fece una dichiarazione:
“Bene esito tavolo credito, ora le banche accelerino i tempi. Ritengo senza dubbio positivo l’esito del tavolo del credito: abbiamo voluto far sedere attorno allo stesso tavolo le associazioni imprenditoriali e i principali istituti bancari di Roma e del Lazio con l’obiettivo di fare il punto, insieme, su un capitolo determinante come quello del credito. La portata della crisi che sta investendo le imprese, come evidenziato anche dal rapporto presentato oggi dalla Cna, impone risposte immediate. Da parte nostra le risorse e gli strumenti ci sono. Ora però il momento di accelerare i tempi e renderli pienamente operativi. Ecco perché abbiamo ritenuto opportuno sollecitare il sistema bancario a fare la sua parte, perché è proprio sul versante della liquidità, e quindi del credito, che si fondano le necessarie azioni per consentire al tessuto imprenditoriale di uscire dalla crisi.”(1)
Di sicuro non sono stati pochi i momenti di contrasto fra Marrazzo e l’attuale governo, nonostante le strombazzate su un presunto “avviso preventivo” di Berlusconi sembrerebbero suggerire una specie di “solidarietà” fra l’ex presidente regionale e l’attuale capo di governo, che, com’è noto, di “scandali sessuali” è ormai saturo.
Tutti i giornali di regime hanno stigmatizzato l’ex presentatore, mettendo in risalto la “ricattabilità”. I partiti hanno rafforzato la gogna mediatica.
Sicuramente Marrazzo, negli anni del suo mandato, ha talvolta agito in modo diverso rispetto alla comune tendenza politica. Ad esempio, quando ha accolto i rappresentanti dell’Associazione Italia-Palestina e dell’Avad, Associazione Volontaria Assistenza Disabili. Con la collaborazione della Mezzaluna Rossa Palestinese in Italia, si rendeva possibile l’accoglienza in Italia, assieme ai loro familiari, dei bambini di Gaza che avevano bisogno di cure mediche. Il presidente Marrazzo ha sostenuto tale progetto, in tempi in cui persino i vecchi fascisti si recano in Israele a fare cordoglio.
Di certo Marrazzo, salito al potere nella Regione Lazio, si trovò ad affrontare diverse “patate bollenti”. Ad esempio, quella del settore sanità, quella edilizia e quella relativa ai prestiti bancari.
Egli fece capire che la “crisi” era dovuta a problemi di accesso al credito, e per questo decise di utilizzare la Banca Impresa Lazio (Bil) per garantire l’accesso al credito alle piccole e medie imprese.
Per quanto riguarda la sanità, Marrazzo decide di assumere ad interim l'assessorato alla sanità, in modo tale da poter affrontare “di petto” le varie disfunzioni e gli indebitamenti della sanità regionale. L'indebitamento della spesa sanitaria sarebbe stato di almeno 9 miliardi e 700 milioni. Marrazzo cercherà di far scendere il disavanzo, controllando le strutture sanitarie. Egli suo malgrado avrà a che fare con lo scandalo sollevato dalla "Lady Asl", al secolo Anna Iannuzzi, le cui confessioni faranno emergere nel luglio 2006 falsi mandati di pagamento e tangenti pagate per ottenere privilegi illeciti nell' ambito della sanità romana. Finiranno sotto inchiesta diversi uffici del consiglio regionale Lazio, in particolare l'ufficio di Giulio Gargano, consigliere di Forza Italia.
Oltre al Gargano, saranno arrestati l'ex capo di gabinetto della Regione Lazio della precedente Giunta, Marco Buttarelli e diverse altre persone. La corruzione di questi politici faceva lievitare il costo della sanità. Marrazzo si pose l’obiettivo di rendere più “trasparente” il costo delle strutture sanitarie, cercando di porre rimedio al debito accumulato negli anni.
Senza dubbio l’operato di Marrazzo può essere in più aspetti criticato, non si vuole certo sostenere che egli sia stato sempre a servizio dei cittadini, come dovrebbero essere tutti i politici in una vera democrazia. Occorre tener presente che il gruppo di potere attuale è spesso intransigente, e pretende dai suoi servitori politici una sottomissione totale. Quelli che sgarrano prima o poi pagano.
Marrazzo più volte aveva parlato di una politica utile ai cittadini, che non promette “imprese faraoniche” ma piccoli aiuti concreti. Egli spiegava: "La crisi c'è e non sono certo le parole che possono contenerla (serve) una risposta dal basso (strumenti come) il reddito minimo garantito, la formazione permanente, politiche di garanzia al credito".(2)
Marrazzo sembrava intenzionato a mantenere le sue promesse, avversato da più parti.
Aveva incentivato il credito alle piccole e medie imprese, creato il “piano casa” e il reddito garantito. Le critiche sollevate furono diverse, anche dagli stessi consiglieri regionali. Il diktat dei banchieri impone di sottrarre quante più risorse possibili al pubblico, per pagare l’enorme debito e per mantenere inalterato il loro potere.
Nonostante gli ostacoli, Marrazzo riuscirà a fare approvare il “piano casa” e la proposta di legge sull'assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2009/2011 della Regione Lazio, nell’agosto scorso. L’obiettivo era, come aveva dichiarato l'assessore al Bilancio della Regione Lazio Luigi Nieri, quello di sostenere gli “sforzi su pochi ma significativi interventi. Investire sulle politiche abitative, sostenere il reddito di chi è in difficoltà, agevolare il credito alle imprese significa offrire soluzioni concrete per affrontare la grave crisi che stiamo vivendo. In questo modo vogliamo dare vita ad un circuito economico virtuoso. Con questo assestamento si completa positivamente e si rafforza il piano anti-crisi avviato con le ultime finanziarie regionali. Un impegno eccezionale che non ha compromesso la politica di risanamento di questi anni".(3)
Con il “piano casa”, spiegava l'Assessore alle Politiche della Casa, Mario Di Carlo, "La Regione si è impegnata nella costruzione di 30mila nuovi alloggi, che saranno edificati sia da operatori pubblici che privati. Le famiglie che vi accederanno pagheranno una quota di 500-550 euro al mese per una casa dal valore di 150mila euro. Quando avranno terminato di pagare potranno decidere se restare semplici inquilini, lasciando che l'Ater acquisti la casa, o se diventare loro stessi i proprietari riscattandola. Questo sarà possibile grazie a un voucher di 15mila euro che la Regione metterà all'inizio del contratto.”(4)
Lo scorso 16 ottobre, il “piano casa” è stato bocciato dal governo, che ha impugnato un solo articolo. Marrazzo era deciso ad andare avanti revocando l’articolo bocciato. Egli aveva dichiarato: “La legge e' comunque in vigore e noi ci stiamo riservando o di presentare una delibera con la quale revocheremo solo quell'articolo oppure di prendere altre strade".(5)
Alemanno ha talvolta criticato Marrazzo, parlando di “inutili sacrifici dei cittadini romani”, e mostrando di non gradire il suo "obsoleto welfare”.
Perdendo l’incarico regionale, Marrazzo non sarà più nemmeno il commissario straordinario della Sanità regionale, e questo probabilmente susciterà la reazione positiva di qualcuno. E forse anche il "piano casa" potrebbe non dare l'esito sperato.
In conclusione, non riteniamo che Marrazzo fosse un paladino degli interessi collettivi, altrimenti non sarebbe stato messo al potere, ma riteniamo che egli abbia fatto qualcosa che ha irritato i suoi padroni, attivando il linciaggio mediatico. Altrimenti non si spiega come mai tanto livore da parte di parecchi personaggi politici, in un paese in cui il livello di corruzione è molto alto e di “festini a base di sesso e di droga” a cui partecipano politici si hanno diversi precedenti.
Crediamo che Marrazzo sia stato travolto dalla bufera, non per motivi “morali” com’è stato fatto credere, ma per motivi di potere. Quello che ha fatto di “sconveniente” per i suoi padroni e che non gli è stato perdonato potrà emergere molto presto: quando al suo posto verrà messo un personaggio che agirà in modo diverso rispetto al predecessore proprio sui fatti “scottanti” che hanno attivato il linciaggio mediatico.
Copyright © 2009 - all rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it
NOTE
1) www.regione.lazio.it/binary/web/home_comunicati.../tavolopmi.pdf
2) http://date.it.sourcews.com/9-27-4
3) http://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglioweb/news_dettaglio.php?id=1207&tblId=NEWS
4) www.regione.lazio.it
5) Fonte: Adnkronos/Labitalia, 16 ottobre 2009.
Ritengo che i personaggi politici debbano essere giudicati soltanto per ciò che riguarda la “cosa” pubblica, e non per le vicende private. Non mi sembra indice di civiltà il mettere alla gogna un personaggio per le vicende private. Ovviamente, non è il massimo avere come autorità personaggi che fanno uso di droga e che partecipano a festini a luci rosse.
Stando alle parole dei “trans” che ricevono in via Gradoli a Roma, sarebbero tanti i personaggi della politica e dello spettacolo che frequentano via Gradoli, e pagherebbero in media 1500 euro per “appuntamento”. La cifra si alzerebbe se viene fatta richiesta, oltre che di sesso, anche di droga. Qualcuno conferma che il "vizietto" di Marrazzo sarebbe assai diffuso in ambienti politici e non solo. Spiega il giornalista e presidente dell'Italia dei Diritti Antonello De Pierro: "Molti politici in questo momento stanno tremando. Soprattutto se viene confermata la holding del ricatto messa in piedi dai quattro carabinieri. Altri politici potrebbero essere ricattati. All'epoca c'era un noto personaggio di Centrodestra che aveva lanciato una crociata contro i trans. Ma aveva ricevuto delle foto che ritraevano il figlio in compagnia di un trans e aveva quindi fatto marcia indietro... Più volte ho ricevuto informazioni su molti personaggi famosi della politica, dello spettacolo e dello sport, dediti a queste debolezze private... I trans lavorano per strada, per esempio in via Gradoli, ma hanno anche inserzioni sui giornali. I politici preferiscono gli stranieri, perchè li riconoscono meno. Ma alcuni si fidano e vanno anche con i trans italiani" ((vedi http://www.affaritaliani.it/politica/marrazzo_palazzo_trans261009.html).
Lo squallore di tutto questo però non deve farci dimenticare che quando un personaggio viene messo alla gogna mediatica è perché sta facendo qualcosa non in linea con i suoi padroni.
In questi giorni, i personaggi politici sembrano essersi trasformati, grazie alle colpe del collega, in cavalieri senza macchia, additando il “reo” e punendolo con espulsione ed ostracismo.
Qualcuno ha detto che nell’attuale sistema i personaggi che avranno ruoli importanti saranno quelli “ricattabili”, ovvero che nella propria vita (anche privata) hanno comportamenti che la maggior parte dei cittadini giudica negativamente, specie se, come Marrazzo, si vantano di essere cattolici e di credere nei valori della famiglia.
Perché devono essere ricattabili? Perché, se dovessero voler uscire dal recinto può scattare lo “scandalo” che li distruggerà irreversibilmente.
Questo spiegherebbe perché fra milioni di italiani onesti, che credono veramente nei valori morali e della famiglia, sarebbero scelti personaggi di cui, all’occorrenza, si può svelare la moralità non ineccepibile.
Ma cosa avrebbe fatto Marrazzo di così grave da meritare la gogna mediatica sui suoi “vizietti”?
Probabilmente lo sapremo meglio in futuro, ma oggi possiamo constatare che egli aveva talvolta assunto posizioni non popolari fra il gruppo politico, facendo emergere che l’economia italiana era in agonia a causa delle banche, che col pretesto della “crisi” erano diventate assai avare, costringendo non poche aziende a fallire.
Il 24 Settembre 2009, Marrazzo fece una dichiarazione:
“Bene esito tavolo credito, ora le banche accelerino i tempi. Ritengo senza dubbio positivo l’esito del tavolo del credito: abbiamo voluto far sedere attorno allo stesso tavolo le associazioni imprenditoriali e i principali istituti bancari di Roma e del Lazio con l’obiettivo di fare il punto, insieme, su un capitolo determinante come quello del credito. La portata della crisi che sta investendo le imprese, come evidenziato anche dal rapporto presentato oggi dalla Cna, impone risposte immediate. Da parte nostra le risorse e gli strumenti ci sono. Ora però il momento di accelerare i tempi e renderli pienamente operativi. Ecco perché abbiamo ritenuto opportuno sollecitare il sistema bancario a fare la sua parte, perché è proprio sul versante della liquidità, e quindi del credito, che si fondano le necessarie azioni per consentire al tessuto imprenditoriale di uscire dalla crisi.”(1)
Di sicuro non sono stati pochi i momenti di contrasto fra Marrazzo e l’attuale governo, nonostante le strombazzate su un presunto “avviso preventivo” di Berlusconi sembrerebbero suggerire una specie di “solidarietà” fra l’ex presidente regionale e l’attuale capo di governo, che, com’è noto, di “scandali sessuali” è ormai saturo.
Tutti i giornali di regime hanno stigmatizzato l’ex presentatore, mettendo in risalto la “ricattabilità”. I partiti hanno rafforzato la gogna mediatica.
Sicuramente Marrazzo, negli anni del suo mandato, ha talvolta agito in modo diverso rispetto alla comune tendenza politica. Ad esempio, quando ha accolto i rappresentanti dell’Associazione Italia-Palestina e dell’Avad, Associazione Volontaria Assistenza Disabili. Con la collaborazione della Mezzaluna Rossa Palestinese in Italia, si rendeva possibile l’accoglienza in Italia, assieme ai loro familiari, dei bambini di Gaza che avevano bisogno di cure mediche. Il presidente Marrazzo ha sostenuto tale progetto, in tempi in cui persino i vecchi fascisti si recano in Israele a fare cordoglio.
Di certo Marrazzo, salito al potere nella Regione Lazio, si trovò ad affrontare diverse “patate bollenti”. Ad esempio, quella del settore sanità, quella edilizia e quella relativa ai prestiti bancari.
Egli fece capire che la “crisi” era dovuta a problemi di accesso al credito, e per questo decise di utilizzare la Banca Impresa Lazio (Bil) per garantire l’accesso al credito alle piccole e medie imprese.
Per quanto riguarda la sanità, Marrazzo decide di assumere ad interim l'assessorato alla sanità, in modo tale da poter affrontare “di petto” le varie disfunzioni e gli indebitamenti della sanità regionale. L'indebitamento della spesa sanitaria sarebbe stato di almeno 9 miliardi e 700 milioni. Marrazzo cercherà di far scendere il disavanzo, controllando le strutture sanitarie. Egli suo malgrado avrà a che fare con lo scandalo sollevato dalla "Lady Asl", al secolo Anna Iannuzzi, le cui confessioni faranno emergere nel luglio 2006 falsi mandati di pagamento e tangenti pagate per ottenere privilegi illeciti nell' ambito della sanità romana. Finiranno sotto inchiesta diversi uffici del consiglio regionale Lazio, in particolare l'ufficio di Giulio Gargano, consigliere di Forza Italia.
Oltre al Gargano, saranno arrestati l'ex capo di gabinetto della Regione Lazio della precedente Giunta, Marco Buttarelli e diverse altre persone. La corruzione di questi politici faceva lievitare il costo della sanità. Marrazzo si pose l’obiettivo di rendere più “trasparente” il costo delle strutture sanitarie, cercando di porre rimedio al debito accumulato negli anni.
Senza dubbio l’operato di Marrazzo può essere in più aspetti criticato, non si vuole certo sostenere che egli sia stato sempre a servizio dei cittadini, come dovrebbero essere tutti i politici in una vera democrazia. Occorre tener presente che il gruppo di potere attuale è spesso intransigente, e pretende dai suoi servitori politici una sottomissione totale. Quelli che sgarrano prima o poi pagano.
Marrazzo più volte aveva parlato di una politica utile ai cittadini, che non promette “imprese faraoniche” ma piccoli aiuti concreti. Egli spiegava: "La crisi c'è e non sono certo le parole che possono contenerla (serve) una risposta dal basso (strumenti come) il reddito minimo garantito, la formazione permanente, politiche di garanzia al credito".(2)
Marrazzo sembrava intenzionato a mantenere le sue promesse, avversato da più parti.
Aveva incentivato il credito alle piccole e medie imprese, creato il “piano casa” e il reddito garantito. Le critiche sollevate furono diverse, anche dagli stessi consiglieri regionali. Il diktat dei banchieri impone di sottrarre quante più risorse possibili al pubblico, per pagare l’enorme debito e per mantenere inalterato il loro potere.
Nonostante gli ostacoli, Marrazzo riuscirà a fare approvare il “piano casa” e la proposta di legge sull'assestamento del bilancio annuale e pluriennale 2009/2011 della Regione Lazio, nell’agosto scorso. L’obiettivo era, come aveva dichiarato l'assessore al Bilancio della Regione Lazio Luigi Nieri, quello di sostenere gli “sforzi su pochi ma significativi interventi. Investire sulle politiche abitative, sostenere il reddito di chi è in difficoltà, agevolare il credito alle imprese significa offrire soluzioni concrete per affrontare la grave crisi che stiamo vivendo. In questo modo vogliamo dare vita ad un circuito economico virtuoso. Con questo assestamento si completa positivamente e si rafforza il piano anti-crisi avviato con le ultime finanziarie regionali. Un impegno eccezionale che non ha compromesso la politica di risanamento di questi anni".(3)
Con il “piano casa”, spiegava l'Assessore alle Politiche della Casa, Mario Di Carlo, "La Regione si è impegnata nella costruzione di 30mila nuovi alloggi, che saranno edificati sia da operatori pubblici che privati. Le famiglie che vi accederanno pagheranno una quota di 500-550 euro al mese per una casa dal valore di 150mila euro. Quando avranno terminato di pagare potranno decidere se restare semplici inquilini, lasciando che l'Ater acquisti la casa, o se diventare loro stessi i proprietari riscattandola. Questo sarà possibile grazie a un voucher di 15mila euro che la Regione metterà all'inizio del contratto.”(4)
Lo scorso 16 ottobre, il “piano casa” è stato bocciato dal governo, che ha impugnato un solo articolo. Marrazzo era deciso ad andare avanti revocando l’articolo bocciato. Egli aveva dichiarato: “La legge e' comunque in vigore e noi ci stiamo riservando o di presentare una delibera con la quale revocheremo solo quell'articolo oppure di prendere altre strade".(5)
Alemanno ha talvolta criticato Marrazzo, parlando di “inutili sacrifici dei cittadini romani”, e mostrando di non gradire il suo "obsoleto welfare”.
Perdendo l’incarico regionale, Marrazzo non sarà più nemmeno il commissario straordinario della Sanità regionale, e questo probabilmente susciterà la reazione positiva di qualcuno. E forse anche il "piano casa" potrebbe non dare l'esito sperato.
In conclusione, non riteniamo che Marrazzo fosse un paladino degli interessi collettivi, altrimenti non sarebbe stato messo al potere, ma riteniamo che egli abbia fatto qualcosa che ha irritato i suoi padroni, attivando il linciaggio mediatico. Altrimenti non si spiega come mai tanto livore da parte di parecchi personaggi politici, in un paese in cui il livello di corruzione è molto alto e di “festini a base di sesso e di droga” a cui partecipano politici si hanno diversi precedenti.
Crediamo che Marrazzo sia stato travolto dalla bufera, non per motivi “morali” com’è stato fatto credere, ma per motivi di potere. Quello che ha fatto di “sconveniente” per i suoi padroni e che non gli è stato perdonato potrà emergere molto presto: quando al suo posto verrà messo un personaggio che agirà in modo diverso rispetto al predecessore proprio sui fatti “scottanti” che hanno attivato il linciaggio mediatico.
Copyright © 2009 - all rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it
NOTE
1) www.regione.lazio.it/binary/web/home_comunicati.../tavolopmi.pdf
2) http://date.it.sourcews.com/9-27-4
3) http://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglioweb/news_dettaglio.php?id=1207&tblId=NEWS
4) www.regione.lazio.it
5) Fonte: Adnkronos/Labitalia, 16 ottobre 2009.
sabato
CACCIA ALLE STREGHE
Di Antonella Randazzo
Le nostre autorità dai pulpiti ci dicono che siamo in democrazia.
Ma se siamo davvero in democrazia come mai c’è tutto questo controllo sulle ricerche storiche e sulle opinioni? Come mai una persona come il Prof. Antonio Caracciolo, che non ha mai fatto del male a nessuno, si trova ad essere trattata come fosse colpevole di qualcosa di tremendo?
E che dire di questo pseudo-giornalista Marco Pasqua (vedi http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/cronaca/prof-olocausto/prof-olocausto/prof-olocausto.html ) che scrive articoli diffamanti sapendo di avere dalla sua il sistema? Che dire dei giornalisti di regime che non saranno mai veramente amati dalla gente ma non si troveranno mai senza lavoro o malpagati grazie alla loro capacità di sottomettersi al potere? Questo giornalista, prima di scrivere i suoi articoli-spazzatura, buttando fango su una persona rispettabile, si è documentato? Ha letto qualche libro di storici indipendenti, che mostrano una Storia ben diversa da quella studiata a scuola? E non mi sto riferendo soltanto al fenomeno detto “Olocausto”.
Mi viene in mente la nota scrittrice Hannah Arendt, che negli anni Sessanta scandalizzò tutti quando disse che Adolf Eichmann, il feroce e crudele nazista, in realtà non era un “mostro”, e nemmeno un uomo molto diverso dagli altri. La scrittrice intendeva dire che molti esseri umani possono agire in modo malvagio semplicemente per sottomissione al contesto ideologico in cui si trovano, oppure perché persone “banali”, comuni, a tal punto da obbedire ciecamente alle autorità. Non si sta dicendo che i nazisti fossero innocenti, ma che dietro a persone che ci appaiono “normali” si può celare colui che, per interesse, per opportunismo o per sottomissione, può agire in modo malvagio, danneggiando una o più persone.
Ad esempio, il giornalista Marco Pasqua ricorda la cattiveria di diversi giornalisti dei tempi di Falcone, che per sottomissione al regime dicevano peste e corna di persone rispettabili.
Come tutti sanno, il Pool Antimafia riuscì a fare in modo che si avesse un maxiprocesso contro la mafia, un evento importantissimo perché dette agli italiani una forte speranza di sconfiggere la mafia.
Dopo il maxiprocesso si scatenò una vera e propria persecuzione contro il pool. Giornalisti di ogni colore politico scrissero cose infamanti e disoneste.
La richiesta di Falcone di entrare nell'ufficio istruzione, soltanto un mese dopo la sentenza del maxiprocesso (18 gennaio 1988) fu bocciata. Sarà nominato Antonino Meli, che scioglierà il pool e distruggerà in pochi mesi il lavoro fatto dai giudici.
Il gruppo di giudici istruttori fu ridotto ad un organo esecutore delle direttive di Meli, e coloro che avevano fatto parte del pool furono oggetto di una campagna denigratoria, anche per evitare che la nuova situazione venisse scoperta da tutti, che così avrebbero appreso con chiarezza le strategie dello Stato per evitare la distruzione della mafia.
Meli, oltre a smantellare il lavoro del pool, cercherà di rivolgere accuse del tutto infondate a Falcone. Lo accuserà di non aver agito in modo giusto verso gli imprenditori Costanzo, ma in realtà contro di essi Falcone non aveva alcuna prova concreta.
Puntare il dito sui magistrati del pool sarebbe servito anche a nascondere le malefatte di Meli. Nessun giornale criticò o accusò mai Meli e altri magistrati come Giammanco di aver intralciato la lotta alla mafia, eppure ciò corrispondeva a verità e avrebbe trovato conferma da parte di molti magistrati. L'obiettivo vero era quello di delegittimare la magistratura antimafia.
Dopo il maxiprocesso i media si scatenarono, iniziando ad alimentare critiche, diffidenza e sospetto verso gli uomini del pool, per screditarli agli occhi dell'opinione pubblica. Era come se esistessero due fronti all'interno delle stesse istituzioni: uno portava la novità di una cultura del progresso morale e civile e l'altro spingeva per distruggerla. In realtà, il secondo fronte era sostenuto soltanto dalle autorità che avevano creato il fenomeno mafioso, e dai loro complici, che traevano vantaggi di vario genere. La società civile era compatta contro la mafia, ed era proprio questo che spaventava le autorità.
In particolare fra il 1987 e il 1992 (fino a pochi mesi prima della morte di Falcone), i giornali si scatenarono nel seminare diffidenza e sospetto contro i giudici antimafia. Giornali come "Repubblica" scrivevano: "Non si capisce come mai Falcone non abbandoni la magistratura... s’avverte l’eruzione d’una vanità, d’una spinta a descriversi, a celebrarsi, come se ne colgono nelle interviste dei guitti televisivi"(firmato Sandro Viola). "L'Unità", due mesi prima della morte di Falcone, scriveva:
“Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché... La collaborazione tra il magistrato e il ministro si è fatta così stretta che non si sa bene se sia il magistrato che offre la sua penna al ministro o se sia il ministro che offre la sua copertura politica al magistrato. La prima deduzione è che fra i magistrati è diffusa l’opinione secondo cui Falcone è troppo legato al ministro per poter svolgere con la dovuta indipendenza un ruolo come quello di procuratore nazionale antimafia; la seconda deduzione è che tale opinione sarebbe accentuata, e quasi verificata se, in sede di concerto, il ministro si pronunciasse a favore di Falcone e contro tutti gli altri”. (1)
Lino Jannuzzi, sul "Giornale di Napoli" scriveva di Falcone e Borsellino:
“E` una coppia la cui strategia, passati i primi momenti di ubriacatura per il pentitismo ed i maxiprocessi, è approdata al più completo fallimento: sono Falcone e De Gennaro i maggiori responsabili della débâcle dello Stato di fronte alla mafia... l'affare comincia a diventare pericoloso per noi tutti... dovremo guardarci da due 'Cosa nostra', quella che ha la Cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma...sarà prudente tenere a portata di mano il passaporto”.(2)
Il "Resto del Carlino" scriveva:
“Inaffidabile e Martelli – dipendente. Così si possono riassumere in sostanza le imputazioni del Csm a Giovanni Falcone. Sono i capi d’accusa che gli hanno fatto preferire Agostino Cordova per l’incarico di superprocuratore antimafia. Secondo la commissione, insomma, la fama di magistrato antimafia, che ha accompagnato Falcone fino alla direzione generale degli Affari penali al ministero, è semplicemente usurpata.”(3)
Falcone e Borsellino furono costretti a lavorare in solitudine e in un clima di sospetto e diffidenza, come se la lotta alla mafia fosse un loro fatto privato, e come se non avessero diritto al massimo rispetto per aver scelto un percorso che li costringeva ad una vita "blindata". Il giornalista Giommaria Monti, nel libro “La calunnia”, spiega che contro Falcone si ebbe un vero e proprio linciaggio operato attraverso i media ufficiali: "Non vi è dubbio che Giovanni Falcone fu sottoposto a infame linciaggio, prolungato nel tempo, proveniente da più parti, gravemente oltraggioso nei termini, nei modi e nelle forme, diretto a stroncare per sempre, con vili e spregevoli accuse la reputazione e il decoro professionale del valoroso magistrato".(4)
Dopo la morte di Falcone nessuno dei giornalisti che lo avevano infamato chiese mai scusa per le cattiverie e le maldicenze che avevano amareggiato i giudici del pool, tutti rimasero al loro posto, continuando a servire i loro padroni.
Oggi i giornalisti di regime fanno lo stesso: agiscono con malvagità verso persone di tutto rispetto per carriera, opportunismo, servilismo, ecc.
Insieme ai politici, formano un bel quadretto che non avrebbe nulla da invidiare ai fascisti in quanto a corruzione, involuzione civile, ignoranza e metodi disonesti.
Ormai da diversi anni è stata creata ad oc una persecuzione contro gli intellettuali indipendenti al fine di scongiurare il pericolo che queste persone danneggino la propaganda storica creata dai vincitori dell’ultima guerra mondiale.
Si accusano gli storici o gli intellettuali indipendenti di essere nazisti oppure di voler attuare un altro genocidio come quello ebreo. Ma c’è da osservare che nessuno è più bravo ad attuare genocidi del gruppo sionista-statunitense, che, com’è noto, di stragi genocide è assai avvezzo (vedi palestinesi, iracheni, afgani, ecc.).
Allora, se i crimini non vengono commessi dagli storici indipendenti ma da altri, come mai i criminali non vengono perseguiti e al loro posto vengono additati coloro che non hanno mai fatto del male ad una mosca?
In Francia, nel 1990, è stata approvata la legge 90-615 detta Fabius-Gayssot (cognomi del socialista Laurent Fabius e del comunista Claude Gayssot ), che combatte "il delitto di revisionismo", e persegue penalmente chi nega che gli ebrei sterminati furono sei milioni. A questa legge è subentrata nel 2003 la legge Lellouche, che pretende di affrontare la "provocazione alla discriminazione". L'articolo 9 della legge Fabius-Gayssot dice:
"Saranno puniti delle pene previste [... ] coloro che avranno contestato, attraverso uno dei mezzi enunciati all'art. 23, l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità, come sono definiti dall'art. 6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale annesso all'Accordo di Londra dell'8 agosto 1945 e che sono stati commessi sia dai membri di una organizzazione dichiarata criminale in applicazione dell'art. 9 del detto statuto, sia da una persona riconosciuta colpevole di tali crimini da un tribunale francese o internazionale".
Purtroppo, la legge sortì gli effetti sperati, e come rivelò “Le Monde”, gli storici francesi iniziarono a temere di essere trascinati in tribunale, e terrorizzati iniziarono a limitare gli articoli sui giornali. Ad essere perseguitati furono storici di idee assai distanti dal nazismo e dal razzismo, come Robert Faurisson, uno storico "colpevole" di aver sostenuto che le camere a gas naziste non sono mai esistite. Faurisson non ha mai inneggiato ad idee naziste, né ha mai espresso idee antisemite, eppure è stato condannato, ha perso il posto all'università, ed è stato demonizzato dai media e rovinato economicamente.
Ma se questi storici dicessero davvero cose assurde e false, che bisogno ci sarebbe di imporre per legge una determinata versione storica? Occorrono i tribunali per imporre un fatto storico? O piuttosto accade ciò perché la versione ufficiale potrebbe essere confutata in modo efficare e veritiero? E poi, perché associare "negazione dell'Olocausto" con "incitamento all'odio razziale", dato che gli storici detti "revisionisti" non incitano affatto all'odio razziale? Si può accusare qualcuno per "induzione" di un reato da un'opinione storica? Come mai paesi che si autodefiniscono "democratici" hanno quest'impeto ad imporre a suon di processi una versione storica? Come mai gli storici "tradizionalisti" non sono in grado di affrontare un dibattito in sede adeguata e hanno bisogno dei tribunali? Se si ha la necessità di imporre per legge un presunto fatto storico significa che non vi sono prove inoppugnabili a suo sostegno. E poi, se gli intenti sono quelli professati (ossia di impedire altri genocidi) perché sanzionare soltanto chi nega l'Olocausto ebraico e non anche chi nega lo sterminio dei nativi o degli armeni? I genocidi non dovrebbero essere tutti altrettanto gravi?
E' come se la verità storica dovesse diventare un dogma, imposto per legge. Come se fosse un fatto di autorità e non di ricerca e cultura. Con queste leggi si svilisce l'intera cultura e crolla l'ultima illusione che in Europa ci potesse essere davvero la fantomatica "democrazia".
E' evidente che gli scopi principali di queste leggi sono:
1 - Spaventare chi vuole fare ricerca storica indipendente;
2 - far capire una volta per tutte che è il sistema a decidere ciò che è vero e ciò che è falso;
3 - additare gli storici indipendenti come criminali, in modo tale che nessuno voglia seguire il loro esempio o prenderli sul serio;
4 - far intendere la cultura come un settore su cui le autorità possono imporre dogmi o schemi prefissati rigidi.
Per una semplice opinione si può essere oggetto di persecuzione giudiziaria, volta a distruggere la dignità e la credibilità dello studioso. Alcuni storici francesi hanno reagito a tutto questo firmando un manifesto dal titolo Liberté pour l'histoire!, in cui chiedono l'abrogazione delle leggi che restringono la libertà di opinione.
Nel 1993, le autorità italiane presero a pretesto l'esistenza dei naziskin, e la presunta lotta interetnica nell'ex Jugoslavia, per parlare di "incitamento all'odio razziale" e di possibilità che si verificassero violenze "di stampo razzista". Il governo Amato si sentì, sollevate le istanze morali di dover contrastare il razzismo e l'antisemitismo, di avere diritto di punire penalmente chi non accettava la versione storica ufficiale dell'Olocausto.
Fu dunque approvato il decreto n.122 del 26 aprile 1993, convertito il 25 giugno nella legge n. 205 "Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa". La vaghezza della definizione del termine "discriminazione" permette di interpretare la legge in modo ampio, facendovi entrare anche intellettuali privi di ogni sentimento discriminatorio o razzistico. La legge, infatti, non aveva tanto l'obiettivo dichiarato di combattere la "discriminazione", quanto quello non esplicitato perché vergognoso, di tenere sotto controllo le ricerche storiche degli intellettuali indipendenti (definiti dalla propaganda "revisionisti"). La legge dava la possibilità di criminalizzare posizioni di pensiero o nuove teorie storiche, talvolta basate su studi e ricerche. Le ricerche storiche indipendenti venivano bollate come "revisioniste", e senza voler né analizzare le prove o la loro veridicità, si associava "revisionismo" a "razzismo".
In Austria la legge che controlla la ricerca storica è stata approvata il 26 febbraio e 19 marzo 1992, in Germania il 28 ottobre 1994, in Svizzera il I' gennaio 1995, in Belgio il 23 marzo 1995, in Spagna l'l1 luglio 1995, in Lussemburgo il 19 luglio 1997. La legge lussemburghese prevede il carcere da otto giorni a sei mesi o un'ammenda da 10.000 a un milione di franchi a "chi contesta, minimizza, giustifica o nega l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità o crimini di guerra, come definiti nell'art. 6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale [... ] e compiuti da un membro di un'organizzazione dichiarata criminale dall'art. 9 del detto statuto o da altro individuo, dichiarato colpevole di un tale delitto da un tribunale lussemburghese, straniero o internazionale". Anche la Polonia, nel gennaio 1999, ha approvato una legge analoga.
Queste leggi, pur ammantandosi di ideali etici, sono contrarie alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il cui Articolo 10 sostiene: nella sua apparenza formale, letteralmente la seguente:
"Art. 10 - 1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera".
La legge Mancino, riconfermata e ampliata dal disegno di legge Mastella n° 1694 (Decreto approvato all'unanimità dal Consiglio dei Ministri del governo Prodi), è in contrasto con l'articolo 21 della Costituzione italiana, che afferma: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
Il decreto legge n° 1694 prevede il carcere da sei mesi a quattro anni "per chiunque diffonda in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o l'odio razziale o etnico, ovvero inciti a commettere o commetta atti di discriminazione". Associare alcune teorie o nuove interpretazioni storiche al razzismo significa poter trascinare in tribunale praticamente qualsiasi storico indipendente. Ma questa legge dovrebbe condannare anche gli ebrei, come i cristiani e gli arabi, che ritenessero di avere la superiorità religiosa rispetto agli altri. Dovrebbe essere messo al bando l'Antico Testamento e il Corano, dato che parlano di "eletti" e di popoli inferiori. E sarebbe da condannare la Costituzione israeliana, che è fortemente discriminante verso i non ebrei.
Si è aperta una nuova caccia alle streghe, in cui tutti coloro che trovano elementi per contrastare la versione storica data dai vincitori diventano immediatamente "neonazisti" o "razzisti", e sono costretti a risponderne in tribunale.
Si vuole far credere che chi osa negare la versione ufficiale dei fatti storici relativi all'Olocausto sarebbe un antisemita disposto ad uccidere ebrei.
In realtà di genocidi la Storia ne può annoverare molti, e anche nel nostro tempo se ne stanno commettendo in diversi paesi del mondo.
Oggi come ieri avvengono stermini ed eccidi, ma le stesse autorità che approvano leggi contro il razzismo e l'antisemitismo, non sono disposte a fermare questo scempio, anzi, ne sono complici in vari modi. Soltanto questo basterebbe a capire che le leggi che dovrebbero avversare la "xenofobia, l'antisemitismo e l'incitamento all'odio razziale", sono in realtà leggi per controllare il pensiero e la libera ricerca.
Le autorità occidentali utilizzano la propaganda per far credere che ci sia un pericolo di "xenofobia, di antisemitismo, di incitamento all'odio razziale", per limitare la libertà di opinione su temi che hanno retto ideologicamente il sistema attuale. In realtà il pericolo xenofobico viene alimentato ampiamente dai mass media, attraverso notizie di reati commessi da immigrati e facendo associare l'immigrato povero al criminale. Le autorità occidentali traggono diversi vantaggi dall'incutere paura e insicurezza, facendo credere il contrario, di essere per la "sicurezza". In realtà il sistema attuale mira ad utilizzare gli immigrati per distogliere l'attenzione dall'impoverimento progressivo a cui sono soggetti i cittadini europei, e dal sistema di potere gravemente iniquo e criminale, che produce mafia e corruzione. I criminali, anziché i corrotti e i personaggi che organizzano guerre e distruzioni, diventano i poveri immigrati, specie se arabi o slavi. In tal modo vengono giustificate leggi repressive, che mirano a controllare la ricerca indipendente e le libere opinioni.
Queste leggi hanno duramente colpito storici rigorosi e seri come David Irving, Siegfried Verbeke, Germar Rudolf, René-Louis Berclaz e molti altri, che non hanno mai espresso idee razziste o antisemite. Le tesi di questi storici, evidentemente erano difficili da contrastare con strumenti culturali, e quindi si è fatto ricorso ai tribunali, negando in modo evidente la libertà di opinione e di ricerca.
La diffusione nel mondo delle leggi che cercano di controllare la ricerca storica conferma l'esistenza di un gruppo ristretto di persone che ha interesse a manipolare la cultura e l'opinione pubblica. Dalle ricerche di diversi studiosi è emerso che le grandi banche hanno finanziato importanti eventi storici, come la Rivoluzione bolscevica. Si tratta dunque delle stesse persone che detengono il potere finanziario ed economico. Queste persone utilizzano diverse tecniche per proteggere lo status quo. Scrive René Guénon (con lo pseudonimo di Le Sphinx) in un articolo titolato "Réflexions à popos du pouvoir" pubblicato sulla rivista “France Antimaconnique”, dell’11 giugno 1914:
"Un potere occulto di ordine politico e finanziario non dovrà essere confuso con un potere occulto di ordine puramente iniziatico… E’ incontestabile che la mentalità degli individui e delle collettività può essere modificata da un insieme sistematico di suggestioni appropriate; in fondo, l’educazione stessa non è altro che questo, e non c’è qui nessun ‘occultismo’ (…). Uno stato d’animo determinato richiede, per stabilirsi, condizioni favorevoli, e occorre o approfittare di queste condizioni se esistono, o provocarne la realizzazione".
Secondo Guénon, anche le divisioni politiche "destra" e "sinistra" sono invenzioni di chi controlla la politica: "tali movimenti sono talvolta suscitati o guidati, invisibilmente, da potenti organizzazioni iniziatiche, possiamo dire che queste li dominano senza mescolarvisi, in modo da esercitare la loro influenza, egualmente, su ciascuno dei partiti contrari".(5)
L’esistenza di gruppi di potere è uno dei più grandi tabù presenti ad oggi nei libri di Storia scolastici. Ad esempio, tali pubblicazioni presentano personaggi come Hitler e Mussolini come fossero persone che hanno guadagnato potere soltanto in virtù delle loro capacità oratorie o della loro fascinazione. Quello che si omette è molto significativo per conoscere l’intera Storia del nazi-fascismo nella sua verità.
Lo storico di regime non può fare alcuni collegamenti che risultano del tutto logici e provati. Le pubblicazioni che raccontano i collegamenti fra dittatori e gruppo egemone finanziario-economico sono di solito appannaggio soltanto di poche migliaia di persone, oppure riguardano gli “addetti ai lavori”. Spiega lo studioso Enrico Voccia:
“Lo storico può parlare di complotti orditi dai potenti, ma lo deve fare in un ambito controllato e non aperto - un po' come nel XVI secolo solo gli ecclesiastici "addetti ai lavori" potevano leggere la Bibbia ed ai semplici fedeli venivano lette solo pagine scelte e sermoni controllati. Un altro esempio: Hitler e la nascita del partito nazionalsocialista tedesco. Cosa racconta il mainstream rivolto al grande pubblico? Che Hitler entrò in contatto con un piccolo partito, ne divenne poi il leader, ecc. Chi legge un tale racconto ha l’idea che Hitler fosse un reduce di guerra che avesse letto un volantino, parlato con qualcuno, ecc. Anche qui, per sapere la verità occorre leggere testi specialistici: p. e. William Shirer, Storia del Terzo Reich, Einaudi, 1962, due volumi di mille pagine l'uno. Bisogna farlo non per ottenere dettagli, ma per conoscere l'essenziale degli eventi – cosa che dovrebbe essere il compito del mainstream rivolto al grande pubblico… Testi di migliaia di pagine od articoli specialistici pubblicati in riviste di difficile reperimento: occorre leggere questi per sapere che Hitler era un agente dei servizi militari, che venne infiltrato da questi nel DAP e non vi si presentò spontaneamente, che ne divenne il leader grazie ai soldi dell’esercito e della borghesia reazionaria, che ne espulse il fondatore e ne fece entrare tanti altri in odore di servizi, ecc. A leggere invece il mainstream rivolto al grande pubblico, invece, sembra si sia trattato di un privato cittadino, un reduce come tanti altri dalle idee magari particolarmente destrorse, dotato di un'incredibile capacità magnetica, ecc. Il tutto per non dire che il nazismo fu un movimento creato a tavolino dall'esercito, da società segrete e dalla "Confindustria" tedesche - insomma per non pronunciare in pubblico la sconveniente parola "complotto". Tanta aria fritta, invece, sulla follia o meno di Hitler”.(6)
Con le leggi che controllano la ricerca storica cosa si tenta di nascondere?
Sono molti i fatti storici emersi dalle ultime ricerche, che tengono conto anche dell'apertura di nuovi archivi, all'inizio degli anni Novanta, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Russia. Da questi archivi è emerso molto materiale che confuta diverse interpretazioni che sono state date alle due guerre mondiali, alla Guerra Fredda e ad altri eventi. Dalle nuove interpretazioni, la presunta autorevolezza dell'egemonia statunitense ne esce a pezzi, e le autorità statunitensi appaiono mostruose, potentemente criminali e assai pericolose per tutti i popoli del mondo (compreso quello statunitense).
Si vuole nascondere la verità: ovvero che i vincitori non ci hanno “liberato” e non sono democratici come vorrebbero farci credere.
Potranno anche cercare di criminalizzare i ricercatori indipendenti, e potranno punirli penalmente, ma la verità viene sempre a galla prima o poi, e sempre più persone comprenderanno che soltanto in una dittatura non si permette di esprimere pensieri diversi rispetto all’ideologia dominante, e che dunque la democrazia è attualmente come una favoletta raccontata ai cittadini per farli stare buoni.
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Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it
NOTE
1) Pizzorusso Alessandro, "Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché", L'Unità, 12 marzo 1992.
2) Jannuzzi Lino, "Cosa nostra uno e due", Il Giornale di Napoli, 29 ottobre 1991.
3) Tamburini Lucio, "Falcone, una fama usurpata", Il Resto del carlino, 12 marzo 1992.
4) Monti Giommaria, "Falcone e Borsellino. La calunnia, il tradimento, la tragedia", Editori Riuniti, Roma 2006.
5) Guénon René, "L’Esoterismo di Dante", Ediz, Atanòr, Roma 1971.
6) Voccia Enrico, "Il complotto dei potenti come tabù storiografico", http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=63
Le nostre autorità dai pulpiti ci dicono che siamo in democrazia.
Ma se siamo davvero in democrazia come mai c’è tutto questo controllo sulle ricerche storiche e sulle opinioni? Come mai una persona come il Prof. Antonio Caracciolo, che non ha mai fatto del male a nessuno, si trova ad essere trattata come fosse colpevole di qualcosa di tremendo?
E che dire di questo pseudo-giornalista Marco Pasqua (vedi http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/cronaca/prof-olocausto/prof-olocausto/prof-olocausto.html ) che scrive articoli diffamanti sapendo di avere dalla sua il sistema? Che dire dei giornalisti di regime che non saranno mai veramente amati dalla gente ma non si troveranno mai senza lavoro o malpagati grazie alla loro capacità di sottomettersi al potere? Questo giornalista, prima di scrivere i suoi articoli-spazzatura, buttando fango su una persona rispettabile, si è documentato? Ha letto qualche libro di storici indipendenti, che mostrano una Storia ben diversa da quella studiata a scuola? E non mi sto riferendo soltanto al fenomeno detto “Olocausto”.
Mi viene in mente la nota scrittrice Hannah Arendt, che negli anni Sessanta scandalizzò tutti quando disse che Adolf Eichmann, il feroce e crudele nazista, in realtà non era un “mostro”, e nemmeno un uomo molto diverso dagli altri. La scrittrice intendeva dire che molti esseri umani possono agire in modo malvagio semplicemente per sottomissione al contesto ideologico in cui si trovano, oppure perché persone “banali”, comuni, a tal punto da obbedire ciecamente alle autorità. Non si sta dicendo che i nazisti fossero innocenti, ma che dietro a persone che ci appaiono “normali” si può celare colui che, per interesse, per opportunismo o per sottomissione, può agire in modo malvagio, danneggiando una o più persone.
Ad esempio, il giornalista Marco Pasqua ricorda la cattiveria di diversi giornalisti dei tempi di Falcone, che per sottomissione al regime dicevano peste e corna di persone rispettabili.
Come tutti sanno, il Pool Antimafia riuscì a fare in modo che si avesse un maxiprocesso contro la mafia, un evento importantissimo perché dette agli italiani una forte speranza di sconfiggere la mafia.
Dopo il maxiprocesso si scatenò una vera e propria persecuzione contro il pool. Giornalisti di ogni colore politico scrissero cose infamanti e disoneste.
La richiesta di Falcone di entrare nell'ufficio istruzione, soltanto un mese dopo la sentenza del maxiprocesso (18 gennaio 1988) fu bocciata. Sarà nominato Antonino Meli, che scioglierà il pool e distruggerà in pochi mesi il lavoro fatto dai giudici.
Il gruppo di giudici istruttori fu ridotto ad un organo esecutore delle direttive di Meli, e coloro che avevano fatto parte del pool furono oggetto di una campagna denigratoria, anche per evitare che la nuova situazione venisse scoperta da tutti, che così avrebbero appreso con chiarezza le strategie dello Stato per evitare la distruzione della mafia.
Meli, oltre a smantellare il lavoro del pool, cercherà di rivolgere accuse del tutto infondate a Falcone. Lo accuserà di non aver agito in modo giusto verso gli imprenditori Costanzo, ma in realtà contro di essi Falcone non aveva alcuna prova concreta.
Puntare il dito sui magistrati del pool sarebbe servito anche a nascondere le malefatte di Meli. Nessun giornale criticò o accusò mai Meli e altri magistrati come Giammanco di aver intralciato la lotta alla mafia, eppure ciò corrispondeva a verità e avrebbe trovato conferma da parte di molti magistrati. L'obiettivo vero era quello di delegittimare la magistratura antimafia.
Dopo il maxiprocesso i media si scatenarono, iniziando ad alimentare critiche, diffidenza e sospetto verso gli uomini del pool, per screditarli agli occhi dell'opinione pubblica. Era come se esistessero due fronti all'interno delle stesse istituzioni: uno portava la novità di una cultura del progresso morale e civile e l'altro spingeva per distruggerla. In realtà, il secondo fronte era sostenuto soltanto dalle autorità che avevano creato il fenomeno mafioso, e dai loro complici, che traevano vantaggi di vario genere. La società civile era compatta contro la mafia, ed era proprio questo che spaventava le autorità.
In particolare fra il 1987 e il 1992 (fino a pochi mesi prima della morte di Falcone), i giornali si scatenarono nel seminare diffidenza e sospetto contro i giudici antimafia. Giornali come "Repubblica" scrivevano: "Non si capisce come mai Falcone non abbandoni la magistratura... s’avverte l’eruzione d’una vanità, d’una spinta a descriversi, a celebrarsi, come se ne colgono nelle interviste dei guitti televisivi"(firmato Sandro Viola). "L'Unità", due mesi prima della morte di Falcone, scriveva:
“Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché... La collaborazione tra il magistrato e il ministro si è fatta così stretta che non si sa bene se sia il magistrato che offre la sua penna al ministro o se sia il ministro che offre la sua copertura politica al magistrato. La prima deduzione è che fra i magistrati è diffusa l’opinione secondo cui Falcone è troppo legato al ministro per poter svolgere con la dovuta indipendenza un ruolo come quello di procuratore nazionale antimafia; la seconda deduzione è che tale opinione sarebbe accentuata, e quasi verificata se, in sede di concerto, il ministro si pronunciasse a favore di Falcone e contro tutti gli altri”. (1)
Lino Jannuzzi, sul "Giornale di Napoli" scriveva di Falcone e Borsellino:
“E` una coppia la cui strategia, passati i primi momenti di ubriacatura per il pentitismo ed i maxiprocessi, è approdata al più completo fallimento: sono Falcone e De Gennaro i maggiori responsabili della débâcle dello Stato di fronte alla mafia... l'affare comincia a diventare pericoloso per noi tutti... dovremo guardarci da due 'Cosa nostra', quella che ha la Cupola a Palermo e quella che sta per insediarsi a Roma...sarà prudente tenere a portata di mano il passaporto”.(2)
Il "Resto del Carlino" scriveva:
“Inaffidabile e Martelli – dipendente. Così si possono riassumere in sostanza le imputazioni del Csm a Giovanni Falcone. Sono i capi d’accusa che gli hanno fatto preferire Agostino Cordova per l’incarico di superprocuratore antimafia. Secondo la commissione, insomma, la fama di magistrato antimafia, che ha accompagnato Falcone fino alla direzione generale degli Affari penali al ministero, è semplicemente usurpata.”(3)
Falcone e Borsellino furono costretti a lavorare in solitudine e in un clima di sospetto e diffidenza, come se la lotta alla mafia fosse un loro fatto privato, e come se non avessero diritto al massimo rispetto per aver scelto un percorso che li costringeva ad una vita "blindata". Il giornalista Giommaria Monti, nel libro “La calunnia”, spiega che contro Falcone si ebbe un vero e proprio linciaggio operato attraverso i media ufficiali: "Non vi è dubbio che Giovanni Falcone fu sottoposto a infame linciaggio, prolungato nel tempo, proveniente da più parti, gravemente oltraggioso nei termini, nei modi e nelle forme, diretto a stroncare per sempre, con vili e spregevoli accuse la reputazione e il decoro professionale del valoroso magistrato".(4)
Dopo la morte di Falcone nessuno dei giornalisti che lo avevano infamato chiese mai scusa per le cattiverie e le maldicenze che avevano amareggiato i giudici del pool, tutti rimasero al loro posto, continuando a servire i loro padroni.
Oggi i giornalisti di regime fanno lo stesso: agiscono con malvagità verso persone di tutto rispetto per carriera, opportunismo, servilismo, ecc.
Insieme ai politici, formano un bel quadretto che non avrebbe nulla da invidiare ai fascisti in quanto a corruzione, involuzione civile, ignoranza e metodi disonesti.
Ormai da diversi anni è stata creata ad oc una persecuzione contro gli intellettuali indipendenti al fine di scongiurare il pericolo che queste persone danneggino la propaganda storica creata dai vincitori dell’ultima guerra mondiale.
Si accusano gli storici o gli intellettuali indipendenti di essere nazisti oppure di voler attuare un altro genocidio come quello ebreo. Ma c’è da osservare che nessuno è più bravo ad attuare genocidi del gruppo sionista-statunitense, che, com’è noto, di stragi genocide è assai avvezzo (vedi palestinesi, iracheni, afgani, ecc.).
Allora, se i crimini non vengono commessi dagli storici indipendenti ma da altri, come mai i criminali non vengono perseguiti e al loro posto vengono additati coloro che non hanno mai fatto del male ad una mosca?
In Francia, nel 1990, è stata approvata la legge 90-615 detta Fabius-Gayssot (cognomi del socialista Laurent Fabius e del comunista Claude Gayssot ), che combatte "il delitto di revisionismo", e persegue penalmente chi nega che gli ebrei sterminati furono sei milioni. A questa legge è subentrata nel 2003 la legge Lellouche, che pretende di affrontare la "provocazione alla discriminazione". L'articolo 9 della legge Fabius-Gayssot dice:
"Saranno puniti delle pene previste [... ] coloro che avranno contestato, attraverso uno dei mezzi enunciati all'art. 23, l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità, come sono definiti dall'art. 6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale annesso all'Accordo di Londra dell'8 agosto 1945 e che sono stati commessi sia dai membri di una organizzazione dichiarata criminale in applicazione dell'art. 9 del detto statuto, sia da una persona riconosciuta colpevole di tali crimini da un tribunale francese o internazionale".
Purtroppo, la legge sortì gli effetti sperati, e come rivelò “Le Monde”, gli storici francesi iniziarono a temere di essere trascinati in tribunale, e terrorizzati iniziarono a limitare gli articoli sui giornali. Ad essere perseguitati furono storici di idee assai distanti dal nazismo e dal razzismo, come Robert Faurisson, uno storico "colpevole" di aver sostenuto che le camere a gas naziste non sono mai esistite. Faurisson non ha mai inneggiato ad idee naziste, né ha mai espresso idee antisemite, eppure è stato condannato, ha perso il posto all'università, ed è stato demonizzato dai media e rovinato economicamente.
Ma se questi storici dicessero davvero cose assurde e false, che bisogno ci sarebbe di imporre per legge una determinata versione storica? Occorrono i tribunali per imporre un fatto storico? O piuttosto accade ciò perché la versione ufficiale potrebbe essere confutata in modo efficare e veritiero? E poi, perché associare "negazione dell'Olocausto" con "incitamento all'odio razziale", dato che gli storici detti "revisionisti" non incitano affatto all'odio razziale? Si può accusare qualcuno per "induzione" di un reato da un'opinione storica? Come mai paesi che si autodefiniscono "democratici" hanno quest'impeto ad imporre a suon di processi una versione storica? Come mai gli storici "tradizionalisti" non sono in grado di affrontare un dibattito in sede adeguata e hanno bisogno dei tribunali? Se si ha la necessità di imporre per legge un presunto fatto storico significa che non vi sono prove inoppugnabili a suo sostegno. E poi, se gli intenti sono quelli professati (ossia di impedire altri genocidi) perché sanzionare soltanto chi nega l'Olocausto ebraico e non anche chi nega lo sterminio dei nativi o degli armeni? I genocidi non dovrebbero essere tutti altrettanto gravi?
E' come se la verità storica dovesse diventare un dogma, imposto per legge. Come se fosse un fatto di autorità e non di ricerca e cultura. Con queste leggi si svilisce l'intera cultura e crolla l'ultima illusione che in Europa ci potesse essere davvero la fantomatica "democrazia".
E' evidente che gli scopi principali di queste leggi sono:
1 - Spaventare chi vuole fare ricerca storica indipendente;
2 - far capire una volta per tutte che è il sistema a decidere ciò che è vero e ciò che è falso;
3 - additare gli storici indipendenti come criminali, in modo tale che nessuno voglia seguire il loro esempio o prenderli sul serio;
4 - far intendere la cultura come un settore su cui le autorità possono imporre dogmi o schemi prefissati rigidi.
Per una semplice opinione si può essere oggetto di persecuzione giudiziaria, volta a distruggere la dignità e la credibilità dello studioso. Alcuni storici francesi hanno reagito a tutto questo firmando un manifesto dal titolo Liberté pour l'histoire!, in cui chiedono l'abrogazione delle leggi che restringono la libertà di opinione.
Nel 1993, le autorità italiane presero a pretesto l'esistenza dei naziskin, e la presunta lotta interetnica nell'ex Jugoslavia, per parlare di "incitamento all'odio razziale" e di possibilità che si verificassero violenze "di stampo razzista". Il governo Amato si sentì, sollevate le istanze morali di dover contrastare il razzismo e l'antisemitismo, di avere diritto di punire penalmente chi non accettava la versione storica ufficiale dell'Olocausto.
Fu dunque approvato il decreto n.122 del 26 aprile 1993, convertito il 25 giugno nella legge n. 205 "Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa". La vaghezza della definizione del termine "discriminazione" permette di interpretare la legge in modo ampio, facendovi entrare anche intellettuali privi di ogni sentimento discriminatorio o razzistico. La legge, infatti, non aveva tanto l'obiettivo dichiarato di combattere la "discriminazione", quanto quello non esplicitato perché vergognoso, di tenere sotto controllo le ricerche storiche degli intellettuali indipendenti (definiti dalla propaganda "revisionisti"). La legge dava la possibilità di criminalizzare posizioni di pensiero o nuove teorie storiche, talvolta basate su studi e ricerche. Le ricerche storiche indipendenti venivano bollate come "revisioniste", e senza voler né analizzare le prove o la loro veridicità, si associava "revisionismo" a "razzismo".
In Austria la legge che controlla la ricerca storica è stata approvata il 26 febbraio e 19 marzo 1992, in Germania il 28 ottobre 1994, in Svizzera il I' gennaio 1995, in Belgio il 23 marzo 1995, in Spagna l'l1 luglio 1995, in Lussemburgo il 19 luglio 1997. La legge lussemburghese prevede il carcere da otto giorni a sei mesi o un'ammenda da 10.000 a un milione di franchi a "chi contesta, minimizza, giustifica o nega l'esistenza di uno o più crimini contro l'umanità o crimini di guerra, come definiti nell'art. 6 dello statuto del Tribunale Militare Internazionale [... ] e compiuti da un membro di un'organizzazione dichiarata criminale dall'art. 9 del detto statuto o da altro individuo, dichiarato colpevole di un tale delitto da un tribunale lussemburghese, straniero o internazionale". Anche la Polonia, nel gennaio 1999, ha approvato una legge analoga.
Queste leggi, pur ammantandosi di ideali etici, sono contrarie alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il cui Articolo 10 sostiene: nella sua apparenza formale, letteralmente la seguente:
"Art. 10 - 1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera".
La legge Mancino, riconfermata e ampliata dal disegno di legge Mastella n° 1694 (Decreto approvato all'unanimità dal Consiglio dei Ministri del governo Prodi), è in contrasto con l'articolo 21 della Costituzione italiana, che afferma: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione".
Il decreto legge n° 1694 prevede il carcere da sei mesi a quattro anni "per chiunque diffonda in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o l'odio razziale o etnico, ovvero inciti a commettere o commetta atti di discriminazione". Associare alcune teorie o nuove interpretazioni storiche al razzismo significa poter trascinare in tribunale praticamente qualsiasi storico indipendente. Ma questa legge dovrebbe condannare anche gli ebrei, come i cristiani e gli arabi, che ritenessero di avere la superiorità religiosa rispetto agli altri. Dovrebbe essere messo al bando l'Antico Testamento e il Corano, dato che parlano di "eletti" e di popoli inferiori. E sarebbe da condannare la Costituzione israeliana, che è fortemente discriminante verso i non ebrei.
Si è aperta una nuova caccia alle streghe, in cui tutti coloro che trovano elementi per contrastare la versione storica data dai vincitori diventano immediatamente "neonazisti" o "razzisti", e sono costretti a risponderne in tribunale.
Si vuole far credere che chi osa negare la versione ufficiale dei fatti storici relativi all'Olocausto sarebbe un antisemita disposto ad uccidere ebrei.
In realtà di genocidi la Storia ne può annoverare molti, e anche nel nostro tempo se ne stanno commettendo in diversi paesi del mondo.
Oggi come ieri avvengono stermini ed eccidi, ma le stesse autorità che approvano leggi contro il razzismo e l'antisemitismo, non sono disposte a fermare questo scempio, anzi, ne sono complici in vari modi. Soltanto questo basterebbe a capire che le leggi che dovrebbero avversare la "xenofobia, l'antisemitismo e l'incitamento all'odio razziale", sono in realtà leggi per controllare il pensiero e la libera ricerca.
Le autorità occidentali utilizzano la propaganda per far credere che ci sia un pericolo di "xenofobia, di antisemitismo, di incitamento all'odio razziale", per limitare la libertà di opinione su temi che hanno retto ideologicamente il sistema attuale. In realtà il pericolo xenofobico viene alimentato ampiamente dai mass media, attraverso notizie di reati commessi da immigrati e facendo associare l'immigrato povero al criminale. Le autorità occidentali traggono diversi vantaggi dall'incutere paura e insicurezza, facendo credere il contrario, di essere per la "sicurezza". In realtà il sistema attuale mira ad utilizzare gli immigrati per distogliere l'attenzione dall'impoverimento progressivo a cui sono soggetti i cittadini europei, e dal sistema di potere gravemente iniquo e criminale, che produce mafia e corruzione. I criminali, anziché i corrotti e i personaggi che organizzano guerre e distruzioni, diventano i poveri immigrati, specie se arabi o slavi. In tal modo vengono giustificate leggi repressive, che mirano a controllare la ricerca indipendente e le libere opinioni.
Queste leggi hanno duramente colpito storici rigorosi e seri come David Irving, Siegfried Verbeke, Germar Rudolf, René-Louis Berclaz e molti altri, che non hanno mai espresso idee razziste o antisemite. Le tesi di questi storici, evidentemente erano difficili da contrastare con strumenti culturali, e quindi si è fatto ricorso ai tribunali, negando in modo evidente la libertà di opinione e di ricerca.
La diffusione nel mondo delle leggi che cercano di controllare la ricerca storica conferma l'esistenza di un gruppo ristretto di persone che ha interesse a manipolare la cultura e l'opinione pubblica. Dalle ricerche di diversi studiosi è emerso che le grandi banche hanno finanziato importanti eventi storici, come la Rivoluzione bolscevica. Si tratta dunque delle stesse persone che detengono il potere finanziario ed economico. Queste persone utilizzano diverse tecniche per proteggere lo status quo. Scrive René Guénon (con lo pseudonimo di Le Sphinx) in un articolo titolato "Réflexions à popos du pouvoir" pubblicato sulla rivista “France Antimaconnique”, dell’11 giugno 1914:
"Un potere occulto di ordine politico e finanziario non dovrà essere confuso con un potere occulto di ordine puramente iniziatico… E’ incontestabile che la mentalità degli individui e delle collettività può essere modificata da un insieme sistematico di suggestioni appropriate; in fondo, l’educazione stessa non è altro che questo, e non c’è qui nessun ‘occultismo’ (…). Uno stato d’animo determinato richiede, per stabilirsi, condizioni favorevoli, e occorre o approfittare di queste condizioni se esistono, o provocarne la realizzazione".
Secondo Guénon, anche le divisioni politiche "destra" e "sinistra" sono invenzioni di chi controlla la politica: "tali movimenti sono talvolta suscitati o guidati, invisibilmente, da potenti organizzazioni iniziatiche, possiamo dire che queste li dominano senza mescolarvisi, in modo da esercitare la loro influenza, egualmente, su ciascuno dei partiti contrari".(5)
L’esistenza di gruppi di potere è uno dei più grandi tabù presenti ad oggi nei libri di Storia scolastici. Ad esempio, tali pubblicazioni presentano personaggi come Hitler e Mussolini come fossero persone che hanno guadagnato potere soltanto in virtù delle loro capacità oratorie o della loro fascinazione. Quello che si omette è molto significativo per conoscere l’intera Storia del nazi-fascismo nella sua verità.
Lo storico di regime non può fare alcuni collegamenti che risultano del tutto logici e provati. Le pubblicazioni che raccontano i collegamenti fra dittatori e gruppo egemone finanziario-economico sono di solito appannaggio soltanto di poche migliaia di persone, oppure riguardano gli “addetti ai lavori”. Spiega lo studioso Enrico Voccia:
“Lo storico può parlare di complotti orditi dai potenti, ma lo deve fare in un ambito controllato e non aperto - un po' come nel XVI secolo solo gli ecclesiastici "addetti ai lavori" potevano leggere la Bibbia ed ai semplici fedeli venivano lette solo pagine scelte e sermoni controllati. Un altro esempio: Hitler e la nascita del partito nazionalsocialista tedesco. Cosa racconta il mainstream rivolto al grande pubblico? Che Hitler entrò in contatto con un piccolo partito, ne divenne poi il leader, ecc. Chi legge un tale racconto ha l’idea che Hitler fosse un reduce di guerra che avesse letto un volantino, parlato con qualcuno, ecc. Anche qui, per sapere la verità occorre leggere testi specialistici: p. e. William Shirer, Storia del Terzo Reich, Einaudi, 1962, due volumi di mille pagine l'uno. Bisogna farlo non per ottenere dettagli, ma per conoscere l'essenziale degli eventi – cosa che dovrebbe essere il compito del mainstream rivolto al grande pubblico… Testi di migliaia di pagine od articoli specialistici pubblicati in riviste di difficile reperimento: occorre leggere questi per sapere che Hitler era un agente dei servizi militari, che venne infiltrato da questi nel DAP e non vi si presentò spontaneamente, che ne divenne il leader grazie ai soldi dell’esercito e della borghesia reazionaria, che ne espulse il fondatore e ne fece entrare tanti altri in odore di servizi, ecc. A leggere invece il mainstream rivolto al grande pubblico, invece, sembra si sia trattato di un privato cittadino, un reduce come tanti altri dalle idee magari particolarmente destrorse, dotato di un'incredibile capacità magnetica, ecc. Il tutto per non dire che il nazismo fu un movimento creato a tavolino dall'esercito, da società segrete e dalla "Confindustria" tedesche - insomma per non pronunciare in pubblico la sconveniente parola "complotto". Tanta aria fritta, invece, sulla follia o meno di Hitler”.(6)
Con le leggi che controllano la ricerca storica cosa si tenta di nascondere?
Sono molti i fatti storici emersi dalle ultime ricerche, che tengono conto anche dell'apertura di nuovi archivi, all'inizio degli anni Novanta, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in Russia. Da questi archivi è emerso molto materiale che confuta diverse interpretazioni che sono state date alle due guerre mondiali, alla Guerra Fredda e ad altri eventi. Dalle nuove interpretazioni, la presunta autorevolezza dell'egemonia statunitense ne esce a pezzi, e le autorità statunitensi appaiono mostruose, potentemente criminali e assai pericolose per tutti i popoli del mondo (compreso quello statunitense).
Si vuole nascondere la verità: ovvero che i vincitori non ci hanno “liberato” e non sono democratici come vorrebbero farci credere.
Potranno anche cercare di criminalizzare i ricercatori indipendenti, e potranno punirli penalmente, ma la verità viene sempre a galla prima o poi, e sempre più persone comprenderanno che soltanto in una dittatura non si permette di esprimere pensieri diversi rispetto all’ideologia dominante, e che dunque la democrazia è attualmente come una favoletta raccontata ai cittadini per farli stare buoni.
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NOTE
1) Pizzorusso Alessandro, "Falcone superprocuratore? Non può farlo, vi dico perché", L'Unità, 12 marzo 1992.
2) Jannuzzi Lino, "Cosa nostra uno e due", Il Giornale di Napoli, 29 ottobre 1991.
3) Tamburini Lucio, "Falcone, una fama usurpata", Il Resto del carlino, 12 marzo 1992.
4) Monti Giommaria, "Falcone e Borsellino. La calunnia, il tradimento, la tragedia", Editori Riuniti, Roma 2006.
5) Guénon René, "L’Esoterismo di Dante", Ediz, Atanòr, Roma 1971.
6) Voccia Enrico, "Il complotto dei potenti come tabù storiografico", http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=63
domenica
NEMICO IN PUBBLICO COMPLICE IN PRIVATO - Il paradosso del finanziamento ai Talebani
Di Antonella Randazzo
Pochi giorni fa il “Times” di Londra ha sollevato un’accusa grave contro i servizi segreti italiani: l’accusa di finanziare i talebani.
Ma non erano proprio loro i nemici terroristi che hanno ucciso i nostri “innocenti” soldati? Come si spiega questa accusa?
Gli 007 italiani, anziché scovare i “nemici” per combatterli li contattavano (ma allora sapevano dov’erano?) per pagarli. E la cosa sembrerebbe essere andata avanti a lungo.
Il fatto sarebbe stato confermato dal capo talebano Mohammad Ismayel, intervistato da un giornalista.(1)
Addirittura, scrive il "Times", questo modo di fare, secondo il comandante della Nato, il generale americano Stanley McChrystal, "dovrebbe essere parte integrante della strategia contro gli insorti".
Cosa dovremmo pensare? Dovremmo forse fermarci alle evidenti menzogne del nostro governo, che ancora ha il coraggio di parlare di “missione di pace”?
I nostri servizi segreti, come molti sanno, sono stati creati dalle autorità Usa e agiscono sotto comando Usa, specie all’estero (ma spesso anche in patria).
Il fatto che questi finanziamenti siano stati resi noti, peraltro su un quotidiano non proprio “indipendente”, significa che si vuole praticare il principio spiegato dallo studioso Augustin Cochin, che diceva metaforicamente: “nulla è meno spiegabile di una pianta tagliata di cui si vogliono ignorare le radici e la vita”.(2) Ovvero si vuole rendere come un fenomeno isolato e relativo soltanto agli italiani qualcosa che invece ha una natura ben diversa. Dopo la morte dei nostri soldati, sembrerebbe che qualcuno voglia colpevolizzare o denigrare in qualche modo gli italiani, come se i soldati italiani non fossero sottomessi alle autorità statunitensi, e non si trovassero lì proprio per obbligo “coloniale”.
E’ stato creato lo scoop dei pagamenti ai talebani per proteggere i nostri soldati. Ma la verità sui finanziamenti ai talebani non è propriamente questa. Il fenomeno dei pagamenti ai talebani o all’estremismo islamico va inserito in un quadro ampio per poterlo capire.
E’ ovvio che qualcuno finanzia i talebani, ma non si tratta soltanto dei nostri 007, altrimenti essi non potrebbero portare avanti la guerra.
Come molti ormai sanno, negli anni Novanta, nei campi della Cia in Afghanistan e in Pakistan furono addestrati e indottrinati parecchi capi dell’estremismo islamico. Il Pakistan, dall’inizio degli anni Novanta, continuò ad arruolare centinaia di migliaia di mujaheddin, indottrinati nelle “madrasse”(3) e addestrati nei campi militari afghani. In quegli anni la Cia pagò milioni di dollari per finanziare programmi di istruzione nelle scuole afghane e pakistane. Dalla fine degli anni Ottanta gli Usa pagarono la gestione dell'Educational Center for Afghanistan. I libri di testo utilizzati nelle scuole furono stampati dall'Università del Nebraska.
Il fanatismo e la violenza generata dai talebani foraggiati dagli Usa scatenarono negli anni Novanta una guerra civile in Afghanistan. I talebani, grazie agli Usa, nel 1994 divennero la formazione politico-militare più forte, e alla fine degli anni Novanta devastarono il paese rendendolo sottomesso ad un'estremismo violento e disumano. Nel 1996 i talebani si erano impadroniti di Kabul grazie all'aiuto della società petrolifera americana Unocal (Union Oil of California), della Cia e dei servizi segreti pakistani.
I talebani rappresentavano la seconda generazione di mujaheddin. Essi provenivano da famiglie di contadini poverissimi delle zone del sud dell'Afghanistan. Molti talebani erano orfani di guerra, e nella loro vita non avevano visto altro che guerra e distruzione. Erano profughi in Pakistan, bambini senza futuro e senza infanzia, con una situazione psicologica alterata dalla durezza della guerra. Furono accolti nelle madrasse, dove l'indottrinamento degli imam fece credere loro di poter avere un ruolo messianico nel realizzare una società di “veri musulmani”. Le predicazioni nelle madrasse pachistane non rispecchiavano le vere tradizioni islamiche di tolleranza e di solidarietà ma, al contrario, inculcavano vecchie tradizioni tribali di derivazione pashtun, che propugnavano un falso islam, fatto di vendetta, odio, estremismo e usanze primitive. Le "riforme" che i talebani attuarono quando salirono al potere ricordavano le antichissime usanze delle zone più arretrate del paese: chiusero le scuole femminili, vietarono alle donne di uscire di casa anche per fare la spesa, vietarono l'ascolto della musica e ogni sport; agli uomini imposero di tenere la barba lunga e introdussero le mutilazioni del corpo per alcuni reati.
Per la loro ferocia, i talebani furono avversati dall'India, dalla Turchia, dalla Russia e dalle repubbliche centroasiatiche, paesi che sostennero la lotta antitalebana dell'Alleanza del Nord. Gli Usa rimasero filotalebani, e non denunciarono la situazione di grave violazione dei diritti umani. Nell'aprile del 1996, la vicesegretaria di Stato americana Robin Raphael, giunta a Islamabad, nonostante le proteste dei movimenti per i diritti umani sulla politica di Kabul, disse: "Non possiamo intrometterci negli affari afghani ma ci consideriamo amici dell'Afghanistan, ed è per questo che sono qui a sollecitare gli afghani a riunirsi e a discutere. Siamo anche preoccupati che qui vengano perse delle opportunità economiche, qualora non si riesca a ripristinare la stabilità politica".(4)
Dal 1994 al 1998 il sostegno Usa ai talebani fu pieno e totale, e in cambio gli americani ottenevano la tutela dei loro interessi strategici ed economici in quell'area. Dal 1999 al 2000 il sostegno c'era ancora ma non era più totale, e nel 2001 gli Usa cambiarono le loro strategie. Bhenazir Bhutto, quando era primo ministro pakistano, in un'intervista alla “BBC World Service”, il 4 ottobre del 1996, sostenne che le “madrasse” erano state organizzate dagli inglesi, dagli americani, dall'Arabia Saudita e dal Pakistan nel periodo della resistenza islamica contro i russi.(5)
Spiega l’associazione Rawa (L’Associazione rivoluzionaria delle donne afghane): “Non è un segreto che gli integralisti afghani, capeggiati da Burhanuddin Rabbani, Kharim Khalili, Rasul Sayyaf, Ahmed Shah Massud, Guldbuddin Hekmatyar, Yunis Khalis, il mullah Omar e altri come Dostum abbiano banchettato alla mangiatoia della CIA. È stata la CIA a dare nome e notorietà a questi sconosciuti e a finanziare ed appoggiare le sommosse che li hanno portati al potere… Gli Stati Uniti sono nemici del terrorismo fondamentalista soltanto finché questo fenomeno costituisce un rischio per i propri interessi; diversamente sono fin troppo contenti di essere amici e finanziatori delle varie organizzazioni di terroristi criminali fondamentalisti. Se gli Stati Uniti volessero veramente eliminare il terrorismo estremista dovrebbero imparare dalla loro politica miope del passato e comprendere che la radice del terrorismo va cercata nel sostegno americano ai regimi reazionari dei paesi arabi e non arabi e nel finanziamento militare ai criminali fondamentalisti afghani. Solo eliminando queste due fonti di finanziamento il terrorismo potrà essere sconfitto.”(6)
Il sostegno americano ai talebani non cessò con la loro presa del potere. Gli Usa volevano mantenere e potenziare i loro interessi strategici ed economici in quella zona. Volevano costruire un oleodotto che andasse verso il mar Caspio e aprisse il mercato Usa alle Comunità di Stati Indipendenti, ex repubbliche sovietiche e volevano incrementare la produzione di droga.
Nell'aprile del 1998, il segretario americano all'Energia Bill Richardson, nel suo viaggio a Kabul incontrò il mullah Burhanuddin Rabbani, con cui prese accordi sulla costruzione dell'oleodotto. Ma tali accordi non saranno confermati dal mullah Mohammad Omar.
Il fallimento delle trattative attirò sui talebani la furia distruttiva degli Usa, e li fece diventare i “nemici numero uno” della superpotenza. Gli Usa avevano creduto di aver creato dei "fantocci", facilmente manovrabili, ma si erano accorti che non era così. Nell'ottobre del 1997 fallisce l'accordo contrattuale dei talebani con la Central Asia Gas (CentGas), pipeline formata da aziende americane (Unocal 46,5%) e asiatiche. I talebani si erano mostrati indecisi sull'adesione al consorzio, e concluderanno l'accordo soltanto quando la Unocal si ritirerà dal consorzio CentGas. Dopo la conclusione dell'accordo, il segretario di Stato Usa Madelein Albright, definirà i talebani "spregevoli" per le loro discriminazioni verso le donne. Non se n'era accorta prima, eppure era già da parecchio che le donne afghane denunciavano le crudeltà subite.(8)
Nell'aprile del 1999 Afghanistan, Pakistan e Turkmenistan si accordano per realizzare il progetto del gasdotto del consorzio Centgas, ora diretto dalla Delta Oil saudita.
Dopo il fallimento delle trattative per l'oleodotto Unocal, gli Usa si schierarono esplicitamente contro i talebani, e li accusarono di terrorismo, brandendo al mondo intero il pericolo che stessero per cadere nelle loro mani armi nucleari o di distruzione di massa (accuse molto comuni che gli Usa rivolgono a tutti i paesi che vogliono indicare come pericolosi).
Nell'ottobre del 1999, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, su richiesta degli Usa, approvò una serie di sanzioni economiche contro il regime di Kabul. La clausola posta per evitare le sanzioni, (lungi dal riguardare il ripristino dei diritti umani e della democrazia), era che dovessero consegnare Osama bin Laden (9) agli Stati Uniti entro 30 giorni. I talebani non cedettero al ricatto e il 14 novembre le sanzioni furono attivate. Qualche giorno prima che le sanzioni diventassero operative, centinaia di persone scesero in piazza nelle maggiori città afghane per protestare contro le sanzioni dell'Onu e per chiedere aiuto ai Paesi islamici.
Nel 2000 gli Usa chiesero l'inasprimento delle sanzioni, col pretesto di indebolire il regime talebano. Le organizzazioni umanitarie avvertirono l'Onu dei rischi che la popolazione avrebbe corso, in un paese in cui la gente era ormai allo stremo. Ciò nonostante, il Consiglio di Sicurezza inasprì le sanzioni contro l'Afghanistan, con la motivazione che i talebani si rifiutavano di consegnare bin Laden e di porre fine al traffico di droga.
Le organizzazioni umanitarie sollevarono molte critiche e anche il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, si mostrò contrario all'iniziativa. Il problema principale era il danno economico sulla popolazione civile, ormai costretta a vivere degli aiuti umanitari. Gli Usa erano gli unici ad essere completamente soddisfatti. Nonostante tutto, le madrasse pachistane continuavano a formare futuri terroristi, che gli Usa avrebbero mandato a combattere per gli interessi americani. Dopo l'Afghanistan, furono mandati, oltre che nelle ex repubbliche sovietiche, anche in Kosovo, nel Kashmir, in Algeria, in Bosnia, in Cecenia, nello Yemen, nelle Filippine e in altre parti. Osserva Cooley: "Da Peshawar, Islamabad e Kabul al Cairo, Khartoum, Algeri, Mosca, l'Asia centrale, Manila, New York e, infine, Nairobi e Dar-es-Salaam, il percorso tracciato dai veterani della guerra in Afghanistan è lungo e cosparso di sangue".(10)
Il "Toronto Sun" scriveva il 4 dicembre del 2000: "Gli Stati Uniti misero in atto, contro l'Afghanistan devastato dalla guerra un embargo punitivo stile Iraq, in un momento in cui buona parte dei diciotto milioni di abitanti del paese era senza tetto e stava morendo di fame".(11)
L'embargo e le operazioni militari degli Usa avevano l'evidente scopo di distruggere e piegare il paese, colpiva la gente comune, e non personalmente i talebani. Morirono almeno tre milioni di persone, di cui moltissimi erano bambini. In Afghanistan gli americani stavano praticando gli stessi metodi di sterminio dei civili praticati in Vietnam, in Cambogia, in Iraq e in molti altri paesi.
Non ci sono prove certe che i talebani all’epoca fossero realmente in contrasto con le volontà americane, e si ebbero legittimi sospetti quando, nel luglio del 2001, Christina Rocca, vicesegretario di Stato americano per l'Asia meridionale, annunciò che quarantatré milioni di dollari sarebbero stati dati ai talebani. La motivazione era quella degli aiuti umanitari, ma i talebani non erano tenuti a rendere conto di cosa avrebbero fatto con tale somma.
Se i talebani erano diventati davvero antagonisti degli Usa perché continuarono a riunirsi con personaggi di governo americani e ad accettare somme di denaro? E perché continuarono ad avere stretti contatti con i servizi segreti americani?
Nei giorni immediatamente precedenti all'11 settembre, Bush si prodigò a dimostrare che i talebani erano nemici, arrivando a parlare di un'operazione per abbattere il regime talebano. Il piano, che era stato delineato nella "Direttiva presidenziale per la sicurezza nazionale", sosteneva interventi militari, diplomatici e di intelligence per “lottare contro al Qaeda”.
Oggi l'Afghanistan è un paese devastato, con un governo fantoccio e bande criminali al soldo della Cia. Uno dei potenti signori della morte è Rashid Dostum. Dostum ha ucciso migliaia di persone, tuttavia, il ministro della Difesa Usa Donald Rumsfeld, lo ha definito "un uomo saggio".(12)
Hamid Karzai è protetto da 42 guardie del corpo americane, la sua funzione è quella di proteggere gli interessi Usa nel paese, mentre della condizione della popolazione non gli importa per nulla, tanto meno quella delle donne, che hanno paura ad uscire di casa perché vengono spesso rapite, violentate o uccise, costrette a vivere in un Far West stile americano.
I paesi che maggiormente sono coinvolti nel fenomeno terroristico, l'Arabia Saudita e il Pakistan, hanno con gli Usa un rapporto a dir poco amichevole. Nel 2008 sono stati dati al “terrorismo” da paesi esteri almeno 106 milioni di dollari.(13) Le fonti del finanziamento sarebbero persino istituti di beneficenza dell’Arabia Saudita oppure Ong. In Pakistan negli anni Novanta era noto che le Ong finanziavano i talebani.(14) Il ruolo più importante nel finanziamento al terrorismo sarebbe stato dato alle “Charity and Relief organizations”, Ong che godono di un regime fiscale agevolato da parte del governo statunitense.(15)
Secondo un rapporto presentato dal giornalista ed esperto di gruppi islamici Steven Emerson nel febbraio del 2002, “al-Qaeda ha potuto avvalersi di vere e proprie corazzate finanziarie operanti in tutto il mondo, Stati Uniti compresi”.(16)
In un documento inviato al Pentagono datato 30 agosto 2009 il generale Stanley McChrystal, capo delle forze Usa e Nato in Afghanistan, sostiene che il sistema di finanziamento dei talebani è complesso e le fonti sono diverse, persino il narcotraffico: “L'eliminazione dell'accesso ai profitti del narcotraffico, se sarà possibile, non distruggerà la loro abilità operativa fino a quando altre fonti di finanziamento rimarranno intatte”.(17)
Altre fonti ufficiali dicono che i talebani si finanzierebbero anche attraverso l’oppio afgano. Ma qui troviamo un paradosso: gli Usa hanno occupato l’Afghanistan anche per incrementare la produzione di droga e hanno fatto sedere in parlamento parecchi personaggi che controllano tale produzione.
Delle due l’una: o gli Usa controllano il territorio afgano e affidano a “boss” fidati (che talvolta fanno eleggere come autorità) la produzione di droga, oppure dobbiamo credere che la prima potenza militare mondiale stia soccombendo ad un gruppo di estremisti, che avrebbe persino il potere di controllare la produzione di droga. Dovremmo essere così ingenui da credere che una superpotenza non sia in grado di controllare alcuni terreni e che dopo aver occupato un paese intero proprio per il controllo della droga oggi si sia fatta “soffiare l’affare”? Se davvero si finanziano col narcotraffico, lo fanno col benestare delle autorità statunitensi.
Il finanziamento ai talebani, divenne un argomento assai discusso dopo gli attentati dell’11 settembre. Qualcuno faceva capire l’assurdità che le autorità occidentali, capaci di operare un controllo molto elevato sulla situazione economica-finanziaria, fossero poi del tutto incapaci quando si trattava di capire i percorsi finanziari del denaro che riguardava il “terrorismo” (e la mafia). Nello stesso mese di settembre del 2001 circolava la notizia, data dall’Ansa, che
"I Taleban grazie all'aiuto dell'Onu si sono dati anche alla raffinazione dell'eroina tant'é vero che bin Laden finanzia la sua vasta rete terroristica con un vero e proprio traffico di eroina nel mondo e con gli enormi capitali illeciti provenienti da questo traffico.”(18)
In realtà gli Usa avevano già pronto l’intervento militare, dato che l’Onu aveva aiutato i talebani a smantellare la produzione di droga (e non ad incrementarla), cosa non certo gradita alle autorità di Washington.
Come al solito, si cercava di generare confusione attraverso i media per giustificare l’imminente intervento militare statunitense.
Quello che stava veramente accadendo non veniva spiegato. In quegli anni (prima dell’occupazione Usa) alcuni funzionari dell'agenzia antidroga dell’Onu avevano convinto i talebani a smantellare la produzione di droga.
Dunque, l’aiuto veniva dato per smettere di produrre droga. Gli Usa non permisero, intervennero e la produzione di droga, dall'1,4% (2001) della produzione mondiale, salì al 78% (2003). ( si veda http://www.disinformazione.it/distruzione_afghanistan.htm).
Di certo i capi talebani che si erano accordati con l’agenzia antidroga dell’Onu per smantellare la produzione di droga furono brutalmente spodestati nel giro di poco tempo.
E gli altri talebani? Siamo sicuri che fossero tutti contro gli Usa? E se invece, com’è probabile, molti di essi salirono sul carro del vincitore cercando di rendersi utili agli occupanti? D’altronde, il parlamento afgano è pieno di personaggi ambigui e in odore di malaffare, i cittadini afgani potrebbe spiegarvelo, ma ovviamente i nostri giornalisti Rai non li vanno ad intervistare.
Di certo oggi i “talebani” non sarebbero da intendere sotto un’unica categoria. Talvolta vengono indicati come “talebani” o “terroristi” i semplici dissidenti, che non hanno alcuna intenzione di fare il presunto "Jihād islamico" ma vogliono semplicemente liberare il loro paese dall’occupazione militare anglo-americana. Alcuni gruppi, invece, sarebbero addirittura complici degli stessi occupanti, prova ne sia che ricevono finanziamenti da strane Ong statunitensi o saudite, e non vengono attaccati ma incaricati di attuare attacchi terroristici per mantenere alto il livello di paura della popolazione, in modo tale da scoraggiare le lotte dei dissidenti o della resistenza.
L'etichetta di "terroristi" è stata data anche alla legittima dissidenza, per non far capire che non si tratta affatto di "portare democrazia" e che il popolo non accetta l'occupazione.
Secondo l’associazione Rawa gli afgani in un primo tempo erano contenti di essersi liberati dall’oppressione talebana ma poi si resero conto che l’intervento statunitense non era fatto per liberare la popolazione. Spiega Mariam di Rawa:
“Quando gli Usa hanno invaso il paese, la situazione era diversa. Molti afgani hanno apprezzato la loro presenza ed erano contenti di liberarsi del dominio oppressivo dei talebani, pensando: ‘I talebani sono stati eliminati, la comunità internazionale è intervenuta, a noi è stata promessa una vita migliore, democrazia e libertà e la fine dei gruppi fondamentalisti’. Nel giro di pochi mesi è stato chiaro che il governo Usa continuava con la politica sbagliata di sostegno ai fondamentalisti, facendo affidamento sui fondamentalisti dell’Alleanza del Nord per combattere un’altra fazione fondamentalista, i talebani. Non importa se gli Usa combattano i talebani o il “terrorismo”: stanno sostenendo l’Alleanza del Nord e per gli afghani entrambi sono la stessa cosa, sono entrambi fondamentalisti e terroristi sostenuti da potenze straniere, che siano l’Occidente, il Pakistan, l’Iran, l’Arabia saudita o qualsiasi altro paese. Essi violano i diritti umani, abusano delle donne, sono colpevoli di corruzione e frode e contrabbando, come noi abbiamo documentato. Fin dall’inizio Rawa ha sostenuto che gli Stati uniti e l’Occidente sono qui per le loro proprie ragioni e non per la libertà del popolo afgano, che ciò che gli Usa/Nato stanno facendo nel nome della democrazia è nei fatti un’irrisione della democrazia… le oneste e serie forze antifondamentaliste e contro l’occupazione hanno ancora la necessità di lottare in clandestinità, senza sostegno e incoraggiamento perché gli Usa hanno paura di vedere emergere un potente movimento progressista in Afghanistan. Chi critica apertamente il governo e i signori della guerra va incontro a minacce, detenzione e restrizioni. Noi stiamo affrontando oggi gli stessi problemi e rischi a cui dovevamo far fronte sotto i talebani. La privatizzazione e il sistema di libero mercato imposto in Afghanistan dal 2001 stanno aprendo la strada al neoliberismo e questo è l’ennesimo incubo del nostro popolo. Sentiamo il suo disastroso impatto sulla gente povera. Il grado di abbandono e povertà in Afghanistan è al di là dell’immaginazione. Il gap fra ricchi e poveri sta diventando più ampio giorno dopo giorno e oltre il 70% degli afghani vive al di sotto della soglia di povertà. Secondo le statistiche ufficiali, il 42% sopravvive con soli 10 dollari al mese, i prezzi alle stelle negli ultimi mesi hanno trasformato la vita in una tortura per la maggioranza degli afghani.”(19)
Insomma, non c’è bisogno che il “Times” ci dia qualche “scoop” per capire che c’è qualcosa che non quadra in Afghanistan. Un gruppo di terroristi sarebbe assoldato dagli stessi Usa per tenere sottomessa la popolazione, e la guerra non è vinta perché da che mondo è mondo le guerre coloniali non si vincono mai. Infatti, un popolo assoggettato ad una potenza straniera non cesserà mai di essere ribelle, e l’occupante avrà bisogno di terrorizzarlo per poter mantenere il potere. La dissidenza (armata oppure no) ci sarà sempre in un paese occupato, specie se questo paese ha una cultura ben diversa rispetto alla potenza occupante. La guerra in Afghanistan, in Somalia, in Iraq e in altri paesi è una guerra contro i popoli che non accettano l’attuale potere imperiale, chi lo nega sta facendo propaganda.
Anche in Iraq il sostegno all’estremismo talvolta emerge, mostrando che è il popolo iracheno ad essere trattato da nemico e distrutto in vari modi. Ad esempio, gli Usa, oltre a fomentare divisioni, hanno rafforzato l'integralismo islamico. Hanno finanziato le milizie di Moqtada Al-Sadr, dedicando a questo personaggio persino un quartiere di Bagdad, chiamato Sadr City (prima si chiamava Saddam City). Moqtada Al-Sadr discende da una delle famiglie più importanti dell'Iraq, ed è un leader dell'integralismo sciita. Il gruppo integralista di Moqtada, vorrebbe scatenare un'ondata di proibizioni, che riguarderebbero quasi tutti gli aspetti dell'esistenza umana, dall'abbigliamento, alle bevande alcoliche, con pene corporali che vanno dalla fustigazione alla pena di morte. Si tratta dell'assetto imposto già alle popolazioni arabe in Arabia Saudita, in Kuwait e in altre dittature compiacenti verso gli Stati Uniti.
Moqtada fece il doppio gioco: convinceva e arruolava i giovani iracheni nell”Esercito del Mahdi”, facendo leva sui sentimenti antiamericani, ma dava istruzioni che gli americani non venissero mai attaccati. Si trattava di strategie per cooptare il malcontento popolare e per impedire vere e proprie lotte contro l'oppressore. Moqtada fingeva di essere contro gli americani e di volere la loro partenza, e la sua propaganda era così convincente che un sondaggio del 2004 lo indicava come il personaggio più popolare in Iraq, dopo Ali Sistani. Nonostante le apparenze, entrambi i personaggi sono stati utilizzati in vari modi dagli Usa allo scopo di tenere sottomesso il popolo iracheno.
In nome della lotta al "terrorismo" sono state uccise centinaia di migliaia di persone in Afghanistan, in Iraq, in Pakistan e in molte altre parti del mondo. Non si tratta di una guerra contro sparuti gruppi di estremisti, come vorrebbero farci credere, ma di una guerra contro i popoli, altrimenti non si spiegherebbe il numero altissimo di vittime civili.
In conclusione, per capire la situazione dei paesi occupati dalle autorità Usa occorre considerare che il “nemico” che essi indicano ufficialmente non corrisponde al vero. Il loro vero nemico non possono indicarlo, dato che se indicassero come nemico il popolo che lotta per la libertà svelerebbero la loro propaganda orwelliana.
Per quanto sia paradossale e inquietante la verità, occorre evitare di continuare a farsi ingannare poiché ciò equivale a suffragare un sistema basato sulla guerra e sul controllo criminale dei popoli, che deve essere abbattuto se l’umanità vuole avere un futuro.
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Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it
NOTE
1) http://notizie.tiscali.it/articoli/esteri/09/10/16/mazzette-talebani-times-insiste-79852.html
2) Cochin Augustin, “Lo spirito del giacobinismo. Le società di pensiero e la democrazia: una interpretazione sociologica della Rivoluzione francese”, Bompiani, Milano 1981, p. 51.
3) In arabo significa "scuola", le madrasse sono le scuole religiose islamiche.
4) Rashid Ahmed, "Talebani. Islam, petrolio e il grande scontro in Asia centrale", , Feltrinelli, Milano 2002, p. 66.
5) Rapporto Amnesty International "Afghanistan Grave Abuses in the Name of Religion", Londra, novembre 1996.
6) http://pz.rawa.org/it/attack_it.htm
7) "Il manifesto", 3 giugno 2001.
8) Ad esempio, le donne di Herat, nel 1996, avevano organizzato una grande manifestazione di protesta contro i talebani, ed erano state picchiate e arrestate dalla polizia. I media occidentali e l'Onu ignorarono l'evento.
9) Il Ministero degli Esteri libico aveva chiesto l'arresto di Osama Bin Laden per un duplice omicidio avvenuto nel 1994 in Libia. Il mandato di cattura fu emesso dall'Interpol il 15 aprile del 1998.
10) Cooley John K., "Una guerra empia", Elèuthera, Milano 2000, p. 388.
11) Margolis Eric, "U.S.-Russian Crusade Against Osama Bin Laden", "The Toronto Sun", 4 dicembre 2000, cit. in Ahmed Nafeez Mosaddeq, op. cit. p. 38.
12) Pilger John, discorso fatto alla UWA Extension Summer School Lecture Winthrop Hall, Università dell'Australia occidentale, il 12 gennaio 2004. traduzione a cura di www.arabcomint.com
13) http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/09/cia-donazioni-talebani.shtml?uuid=6d9b2776-ab64-11de-94df-7e4ae8409f78
14) http://minimaetmoralia.wordpress.com/2009/09/02/l’industria-della-solidarieta-linda-polman-e-il-big-business-umanitario/
15) http://it.peacereporter.net/articolo/18410/Al-Qaeda+al+verde
16) http://it.peacereporter.net/articolo/18410/Al-Qaeda+al+verde
17) http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/09/cia-donazioni-talebani.shtml?uuid=6d9b2776-ab64-11de-94df-7e4ae8409f78
18) http://www.radioradicale.it/scheda/189932/bye-bye-arlacchi-il-triste-commiato-del-leader-globale-della-lotta-alla-droga
19) http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace/pagine/151Rawa.html
PER APPROFONDIRE
Ahmed Nafeez Mosaddeq, “Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione "Indipendente" Usa sull'11 settembre e su Al Qaeda”, Fazi Editore, Roma 2004.
Baer Robert, “Dormire con il diavolo, Come Washington ha venduto l'anima per il petrolio dell'Arabia Saudita”, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2004.
Branca Paolo, “L'Islàm radicale tra miti e realtà”, ISU Università Cattolica, Milano 1996.
Chossudovsky Michel, “Guerra e globalizzazione. La verità dietro l'11 settembre e la nuova politica americana”, EGA-Edizioni Gruppo Abele, Torino 2002.
Coll Steve, “La guerra segreta della CIA. L'America, l'Afghanistan e Bin Laden dall'invasione sovietica al 10 settembre 2001”, Rizzoli, Milano 2004.
Cooley John K., “Una guerra empia”, Elèuthera, Milano 2000.
Cockburn Andrew, Cockburn Leslei, “Amicizie pericolose. Storia segreta dei rapporti tra Cia e Mossad, dalla fondazione dello Stato d'Israele alla guerra del Golfo”, Gamberetti, Roma 1993.
Kleeves John, “Un paese pericoloso - storia non romanzata degli Stati Uniti D'America”, Società editrice Barbarossa, Milano 1999.
Mamdani Mahmood, “Musulmani buoni e cattivi. La guerra fredda e l'origine del terrorismo”, Laterza, Bari 2005.
Mann Michael, “L'impero impotente. Perché il nuovo imperialismo americano può portare al disastro gli Usa e il mondo”, Piemme Edizioni, Casale Monferrato (AL) 2004.
Pochi giorni fa il “Times” di Londra ha sollevato un’accusa grave contro i servizi segreti italiani: l’accusa di finanziare i talebani.
Ma non erano proprio loro i nemici terroristi che hanno ucciso i nostri “innocenti” soldati? Come si spiega questa accusa?
Gli 007 italiani, anziché scovare i “nemici” per combatterli li contattavano (ma allora sapevano dov’erano?) per pagarli. E la cosa sembrerebbe essere andata avanti a lungo.
Il fatto sarebbe stato confermato dal capo talebano Mohammad Ismayel, intervistato da un giornalista.(1)
Addirittura, scrive il "Times", questo modo di fare, secondo il comandante della Nato, il generale americano Stanley McChrystal, "dovrebbe essere parte integrante della strategia contro gli insorti".
Cosa dovremmo pensare? Dovremmo forse fermarci alle evidenti menzogne del nostro governo, che ancora ha il coraggio di parlare di “missione di pace”?
I nostri servizi segreti, come molti sanno, sono stati creati dalle autorità Usa e agiscono sotto comando Usa, specie all’estero (ma spesso anche in patria).
Il fatto che questi finanziamenti siano stati resi noti, peraltro su un quotidiano non proprio “indipendente”, significa che si vuole praticare il principio spiegato dallo studioso Augustin Cochin, che diceva metaforicamente: “nulla è meno spiegabile di una pianta tagliata di cui si vogliono ignorare le radici e la vita”.(2) Ovvero si vuole rendere come un fenomeno isolato e relativo soltanto agli italiani qualcosa che invece ha una natura ben diversa. Dopo la morte dei nostri soldati, sembrerebbe che qualcuno voglia colpevolizzare o denigrare in qualche modo gli italiani, come se i soldati italiani non fossero sottomessi alle autorità statunitensi, e non si trovassero lì proprio per obbligo “coloniale”.
E’ stato creato lo scoop dei pagamenti ai talebani per proteggere i nostri soldati. Ma la verità sui finanziamenti ai talebani non è propriamente questa. Il fenomeno dei pagamenti ai talebani o all’estremismo islamico va inserito in un quadro ampio per poterlo capire.
E’ ovvio che qualcuno finanzia i talebani, ma non si tratta soltanto dei nostri 007, altrimenti essi non potrebbero portare avanti la guerra.
Come molti ormai sanno, negli anni Novanta, nei campi della Cia in Afghanistan e in Pakistan furono addestrati e indottrinati parecchi capi dell’estremismo islamico. Il Pakistan, dall’inizio degli anni Novanta, continuò ad arruolare centinaia di migliaia di mujaheddin, indottrinati nelle “madrasse”(3) e addestrati nei campi militari afghani. In quegli anni la Cia pagò milioni di dollari per finanziare programmi di istruzione nelle scuole afghane e pakistane. Dalla fine degli anni Ottanta gli Usa pagarono la gestione dell'Educational Center for Afghanistan. I libri di testo utilizzati nelle scuole furono stampati dall'Università del Nebraska.
Il fanatismo e la violenza generata dai talebani foraggiati dagli Usa scatenarono negli anni Novanta una guerra civile in Afghanistan. I talebani, grazie agli Usa, nel 1994 divennero la formazione politico-militare più forte, e alla fine degli anni Novanta devastarono il paese rendendolo sottomesso ad un'estremismo violento e disumano. Nel 1996 i talebani si erano impadroniti di Kabul grazie all'aiuto della società petrolifera americana Unocal (Union Oil of California), della Cia e dei servizi segreti pakistani.
I talebani rappresentavano la seconda generazione di mujaheddin. Essi provenivano da famiglie di contadini poverissimi delle zone del sud dell'Afghanistan. Molti talebani erano orfani di guerra, e nella loro vita non avevano visto altro che guerra e distruzione. Erano profughi in Pakistan, bambini senza futuro e senza infanzia, con una situazione psicologica alterata dalla durezza della guerra. Furono accolti nelle madrasse, dove l'indottrinamento degli imam fece credere loro di poter avere un ruolo messianico nel realizzare una società di “veri musulmani”. Le predicazioni nelle madrasse pachistane non rispecchiavano le vere tradizioni islamiche di tolleranza e di solidarietà ma, al contrario, inculcavano vecchie tradizioni tribali di derivazione pashtun, che propugnavano un falso islam, fatto di vendetta, odio, estremismo e usanze primitive. Le "riforme" che i talebani attuarono quando salirono al potere ricordavano le antichissime usanze delle zone più arretrate del paese: chiusero le scuole femminili, vietarono alle donne di uscire di casa anche per fare la spesa, vietarono l'ascolto della musica e ogni sport; agli uomini imposero di tenere la barba lunga e introdussero le mutilazioni del corpo per alcuni reati.
Per la loro ferocia, i talebani furono avversati dall'India, dalla Turchia, dalla Russia e dalle repubbliche centroasiatiche, paesi che sostennero la lotta antitalebana dell'Alleanza del Nord. Gli Usa rimasero filotalebani, e non denunciarono la situazione di grave violazione dei diritti umani. Nell'aprile del 1996, la vicesegretaria di Stato americana Robin Raphael, giunta a Islamabad, nonostante le proteste dei movimenti per i diritti umani sulla politica di Kabul, disse: "Non possiamo intrometterci negli affari afghani ma ci consideriamo amici dell'Afghanistan, ed è per questo che sono qui a sollecitare gli afghani a riunirsi e a discutere. Siamo anche preoccupati che qui vengano perse delle opportunità economiche, qualora non si riesca a ripristinare la stabilità politica".(4)
Dal 1994 al 1998 il sostegno Usa ai talebani fu pieno e totale, e in cambio gli americani ottenevano la tutela dei loro interessi strategici ed economici in quell'area. Dal 1999 al 2000 il sostegno c'era ancora ma non era più totale, e nel 2001 gli Usa cambiarono le loro strategie. Bhenazir Bhutto, quando era primo ministro pakistano, in un'intervista alla “BBC World Service”, il 4 ottobre del 1996, sostenne che le “madrasse” erano state organizzate dagli inglesi, dagli americani, dall'Arabia Saudita e dal Pakistan nel periodo della resistenza islamica contro i russi.(5)
Spiega l’associazione Rawa (L’Associazione rivoluzionaria delle donne afghane): “Non è un segreto che gli integralisti afghani, capeggiati da Burhanuddin Rabbani, Kharim Khalili, Rasul Sayyaf, Ahmed Shah Massud, Guldbuddin Hekmatyar, Yunis Khalis, il mullah Omar e altri come Dostum abbiano banchettato alla mangiatoia della CIA. È stata la CIA a dare nome e notorietà a questi sconosciuti e a finanziare ed appoggiare le sommosse che li hanno portati al potere… Gli Stati Uniti sono nemici del terrorismo fondamentalista soltanto finché questo fenomeno costituisce un rischio per i propri interessi; diversamente sono fin troppo contenti di essere amici e finanziatori delle varie organizzazioni di terroristi criminali fondamentalisti. Se gli Stati Uniti volessero veramente eliminare il terrorismo estremista dovrebbero imparare dalla loro politica miope del passato e comprendere che la radice del terrorismo va cercata nel sostegno americano ai regimi reazionari dei paesi arabi e non arabi e nel finanziamento militare ai criminali fondamentalisti afghani. Solo eliminando queste due fonti di finanziamento il terrorismo potrà essere sconfitto.”(6)
Il sostegno americano ai talebani non cessò con la loro presa del potere. Gli Usa volevano mantenere e potenziare i loro interessi strategici ed economici in quella zona. Volevano costruire un oleodotto che andasse verso il mar Caspio e aprisse il mercato Usa alle Comunità di Stati Indipendenti, ex repubbliche sovietiche e volevano incrementare la produzione di droga.
Nell'aprile del 1998, il segretario americano all'Energia Bill Richardson, nel suo viaggio a Kabul incontrò il mullah Burhanuddin Rabbani, con cui prese accordi sulla costruzione dell'oleodotto. Ma tali accordi non saranno confermati dal mullah Mohammad Omar.
Il fallimento delle trattative attirò sui talebani la furia distruttiva degli Usa, e li fece diventare i “nemici numero uno” della superpotenza. Gli Usa avevano creduto di aver creato dei "fantocci", facilmente manovrabili, ma si erano accorti che non era così. Nell'ottobre del 1997 fallisce l'accordo contrattuale dei talebani con la Central Asia Gas (CentGas), pipeline formata da aziende americane (Unocal 46,5%) e asiatiche. I talebani si erano mostrati indecisi sull'adesione al consorzio, e concluderanno l'accordo soltanto quando la Unocal si ritirerà dal consorzio CentGas. Dopo la conclusione dell'accordo, il segretario di Stato Usa Madelein Albright, definirà i talebani "spregevoli" per le loro discriminazioni verso le donne. Non se n'era accorta prima, eppure era già da parecchio che le donne afghane denunciavano le crudeltà subite.(8)
Nell'aprile del 1999 Afghanistan, Pakistan e Turkmenistan si accordano per realizzare il progetto del gasdotto del consorzio Centgas, ora diretto dalla Delta Oil saudita.
Dopo il fallimento delle trattative per l'oleodotto Unocal, gli Usa si schierarono esplicitamente contro i talebani, e li accusarono di terrorismo, brandendo al mondo intero il pericolo che stessero per cadere nelle loro mani armi nucleari o di distruzione di massa (accuse molto comuni che gli Usa rivolgono a tutti i paesi che vogliono indicare come pericolosi).
Nell'ottobre del 1999, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, su richiesta degli Usa, approvò una serie di sanzioni economiche contro il regime di Kabul. La clausola posta per evitare le sanzioni, (lungi dal riguardare il ripristino dei diritti umani e della democrazia), era che dovessero consegnare Osama bin Laden (9) agli Stati Uniti entro 30 giorni. I talebani non cedettero al ricatto e il 14 novembre le sanzioni furono attivate. Qualche giorno prima che le sanzioni diventassero operative, centinaia di persone scesero in piazza nelle maggiori città afghane per protestare contro le sanzioni dell'Onu e per chiedere aiuto ai Paesi islamici.
Nel 2000 gli Usa chiesero l'inasprimento delle sanzioni, col pretesto di indebolire il regime talebano. Le organizzazioni umanitarie avvertirono l'Onu dei rischi che la popolazione avrebbe corso, in un paese in cui la gente era ormai allo stremo. Ciò nonostante, il Consiglio di Sicurezza inasprì le sanzioni contro l'Afghanistan, con la motivazione che i talebani si rifiutavano di consegnare bin Laden e di porre fine al traffico di droga.
Le organizzazioni umanitarie sollevarono molte critiche e anche il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, si mostrò contrario all'iniziativa. Il problema principale era il danno economico sulla popolazione civile, ormai costretta a vivere degli aiuti umanitari. Gli Usa erano gli unici ad essere completamente soddisfatti. Nonostante tutto, le madrasse pachistane continuavano a formare futuri terroristi, che gli Usa avrebbero mandato a combattere per gli interessi americani. Dopo l'Afghanistan, furono mandati, oltre che nelle ex repubbliche sovietiche, anche in Kosovo, nel Kashmir, in Algeria, in Bosnia, in Cecenia, nello Yemen, nelle Filippine e in altre parti. Osserva Cooley: "Da Peshawar, Islamabad e Kabul al Cairo, Khartoum, Algeri, Mosca, l'Asia centrale, Manila, New York e, infine, Nairobi e Dar-es-Salaam, il percorso tracciato dai veterani della guerra in Afghanistan è lungo e cosparso di sangue".(10)
Il "Toronto Sun" scriveva il 4 dicembre del 2000: "Gli Stati Uniti misero in atto, contro l'Afghanistan devastato dalla guerra un embargo punitivo stile Iraq, in un momento in cui buona parte dei diciotto milioni di abitanti del paese era senza tetto e stava morendo di fame".(11)
L'embargo e le operazioni militari degli Usa avevano l'evidente scopo di distruggere e piegare il paese, colpiva la gente comune, e non personalmente i talebani. Morirono almeno tre milioni di persone, di cui moltissimi erano bambini. In Afghanistan gli americani stavano praticando gli stessi metodi di sterminio dei civili praticati in Vietnam, in Cambogia, in Iraq e in molti altri paesi.
Non ci sono prove certe che i talebani all’epoca fossero realmente in contrasto con le volontà americane, e si ebbero legittimi sospetti quando, nel luglio del 2001, Christina Rocca, vicesegretario di Stato americano per l'Asia meridionale, annunciò che quarantatré milioni di dollari sarebbero stati dati ai talebani. La motivazione era quella degli aiuti umanitari, ma i talebani non erano tenuti a rendere conto di cosa avrebbero fatto con tale somma.
Se i talebani erano diventati davvero antagonisti degli Usa perché continuarono a riunirsi con personaggi di governo americani e ad accettare somme di denaro? E perché continuarono ad avere stretti contatti con i servizi segreti americani?
Nei giorni immediatamente precedenti all'11 settembre, Bush si prodigò a dimostrare che i talebani erano nemici, arrivando a parlare di un'operazione per abbattere il regime talebano. Il piano, che era stato delineato nella "Direttiva presidenziale per la sicurezza nazionale", sosteneva interventi militari, diplomatici e di intelligence per “lottare contro al Qaeda”.
Oggi l'Afghanistan è un paese devastato, con un governo fantoccio e bande criminali al soldo della Cia. Uno dei potenti signori della morte è Rashid Dostum. Dostum ha ucciso migliaia di persone, tuttavia, il ministro della Difesa Usa Donald Rumsfeld, lo ha definito "un uomo saggio".(12)
Hamid Karzai è protetto da 42 guardie del corpo americane, la sua funzione è quella di proteggere gli interessi Usa nel paese, mentre della condizione della popolazione non gli importa per nulla, tanto meno quella delle donne, che hanno paura ad uscire di casa perché vengono spesso rapite, violentate o uccise, costrette a vivere in un Far West stile americano.
I paesi che maggiormente sono coinvolti nel fenomeno terroristico, l'Arabia Saudita e il Pakistan, hanno con gli Usa un rapporto a dir poco amichevole. Nel 2008 sono stati dati al “terrorismo” da paesi esteri almeno 106 milioni di dollari.(13) Le fonti del finanziamento sarebbero persino istituti di beneficenza dell’Arabia Saudita oppure Ong. In Pakistan negli anni Novanta era noto che le Ong finanziavano i talebani.(14) Il ruolo più importante nel finanziamento al terrorismo sarebbe stato dato alle “Charity and Relief organizations”, Ong che godono di un regime fiscale agevolato da parte del governo statunitense.(15)
Secondo un rapporto presentato dal giornalista ed esperto di gruppi islamici Steven Emerson nel febbraio del 2002, “al-Qaeda ha potuto avvalersi di vere e proprie corazzate finanziarie operanti in tutto il mondo, Stati Uniti compresi”.(16)
In un documento inviato al Pentagono datato 30 agosto 2009 il generale Stanley McChrystal, capo delle forze Usa e Nato in Afghanistan, sostiene che il sistema di finanziamento dei talebani è complesso e le fonti sono diverse, persino il narcotraffico: “L'eliminazione dell'accesso ai profitti del narcotraffico, se sarà possibile, non distruggerà la loro abilità operativa fino a quando altre fonti di finanziamento rimarranno intatte”.(17)
Altre fonti ufficiali dicono che i talebani si finanzierebbero anche attraverso l’oppio afgano. Ma qui troviamo un paradosso: gli Usa hanno occupato l’Afghanistan anche per incrementare la produzione di droga e hanno fatto sedere in parlamento parecchi personaggi che controllano tale produzione.
Delle due l’una: o gli Usa controllano il territorio afgano e affidano a “boss” fidati (che talvolta fanno eleggere come autorità) la produzione di droga, oppure dobbiamo credere che la prima potenza militare mondiale stia soccombendo ad un gruppo di estremisti, che avrebbe persino il potere di controllare la produzione di droga. Dovremmo essere così ingenui da credere che una superpotenza non sia in grado di controllare alcuni terreni e che dopo aver occupato un paese intero proprio per il controllo della droga oggi si sia fatta “soffiare l’affare”? Se davvero si finanziano col narcotraffico, lo fanno col benestare delle autorità statunitensi.
Il finanziamento ai talebani, divenne un argomento assai discusso dopo gli attentati dell’11 settembre. Qualcuno faceva capire l’assurdità che le autorità occidentali, capaci di operare un controllo molto elevato sulla situazione economica-finanziaria, fossero poi del tutto incapaci quando si trattava di capire i percorsi finanziari del denaro che riguardava il “terrorismo” (e la mafia). Nello stesso mese di settembre del 2001 circolava la notizia, data dall’Ansa, che
"I Taleban grazie all'aiuto dell'Onu si sono dati anche alla raffinazione dell'eroina tant'é vero che bin Laden finanzia la sua vasta rete terroristica con un vero e proprio traffico di eroina nel mondo e con gli enormi capitali illeciti provenienti da questo traffico.”(18)
In realtà gli Usa avevano già pronto l’intervento militare, dato che l’Onu aveva aiutato i talebani a smantellare la produzione di droga (e non ad incrementarla), cosa non certo gradita alle autorità di Washington.
Come al solito, si cercava di generare confusione attraverso i media per giustificare l’imminente intervento militare statunitense.
Quello che stava veramente accadendo non veniva spiegato. In quegli anni (prima dell’occupazione Usa) alcuni funzionari dell'agenzia antidroga dell’Onu avevano convinto i talebani a smantellare la produzione di droga.
Dunque, l’aiuto veniva dato per smettere di produrre droga. Gli Usa non permisero, intervennero e la produzione di droga, dall'1,4% (2001) della produzione mondiale, salì al 78% (2003). ( si veda http://www.disinformazione.it/distruzione_afghanistan.htm).
Di certo i capi talebani che si erano accordati con l’agenzia antidroga dell’Onu per smantellare la produzione di droga furono brutalmente spodestati nel giro di poco tempo.
E gli altri talebani? Siamo sicuri che fossero tutti contro gli Usa? E se invece, com’è probabile, molti di essi salirono sul carro del vincitore cercando di rendersi utili agli occupanti? D’altronde, il parlamento afgano è pieno di personaggi ambigui e in odore di malaffare, i cittadini afgani potrebbe spiegarvelo, ma ovviamente i nostri giornalisti Rai non li vanno ad intervistare.
Di certo oggi i “talebani” non sarebbero da intendere sotto un’unica categoria. Talvolta vengono indicati come “talebani” o “terroristi” i semplici dissidenti, che non hanno alcuna intenzione di fare il presunto "Jihād islamico" ma vogliono semplicemente liberare il loro paese dall’occupazione militare anglo-americana. Alcuni gruppi, invece, sarebbero addirittura complici degli stessi occupanti, prova ne sia che ricevono finanziamenti da strane Ong statunitensi o saudite, e non vengono attaccati ma incaricati di attuare attacchi terroristici per mantenere alto il livello di paura della popolazione, in modo tale da scoraggiare le lotte dei dissidenti o della resistenza.
L'etichetta di "terroristi" è stata data anche alla legittima dissidenza, per non far capire che non si tratta affatto di "portare democrazia" e che il popolo non accetta l'occupazione.
Secondo l’associazione Rawa gli afgani in un primo tempo erano contenti di essersi liberati dall’oppressione talebana ma poi si resero conto che l’intervento statunitense non era fatto per liberare la popolazione. Spiega Mariam di Rawa:
“Quando gli Usa hanno invaso il paese, la situazione era diversa. Molti afgani hanno apprezzato la loro presenza ed erano contenti di liberarsi del dominio oppressivo dei talebani, pensando: ‘I talebani sono stati eliminati, la comunità internazionale è intervenuta, a noi è stata promessa una vita migliore, democrazia e libertà e la fine dei gruppi fondamentalisti’. Nel giro di pochi mesi è stato chiaro che il governo Usa continuava con la politica sbagliata di sostegno ai fondamentalisti, facendo affidamento sui fondamentalisti dell’Alleanza del Nord per combattere un’altra fazione fondamentalista, i talebani. Non importa se gli Usa combattano i talebani o il “terrorismo”: stanno sostenendo l’Alleanza del Nord e per gli afghani entrambi sono la stessa cosa, sono entrambi fondamentalisti e terroristi sostenuti da potenze straniere, che siano l’Occidente, il Pakistan, l’Iran, l’Arabia saudita o qualsiasi altro paese. Essi violano i diritti umani, abusano delle donne, sono colpevoli di corruzione e frode e contrabbando, come noi abbiamo documentato. Fin dall’inizio Rawa ha sostenuto che gli Stati uniti e l’Occidente sono qui per le loro proprie ragioni e non per la libertà del popolo afgano, che ciò che gli Usa/Nato stanno facendo nel nome della democrazia è nei fatti un’irrisione della democrazia… le oneste e serie forze antifondamentaliste e contro l’occupazione hanno ancora la necessità di lottare in clandestinità, senza sostegno e incoraggiamento perché gli Usa hanno paura di vedere emergere un potente movimento progressista in Afghanistan. Chi critica apertamente il governo e i signori della guerra va incontro a minacce, detenzione e restrizioni. Noi stiamo affrontando oggi gli stessi problemi e rischi a cui dovevamo far fronte sotto i talebani. La privatizzazione e il sistema di libero mercato imposto in Afghanistan dal 2001 stanno aprendo la strada al neoliberismo e questo è l’ennesimo incubo del nostro popolo. Sentiamo il suo disastroso impatto sulla gente povera. Il grado di abbandono e povertà in Afghanistan è al di là dell’immaginazione. Il gap fra ricchi e poveri sta diventando più ampio giorno dopo giorno e oltre il 70% degli afghani vive al di sotto della soglia di povertà. Secondo le statistiche ufficiali, il 42% sopravvive con soli 10 dollari al mese, i prezzi alle stelle negli ultimi mesi hanno trasformato la vita in una tortura per la maggioranza degli afghani.”(19)
Insomma, non c’è bisogno che il “Times” ci dia qualche “scoop” per capire che c’è qualcosa che non quadra in Afghanistan. Un gruppo di terroristi sarebbe assoldato dagli stessi Usa per tenere sottomessa la popolazione, e la guerra non è vinta perché da che mondo è mondo le guerre coloniali non si vincono mai. Infatti, un popolo assoggettato ad una potenza straniera non cesserà mai di essere ribelle, e l’occupante avrà bisogno di terrorizzarlo per poter mantenere il potere. La dissidenza (armata oppure no) ci sarà sempre in un paese occupato, specie se questo paese ha una cultura ben diversa rispetto alla potenza occupante. La guerra in Afghanistan, in Somalia, in Iraq e in altri paesi è una guerra contro i popoli che non accettano l’attuale potere imperiale, chi lo nega sta facendo propaganda.
Anche in Iraq il sostegno all’estremismo talvolta emerge, mostrando che è il popolo iracheno ad essere trattato da nemico e distrutto in vari modi. Ad esempio, gli Usa, oltre a fomentare divisioni, hanno rafforzato l'integralismo islamico. Hanno finanziato le milizie di Moqtada Al-Sadr, dedicando a questo personaggio persino un quartiere di Bagdad, chiamato Sadr City (prima si chiamava Saddam City). Moqtada Al-Sadr discende da una delle famiglie più importanti dell'Iraq, ed è un leader dell'integralismo sciita. Il gruppo integralista di Moqtada, vorrebbe scatenare un'ondata di proibizioni, che riguarderebbero quasi tutti gli aspetti dell'esistenza umana, dall'abbigliamento, alle bevande alcoliche, con pene corporali che vanno dalla fustigazione alla pena di morte. Si tratta dell'assetto imposto già alle popolazioni arabe in Arabia Saudita, in Kuwait e in altre dittature compiacenti verso gli Stati Uniti.
Moqtada fece il doppio gioco: convinceva e arruolava i giovani iracheni nell”Esercito del Mahdi”, facendo leva sui sentimenti antiamericani, ma dava istruzioni che gli americani non venissero mai attaccati. Si trattava di strategie per cooptare il malcontento popolare e per impedire vere e proprie lotte contro l'oppressore. Moqtada fingeva di essere contro gli americani e di volere la loro partenza, e la sua propaganda era così convincente che un sondaggio del 2004 lo indicava come il personaggio più popolare in Iraq, dopo Ali Sistani. Nonostante le apparenze, entrambi i personaggi sono stati utilizzati in vari modi dagli Usa allo scopo di tenere sottomesso il popolo iracheno.
In nome della lotta al "terrorismo" sono state uccise centinaia di migliaia di persone in Afghanistan, in Iraq, in Pakistan e in molte altre parti del mondo. Non si tratta di una guerra contro sparuti gruppi di estremisti, come vorrebbero farci credere, ma di una guerra contro i popoli, altrimenti non si spiegherebbe il numero altissimo di vittime civili.
In conclusione, per capire la situazione dei paesi occupati dalle autorità Usa occorre considerare che il “nemico” che essi indicano ufficialmente non corrisponde al vero. Il loro vero nemico non possono indicarlo, dato che se indicassero come nemico il popolo che lotta per la libertà svelerebbero la loro propaganda orwelliana.
Per quanto sia paradossale e inquietante la verità, occorre evitare di continuare a farsi ingannare poiché ciò equivale a suffragare un sistema basato sulla guerra e sul controllo criminale dei popoli, che deve essere abbattuto se l’umanità vuole avere un futuro.
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NOTE
1) http://notizie.tiscali.it/articoli/esteri/09/10/16/mazzette-talebani-times-insiste-79852.html
2) Cochin Augustin, “Lo spirito del giacobinismo. Le società di pensiero e la democrazia: una interpretazione sociologica della Rivoluzione francese”, Bompiani, Milano 1981, p. 51.
3) In arabo significa "scuola", le madrasse sono le scuole religiose islamiche.
4) Rashid Ahmed, "Talebani. Islam, petrolio e il grande scontro in Asia centrale", , Feltrinelli, Milano 2002, p. 66.
5) Rapporto Amnesty International "Afghanistan Grave Abuses in the Name of Religion", Londra, novembre 1996.
6) http://pz.rawa.org/it/attack_it.htm
7) "Il manifesto", 3 giugno 2001.
8) Ad esempio, le donne di Herat, nel 1996, avevano organizzato una grande manifestazione di protesta contro i talebani, ed erano state picchiate e arrestate dalla polizia. I media occidentali e l'Onu ignorarono l'evento.
9) Il Ministero degli Esteri libico aveva chiesto l'arresto di Osama Bin Laden per un duplice omicidio avvenuto nel 1994 in Libia. Il mandato di cattura fu emesso dall'Interpol il 15 aprile del 1998.
10) Cooley John K., "Una guerra empia", Elèuthera, Milano 2000, p. 388.
11) Margolis Eric, "U.S.-Russian Crusade Against Osama Bin Laden", "The Toronto Sun", 4 dicembre 2000, cit. in Ahmed Nafeez Mosaddeq, op. cit. p. 38.
12) Pilger John, discorso fatto alla UWA Extension Summer School Lecture Winthrop Hall, Università dell'Australia occidentale, il 12 gennaio 2004. traduzione a cura di www.arabcomint.com
13) http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/09/cia-donazioni-talebani.shtml?uuid=6d9b2776-ab64-11de-94df-7e4ae8409f78
14) http://minimaetmoralia.wordpress.com/2009/09/02/l’industria-della-solidarieta-linda-polman-e-il-big-business-umanitario/
15) http://it.peacereporter.net/articolo/18410/Al-Qaeda+al+verde
16) http://it.peacereporter.net/articolo/18410/Al-Qaeda+al+verde
17) http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/09/cia-donazioni-talebani.shtml?uuid=6d9b2776-ab64-11de-94df-7e4ae8409f78
18) http://www.radioradicale.it/scheda/189932/bye-bye-arlacchi-il-triste-commiato-del-leader-globale-della-lotta-alla-droga
19) http://www.mercatiesplosivi.com/guerrepace/pagine/151Rawa.html
PER APPROFONDIRE
Ahmed Nafeez Mosaddeq, “Guerra alla verità. Tutte le menzogne dei governi occidentali e della Commissione "Indipendente" Usa sull'11 settembre e su Al Qaeda”, Fazi Editore, Roma 2004.
Baer Robert, “Dormire con il diavolo, Come Washington ha venduto l'anima per il petrolio dell'Arabia Saudita”, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2004.
Branca Paolo, “L'Islàm radicale tra miti e realtà”, ISU Università Cattolica, Milano 1996.
Chossudovsky Michel, “Guerra e globalizzazione. La verità dietro l'11 settembre e la nuova politica americana”, EGA-Edizioni Gruppo Abele, Torino 2002.
Coll Steve, “La guerra segreta della CIA. L'America, l'Afghanistan e Bin Laden dall'invasione sovietica al 10 settembre 2001”, Rizzoli, Milano 2004.
Cooley John K., “Una guerra empia”, Elèuthera, Milano 2000.
Cockburn Andrew, Cockburn Leslei, “Amicizie pericolose. Storia segreta dei rapporti tra Cia e Mossad, dalla fondazione dello Stato d'Israele alla guerra del Golfo”, Gamberetti, Roma 1993.
Kleeves John, “Un paese pericoloso - storia non romanzata degli Stati Uniti D'America”, Società editrice Barbarossa, Milano 1999.
Mamdani Mahmood, “Musulmani buoni e cattivi. La guerra fredda e l'origine del terrorismo”, Laterza, Bari 2005.
Mann Michael, “L'impero impotente. Perché il nuovo imperialismo americano può portare al disastro gli Usa e il mondo”, Piemme Edizioni, Casale Monferrato (AL) 2004.
giovedì
LETTERA AI MINISTRI
Pubblichiamo una lettera indirizzata al Ministro e al Vice Ministro della Salute sul tema delle vaccinazioni. La lettera è stata scritta da Romina Power e gira su Internet già da diverse settimane. La pubblichiamo perché la riteniamo importante in quanto tocca alcuni punti fondamentali della questione.
Fonte: http://www.scienzaverde.it/index.php?option=com_content&view=article&id=287:dico-no-ai-vaccini-e-spiego-perche&catid=55:edizione-n-5-settembre-2009
Lettera di Romina Power ai ministri: "Dico no ai vaccini e vi spiego perché".
Alla cortese attenzione del Ministro della Salute, On. Maurizio Sacconi e del Vice Ministro della Salute, On. Ferruccio Fazio.
Egregio Signor Ministro, Egregio Signor Vice Ministro. Vi scrivo in merito alla supposta "pandemia" A/H1N1, meglio nota come "febbre suina". Secondo quanto avete dichiarato ai media, sono previste per l'Italia due tranches di vaccinazioni; la prima in autunno 2009 e una successiva all'inizio del 2010. Come cittadina italiana e contribuente, mi permetto dunque di sottoporVi alcuni seri dubbi riguardo all'opportunità della campagna di vaccinazione.
1. Secondo quanto apprendo dalle Vs dichiarazioni, i sintomi dell'influenza A/H1N1 non sarebbero altro che quelli della normale influenza stagionale, in forma più lieve per giunta. E mentre l'influenza stagionale provoca fino a 5000 decessi ogni anno solo in Italia, in questi mesi la A/H1N1 ha provocato "soltanto" poco più di 700 decessi in tutto il mondo.
2. E' perfino superfluo rammentarVi quanto possa essere nocivo un vaccino al sistema immunitario, specialmente nei bambini e negli anziani e, di conseguenza, quanto sia inopportuno scegliere la strada del vaccino per malattie di poco conto e scarsamente nocive come questa influenza suina.
3. Gravissime accuse contro l'OMS, le case farmaceutiche Baxter, Sanafi-Aventis e Novartis e una serie di personaggi di rilievo della finanza e della politica internazionale, sono state mosse dalla nota giornalista austriaca Jane Burgermeister (leggi La Scienza Verde di agosto). Secondo la denuncia, sia il vaccino che la stessa epidemia A/H1N1 sarebbero armi biologiche deliberatamente utilizzate per la riduzione della popolazione mondiale.
4. L'ingiunzione dell'affermata giornalista contiene una dettagliata documentazione atta a dimostrare la reale entità dell'epidemia di influenza suina e del relativo vaccino, nonché le gravissime responsabilità degli enti e delle persone chiamate in causa. Sulla base dell'ingiunzione presentata dalla Burgermeister, sono attualmente in preparazione un'ulteriore ingiunzione ed una mozione ad opera di un team di esperti legali americani. Per quanto le gravissime accuse mosse contro l'OMS e Big Pharma siano ancora da dimostrare in tribunale, sarebbe quanto meno opportuno che il Ministero della Salute tenesse conto di queste, prima di "buttarsi a pesce" nell'avventura di una vaccinazione di massa.
5. La stessa OMS non ha escluso rischi, affermando che "nella produzione di alcuni vaccini per la pandemia sono coinvolte nuove tecnologie che non sono state ancora valutate estensivamente per la loro sicurezza in certi gruppi della popolazione".
6. Una serie di eventi e circostanze getta pesanti ombre su questa vaccinazione, nonché sul ruolo di Big Pharma nella politica sanitaria dell'OMS.
7. Il Vice Ministro Fazio ha dichiarato che il costo per l'acquisto dei vaccini ammonterebbe a "poche centinaia di milioni di euro". Una cifra, secondo il Vice Ministro che non creerebbe problemi, neanche in "periodi di magra" come questi. Con tutto il rispetto, considero questa dichiarazione un vero e proprio insulto ai cittadini che faticano ad arrivare a fine mese! Per questa serie di ragioni, mi appello al Vostro buon senso, nonché alla Vostra professionalità, nel chiederVi di riconsiderare la Vostra posizione sulla campagna di vaccinazione per l'A/H1N1 indicata dall'OMS, sulla base di quanto riportato sopra. Al di là delle direttive dell'OMS, la responsabilità politica in materia di sanità in Italia spetta al Ministero e per questo mi rivolgo a Voi. Vi anticipo che, nell'eventualità di una vaccinazione di massa, non mi sottoporrò ad essa. Se anche tale vaccinazione fosse fortemente vincolante o addirittura (Dio non voglia!) coatta, la rifiuterei comunque, sulla base dei punti elencati sopra, nonché delle ingiunzioni presentate. Sono in procinto di contattare la signora Burgermeister ed alcune delle più note associazioni italiane in difesa della libertà di scelta in materia di vaccinazioni sperando di ricevere aiuto e consiglio. Includo in copia conoscenza CC alcuni dei migliori siti internet italiani di informazione, al fine di lasciare una traccia di quanto Vi ho scritto. Se i gestori di tali siti internet e blog vorranno pubblicare questo mio appello a Voi, hanno il mio pieno consenso a farlo. Auspico anzi che da tale lettera possa eventualmente nascere una petizione da sottoporre alla cortese attenzione del Ministero della Salute, al fine di sensibilizzarlo ulteriormente al problema, poiché al di là della preoccupazione di alcuni cittadini per questa influenza suina - preoccupazione esclusivamente generata dal vergognoso ed ingiustificato allarmismo dei media tradizionali (un vero e proprio "terrorismo mediatico")- tanti italiani sono contrari al vaccino, lo reputano inutile e nocivo e vi intravedono i forti interessi lobbistici di Big Pharma, se non il tentativo di introdurre politiche di "militarizzazione" della sanità e di recare danno alla salute della popolazione. Nella speranza che gli argomenti esposti possano essere da Voi presi in considerazione,
Vi porgo distinti saluti.
Romina Power
sabato
“NEGRETTO IGNARO” DA PREMIO NOBEL?
Di Antonella Randazzo
L’epiteto non è certo dei più eleganti, anzi, puzza di razzismo e di uno strisciante compatimento. Non è stato certo lusinghiero definire un presidente degli Stati Uniti, “negretto ignaro”. Queste parole sono state dette dal ministro delle Relazioni estere dei golpisti honduregni Enrique Ortez, secondo cui il presidente statunitense Barack Obama sarebbe ignaro o un “negretto che non sa nulla di nulla” (“es un negrito que no sabe nada de nada”).(1)
Sarebbe ignaro di cosa? Presumiamo di quello che fanno i banchieri e le grandi corporations in patria e all’estero. Ovvero quello che hanno sempre fatto: la guerra, i massacri, i colpi di Stato, i saccheggi, ecc.
In effetti, Obama sembra proprio ignaro quando dice “le stesse persone che si lamentavano delle interferenze Usa in America Latina oggi si lamentano perché non interferiamo abbastanza”.(2) Forse non ha capito bene la considerazione lapalissiana che dipende a favore di chi si interviene: se a favore del gruppo golpista e delle lobby che lo sostengono, come è sempre avvenuto, o a favore del popolo. L’intelligenza di Obama sembra scemare quando si tratta di far chiarezza su ciò che è davvero il sistema statunitense e su quello che veramente produce nel mondo.
Eppure in questi giorni ad Obama è stato dato il Nobel per la pace. Emergono alcune domande: se è premiato per la pace allora la guerra chi la sta facendo? Quali sono gli effettivi poteri di Obama? Egli, se lo volesse, potrebbe far cessare le guerre o cambiare il sistema attuale degli Usa così come ha promesso?
Ad esempio, il colpo di Stato in Honduras poteva essere impedito da Obama?
Dietro il colpo di Stato ci sono poteri che dominano da molto tempo. Poteri intenzionati ad indebolire l'Alternativa bolivariana per le Americhe (Alba). Quando l’Honduras è entrato a far parte dell’Alba, nell’agosto 2008, Zelaya voleva concludere un accordo commerciale con l’Avana per importare farmaci generici, al fine di ridurre i costi degli Ospedali pubblici. Inoltre, tutti i paesi dell’Alba volevano “rivedere la dottrina sulla proprietà industriale”, mettendo in pericolo profitti per la Big Pharma. Questi progetti hanno spinto la lobby delle società farmaceutiche (insieme ad altre lobby) ad appoggiare il golpe.(3)
Scrive Guillermo Almeyra, giornalista de “La Jornada”: "Il golpe civico-militare è stato accuratamente preparato nella base Usa di Soto Cano, alla presenza dell'ambasciatore degli Stati Uniti Llorens. Questi se n'è andato e si è portato dietro la famiglia, anche se sapeva del golpe in anticipo, per non sembrare troppo legato ai gorilla honduregni, che sono stati formati dagli Stati Uniti, i quali li conoscono dal tempo di John Dimitri Negroponte e dell'Irangate (vennero armati i paramilitari Contras in Nicaragua con armi passate dall'Honduras e pagate con la droga della Cia). Negroponte che è stato, oltre che capo diretto di Llorens, ex segretario nazionale di sicurezza di Bush, ex rappresentante Onu, ex vicere in Iraq, e che non è l'unico cospiratore di alto livello coinvolto in Honduras".(4)
Nell'entourage del golpista Micheletti ci sono persone in passato legate all’amministrazione Usa. Uno è Lanny Davis, che ha partecipato attivamente alla campagna a favore di Hillary Clinton contro Obama, e che guarda caso è il referente del Consiglio honduregno delle Imprese private. Un altro è Bennet Ratcliff, braccio destro dell'ex presidente Clinton. Questi personaggi fanno capire che ci sono stretti legami fra l’establishment statunitense e il colpo di Stato.
E’ ovvio che questi fatti contrastano con l’immagine che Obama ha offerto agli elettori, che certo non può essere conciliata con un atto antidemocratico come un colpo di Stato. Fanno capire che anche Obama non può essere “immune dallo strapotere delle principali lobbies multinazionali”, e che il suo potere non è così esteso come è stato fatto credere durante la campagna elettorale. D’altronde, per farsi eleggere, Obama ha incassato molto denaro proveniente proprio da queste lobby (vedi http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=53).
Almayra dice chiaramente: "L'opinione che 'Obama è un negretto che non sa nulla di nulla’ l'ha formulata il ministro delle Relazioni estere dei golpisti honduregni ma, anche se ancora non la esprimono apertamente, è condivisa da tutti i santi che i gorilla tengono nel paradiso dell'establishment Usa".
Dunque, mentre Obama dice di ritenere la destituzione di Manuel Zelaya illegale e chiede che sia "ripristinato l'ordine costituzionale", altri personaggi legati a figure attive nella sua stessa amministrazione non soltanto sostengono il golpe, ma organizzano l’assetto voluto dai poteri che lo hanno attuato.
Il golpe è stato condannato, oltre che dagli Usa, anche dall’Onu, dall’ Oas e dall’Unione Europea, ma chissà perché il popolo honduregno non è aiutato da queste istituzioni a riprendersi il presidente regolarmente eletto. In questo caso la regola di “esportare la democrazia” sembra non valere.
Obama è stato eletto per la sua immagine “pulita”, intesa come estranea alle molteplici azioni imperiali attuate dalle autorità Usa. Sembrava perfetto per impersonare il nuovo, e il suo colore di pelle faceva credere che non avesse la stessa mentalità di alcuni Wasp (White Anglo-Saxon Protestant, bianchi, anglosassoni e protestanti) che avevano avuto potere in passato, e per questo potesse rappresentare gli interessi dei più deboli, minoranze e oppressi.
Ma oggi la sua popolarità non è più quella dei primi mesi di presidenza. Sotto la sua presidenza sono stati versati trilioni a banche e grandi aziende. La povertà e la disoccupazione non sono state contrastate efficacemente. Negli Usa la disoccupazione aumenta, e aumenta anche il lavoro precario o mal retribuito. Almeno il 40% della popolazione è sprovvisto di assistenza sanitaria, e negli ultimi decenni il reddito dell'80% delle famiglie si è praticamente dimezzato. Soltanto l'1% della popolazione si è ulteriormente arricchito negli ultimi venti anni, e il divario fra ricchi e poveri si è allargato notevolmente.
Anche la tanto decantata riforma sanitaria non ha dato ancora gli effetti voluti. Obama voleva impedire alle assicurazioni di revocare le polizze nel caso in cui emergesse una malattia preesistente. Voleva proibire che la copertura venisse rifiutata a causa della storia medica di un individuo. Ma il potere tanto esaltato del presidente ha dovuto soccombere per l’intervento di migliaia di spot antiriforma mandati in onda nelle varie Tv locali dei luoghi in cui Obama andava a spiegare le sue ragioni. In sintesi, diversi medici furono assoldati per sostenere che la riforma sarebbe stata “inefficace e costosa”. Alla fine la commissione Finanze del Senato ha bocciato la proposta relativa ai cambiamenti nell’assicurazione pubblica. Obama sembra intenzionato ad andare avanti, notando che “siamo l'unica democrazia al mondo che non garantisce la copertura medica universale ai suoi cittadini”. Ma l’ultima parola dovrà essere del Congresso. Obama sembra convinto di poter controllare la spesa pubblica per la sanità, e di poter prevalere sulle lobby dell’industria medica, che sono abituate a spadroneggiare. Secondo alcune stime, le assicurazioni sanitarie avrebbero speso almeno 600 milioni di dollari, negli ultimi due anni, e 130 milioni quest’anno per influenzare le diverse commissioni del Congresso, facendo pressione affinché vengano inseriti emendamenti favorevoli alle assicurazioni.(5)
Dunque, di fatto il potere di Obama sarebbe molto limitato dal potere del Congresso e dal controllo mediatico del gruppo dominante. Egli talvolta appare come un personaggio di facciata, utile a riempire i media di argomenti inutili, come l’abito della moglie, il parente schiavista, ecc. Anche le riforme risultano limitate negli effetti e ostacolate, ma utili a riempire i giornali e i telegiornali, distogliendo l’attenzione da fatti ben più degni di nota. In questo modo i cittadini si illudono di essere informati e che il loro presidente sta facendo qualcosa per risolvere la “crisi”.
Occorre anche considerare che talvolta i discorsi di Obama sono infarciti di vecchia retorica e di propaganda, specie quando parla di “terrorismo” e di guerra in Iraq e in Afghanistan. Ad esempio dice erroneamente che in Afghanistan “Non andammo per scelta, ma per necessità”.(6)
Le truppe per l'intervento bellico in Afghanistan del 2001 furono organizzate per ripristinare la produzione di droga, che era precipitata in seguito agli accordi che i Talebani avevano stipulato con l'Onu nel 2000. Infatti, l'Onu aveva imposto il divieto di coltivazione del papavero. Con l’intervento degli Usa la produzione di droga, dall'1,4% (2001) della produzione mondiale, salì al 78% (2003). Raggiunse quasi i livelli record del 1999 (79%). Questo vuol dire che per il presidente statunitense incrementare la produzione di droga è “necessità”, oppure egli non conosce nemmeno le motivazioni delle guerre del paese di cui è presidente ( si veda http://www.disinformazione.it/distruzione_afghanistan.htm).
Senza contare poi le inesattezze che Obama dice quando parla dello Stato d’Israele e della situazione in Iraq, negando l’esistenza di una vera dissidenza. Egli con questi discorsi giustifica il livello altissimo di spese militari. Ha promesso pace ma tira in ballo discorsi per giustificare la guerra e aumenta le spese militari.
Fino a che punto Obama è cosciente che il vecchio assetto di potere non può permettergli di mantenere le promesse fatte agli elettori? Che poteri ha effettivamente il presidente statunitense?
Per produrre effetti evidenti, mantenendo le promesse fatte, Obama dovrebbe abolire non poche leggi, in primis quella che riconosce alla Federal Reserve il potere di emettere moneta e di incassare la cosiddetta “tassa sul reddito”. Queste leggi, peraltro, sono anticostituzionali. Per esempio, la legge che attribuisce il potere alla Fed di stampare le banconote è contraria all’articolo 1 della Costituzione degli Stati Uniti, che afferma: “Il Congresso dovrebbe aver il potere di coniare il denaro e regolarne il relativo valore”.
Il candidato alla Presidenza e membro del Congresso Ron Paul ha presentato per ben due volte il H.R. n° 2755 "Per abolire il Consiglio dei Governatori del Sistema della Federal Reserve e della Banca della Federal Reserve, per abrogare la Legge sulla Federal Reserve e per altri scopi". L’abolizione sarebbe molto importante per riformare davvero il sistema, ma questa scelta dipende dal Congresso, e non da Obama.
Se Obama è una persona intelligente dovrebbe sapere come funziona la realtà economica e finanziaria del sistema attuale, e non può credere, come non lo crede nessuno, che il sistema possa cambiare da un giorno all’altro senza toccare le leggi fondamentali che danno potere al gruppo di banchieri e imprenditori di alto livello.
Dovremmo credere che egli sia ingenuo? Che pensi che la “crisi” non abbia nulla a che vedere con l’assetto economico-finanziario attuale? Dobbiamo credere che egli viva con la testa fra le nuvole e che quando fa grandi promesse di cambiamento si aspetti che soltanto le parole producano i cambiamenti attesi?
Per cambiare veramente Obama avrebbe bisogno di cambiare o abolire diverse leggi, specialmente quelle che riguardano i poteri della Federal Reserve e delle Corporations. Ma di fatto il presidente rappresenta il potere esecutivo ed è il Congresso che discute, abolisce o approva le leggi.
Il sistema statunitense, al contrario di quello che abbiamo sempre sentito dire a ritmo serrato dalla propaganda, non è un sistema democratico ma stegocratico (vedi http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-prima-il.html
Link (Parte seconda): http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-seconda.html). Si potrebbe anche definire oligarchico se si crede che le autorità ufficiali siano quelle che hanno un effettivo potere, anche se risulta spesso evidente la loro, che si creda vincolante o volontaria, subordinazione ai cosiddetti “poteri forti”.
Il sistema è congegnato in modo tale da far apparire le autorità come frutto di scelta dei cittadini, e il presidente come responsabile di tutto ciò che viene attuato politicamente in patria e all’estero. Fa parte della propaganda presentare ai cittadini come di fondamentale importanza il cambiamento del presidente o la figura autorevole dello stesso: di fatto egli non potrà modificare il sistema se non avrà almeno i due terzi del Congresso dalla sua parte e ciò risulta molto difficile per diversi motivi.
Certamente egli potrebbe scegliere per motivi di “emergenza” di stampare le proprie banconote senza pagare il signoraggio alla Fed, come fecero Lincoln e Kennedy, ma Obama sa bene che questi presidenti non morirono di vecchiaia.
Come molti sanno, Lincoln, in seguito allo scoppio della Guerra Civile, si trovò in difficoltà finanziarie e i banchieri gli offrirono un prestito col 24-36% di interesse. Egli capì che accettando quel prestito avrebbe accresciuto notevolmente il debito pubblico e rifiutò. Per risolvere il problema decise di far stampare banconote direttamente dal Tesoro degli Stati Uniti. Egli dichiarò: "Abbiamo dato al popolo di questa repubblica la più grande benedizione che abbia mai avuto - la loro propria moneta per pagare i loro debiti". Furono stampati più di 400 milioni di dollari (senza interessi) con i quali furono pagati soldati e armi. Poco dopo l'emissione dei dollari di Stato, nel 1865, Lincoln fu ucciso. Tutti i presidenti americani che hanno cercato di ridare al paese la sovranità monetaria sarebbero stati uccisi. Kennedy, nel 1963, emise l'Ordine Esecutivo n.11110, e fece stampare oltre 4 miliardi di dollari che recavano la scritta “United States Note” anziché “Federal Reserve Note”, sottraendo alla Fed il diritto di signoraggio.(7) Pochi mesi dopo fu ucciso, e il suo successore, Lyndon Johnson, si affrettò a ritirare le banconote emesse dal governo. Non bisogna per forza avere una fervida fantasia per capire che persone abituate a pianificare guerre e massacri possano essere capaci di far uccidere chi minaccia di far perdere loro potere e privilegi. E non ci vuole molto a capire che queste persone faranno in modo che la responsabilità dei loro delitti ricada su qualcun altro e accuseranno chi vorrà fare chiarezza di essere un “teorico del complotto”, come se non vi fossero fatti concreti del loro potere (e crimini).
Far credere che tutto sia nelle mani del presidente risulta molto utile. Infatti, alla fine della presidenza di un personaggio, i cittadini vedono che molte cose promesse non sono state fatte e che altre sono state fatte in modo ben diverso da come si voleva. Dunque, ce ne sarebbe abbastanza per capire che il sistema è basato sull’inganno, ma molti saranno irretiti dall’idea che un nuovo presidente possa “aggiustare” le cose. Un presidente che, ovviamente, si presenterà come contrapposto rispetto al precedente, e farà credere di poter mantenere quello che l’altro non ha mantenuto. In tal modo il sistema andrà avanti: l’illusione è rinnovata grazie al potere della persuasione mediatica e politica.
Di fatto il potere del presidente è limitato. Il Potere legislativo è nelle mani del Congresso. Il Congresso ha moltissimi poteri: può pagare debiti, raccogliere imposte, occuparsi di problemi di difesa, prendere prestiti per conto della federazione, potrebbe battere moneta (ma non lo fa perché i candidati eletti sono scelti dai partiti finanziati dalle lobby della Fed), dichiarare guerra, ecc.
Per approvare un disegno di legge occorre la maggioranza assoluta (50%+1 dei presenti). Il Presidente ha potere di veto e può rifiutare di firmare la legge, ma il veto può essere superato approvando la legge con una maggioranza di due terzi in ciascuna camera.
Il presidente può inviare messaggi al Congresso, per sottoscrivere o promuovere iniziative legislative, ma poi tocca al Congresso considerare o meno questi “messaggi”.
Il Presidente effettua le nomine di circa 2.000 funzionari esecutivi (tra cui membri del Gabinetto ed ambasciatori), ma molte di queste nomine non passano se non c’è l’approvazione del Senato. Dunque il presidente è condizionato nelle scelte dal Senato, e non deve sorprendere che spesso in alcuni ruoli gravitano sempre gli stessi personaggi.
Si dice che il presidente può stipulare trattati e nominare gli ambasciatori e personale diplomatico, ma anche in questo caso deve avere il consenso del Senato. Dunque spesso non può nominare chi vuole veramente. Per la nomina dei giudici è la stessa cosa: ci deve essere l’approvazione del Senato. Il presidente assume il ruolo di comandante delle forze armate, ma le norme che regolano tale ruolo sono varate soltanto dal Congresso. Inoltre, il presidente può essere destituito mediante “impeachment” e questo significa che, qualora scoppiasse uno “scandalo” (anche per fatti privati, come avvenne nel caso di Clinton), il Congresso ha il potere di esautorare il presidente ma quest’ultimo non ha potere sciogliere le Camere o convocare elezioni anticipate. Anche quando la procedura di “impeachment” si conclude con un’assoluzione, la figura del presidente ne esce a pezzi. Clinton fu assolto, ma la sua vicenda certamente ha indebolito la sua figura e il suo prestigio, facendo capire quanto potere può avere il Congresso. In altre parole, basta scatenare una baraonda mediatica, anche su fatti personali (un tradimento negato può esser fatto passare per “spergiuro”) per screditare un’autorità e farle perdere consensi anche su questioni che sarebbero importanti e giuste.
Dunque, il presidente statunitense non si può muovere così liberamente come viene fatto credere. Esistono limiti secolari, che dipendono dal potere, altrettanto secolare, di alcune famiglie, le stesse che hanno creato il sistema politico, che è molto indicato alle loro esigenze, dato che appare come “democratico” ma può essere facilmente controllato da chi possiede molte potenzialità finanziarie e mediatiche, e non si tratta mai, ovviamente, dei semplici cittadini.
Ribaltiamo i concetti e chiediamoci: cosa si deve fare per esautorare il presidente nelle questioni più importanti, costringendolo a mantenere le cose come stanno? Basta avere il controllo sui due terzi del Congresso.
Cosa serve per controllare la maggior parte delle persone che entreranno a far parte del potere politico, giudiziario o presidenziale? Il sistema funziona attraverso la costruzione di immagini mediatiche e della propaganda pro o contro qualcuno. Chi possiede il controllo mediatico può creare immagini mediatiche e dunque personaggi di successo, che entreranno a far parte del gruppo di autorità “controllabili”. Questa è una cosa risaputa, quello su cui non si appunta abbastanza l’attenzione è il fenomeno del “controllo futuro dell’immagine”. Ovvero, chi riesce a ricoprire una carica importante, deve stare molto attento a non uscire dal recinto in cui il gruppo dominante gli ha concesso di stare. Altrimenti il rischio è la gogna mediatica, com’è accaduto ad esempio a Clinton quando aveva mostrato di voler ascoltare qualche utile suggerimento dell’economista Stiglitz. Com’è risaputo, su di lui si abbatterono diversi “scandali”, anche di natura molto privata.
Oggi non è detto che il gruppo stegocratico abbia bisogno di uccidere fisicamente un presidente qualora lui volesse realmente cambiare le cose. Si potrebbe costringere a desistere, attraverso vari metodi, oppure si può mettere sulla sua testa una spada di Damocle molto potente, data la concentrazione mediatica e le strategie sempre più sofisticate per affossare un personaggio pubblico.
Si può pensare che sia difficile controllare il Congresso, dato che è costituito da tante persone, o che non sia possibile creare un sistema che possa essere sempre favorevole agli interesse di pochi. Ma di fatto è quello che accade, e se analizziamo bene la situazione non appare così difficile se si pensa che è il denaro la base del potere, e che il sistema fa in modo che soltanto alcune persone ne abbiano davvero tanto.
I legami stretti fra gruppo di potere e membri del Congresso emergono spesso. Ad esempio, nel famoso caso Enron alcuni membri del Congresso si comportarono in modo da proteggere gli interessi di chi controllava la corporation piuttosto che dei cittadini.
Dal caso Enron emerse chiaro il problema fra ruolo delle autorità di proteggere i cittadini e complicità fra la politica e il sistema economico-finanziario.
Il 22 febbraio del 2002, il General Accounting Office (GAO – un’agenzia investigativa del Congresso), attraverso il suo rappresentante David Walzer, citò in giudizio presso la Corte distrettuale di Washington l’allora vicepresidente degli Stati Uniti Richard Cheney accusando il National Energy Policy Development Group, che aveva l’incarico, coordinato da Cheney, di stilare un piano nazionale sull’energia, di essere stato “troppo sensibile agli interessi di alcuni gruppi industriali”. In parole semplici, l’amministrazione aveva capito che alla Enron non poche cose erano perlomeno strane, ma avrebbe tenuto il segreto.
Come tutti sanno, la storia della Enron si concluse con il più grosso crack nella storia del mercato statunitense, lasciando non poche questioni da chiarire, non ultima quella relativa ai rapporti fra la società e molti personaggi dell’establishment politico, compreso il Presidente, il suo vice e numerosi esponenti del partito democratico. Risultò che ben 212 membri dei 248 delle commissioni del Congresso che si occuparono delle indagini sul caso Enron, ricevettero finanziamenti elettorali dalla società o dalla Arthur Andersen (revisore del bilancio della Enron).(8)
Qui non si vuole sostenere che i presidenti statunitensi non abbiano responsabilità e nemmeno che siano talmente ingenui da pensare che il sistema americano sia davvero democratico. In fin dei conti, non è mai diventato presidente un personaggio come Martin Luther King.
Si vuole soltanto osservare che i poteri attuali del presidente gli consentono di fare interventi limitati, tanto per dare un’illusione di cambiamento.
Ad ogni cambio di presidente, si “rinfresca la facciata” della falsa democrazia statunitense, curandosi di promuovere un presidente che accenda la fiducia nelle istituzioni. Infatti, il sistema, pur essendo una falsa democrazia, si erge sul consenso dei molti. Se la maggior parte dei cittadini si rifiutasse di accettarlo inevitabilmente cadrebbe. Per questo sono così importanti i mass media, che adeguatamente manipolati e controllati creano il consenso necessario. Alcuni non credono che tutto sia sempre nelle mani dei cittadini e che se non vengono rispettati i loro interessi è perché essi sono inconsapevoli del loro effettivo potere. Ma chiediamoci:
Cosa succederebbe se nessuno andasse a votare? Cosa succederebbe se tutti smettessero di guardare la televisione? Cosa succederebbe se tutti riuscissero a vedere nel gruppo di potere di Wall Street una confraternita criminale? Cosa succederebbe se tutti accettassero di organizzarsi per eleggere i propri rappresentanti politici autonomamente, senza accettare i candidati dei partiti? Cosa succederebbe se gli stessi cittadini decidessero le regole da rispettare nella campagna elettorale, eliminando la politica spettacolo e facendo prevalere i contenuti? Cosa succederebbe se i cittadini mantenessero la sovranità anche dopo le elezioni, potendo destituire immediatamente chi non ha mantenuto fede al suo programma elettorale? Cosa succederebbe se tutti i lavoratori rifiutassero di lavorare per salari miseri che non permettono la sopravvivenza? Cosa succederebbe se tutti si rifiutassero di acquistare i prodotti delle corporations criminali? Cosa succederebbe se nessuno accettasse più le banconote della Federal Reserve?
Queste sono soltanto alcune delle tante domande che si possono porre per riflettere sul fatto che il sistema attuale è creato e imposto da pochi in virtù del fatto che si fa credere ai molti che esso sia voluto da tutti e predisposto a proteggere gli interessi di tutti, ma non è così.
Delegare ad Obama il cambiamento non è stata una brillante idea. Egli di fatto non ha alcun potere di cambiare le leggi, e dunque non ha nemmeno alcun potere di abbattere il sistema. Forse ha voluto che i suoi elettori credessero che potesse farlo, ma possiamo vedere che non è così: nei mesi del suo governo si sono svolte regolarmente le stesse cose che da sempre l’oligarchia statunitense fa, ovvero guerre, colpi di Stato, inganni, saccheggi, ecc.
Obama, dopo aver ricevuto il Nobel ha detto "Sono onorato". Ma molti sono rimasti assai perplessi, vedendo in questo gesto più una propaganda a favore dell’immagine pacifista promossa a partire dalla campagna elettorale che non un premio basato sui fatti. Qualcuno ha parlato di "Scelta assolutamente bizzarra", considerato quanti attivisti nei movimenti di difesa per i diritti umani lavorano davvero per la pace. Altri hanno notato lo scarto fra l’immagine di Obama che si vuole promuovere e rafforzare e quella reale. Il giornalista di “Peacereporter” Enrico Piovesana fa un elenco di operazioni militari portate avanti sotto l’amministrazione di Obama. L’elenco non suggerisce in alcun modo questo presunto pacifismo, riportando operazioni in Somalia, Pakistan, Iraq, Afghanistan, Filippine, Georgia, Niger, ecc. Inoltre è stato fatto notare che Obama avrebbe rinnovato con Israele un accordo tacito stipulato nel 1969 da Richard Nixon e Golda Meir, che permette allo Stato sionista di tenere segreti i particolari sull’effettivo possesso di armi nucleari e di non firmare il trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Mentre il trattamento riservato all’Iran è ben diverso, essendo noto a tutti l’intento di impedire che possa avere armi nucleari. Due pesi due misure. Se questo è operare per la pace…
Insomma, l’uomo del “change” ad un’analisi accurata risulta essere l’uomo del “cover up”, ovvero del dissimulare, del nascondere ciò che sta realmente accadendo dietro un sorriso che stimola fiducia.
E di cose da nascondere ce ne sono parecchie, in primis gli stessi poteri limitati del presidente, che non possono impedire ai soliti noti di continuare a fomentare guerre e a mantenere molti popoli nella povertà.
Un vero “change” richiede l’impegno di tutti e un serio percorso di riforme, che non verranno dall’alto. Credere che possa derivare da un sorriso accattivante, da false promesse o da elogi e premi può risultare rassicurante ma pericolosamente ingenuo.
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“A CHE PUNTO E’ LA CRISI?”
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http://lanuovaenergia.blogspot.com/2009/08/che-punto-e-la-crisi-parte-seconda.html (parte seconda)
“IL LINCOLN NERO - Le promesse di Barack Obama”
http://lanuovaenergia.blogspot.com/2008/11/il-lincoln-nero-le-promesse-di-barack.html
NOTE
1) http://www.jornada.unam.mx/2009/08/02/index.php?section=opinion&article=019a2pol
2) http://temi.repubblica.it/limes/in-honduras-il-cambio-di-obama-stenta-ad-arrivare/6290?h=2
3) "Mafias farmacéuticas", http://www.rebelion.org
4) http://it.peacereporter.net/articolo/17084/Honduras%2C+il+golpe+senza+e+contro+Obama
5) http://www.avanti.it/index.php/tempo-reale/93-l-avanti-in-edicola/6868-obama-tra-deficit-federale-e-riforma-sanitaria-anthony-m-quattrone.html
6) Discorso di Obama all’Università del Cairo, giugno 2009.
7) Il Federal Reserve System detta Federal Reserve è la banca centrale degli Stati Uniti d'America, ma è controllata da banchieri privati, che hanno assunto il potere di emettere moneta e di “venderla” allo Stato grazie al Federal Reserve Act, approvato nel 1913.
8) "La Repubblica", 25 gennaio 2002.
9) http://it.peacereporter.net/articolo/18275/Obama%2C+apparenza+e+realt%26agrave%3B
L’epiteto non è certo dei più eleganti, anzi, puzza di razzismo e di uno strisciante compatimento. Non è stato certo lusinghiero definire un presidente degli Stati Uniti, “negretto ignaro”. Queste parole sono state dette dal ministro delle Relazioni estere dei golpisti honduregni Enrique Ortez, secondo cui il presidente statunitense Barack Obama sarebbe ignaro o un “negretto che non sa nulla di nulla” (“es un negrito que no sabe nada de nada”).(1)
Sarebbe ignaro di cosa? Presumiamo di quello che fanno i banchieri e le grandi corporations in patria e all’estero. Ovvero quello che hanno sempre fatto: la guerra, i massacri, i colpi di Stato, i saccheggi, ecc.
In effetti, Obama sembra proprio ignaro quando dice “le stesse persone che si lamentavano delle interferenze Usa in America Latina oggi si lamentano perché non interferiamo abbastanza”.(2) Forse non ha capito bene la considerazione lapalissiana che dipende a favore di chi si interviene: se a favore del gruppo golpista e delle lobby che lo sostengono, come è sempre avvenuto, o a favore del popolo. L’intelligenza di Obama sembra scemare quando si tratta di far chiarezza su ciò che è davvero il sistema statunitense e su quello che veramente produce nel mondo.
Eppure in questi giorni ad Obama è stato dato il Nobel per la pace. Emergono alcune domande: se è premiato per la pace allora la guerra chi la sta facendo? Quali sono gli effettivi poteri di Obama? Egli, se lo volesse, potrebbe far cessare le guerre o cambiare il sistema attuale degli Usa così come ha promesso?
Ad esempio, il colpo di Stato in Honduras poteva essere impedito da Obama?
Dietro il colpo di Stato ci sono poteri che dominano da molto tempo. Poteri intenzionati ad indebolire l'Alternativa bolivariana per le Americhe (Alba). Quando l’Honduras è entrato a far parte dell’Alba, nell’agosto 2008, Zelaya voleva concludere un accordo commerciale con l’Avana per importare farmaci generici, al fine di ridurre i costi degli Ospedali pubblici. Inoltre, tutti i paesi dell’Alba volevano “rivedere la dottrina sulla proprietà industriale”, mettendo in pericolo profitti per la Big Pharma. Questi progetti hanno spinto la lobby delle società farmaceutiche (insieme ad altre lobby) ad appoggiare il golpe.(3)
Scrive Guillermo Almeyra, giornalista de “La Jornada”: "Il golpe civico-militare è stato accuratamente preparato nella base Usa di Soto Cano, alla presenza dell'ambasciatore degli Stati Uniti Llorens. Questi se n'è andato e si è portato dietro la famiglia, anche se sapeva del golpe in anticipo, per non sembrare troppo legato ai gorilla honduregni, che sono stati formati dagli Stati Uniti, i quali li conoscono dal tempo di John Dimitri Negroponte e dell'Irangate (vennero armati i paramilitari Contras in Nicaragua con armi passate dall'Honduras e pagate con la droga della Cia). Negroponte che è stato, oltre che capo diretto di Llorens, ex segretario nazionale di sicurezza di Bush, ex rappresentante Onu, ex vicere in Iraq, e che non è l'unico cospiratore di alto livello coinvolto in Honduras".(4)
Nell'entourage del golpista Micheletti ci sono persone in passato legate all’amministrazione Usa. Uno è Lanny Davis, che ha partecipato attivamente alla campagna a favore di Hillary Clinton contro Obama, e che guarda caso è il referente del Consiglio honduregno delle Imprese private. Un altro è Bennet Ratcliff, braccio destro dell'ex presidente Clinton. Questi personaggi fanno capire che ci sono stretti legami fra l’establishment statunitense e il colpo di Stato.
E’ ovvio che questi fatti contrastano con l’immagine che Obama ha offerto agli elettori, che certo non può essere conciliata con un atto antidemocratico come un colpo di Stato. Fanno capire che anche Obama non può essere “immune dallo strapotere delle principali lobbies multinazionali”, e che il suo potere non è così esteso come è stato fatto credere durante la campagna elettorale. D’altronde, per farsi eleggere, Obama ha incassato molto denaro proveniente proprio da queste lobby (vedi http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=53).
Almayra dice chiaramente: "L'opinione che 'Obama è un negretto che non sa nulla di nulla’ l'ha formulata il ministro delle Relazioni estere dei golpisti honduregni ma, anche se ancora non la esprimono apertamente, è condivisa da tutti i santi che i gorilla tengono nel paradiso dell'establishment Usa".
Dunque, mentre Obama dice di ritenere la destituzione di Manuel Zelaya illegale e chiede che sia "ripristinato l'ordine costituzionale", altri personaggi legati a figure attive nella sua stessa amministrazione non soltanto sostengono il golpe, ma organizzano l’assetto voluto dai poteri che lo hanno attuato.
Il golpe è stato condannato, oltre che dagli Usa, anche dall’Onu, dall’ Oas e dall’Unione Europea, ma chissà perché il popolo honduregno non è aiutato da queste istituzioni a riprendersi il presidente regolarmente eletto. In questo caso la regola di “esportare la democrazia” sembra non valere.
Obama è stato eletto per la sua immagine “pulita”, intesa come estranea alle molteplici azioni imperiali attuate dalle autorità Usa. Sembrava perfetto per impersonare il nuovo, e il suo colore di pelle faceva credere che non avesse la stessa mentalità di alcuni Wasp (White Anglo-Saxon Protestant, bianchi, anglosassoni e protestanti) che avevano avuto potere in passato, e per questo potesse rappresentare gli interessi dei più deboli, minoranze e oppressi.
Ma oggi la sua popolarità non è più quella dei primi mesi di presidenza. Sotto la sua presidenza sono stati versati trilioni a banche e grandi aziende. La povertà e la disoccupazione non sono state contrastate efficacemente. Negli Usa la disoccupazione aumenta, e aumenta anche il lavoro precario o mal retribuito. Almeno il 40% della popolazione è sprovvisto di assistenza sanitaria, e negli ultimi decenni il reddito dell'80% delle famiglie si è praticamente dimezzato. Soltanto l'1% della popolazione si è ulteriormente arricchito negli ultimi venti anni, e il divario fra ricchi e poveri si è allargato notevolmente.
Anche la tanto decantata riforma sanitaria non ha dato ancora gli effetti voluti. Obama voleva impedire alle assicurazioni di revocare le polizze nel caso in cui emergesse una malattia preesistente. Voleva proibire che la copertura venisse rifiutata a causa della storia medica di un individuo. Ma il potere tanto esaltato del presidente ha dovuto soccombere per l’intervento di migliaia di spot antiriforma mandati in onda nelle varie Tv locali dei luoghi in cui Obama andava a spiegare le sue ragioni. In sintesi, diversi medici furono assoldati per sostenere che la riforma sarebbe stata “inefficace e costosa”. Alla fine la commissione Finanze del Senato ha bocciato la proposta relativa ai cambiamenti nell’assicurazione pubblica. Obama sembra intenzionato ad andare avanti, notando che “siamo l'unica democrazia al mondo che non garantisce la copertura medica universale ai suoi cittadini”. Ma l’ultima parola dovrà essere del Congresso. Obama sembra convinto di poter controllare la spesa pubblica per la sanità, e di poter prevalere sulle lobby dell’industria medica, che sono abituate a spadroneggiare. Secondo alcune stime, le assicurazioni sanitarie avrebbero speso almeno 600 milioni di dollari, negli ultimi due anni, e 130 milioni quest’anno per influenzare le diverse commissioni del Congresso, facendo pressione affinché vengano inseriti emendamenti favorevoli alle assicurazioni.(5)
Dunque, di fatto il potere di Obama sarebbe molto limitato dal potere del Congresso e dal controllo mediatico del gruppo dominante. Egli talvolta appare come un personaggio di facciata, utile a riempire i media di argomenti inutili, come l’abito della moglie, il parente schiavista, ecc. Anche le riforme risultano limitate negli effetti e ostacolate, ma utili a riempire i giornali e i telegiornali, distogliendo l’attenzione da fatti ben più degni di nota. In questo modo i cittadini si illudono di essere informati e che il loro presidente sta facendo qualcosa per risolvere la “crisi”.
Occorre anche considerare che talvolta i discorsi di Obama sono infarciti di vecchia retorica e di propaganda, specie quando parla di “terrorismo” e di guerra in Iraq e in Afghanistan. Ad esempio dice erroneamente che in Afghanistan “Non andammo per scelta, ma per necessità”.(6)
Le truppe per l'intervento bellico in Afghanistan del 2001 furono organizzate per ripristinare la produzione di droga, che era precipitata in seguito agli accordi che i Talebani avevano stipulato con l'Onu nel 2000. Infatti, l'Onu aveva imposto il divieto di coltivazione del papavero. Con l’intervento degli Usa la produzione di droga, dall'1,4% (2001) della produzione mondiale, salì al 78% (2003). Raggiunse quasi i livelli record del 1999 (79%). Questo vuol dire che per il presidente statunitense incrementare la produzione di droga è “necessità”, oppure egli non conosce nemmeno le motivazioni delle guerre del paese di cui è presidente ( si veda http://www.disinformazione.it/distruzione_afghanistan.htm).
Senza contare poi le inesattezze che Obama dice quando parla dello Stato d’Israele e della situazione in Iraq, negando l’esistenza di una vera dissidenza. Egli con questi discorsi giustifica il livello altissimo di spese militari. Ha promesso pace ma tira in ballo discorsi per giustificare la guerra e aumenta le spese militari.
Fino a che punto Obama è cosciente che il vecchio assetto di potere non può permettergli di mantenere le promesse fatte agli elettori? Che poteri ha effettivamente il presidente statunitense?
Per produrre effetti evidenti, mantenendo le promesse fatte, Obama dovrebbe abolire non poche leggi, in primis quella che riconosce alla Federal Reserve il potere di emettere moneta e di incassare la cosiddetta “tassa sul reddito”. Queste leggi, peraltro, sono anticostituzionali. Per esempio, la legge che attribuisce il potere alla Fed di stampare le banconote è contraria all’articolo 1 della Costituzione degli Stati Uniti, che afferma: “Il Congresso dovrebbe aver il potere di coniare il denaro e regolarne il relativo valore”.
Il candidato alla Presidenza e membro del Congresso Ron Paul ha presentato per ben due volte il H.R. n° 2755 "Per abolire il Consiglio dei Governatori del Sistema della Federal Reserve e della Banca della Federal Reserve, per abrogare la Legge sulla Federal Reserve e per altri scopi". L’abolizione sarebbe molto importante per riformare davvero il sistema, ma questa scelta dipende dal Congresso, e non da Obama.
Se Obama è una persona intelligente dovrebbe sapere come funziona la realtà economica e finanziaria del sistema attuale, e non può credere, come non lo crede nessuno, che il sistema possa cambiare da un giorno all’altro senza toccare le leggi fondamentali che danno potere al gruppo di banchieri e imprenditori di alto livello.
Dovremmo credere che egli sia ingenuo? Che pensi che la “crisi” non abbia nulla a che vedere con l’assetto economico-finanziario attuale? Dobbiamo credere che egli viva con la testa fra le nuvole e che quando fa grandi promesse di cambiamento si aspetti che soltanto le parole producano i cambiamenti attesi?
Per cambiare veramente Obama avrebbe bisogno di cambiare o abolire diverse leggi, specialmente quelle che riguardano i poteri della Federal Reserve e delle Corporations. Ma di fatto il presidente rappresenta il potere esecutivo ed è il Congresso che discute, abolisce o approva le leggi.
Il sistema statunitense, al contrario di quello che abbiamo sempre sentito dire a ritmo serrato dalla propaganda, non è un sistema democratico ma stegocratico (vedi http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-prima-il.html
Link (Parte seconda): http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-seconda.html). Si potrebbe anche definire oligarchico se si crede che le autorità ufficiali siano quelle che hanno un effettivo potere, anche se risulta spesso evidente la loro, che si creda vincolante o volontaria, subordinazione ai cosiddetti “poteri forti”.
Il sistema è congegnato in modo tale da far apparire le autorità come frutto di scelta dei cittadini, e il presidente come responsabile di tutto ciò che viene attuato politicamente in patria e all’estero. Fa parte della propaganda presentare ai cittadini come di fondamentale importanza il cambiamento del presidente o la figura autorevole dello stesso: di fatto egli non potrà modificare il sistema se non avrà almeno i due terzi del Congresso dalla sua parte e ciò risulta molto difficile per diversi motivi.
Certamente egli potrebbe scegliere per motivi di “emergenza” di stampare le proprie banconote senza pagare il signoraggio alla Fed, come fecero Lincoln e Kennedy, ma Obama sa bene che questi presidenti non morirono di vecchiaia.
Come molti sanno, Lincoln, in seguito allo scoppio della Guerra Civile, si trovò in difficoltà finanziarie e i banchieri gli offrirono un prestito col 24-36% di interesse. Egli capì che accettando quel prestito avrebbe accresciuto notevolmente il debito pubblico e rifiutò. Per risolvere il problema decise di far stampare banconote direttamente dal Tesoro degli Stati Uniti. Egli dichiarò: "Abbiamo dato al popolo di questa repubblica la più grande benedizione che abbia mai avuto - la loro propria moneta per pagare i loro debiti". Furono stampati più di 400 milioni di dollari (senza interessi) con i quali furono pagati soldati e armi. Poco dopo l'emissione dei dollari di Stato, nel 1865, Lincoln fu ucciso. Tutti i presidenti americani che hanno cercato di ridare al paese la sovranità monetaria sarebbero stati uccisi. Kennedy, nel 1963, emise l'Ordine Esecutivo n.11110, e fece stampare oltre 4 miliardi di dollari che recavano la scritta “United States Note” anziché “Federal Reserve Note”, sottraendo alla Fed il diritto di signoraggio.(7) Pochi mesi dopo fu ucciso, e il suo successore, Lyndon Johnson, si affrettò a ritirare le banconote emesse dal governo. Non bisogna per forza avere una fervida fantasia per capire che persone abituate a pianificare guerre e massacri possano essere capaci di far uccidere chi minaccia di far perdere loro potere e privilegi. E non ci vuole molto a capire che queste persone faranno in modo che la responsabilità dei loro delitti ricada su qualcun altro e accuseranno chi vorrà fare chiarezza di essere un “teorico del complotto”, come se non vi fossero fatti concreti del loro potere (e crimini).
Far credere che tutto sia nelle mani del presidente risulta molto utile. Infatti, alla fine della presidenza di un personaggio, i cittadini vedono che molte cose promesse non sono state fatte e che altre sono state fatte in modo ben diverso da come si voleva. Dunque, ce ne sarebbe abbastanza per capire che il sistema è basato sull’inganno, ma molti saranno irretiti dall’idea che un nuovo presidente possa “aggiustare” le cose. Un presidente che, ovviamente, si presenterà come contrapposto rispetto al precedente, e farà credere di poter mantenere quello che l’altro non ha mantenuto. In tal modo il sistema andrà avanti: l’illusione è rinnovata grazie al potere della persuasione mediatica e politica.
Di fatto il potere del presidente è limitato. Il Potere legislativo è nelle mani del Congresso. Il Congresso ha moltissimi poteri: può pagare debiti, raccogliere imposte, occuparsi di problemi di difesa, prendere prestiti per conto della federazione, potrebbe battere moneta (ma non lo fa perché i candidati eletti sono scelti dai partiti finanziati dalle lobby della Fed), dichiarare guerra, ecc.
Per approvare un disegno di legge occorre la maggioranza assoluta (50%+1 dei presenti). Il Presidente ha potere di veto e può rifiutare di firmare la legge, ma il veto può essere superato approvando la legge con una maggioranza di due terzi in ciascuna camera.
Il presidente può inviare messaggi al Congresso, per sottoscrivere o promuovere iniziative legislative, ma poi tocca al Congresso considerare o meno questi “messaggi”.
Il Presidente effettua le nomine di circa 2.000 funzionari esecutivi (tra cui membri del Gabinetto ed ambasciatori), ma molte di queste nomine non passano se non c’è l’approvazione del Senato. Dunque il presidente è condizionato nelle scelte dal Senato, e non deve sorprendere che spesso in alcuni ruoli gravitano sempre gli stessi personaggi.
Si dice che il presidente può stipulare trattati e nominare gli ambasciatori e personale diplomatico, ma anche in questo caso deve avere il consenso del Senato. Dunque spesso non può nominare chi vuole veramente. Per la nomina dei giudici è la stessa cosa: ci deve essere l’approvazione del Senato. Il presidente assume il ruolo di comandante delle forze armate, ma le norme che regolano tale ruolo sono varate soltanto dal Congresso. Inoltre, il presidente può essere destituito mediante “impeachment” e questo significa che, qualora scoppiasse uno “scandalo” (anche per fatti privati, come avvenne nel caso di Clinton), il Congresso ha il potere di esautorare il presidente ma quest’ultimo non ha potere sciogliere le Camere o convocare elezioni anticipate. Anche quando la procedura di “impeachment” si conclude con un’assoluzione, la figura del presidente ne esce a pezzi. Clinton fu assolto, ma la sua vicenda certamente ha indebolito la sua figura e il suo prestigio, facendo capire quanto potere può avere il Congresso. In altre parole, basta scatenare una baraonda mediatica, anche su fatti personali (un tradimento negato può esser fatto passare per “spergiuro”) per screditare un’autorità e farle perdere consensi anche su questioni che sarebbero importanti e giuste.
Dunque, il presidente statunitense non si può muovere così liberamente come viene fatto credere. Esistono limiti secolari, che dipendono dal potere, altrettanto secolare, di alcune famiglie, le stesse che hanno creato il sistema politico, che è molto indicato alle loro esigenze, dato che appare come “democratico” ma può essere facilmente controllato da chi possiede molte potenzialità finanziarie e mediatiche, e non si tratta mai, ovviamente, dei semplici cittadini.
Ribaltiamo i concetti e chiediamoci: cosa si deve fare per esautorare il presidente nelle questioni più importanti, costringendolo a mantenere le cose come stanno? Basta avere il controllo sui due terzi del Congresso.
Cosa serve per controllare la maggior parte delle persone che entreranno a far parte del potere politico, giudiziario o presidenziale? Il sistema funziona attraverso la costruzione di immagini mediatiche e della propaganda pro o contro qualcuno. Chi possiede il controllo mediatico può creare immagini mediatiche e dunque personaggi di successo, che entreranno a far parte del gruppo di autorità “controllabili”. Questa è una cosa risaputa, quello su cui non si appunta abbastanza l’attenzione è il fenomeno del “controllo futuro dell’immagine”. Ovvero, chi riesce a ricoprire una carica importante, deve stare molto attento a non uscire dal recinto in cui il gruppo dominante gli ha concesso di stare. Altrimenti il rischio è la gogna mediatica, com’è accaduto ad esempio a Clinton quando aveva mostrato di voler ascoltare qualche utile suggerimento dell’economista Stiglitz. Com’è risaputo, su di lui si abbatterono diversi “scandali”, anche di natura molto privata.
Oggi non è detto che il gruppo stegocratico abbia bisogno di uccidere fisicamente un presidente qualora lui volesse realmente cambiare le cose. Si potrebbe costringere a desistere, attraverso vari metodi, oppure si può mettere sulla sua testa una spada di Damocle molto potente, data la concentrazione mediatica e le strategie sempre più sofisticate per affossare un personaggio pubblico.
Si può pensare che sia difficile controllare il Congresso, dato che è costituito da tante persone, o che non sia possibile creare un sistema che possa essere sempre favorevole agli interesse di pochi. Ma di fatto è quello che accade, e se analizziamo bene la situazione non appare così difficile se si pensa che è il denaro la base del potere, e che il sistema fa in modo che soltanto alcune persone ne abbiano davvero tanto.
I legami stretti fra gruppo di potere e membri del Congresso emergono spesso. Ad esempio, nel famoso caso Enron alcuni membri del Congresso si comportarono in modo da proteggere gli interessi di chi controllava la corporation piuttosto che dei cittadini.
Dal caso Enron emerse chiaro il problema fra ruolo delle autorità di proteggere i cittadini e complicità fra la politica e il sistema economico-finanziario.
Il 22 febbraio del 2002, il General Accounting Office (GAO – un’agenzia investigativa del Congresso), attraverso il suo rappresentante David Walzer, citò in giudizio presso la Corte distrettuale di Washington l’allora vicepresidente degli Stati Uniti Richard Cheney accusando il National Energy Policy Development Group, che aveva l’incarico, coordinato da Cheney, di stilare un piano nazionale sull’energia, di essere stato “troppo sensibile agli interessi di alcuni gruppi industriali”. In parole semplici, l’amministrazione aveva capito che alla Enron non poche cose erano perlomeno strane, ma avrebbe tenuto il segreto.
Come tutti sanno, la storia della Enron si concluse con il più grosso crack nella storia del mercato statunitense, lasciando non poche questioni da chiarire, non ultima quella relativa ai rapporti fra la società e molti personaggi dell’establishment politico, compreso il Presidente, il suo vice e numerosi esponenti del partito democratico. Risultò che ben 212 membri dei 248 delle commissioni del Congresso che si occuparono delle indagini sul caso Enron, ricevettero finanziamenti elettorali dalla società o dalla Arthur Andersen (revisore del bilancio della Enron).(8)
Qui non si vuole sostenere che i presidenti statunitensi non abbiano responsabilità e nemmeno che siano talmente ingenui da pensare che il sistema americano sia davvero democratico. In fin dei conti, non è mai diventato presidente un personaggio come Martin Luther King.
Si vuole soltanto osservare che i poteri attuali del presidente gli consentono di fare interventi limitati, tanto per dare un’illusione di cambiamento.
Ad ogni cambio di presidente, si “rinfresca la facciata” della falsa democrazia statunitense, curandosi di promuovere un presidente che accenda la fiducia nelle istituzioni. Infatti, il sistema, pur essendo una falsa democrazia, si erge sul consenso dei molti. Se la maggior parte dei cittadini si rifiutasse di accettarlo inevitabilmente cadrebbe. Per questo sono così importanti i mass media, che adeguatamente manipolati e controllati creano il consenso necessario. Alcuni non credono che tutto sia sempre nelle mani dei cittadini e che se non vengono rispettati i loro interessi è perché essi sono inconsapevoli del loro effettivo potere. Ma chiediamoci:
Cosa succederebbe se nessuno andasse a votare? Cosa succederebbe se tutti smettessero di guardare la televisione? Cosa succederebbe se tutti riuscissero a vedere nel gruppo di potere di Wall Street una confraternita criminale? Cosa succederebbe se tutti accettassero di organizzarsi per eleggere i propri rappresentanti politici autonomamente, senza accettare i candidati dei partiti? Cosa succederebbe se gli stessi cittadini decidessero le regole da rispettare nella campagna elettorale, eliminando la politica spettacolo e facendo prevalere i contenuti? Cosa succederebbe se i cittadini mantenessero la sovranità anche dopo le elezioni, potendo destituire immediatamente chi non ha mantenuto fede al suo programma elettorale? Cosa succederebbe se tutti i lavoratori rifiutassero di lavorare per salari miseri che non permettono la sopravvivenza? Cosa succederebbe se tutti si rifiutassero di acquistare i prodotti delle corporations criminali? Cosa succederebbe se nessuno accettasse più le banconote della Federal Reserve?
Queste sono soltanto alcune delle tante domande che si possono porre per riflettere sul fatto che il sistema attuale è creato e imposto da pochi in virtù del fatto che si fa credere ai molti che esso sia voluto da tutti e predisposto a proteggere gli interessi di tutti, ma non è così.
Delegare ad Obama il cambiamento non è stata una brillante idea. Egli di fatto non ha alcun potere di cambiare le leggi, e dunque non ha nemmeno alcun potere di abbattere il sistema. Forse ha voluto che i suoi elettori credessero che potesse farlo, ma possiamo vedere che non è così: nei mesi del suo governo si sono svolte regolarmente le stesse cose che da sempre l’oligarchia statunitense fa, ovvero guerre, colpi di Stato, inganni, saccheggi, ecc.
Obama, dopo aver ricevuto il Nobel ha detto "Sono onorato". Ma molti sono rimasti assai perplessi, vedendo in questo gesto più una propaganda a favore dell’immagine pacifista promossa a partire dalla campagna elettorale che non un premio basato sui fatti. Qualcuno ha parlato di "Scelta assolutamente bizzarra", considerato quanti attivisti nei movimenti di difesa per i diritti umani lavorano davvero per la pace. Altri hanno notato lo scarto fra l’immagine di Obama che si vuole promuovere e rafforzare e quella reale. Il giornalista di “Peacereporter” Enrico Piovesana fa un elenco di operazioni militari portate avanti sotto l’amministrazione di Obama. L’elenco non suggerisce in alcun modo questo presunto pacifismo, riportando operazioni in Somalia, Pakistan, Iraq, Afghanistan, Filippine, Georgia, Niger, ecc. Inoltre è stato fatto notare che Obama avrebbe rinnovato con Israele un accordo tacito stipulato nel 1969 da Richard Nixon e Golda Meir, che permette allo Stato sionista di tenere segreti i particolari sull’effettivo possesso di armi nucleari e di non firmare il trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Mentre il trattamento riservato all’Iran è ben diverso, essendo noto a tutti l’intento di impedire che possa avere armi nucleari. Due pesi due misure. Se questo è operare per la pace…
Insomma, l’uomo del “change” ad un’analisi accurata risulta essere l’uomo del “cover up”, ovvero del dissimulare, del nascondere ciò che sta realmente accadendo dietro un sorriso che stimola fiducia.
E di cose da nascondere ce ne sono parecchie, in primis gli stessi poteri limitati del presidente, che non possono impedire ai soliti noti di continuare a fomentare guerre e a mantenere molti popoli nella povertà.
Un vero “change” richiede l’impegno di tutti e un serio percorso di riforme, che non verranno dall’alto. Credere che possa derivare da un sorriso accattivante, da false promesse o da elogi e premi può risultare rassicurante ma pericolosamente ingenuo.
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NOTE
1) http://www.jornada.unam.mx/2009/08/02/index.php?section=opinion&article=019a2pol
2) http://temi.repubblica.it/limes/in-honduras-il-cambio-di-obama-stenta-ad-arrivare/6290?h=2
3) "Mafias farmacéuticas", http://www.rebelion.org
4) http://it.peacereporter.net/articolo/17084/Honduras%2C+il+golpe+senza+e+contro+Obama
5) http://www.avanti.it/index.php/tempo-reale/93-l-avanti-in-edicola/6868-obama-tra-deficit-federale-e-riforma-sanitaria-anthony-m-quattrone.html
6) Discorso di Obama all’Università del Cairo, giugno 2009.
7) Il Federal Reserve System detta Federal Reserve è la banca centrale degli Stati Uniti d'America, ma è controllata da banchieri privati, che hanno assunto il potere di emettere moneta e di “venderla” allo Stato grazie al Federal Reserve Act, approvato nel 1913.
8) "La Repubblica", 25 gennaio 2002.
9) http://it.peacereporter.net/articolo/18275/Obama%2C+apparenza+e+realt%26agrave%3B
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