venerdì
MESSAGGIO DEI FAMILIARI DELLE VITTIME DI MAFIA
Su segnalazione di un lettore pubblichiamo questo messaggio tratto dal sito:
http://www.familiarivittimedimafia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1057
P.zza Farnese: Signor Presidente, ad essere offesi siamo noi
Queste le riflessioni dei componenti dell'Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, per voce della presidente, Sonia Alfano, sulla manifestazione di ieri in Piazza Farnese in difesa della democrazia e della legalità costituzionale.
Alla luce di quanto detto e scritto dalle forze politiche italiane in merito alla manifestazione di Piazza Farnese, da noi promossa, ci preme fare alcune riflessioni. Abbiamo letto e sentito centinaia di dichiarazioni sulla rimozione dello striscione "Napolitano dorme, gli italiani insorgono" e sulle presunte offese, in realtà mai proferite, da parte di Antonio Di Pietro, aderente alla manifestazione, al Capo dello Stato. Le uniche notizie passate sulla stampa ed al centro dell'attenzione degli esponenti politici si sono concentrate su questi due episodi che, seppur meritevoli di attenzione, non hanno di certo rappresentato gli elementi più rilevanti della manifestazione. Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, la cui carica merita tutto il nostro rispetto, si è persino premurato di diffondere una nota nella quale smentiva qualsiasi responsabilità in merito alla rimozione dello striscione. Nessuno, neppure il nostro Presidente della Repubblica, ha dato risposta od attenzione alla disperata richiesta di giustizia che da quel palco è stata urlata dai familiari delle vittime di mafia ne tantomeno, alcuna carica istituzionale, si è preoccupata di indignarsi nel vedere una donna di oltre ottanta anni, madre del carabiniere Pietro Morici, che a questa nazione ha donato la propria vita, scendere in piazza per chiedere che la Costituzione Italiana, intrisa del sangue del proprio figlio, venga rispettata. L'unica risposta che abbiamo ottenuto dalle nostre Istituzioni è stata una levata di scudi per delle offese inesistenti e mai pronunciate nei confronti del Presidente della Repubblica, il quale si è detto offeso da alcune garbate riflessioni fatte dal nostro palco. Alla luce della nota diramata dal Quirinale vorremmo porgere una domanda diretta al nostro Presidente; Signor Presidente, non si indigna per personaggi come Marcello Dell'Utri che, seppur abbiano tradito i principi di questa nazione, occupano gli scranni del Parlamento Italiano? Ad essere offesi ed indignati siamo noi nel constatare il silenzio di tutti davanti alle denunce delle famiglie degli uomini e delle donne morti in difesa della Costituzione Italiana. Ad essere offesi siamo noi nel leggere la nota del Quirinale risentito per delle garbate affermazioni e non per le decine di pregiudicati ed amici di boss che siedono in Parlamento. Ad essere offesi e delusi siamo noi nel dover, ancora una volta, scendere in piazza per pretendere giustizia e rispetto dei principi fondanti di questo Stato, nonostante abbiamo già pagato a questa nazione il prezzo più alto che si possa pagare.
http://www.familiarivittimedimafia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1057
P.zza Farnese: Signor Presidente, ad essere offesi siamo noi
Queste le riflessioni dei componenti dell'Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia, per voce della presidente, Sonia Alfano, sulla manifestazione di ieri in Piazza Farnese in difesa della democrazia e della legalità costituzionale.
Alla luce di quanto detto e scritto dalle forze politiche italiane in merito alla manifestazione di Piazza Farnese, da noi promossa, ci preme fare alcune riflessioni. Abbiamo letto e sentito centinaia di dichiarazioni sulla rimozione dello striscione "Napolitano dorme, gli italiani insorgono" e sulle presunte offese, in realtà mai proferite, da parte di Antonio Di Pietro, aderente alla manifestazione, al Capo dello Stato. Le uniche notizie passate sulla stampa ed al centro dell'attenzione degli esponenti politici si sono concentrate su questi due episodi che, seppur meritevoli di attenzione, non hanno di certo rappresentato gli elementi più rilevanti della manifestazione. Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, la cui carica merita tutto il nostro rispetto, si è persino premurato di diffondere una nota nella quale smentiva qualsiasi responsabilità in merito alla rimozione dello striscione. Nessuno, neppure il nostro Presidente della Repubblica, ha dato risposta od attenzione alla disperata richiesta di giustizia che da quel palco è stata urlata dai familiari delle vittime di mafia ne tantomeno, alcuna carica istituzionale, si è preoccupata di indignarsi nel vedere una donna di oltre ottanta anni, madre del carabiniere Pietro Morici, che a questa nazione ha donato la propria vita, scendere in piazza per chiedere che la Costituzione Italiana, intrisa del sangue del proprio figlio, venga rispettata. L'unica risposta che abbiamo ottenuto dalle nostre Istituzioni è stata una levata di scudi per delle offese inesistenti e mai pronunciate nei confronti del Presidente della Repubblica, il quale si è detto offeso da alcune garbate riflessioni fatte dal nostro palco. Alla luce della nota diramata dal Quirinale vorremmo porgere una domanda diretta al nostro Presidente; Signor Presidente, non si indigna per personaggi come Marcello Dell'Utri che, seppur abbiano tradito i principi di questa nazione, occupano gli scranni del Parlamento Italiano? Ad essere offesi ed indignati siamo noi nel constatare il silenzio di tutti davanti alle denunce delle famiglie degli uomini e delle donne morti in difesa della Costituzione Italiana. Ad essere offesi siamo noi nel leggere la nota del Quirinale risentito per delle garbate affermazioni e non per le decine di pregiudicati ed amici di boss che siedono in Parlamento. Ad essere offesi e delusi siamo noi nel dover, ancora una volta, scendere in piazza per pretendere giustizia e rispetto dei principi fondanti di questo Stato, nonostante abbiamo già pagato a questa nazione il prezzo più alto che si possa pagare.
LA VOCE QUERULA - Chi è il nemico?
Di Antonella Randazzo
Lamentarsi è l’impulso più immediato e meno “costoso” quando molte cose vanno male. Al bar, come dal fruttivendolo o dal fornaio si incontrano persone che si lamentano di molte cose che non vanno come dovrebbero. Per quanto queste persone possano suscitare simpatia e tenerezza, occorre considerare che lamentarsi può essere inutile o addirittura nocivo rispetto all’esigenza di risolvere i problemi in questione. Specialmente se serve a far sentire vittime o a credere che quello che accade all’esterno sia sempre responsabilità di altri.
I problemi che oggi attanagliano miliardi di persone sono dovuti all’attuale sistema finanziario-economico-politico, che è stato creato da un gruppo di persone, che si ostina a fare in modo che permanga immutato. Risolvere i problemi attuali equivale ad abbattere tale sistema e ad istituirne un altro che sia favorevole agli interessi dei popoli. Eppure la maggior parte degli abitanti di questo pianeta non pensa che la soluzione debba essere questa, poiché crede che quelle stesse persone che hanno creato i problemi debbano risolverli. In altre parole, esse non pianificano un vero cambiamento, preferendo in molti casi lamentarsi quando si accorgono che le promesse delle autorità non vengono mantenute. Perché avviene ciò?
Molti studiosi hanno avanzato l’ipotesi che l’attuale sistema non si basi sull’uso delle armi, e nemmeno sul controllo, come si potrebbe credere, esso si baserebbe sulla paura. La paura genera senso di impotenza e sottomissione, da cui possono derivare disperazione e compromesso morale. In altre parole, se c’è paura di cambiare, di assumersi responsabilità o di ribellarsi alle ingiustizie, c’è anche la tendenza ad accettare sistemi iniqui e persino criminali.
Infatti, se non si avesse paura non si accetterebbe di sottostare a personaggi che fanno tutt’altro che operare per il bene della collettività. Per non ammettere di non voler fronteggiare la propria paura e di preferire la sottomissione e tutto ciò che ne deriva, molti razionalizzano ciò che accade, vedendo autorità autorevoli dove non ci sono, e persino istituzioni favorevoli ai cittadini quando l’evidenza dice il contrario. Di conseguenza, il gruppo che è abituato a sottomettere e ad arrogarsi un potere ingiusto, usurpando ricchezze che apparterrebbero a tutti, si rafforza ancora di più. La paura sembra essere diventata l’energia principale che tiene in vita un sistema che conviene soltanto a pochissimi. Senza considerare la paura non si spiegherebbe come mai miliardi di persone, dotate di normale intelligenza, non sono in grado di capire le caratteristiche più elementari dell’attuale sistema, come l’usurpazione del potere finanziario e l’uso strumentale dei partiti politici.
Alcuni potrebbero obiettare dicendo che il coraggio è una virtù di pochi, dei vari Falcone, Borsellino e Impastato, eroi che non temevano nemmeno la morte. Ma dobbiamo anche constatare le numerose tecniche che l’attuale sistema mette in pratica al fine di accrescere la paura, sapendo che altrimenti il sistema sarebbe in pericolo. Ad esempio, nei telegiornali spesso si paventa il pericolo “terrorismo” o viene indicato un personaggio o un paese “nemico” da dover temere. Si tratta di creare una specie di “uomo nero” che deve far paura perché additato come fonte di possibili disastri e sofferenze. Chi crede a questa propaganda e non approfondisce, tutte le volte che sentirà notizie sull’argomento aumenterà la paura, anche se le probabilità che i “terroristi” possano danneggiarlo sono bassissime. Si fa un uso strumentale della paura, si incoraggiano alcune paure e se ne scoraggiano altre. Ad esempio, molti sanno che i cellulari possono danneggiare le cellule cerebrali, ma sembra che nessuno ne abbia paura dato che tutti hanno un cellulare. I supermercati sono pieni di cibi che contengono sostanze potenzialmente tossiche, che possono provocare malattie come il cancro, eppure moltissime persone li comprano. L’uso di sostanze stupefacenti è tristemente in aumento, anche se tutti sanno che non si tratta di acqua fresca, evidentemente non c’è abbastanza paura circa la loro portata distruttiva. In Italia muoiono più persone per incidenti stradali o sul posto di lavoro, che per mano criminale. Nonostante ciò i media ci incoraggiano ad avere paura del “terrorismo” o degli immigrati. Siamo condizionati a vivere nella paura, ma soltanto nel modo in cui conviene al gruppo dominante.
Lo straniero, specie se povero, nei mass media viene spesso mostrato come una fonte di terribili problemi, nonostante sia facile appurare che la disoccupazione, la crisi economica e la povertà non dipendono dagli stranieri poveri, che ne sono vittime.
Tutti possono capire che il sistema attuale fomenta paura in moltissimi modi. Viene creata paura attraverso allarmi ecologici o annunci di epidemie che in seguito si riveleranno fallaci. Attraverso la creazione di insicurezza economica o accrescendo il controllo ansioso sulla popolazione col pretesto della “sicurezza”.
Tutte queste risorse investite per creare paura dovrebbero essere come un campanello d’allarme e far capire la realtà. Nonostante ciò non molti comprendono che il nemico non è una persona in carne ed ossa, né un esercito, né un gruppo di persone, ma la paura stessa. Senza paura i popoli si ribellerebbero, non delegherebbero all’esterno, non accetterebbero molte cose ingiuste, non cercherebbero di razionalizzare le assurdità per nascondere il potere iniquo, non si metterebbero dalla parte del più forte, non escluderebbero personaggi scomodi al sistema, seguendo i condizionamenti mediatici, e non farebbero molte altre cose.
La paura è l’emozione dell’impotenza, essa può rendere schiavi poiché se si ha paura non si ha abbastanza energia per credere in se stessi, per lottare per ciò in cui si crede o per ribellarsi ad autorità ingiuste o criminali.
In una società in cui vige un assetto fondato sulla paura non si è cittadini ma sudditi. Si è sudditi quando si teme un potere iniquo, pur sapendolo tale. Ma si è sudditi anche quando ci si ostina a credersi liberi pur sapendo che i candidati politici vengono scelti dall’alto, e il potere economico-finanziario non è nelle mani del popolo.
Il suddito accetta in silenzio i crimini e le ingiustizie del potere perché ha paura. Non si rende conto che farlo rimanere nella paura è l’obiettivo che il sistema di potere si prefigge per continuare ad imperare.
Nei secoli XVI e XVII, l’assolutismo monarchico consisteva in un sistema politico in cui la persona al potere era al di sopra della legge, e i sudditi dovevano subire in silenzio per non perdere la vita. C’era la paura alla base del sistema, la differenza rispetto ad oggi era che le persone comuni erano coscienti di vivere in un regime in cui alcune persone avevano potere assoluto mentre il popolo non ne aveva affatto. Per questo motivo si verificavano di tanto in tanto (per la disperazione), da parte di alcuni gruppi, sollevazioni e ribellioni: le persone comuni sapevano bene chi aveva potere e chi godeva di ingiusti privilegi, sottraendo potere e risorse a tutti gli altri.
Oggi invece si è sudditi senza saperlo, e di coloro che hanno un potere assoluto, ergendosi al di sopra della legge, si sa ben poco. Molti ignorano persino la loro esistenza, o negano che esista un regime di sudditanza, illudendosi di essere in una democrazia.
La sudditanza consiste nel rotolarsi in un’esistenza non vera, manipolata, in cui la passività e gli aspetti più superficiali prevalgono. Ad esempio, oggi si può svolgere un lavoro frustrante, e alla sera si sta passivamente davanti alla Tv, trastullati da donne seminude, quiz demenziali o da serie televisive di scarsa qualità.
Il suddito non pensa, non reagisce al potere, anzi, razionalizza, dice: “purtroppo è così, non posso farci nulla”, oppure “meglio di questo non si può avere”. Egli depotenzia se stesso, si crede una nullità, abituato com’è a non avere un’alta autostima. Sin da piccolo è stato abituato ad abbracciare regole che provenivano dall’esterno, senza chiedersi se fossero giuste o sbagliate. Egli è dissuaso dall’utilizzare certe sue potenzialità, e col passar degli anni, il piccolo bambino vivace e creativo diventerà sempre più una persona adattata e attenta a ciò che gli altri pensano di lui.
Creare un popolo di sudditi esige il disabituare al libero pensiero e il cercare di reprimere ogni slancio creativo autentico, costruendo un sistema cupo, creativamente limitato, in cui nella maggior parte dei casi i posti di lavoro offerti richiedono attività non creative o in cui le potenzialità degli individui sono in gran parte compresse.
I sudditi accettano senza chiedersi chi crea il sistema e chi ha convenienza che esso abbia alcune caratteristiche piuttosto che altre.
I sudditi dell’età contemporanea non sanno di non essere liberi, dato che i media e le autorità hanno detto loro di esserlo. Non danno credito alle loro intuizioni, e persino quando la loro sudditanza è evidente si attaccano alle autorità in modo paternalistico per poterlo negare.
Sta di fatto che in tutte le epoche storiche il popolo che ha paura finirà nelle grinfie del gruppo peggiore della società: ovvero di coloro che approfitteranno della paura per imporre un sistema vantaggioso soltanto per loro stessi, sapendo che la paura impedirà di abbatterlo.
La società paurosa teme anche di assumersi le proprie responsabilità, e dunque è anche una società irresponsabile.
La società irresponsabile è quella che si basa sull’accettazione passiva e sull’obbedienza. Tale società è destinata ad essere soggiogata e dominata da alcuni esseri particolarmente malvagi.
L’umanità è costituita da persone che posseggono aspetti positivi e negativi, ma grazie a potenzialità come l’empatia, la solidarietà verso i più deboli, e altre naturali doti socialmente positive, la maggior parte degli esseri umani vive senza commettere gravi crimini contro i propri simili. Tuttavia, alcuni individui vengono classificati come “sociopatici”, ovvero come persone che non sono in grado di provare la necessaria empatia e solidarietà per evitare di commettere azioni disumane.
Secondo molti psicologi la sindrome chiamata “psicopatia”, è un disturbo emotivo che rende le persone capaci di comportamenti criminali o nocivi per la società. Secondo lo studioso Kevin Barrett molte persone affette da questa sindrome hanno avuto e hanno ruoli politici, economici o finanziari importantissimi:
"Gli psicopatici hanno svolto un ruolo sproporzionato nello sviluppo della civiltà, perché si prestano più facilmente a mentire, uccidere, ingannare, rubare, torturare, manipolare e, in generale, infliggere grandi sofferenze ad altri esseri umani senza alcuna sensazione di rimorso, al fine di stabilire il proprio senso di sicurezza attraverso il dominio.[…] Quando si comprende la vera natura dell’influenza dello psicopatico, che è privo di coscienza, emozioni, egoista, freddo calcolatore, e privo di qualsiasi morale o norme etiche, si inorridisce, ma allo stesso tempo tutto improvvisamente comincia ad avere un senso”.(1)
I vantaggi dei soggetti affetti da psicopatia sono molteplici in un sistema basato sull’inganno: essi infatti sono capaci di mentire e di recitare ruoli anche opposti rispetto alla loro vera realtà. Le loro abilità nel dire la cosa giusta e nel far credere il contrario di ciò che è risultano eccellenti. Essi sanno manipolare le persone, in modo tale da indurle a fare ciò che vogliono. Il talento consiste nella furbizia e nel vuoto di coscienza, che permettono loro di commettere azioni truffaldine o criminali senza avere alcun rimorso. Queste persone sono fredde, calcolatrici, capaci di qualsiasi cosa per il potere, prive di autentiche emozioni e di valori morali.
Molti psicopatici sono dotati di grande carisma, a tal punto da fare proseliti e avere i propri estimatori.
Attraverso la paura, e l’inclinazione umana a delegare le responsabilità, alcuni di essi riescono a dominare nei settori chiave, facendo credere cose diverse rispetto alla realtà, in modo tale da non essere spodestati.
Lo psicologo Andrew M. Lobaczewski ha dedicato il libro “Political Ponerology” (Ponerologia politica) a questo argomento, in cui spiega il motivo per cui oggi personaggi affetti da psico-sociopatia si trovano ai vertici del potere in molti settori importanti. La sindrome sociopatica si riferisce ai casi di persone (presenti in minime percentuali in ogni società) che desiderano soddisfare ogni loro desiderio anche danneggiando gli altri, e non hanno alcuno scrupolo di coscienza. Lo psicopatico è un sociopatico con un Ego molto forte e un carattere disturbato, che lo porta a considerarsi superiore agli altri, e dunque in diritto di prevalere con qualsiasi mezzo. Queste persone sanno utilizzare i mezzi più ignominiosi, come il mentire, il vivere da parassiti sottraendo quello che appartiene agli altri, l’irresponsabilità o veri e propri comportamenti delinquenziali.
Non si tratta di persone “matte”, esse sanno riconoscere quello che è giusto e quello che non lo è e possono essere dotate di intelligenza anche elevata. Non sono psicotiche, poiché hanno una rappresentazione chiara della realtà. Il punto è che queste persone non posseggono un’emotività che possa consentire di agire in modo pro-sociale.
Le persone affette da socio-psicopatia possono raggiungere livelli di crudeltà e di cinismo così alti da apparire ontologicamente “diverse” dalle persone comuni. Tanto per fare qualche esempio, queste persone possono comandare agli eserciti l’uso di sostanze chimiche altamente nocive, pur sapendo che migliaia di persone innocenti moriranno. Oppure possono organizzare guerre o altre operazioni in cui si verificheranno distruzioni immani. Possiamo considerare ogni atto criminale di vasta portata un evento pianificato da personaggi affetti da socio-psicopatia, che hanno preso il potere grazie alla paura o alla credulità dei popoli.
Nessuna persona equilibrata potrebbe preparare con assoluto cinismo un massacro di civili inermi. La madre che piange il figlio morto in guerra non gioisce all’idea che anche una madre “nemica” sta piangendo il suo. La guerra è disumana, ed è voluta e propagandata da persone umane che non sono del tutto umane nei sentimenti.
Secondo diversi scienziati queste persone sarebbero diverse anche dal punto di vista biologico: avrebbero il Corpo Calloso (lembo di fibre nervose che connette i due emisferi cerebrali) più esteso, impedendo una comunicazione normale fra i due emisferi cerebrali. In questo contesto non è possibile approfondire questo aspetto, ma occorre dire che i contatti fra i due emisferi permettono l’equilibrio fra razionalità e sensibilità, fra emozioni e logica.
La parola “Ponerologia” deriva dalla parola greca "poneros", che significa “male”. La Ponerologia politica è dunque il settore in cui si indaga sul male che un gruppo di persone disturbate commette a danno di tutta la società. Spiega Lobaczewski che alcune idee promosse da personaggi socio-psicopatici al potere sono: “Il nostro governo non ci farebbe mai del male; il nostro governo ha nel cuore i nostri migliori interessi; nessun presidente potrebbe sfuggire a questo; il principio della legge è ancora al lavoro in America; il fascismo non potrebbe attecchire qui; il governo degli Stati Uniti non può avere orchestrato gli attacchi dell'11/9; se l'11/9 fosse stato orchestrato dal governo degli Stati Uniti, troppa gente dovrebbe essere coinvolta per mantenere ciò segreto”.
Facendo credere che le istituzioni agiscano sempre per l’interesse di tutta la comunità si vuole attribuire un intento “protettivo” alle autorità, anche quando è evidente che così non è.
Le autorità socio-psicopatiche non desiderano soltanto il potere e la ricchezza, esse provano godimento nel togliere agli altri, nell’ingannare, nel danneggiare e nel manipolare. Con freddezza affettiva calcolano i vantaggi e gli svantaggi di un determinato comportamento, e scelgono di agire spesso nel disprezzo della vita e dei diritti umani, senza provare alcun rimorso. Un’altra caratteristica delle persone socio-psicopatiche è l’ossessione per il comportamento ritualistico, e per questo, come molti sanno, gli attuali personaggi al potere praticano culti di tipo massonico-satanico (a questo proposito vedi http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/09/autorita-criminali-e-culti-misterici_08.html).
La loro bravura nell’apparire l’opposto di quello che sono permette loro di usurpare la fiducia delle persone comuni, e di raccogliere ampi consensi nelle campagne elettorali o in altre occasioni.
In alcuni casi essi possono riuscire a condizionare uomini psicologicamente normali fino ad indurli a commettere crimini di varia entità. La differenza sta nel fatto che le persone comuni che diventano criminali sono controllate dalle autorità socio-psicopatiche, e non commetterebbero crimini se seguissero la loro natura. Questo ovviamente non significa che siano da considerare irresponsabili: un crimine rimane un crimine anche se si commette per “obbedienza”.
Un altro studioso che ha cercato di comprendere questo fenomeno già negli anni Cinquanta è Alex Comfort, che nel suo libro "Potere e delinquenza” sostiene che “La civiltà può essere difesa, o sviluppata, solo se esiste una capacità di resistenza individuale, solo se esistono individui che diventano responsabili attraverso la disobbedienza (al gruppo di socio-psicopatici)”.
Dunque, un gruppo di poche centinaia di persone affette da patologie psichiche può esercitare un potere globale perché i popoli sono presi dalla paura, sono disposti ad accettare un assetto ingiusto, o sono assai creduloni riguardo alla propaganda del gruppo egemone. In ogni caso, rimane il fatto che in ogni momento i popoli potrebbero rifiutare l’assetto e organizzarsi con libertà, responsabilità e coraggio.
Cosa si può fare per sottrarsi ai meccanismi di innesco della paura e per non cadere nelle trappole dei socio-psicopatici?
Occorre tener presente che anche le autorità socio-psicopatiche hanno alcune paure, che sono assai diverse rispetto alle persone comuni. La loro paura più grande è quella di essere scoperti e visti per quello che sono realmente.
Hanno una paura tremenda delle persone comuni, perché le percepiscono come superiori moralmente e civilmente a loro, e per questo si prodigano a manipolare la loro vita emotiva e le loro opinioni, in modo tale da renderli simili a loro stessi nel cinismo e nella superficialità, ma emotivamente sottomessi.
I loro punti deboli sono diversi: sono terribilmente ansiosi quando un essere umano acquisisce consapevolezza delle sue emozioni e di come il sistema vorrebbe manipolarlo. Quando le persone riescono a fare un lavoro su se stesse per diventare immuni al loro plagio, il loro sistema truffaldino non è più efficace, e questo li fa andare nel panico, li rende ossessionati dal bisogno di controllo. Se la maggior parte delle persone ricercasse la verità oltre le loro menzogne, se lavorasse sulle proprie emozioni per impedire l’accrescimento della paura e dell’insicurezza, e se molti comprendessero che le autorità attuali non sono persone equilibrate (anziché deridere chi lo dice), probabilmente le cose cambierebbero.
Non si potrà certo rimanere per sempre un gregge di pecore impaurite che continuano ad appoggiarsi ad autorità criminali, che promettono “nuove speranze” e “tempi migliori”, ma di fatto agiscono come sempre hanno fatto. Come osserva lo scrittore Clinton Callahan: “Se la gente si sedesse rifiutandosi di sollevare neanche una mano anche ad un unico ordine dello psicopatico del giorno, se la gente si rifiutasse di pagare le tasse, se i soldati si rifiutassero di combattere… l'intero sistema si frantumerebbe in una stridente battuta d'arresto. Il vero cambiamento avviene nel momento in cui una persona viene a conoscenza della psicopatia in tutti i suoi freddi dettagli. Da questa nuova consapevolezza, il mondo assumerà un aspetto diverso, e azioni integralmente nuove potranno essere intraprese. Il distinguere tra qualità umane e psicopatiche dà inizio al fondamento della responsabilità sulla quale abbiamo una reale possibilità di creare una cultura sostenibile”.(2)
Senza paura, e prendendosi le proprie responsabilità si può creare un mondo senza guerre, in cui assumeranno ruoli autorevoli soltanto persone equilibrate e sagge, in cui le risorse verranno equamente distribuite e in cui le truffe politiche e gli inganni mediatici saranno un triste ricordo del passato. Utopia? Certo, finché prevarrà la paura.
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Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it
NOTE
1) Articolo di Kevin Barrett, “ Twilight of the Psychopaths”, http://www.agoracosmopolitan.com/home/Frontpage/2008/01/02/02073.html
2) Clinton Callahan, Dissent Mag/Segni del Tempo, 12 maggio 2008.
Lamentarsi è l’impulso più immediato e meno “costoso” quando molte cose vanno male. Al bar, come dal fruttivendolo o dal fornaio si incontrano persone che si lamentano di molte cose che non vanno come dovrebbero. Per quanto queste persone possano suscitare simpatia e tenerezza, occorre considerare che lamentarsi può essere inutile o addirittura nocivo rispetto all’esigenza di risolvere i problemi in questione. Specialmente se serve a far sentire vittime o a credere che quello che accade all’esterno sia sempre responsabilità di altri.
I problemi che oggi attanagliano miliardi di persone sono dovuti all’attuale sistema finanziario-economico-politico, che è stato creato da un gruppo di persone, che si ostina a fare in modo che permanga immutato. Risolvere i problemi attuali equivale ad abbattere tale sistema e ad istituirne un altro che sia favorevole agli interessi dei popoli. Eppure la maggior parte degli abitanti di questo pianeta non pensa che la soluzione debba essere questa, poiché crede che quelle stesse persone che hanno creato i problemi debbano risolverli. In altre parole, esse non pianificano un vero cambiamento, preferendo in molti casi lamentarsi quando si accorgono che le promesse delle autorità non vengono mantenute. Perché avviene ciò?
Molti studiosi hanno avanzato l’ipotesi che l’attuale sistema non si basi sull’uso delle armi, e nemmeno sul controllo, come si potrebbe credere, esso si baserebbe sulla paura. La paura genera senso di impotenza e sottomissione, da cui possono derivare disperazione e compromesso morale. In altre parole, se c’è paura di cambiare, di assumersi responsabilità o di ribellarsi alle ingiustizie, c’è anche la tendenza ad accettare sistemi iniqui e persino criminali.
Infatti, se non si avesse paura non si accetterebbe di sottostare a personaggi che fanno tutt’altro che operare per il bene della collettività. Per non ammettere di non voler fronteggiare la propria paura e di preferire la sottomissione e tutto ciò che ne deriva, molti razionalizzano ciò che accade, vedendo autorità autorevoli dove non ci sono, e persino istituzioni favorevoli ai cittadini quando l’evidenza dice il contrario. Di conseguenza, il gruppo che è abituato a sottomettere e ad arrogarsi un potere ingiusto, usurpando ricchezze che apparterrebbero a tutti, si rafforza ancora di più. La paura sembra essere diventata l’energia principale che tiene in vita un sistema che conviene soltanto a pochissimi. Senza considerare la paura non si spiegherebbe come mai miliardi di persone, dotate di normale intelligenza, non sono in grado di capire le caratteristiche più elementari dell’attuale sistema, come l’usurpazione del potere finanziario e l’uso strumentale dei partiti politici.
Alcuni potrebbero obiettare dicendo che il coraggio è una virtù di pochi, dei vari Falcone, Borsellino e Impastato, eroi che non temevano nemmeno la morte. Ma dobbiamo anche constatare le numerose tecniche che l’attuale sistema mette in pratica al fine di accrescere la paura, sapendo che altrimenti il sistema sarebbe in pericolo. Ad esempio, nei telegiornali spesso si paventa il pericolo “terrorismo” o viene indicato un personaggio o un paese “nemico” da dover temere. Si tratta di creare una specie di “uomo nero” che deve far paura perché additato come fonte di possibili disastri e sofferenze. Chi crede a questa propaganda e non approfondisce, tutte le volte che sentirà notizie sull’argomento aumenterà la paura, anche se le probabilità che i “terroristi” possano danneggiarlo sono bassissime. Si fa un uso strumentale della paura, si incoraggiano alcune paure e se ne scoraggiano altre. Ad esempio, molti sanno che i cellulari possono danneggiare le cellule cerebrali, ma sembra che nessuno ne abbia paura dato che tutti hanno un cellulare. I supermercati sono pieni di cibi che contengono sostanze potenzialmente tossiche, che possono provocare malattie come il cancro, eppure moltissime persone li comprano. L’uso di sostanze stupefacenti è tristemente in aumento, anche se tutti sanno che non si tratta di acqua fresca, evidentemente non c’è abbastanza paura circa la loro portata distruttiva. In Italia muoiono più persone per incidenti stradali o sul posto di lavoro, che per mano criminale. Nonostante ciò i media ci incoraggiano ad avere paura del “terrorismo” o degli immigrati. Siamo condizionati a vivere nella paura, ma soltanto nel modo in cui conviene al gruppo dominante.
Lo straniero, specie se povero, nei mass media viene spesso mostrato come una fonte di terribili problemi, nonostante sia facile appurare che la disoccupazione, la crisi economica e la povertà non dipendono dagli stranieri poveri, che ne sono vittime.
Tutti possono capire che il sistema attuale fomenta paura in moltissimi modi. Viene creata paura attraverso allarmi ecologici o annunci di epidemie che in seguito si riveleranno fallaci. Attraverso la creazione di insicurezza economica o accrescendo il controllo ansioso sulla popolazione col pretesto della “sicurezza”.
Tutte queste risorse investite per creare paura dovrebbero essere come un campanello d’allarme e far capire la realtà. Nonostante ciò non molti comprendono che il nemico non è una persona in carne ed ossa, né un esercito, né un gruppo di persone, ma la paura stessa. Senza paura i popoli si ribellerebbero, non delegherebbero all’esterno, non accetterebbero molte cose ingiuste, non cercherebbero di razionalizzare le assurdità per nascondere il potere iniquo, non si metterebbero dalla parte del più forte, non escluderebbero personaggi scomodi al sistema, seguendo i condizionamenti mediatici, e non farebbero molte altre cose.
La paura è l’emozione dell’impotenza, essa può rendere schiavi poiché se si ha paura non si ha abbastanza energia per credere in se stessi, per lottare per ciò in cui si crede o per ribellarsi ad autorità ingiuste o criminali.
In una società in cui vige un assetto fondato sulla paura non si è cittadini ma sudditi. Si è sudditi quando si teme un potere iniquo, pur sapendolo tale. Ma si è sudditi anche quando ci si ostina a credersi liberi pur sapendo che i candidati politici vengono scelti dall’alto, e il potere economico-finanziario non è nelle mani del popolo.
Il suddito accetta in silenzio i crimini e le ingiustizie del potere perché ha paura. Non si rende conto che farlo rimanere nella paura è l’obiettivo che il sistema di potere si prefigge per continuare ad imperare.
Nei secoli XVI e XVII, l’assolutismo monarchico consisteva in un sistema politico in cui la persona al potere era al di sopra della legge, e i sudditi dovevano subire in silenzio per non perdere la vita. C’era la paura alla base del sistema, la differenza rispetto ad oggi era che le persone comuni erano coscienti di vivere in un regime in cui alcune persone avevano potere assoluto mentre il popolo non ne aveva affatto. Per questo motivo si verificavano di tanto in tanto (per la disperazione), da parte di alcuni gruppi, sollevazioni e ribellioni: le persone comuni sapevano bene chi aveva potere e chi godeva di ingiusti privilegi, sottraendo potere e risorse a tutti gli altri.
Oggi invece si è sudditi senza saperlo, e di coloro che hanno un potere assoluto, ergendosi al di sopra della legge, si sa ben poco. Molti ignorano persino la loro esistenza, o negano che esista un regime di sudditanza, illudendosi di essere in una democrazia.
La sudditanza consiste nel rotolarsi in un’esistenza non vera, manipolata, in cui la passività e gli aspetti più superficiali prevalgono. Ad esempio, oggi si può svolgere un lavoro frustrante, e alla sera si sta passivamente davanti alla Tv, trastullati da donne seminude, quiz demenziali o da serie televisive di scarsa qualità.
Il suddito non pensa, non reagisce al potere, anzi, razionalizza, dice: “purtroppo è così, non posso farci nulla”, oppure “meglio di questo non si può avere”. Egli depotenzia se stesso, si crede una nullità, abituato com’è a non avere un’alta autostima. Sin da piccolo è stato abituato ad abbracciare regole che provenivano dall’esterno, senza chiedersi se fossero giuste o sbagliate. Egli è dissuaso dall’utilizzare certe sue potenzialità, e col passar degli anni, il piccolo bambino vivace e creativo diventerà sempre più una persona adattata e attenta a ciò che gli altri pensano di lui.
Creare un popolo di sudditi esige il disabituare al libero pensiero e il cercare di reprimere ogni slancio creativo autentico, costruendo un sistema cupo, creativamente limitato, in cui nella maggior parte dei casi i posti di lavoro offerti richiedono attività non creative o in cui le potenzialità degli individui sono in gran parte compresse.
I sudditi accettano senza chiedersi chi crea il sistema e chi ha convenienza che esso abbia alcune caratteristiche piuttosto che altre.
I sudditi dell’età contemporanea non sanno di non essere liberi, dato che i media e le autorità hanno detto loro di esserlo. Non danno credito alle loro intuizioni, e persino quando la loro sudditanza è evidente si attaccano alle autorità in modo paternalistico per poterlo negare.
Sta di fatto che in tutte le epoche storiche il popolo che ha paura finirà nelle grinfie del gruppo peggiore della società: ovvero di coloro che approfitteranno della paura per imporre un sistema vantaggioso soltanto per loro stessi, sapendo che la paura impedirà di abbatterlo.
La società paurosa teme anche di assumersi le proprie responsabilità, e dunque è anche una società irresponsabile.
La società irresponsabile è quella che si basa sull’accettazione passiva e sull’obbedienza. Tale società è destinata ad essere soggiogata e dominata da alcuni esseri particolarmente malvagi.
L’umanità è costituita da persone che posseggono aspetti positivi e negativi, ma grazie a potenzialità come l’empatia, la solidarietà verso i più deboli, e altre naturali doti socialmente positive, la maggior parte degli esseri umani vive senza commettere gravi crimini contro i propri simili. Tuttavia, alcuni individui vengono classificati come “sociopatici”, ovvero come persone che non sono in grado di provare la necessaria empatia e solidarietà per evitare di commettere azioni disumane.
Secondo molti psicologi la sindrome chiamata “psicopatia”, è un disturbo emotivo che rende le persone capaci di comportamenti criminali o nocivi per la società. Secondo lo studioso Kevin Barrett molte persone affette da questa sindrome hanno avuto e hanno ruoli politici, economici o finanziari importantissimi:
"Gli psicopatici hanno svolto un ruolo sproporzionato nello sviluppo della civiltà, perché si prestano più facilmente a mentire, uccidere, ingannare, rubare, torturare, manipolare e, in generale, infliggere grandi sofferenze ad altri esseri umani senza alcuna sensazione di rimorso, al fine di stabilire il proprio senso di sicurezza attraverso il dominio.[…] Quando si comprende la vera natura dell’influenza dello psicopatico, che è privo di coscienza, emozioni, egoista, freddo calcolatore, e privo di qualsiasi morale o norme etiche, si inorridisce, ma allo stesso tempo tutto improvvisamente comincia ad avere un senso”.(1)
I vantaggi dei soggetti affetti da psicopatia sono molteplici in un sistema basato sull’inganno: essi infatti sono capaci di mentire e di recitare ruoli anche opposti rispetto alla loro vera realtà. Le loro abilità nel dire la cosa giusta e nel far credere il contrario di ciò che è risultano eccellenti. Essi sanno manipolare le persone, in modo tale da indurle a fare ciò che vogliono. Il talento consiste nella furbizia e nel vuoto di coscienza, che permettono loro di commettere azioni truffaldine o criminali senza avere alcun rimorso. Queste persone sono fredde, calcolatrici, capaci di qualsiasi cosa per il potere, prive di autentiche emozioni e di valori morali.
Molti psicopatici sono dotati di grande carisma, a tal punto da fare proseliti e avere i propri estimatori.
Attraverso la paura, e l’inclinazione umana a delegare le responsabilità, alcuni di essi riescono a dominare nei settori chiave, facendo credere cose diverse rispetto alla realtà, in modo tale da non essere spodestati.
Lo psicologo Andrew M. Lobaczewski ha dedicato il libro “Political Ponerology” (Ponerologia politica) a questo argomento, in cui spiega il motivo per cui oggi personaggi affetti da psico-sociopatia si trovano ai vertici del potere in molti settori importanti. La sindrome sociopatica si riferisce ai casi di persone (presenti in minime percentuali in ogni società) che desiderano soddisfare ogni loro desiderio anche danneggiando gli altri, e non hanno alcuno scrupolo di coscienza. Lo psicopatico è un sociopatico con un Ego molto forte e un carattere disturbato, che lo porta a considerarsi superiore agli altri, e dunque in diritto di prevalere con qualsiasi mezzo. Queste persone sanno utilizzare i mezzi più ignominiosi, come il mentire, il vivere da parassiti sottraendo quello che appartiene agli altri, l’irresponsabilità o veri e propri comportamenti delinquenziali.
Non si tratta di persone “matte”, esse sanno riconoscere quello che è giusto e quello che non lo è e possono essere dotate di intelligenza anche elevata. Non sono psicotiche, poiché hanno una rappresentazione chiara della realtà. Il punto è che queste persone non posseggono un’emotività che possa consentire di agire in modo pro-sociale.
Le persone affette da socio-psicopatia possono raggiungere livelli di crudeltà e di cinismo così alti da apparire ontologicamente “diverse” dalle persone comuni. Tanto per fare qualche esempio, queste persone possono comandare agli eserciti l’uso di sostanze chimiche altamente nocive, pur sapendo che migliaia di persone innocenti moriranno. Oppure possono organizzare guerre o altre operazioni in cui si verificheranno distruzioni immani. Possiamo considerare ogni atto criminale di vasta portata un evento pianificato da personaggi affetti da socio-psicopatia, che hanno preso il potere grazie alla paura o alla credulità dei popoli.
Nessuna persona equilibrata potrebbe preparare con assoluto cinismo un massacro di civili inermi. La madre che piange il figlio morto in guerra non gioisce all’idea che anche una madre “nemica” sta piangendo il suo. La guerra è disumana, ed è voluta e propagandata da persone umane che non sono del tutto umane nei sentimenti.
Secondo diversi scienziati queste persone sarebbero diverse anche dal punto di vista biologico: avrebbero il Corpo Calloso (lembo di fibre nervose che connette i due emisferi cerebrali) più esteso, impedendo una comunicazione normale fra i due emisferi cerebrali. In questo contesto non è possibile approfondire questo aspetto, ma occorre dire che i contatti fra i due emisferi permettono l’equilibrio fra razionalità e sensibilità, fra emozioni e logica.
La parola “Ponerologia” deriva dalla parola greca "poneros", che significa “male”. La Ponerologia politica è dunque il settore in cui si indaga sul male che un gruppo di persone disturbate commette a danno di tutta la società. Spiega Lobaczewski che alcune idee promosse da personaggi socio-psicopatici al potere sono: “Il nostro governo non ci farebbe mai del male; il nostro governo ha nel cuore i nostri migliori interessi; nessun presidente potrebbe sfuggire a questo; il principio della legge è ancora al lavoro in America; il fascismo non potrebbe attecchire qui; il governo degli Stati Uniti non può avere orchestrato gli attacchi dell'11/9; se l'11/9 fosse stato orchestrato dal governo degli Stati Uniti, troppa gente dovrebbe essere coinvolta per mantenere ciò segreto”.
Facendo credere che le istituzioni agiscano sempre per l’interesse di tutta la comunità si vuole attribuire un intento “protettivo” alle autorità, anche quando è evidente che così non è.
Le autorità socio-psicopatiche non desiderano soltanto il potere e la ricchezza, esse provano godimento nel togliere agli altri, nell’ingannare, nel danneggiare e nel manipolare. Con freddezza affettiva calcolano i vantaggi e gli svantaggi di un determinato comportamento, e scelgono di agire spesso nel disprezzo della vita e dei diritti umani, senza provare alcun rimorso. Un’altra caratteristica delle persone socio-psicopatiche è l’ossessione per il comportamento ritualistico, e per questo, come molti sanno, gli attuali personaggi al potere praticano culti di tipo massonico-satanico (a questo proposito vedi http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/09/autorita-criminali-e-culti-misterici_08.html).
La loro bravura nell’apparire l’opposto di quello che sono permette loro di usurpare la fiducia delle persone comuni, e di raccogliere ampi consensi nelle campagne elettorali o in altre occasioni.
In alcuni casi essi possono riuscire a condizionare uomini psicologicamente normali fino ad indurli a commettere crimini di varia entità. La differenza sta nel fatto che le persone comuni che diventano criminali sono controllate dalle autorità socio-psicopatiche, e non commetterebbero crimini se seguissero la loro natura. Questo ovviamente non significa che siano da considerare irresponsabili: un crimine rimane un crimine anche se si commette per “obbedienza”.
Un altro studioso che ha cercato di comprendere questo fenomeno già negli anni Cinquanta è Alex Comfort, che nel suo libro "Potere e delinquenza” sostiene che “La civiltà può essere difesa, o sviluppata, solo se esiste una capacità di resistenza individuale, solo se esistono individui che diventano responsabili attraverso la disobbedienza (al gruppo di socio-psicopatici)”.
Dunque, un gruppo di poche centinaia di persone affette da patologie psichiche può esercitare un potere globale perché i popoli sono presi dalla paura, sono disposti ad accettare un assetto ingiusto, o sono assai creduloni riguardo alla propaganda del gruppo egemone. In ogni caso, rimane il fatto che in ogni momento i popoli potrebbero rifiutare l’assetto e organizzarsi con libertà, responsabilità e coraggio.
Cosa si può fare per sottrarsi ai meccanismi di innesco della paura e per non cadere nelle trappole dei socio-psicopatici?
Occorre tener presente che anche le autorità socio-psicopatiche hanno alcune paure, che sono assai diverse rispetto alle persone comuni. La loro paura più grande è quella di essere scoperti e visti per quello che sono realmente.
Hanno una paura tremenda delle persone comuni, perché le percepiscono come superiori moralmente e civilmente a loro, e per questo si prodigano a manipolare la loro vita emotiva e le loro opinioni, in modo tale da renderli simili a loro stessi nel cinismo e nella superficialità, ma emotivamente sottomessi.
I loro punti deboli sono diversi: sono terribilmente ansiosi quando un essere umano acquisisce consapevolezza delle sue emozioni e di come il sistema vorrebbe manipolarlo. Quando le persone riescono a fare un lavoro su se stesse per diventare immuni al loro plagio, il loro sistema truffaldino non è più efficace, e questo li fa andare nel panico, li rende ossessionati dal bisogno di controllo. Se la maggior parte delle persone ricercasse la verità oltre le loro menzogne, se lavorasse sulle proprie emozioni per impedire l’accrescimento della paura e dell’insicurezza, e se molti comprendessero che le autorità attuali non sono persone equilibrate (anziché deridere chi lo dice), probabilmente le cose cambierebbero.
Non si potrà certo rimanere per sempre un gregge di pecore impaurite che continuano ad appoggiarsi ad autorità criminali, che promettono “nuove speranze” e “tempi migliori”, ma di fatto agiscono come sempre hanno fatto. Come osserva lo scrittore Clinton Callahan: “Se la gente si sedesse rifiutandosi di sollevare neanche una mano anche ad un unico ordine dello psicopatico del giorno, se la gente si rifiutasse di pagare le tasse, se i soldati si rifiutassero di combattere… l'intero sistema si frantumerebbe in una stridente battuta d'arresto. Il vero cambiamento avviene nel momento in cui una persona viene a conoscenza della psicopatia in tutti i suoi freddi dettagli. Da questa nuova consapevolezza, il mondo assumerà un aspetto diverso, e azioni integralmente nuove potranno essere intraprese. Il distinguere tra qualità umane e psicopatiche dà inizio al fondamento della responsabilità sulla quale abbiamo una reale possibilità di creare una cultura sostenibile”.(2)
Senza paura, e prendendosi le proprie responsabilità si può creare un mondo senza guerre, in cui assumeranno ruoli autorevoli soltanto persone equilibrate e sagge, in cui le risorse verranno equamente distribuite e in cui le truffe politiche e gli inganni mediatici saranno un triste ricordo del passato. Utopia? Certo, finché prevarrà la paura.
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NOTE
1) Articolo di Kevin Barrett, “ Twilight of the Psychopaths”, http://www.agoracosmopolitan.com/home/Frontpage/2008/01/02/02073.html
2) Clinton Callahan, Dissent Mag/Segni del Tempo, 12 maggio 2008.
domenica
COME ERAVAMO
Come eravamo prima dell’era delle Tv commerciali? Prima delle vallette seminude, degli schermi pubblicitari nelle stazioni e della pubblicità sugli autobus? Come eravamo prima dello sfruttamento lavorativo dei precari?
Fino agli anni Ottanta dello scorso secolo, gli eventi mediatici non erano completamente controllati dal gruppo di potere, come adesso, e dunque esistevano pubblicazioni che raccontavano le cose dal punto di vista dei lavoratori, e producevano indignazione, rabbia e reazioni.
Già all’epoca però i partiti e i sindacati svolgevano un potente ruolo di controllo sulle libere associazioni dei lavoratori, e si ergevano ad unici organi di difesa dei diritti, impedendo in vari modi la libera lotta dei cittadini.
Pubblichiamo alcuni volantini scritti da gruppi di operai nel periodo 1978-1979 (tratti dal libro di Michele Michelino, “1970-1983 la lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni”, Nuova Cesat Coop, Firenze 2003). Invitiamo a leggerli attentamente e, fatte le debite considerazioni storiche, commentarli alla luce della situazione attuale dei lavoratori nel nostro paese.
A parte la maggiore ideologizzazione che si avverte nel linguaggio, forse traspare una maggiore consapevolezza circa i metodi del regime per reprimere ogni tentativo di cambiamento.
Teniamo conto che da allora sono passati ben trenta anni. Pensate a quante cose sono cambiate, ad esempio dal punto di vista tecnologico e mediatico. Dopo trenta anni, è impressionante l’attualità dei temi trattati.
Oggi la situazione dei lavoratori è peggiorata, basti pensare al lavoro precario, che interesserebbe circa tre milioni di persone, e alle morti sul lavoro, che sarebbero in aumento. Osserviamo che questi operai non ripongono la loro fiducia né nel PCI né nei sindacati. Specie dopo la cosiddetta “svolta dell’Eur" del 1977, essi vorrebbero organizzarsi autonomamente, ma non ci riusciranno. Spiega Michelino: “Negli anni ’76-80 la difficoltà di organizzare lotte politiche e sindacali autonome indipendenti dal controllo del PCI e del sindacato era evidente; la criminalizzazione di chiunque si muovesse sul terreno della lotta di classe – schiacciato fra lo stato e i sostenitori della lotta armata come unica forma di lotta- insieme all’evidenziarsi del fallimento e al conseguente scioglimento dei gruppi extraparlamentari (Lotta Continua, Movimento Lavoratori per il Socialismo, Democrazia Proletaria, Marxisti-Leninisti, ecc.) aveva creato, nei militanti delusi, la voglia di scappare dalla fabbrica. E le extraliquidazioni che i padroni mettevano a disposizione per ‘aiutarli’ a lasciare le fabbriche rientravano nella tattica del bastone (la repressione) e della carota (i soldi), per eliminare potenziali agitatori e organizzatori della resistenza operaia… L’azione repressiva viene mistificata, il fatto che non sia vista dalla maggioranza degli operai come rivolta contro di loro, le loro lotte ed i loro interessi, ma come necessità per eliminare i terroristi in fabbrica, dimostra la difficoltà di lavorare politicamente su posizioni anticapitalistiche in fabbrica”. (Michelino Michele, “1970-1983 la lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni”, Nuova Cesat Coop, Firenze 2003, p. 63).
Volantini scritti da gruppi di operai nel periodo 1978-1979
Volantino 1
SULLA PERICOLOSITA’ DEL LAVORO IN FABBRICA
Le condizioni antinfortunistiche in forgia sono inesistenti. Da tempo succedono fatti gravi. Oltre ai rumori, al fumo e al calore che minano la salute, lavorando sugli impianti vecchi e logori gli incidenti sono all’ordine del giorno. Gru che perdono pezzi, magli che perdono i bulloni, con grave rischio per gli operai.
L’ultimo incidente verificatosi al maglio 35000 alla presenza dello SMAL (è partito come un proiettile un blocchetto di ferro) solo per puro caso non ha ammazzato qualche operaio.
La direzione rispondendo alla lettera inviata dallo SMAL all’ispettorato del lavoro dove si denunciavano le condizioni di lavoro e l’incidente successo, ancora una volta ha scaricato la colpa sugli operai.
Operai della Breda Fucine, in nome dell’aumento della produttività e del profitto i padroni e i loro tirapiedi ci costringono a lavorare in condizioni pericolose.
L’aumento dello sfruttamento è la causa principale dell’aumento degli infortuni.
RIBADIAMO LA DIFESA DEI NOSTRI INTERESSI, RIFIUTANDOCI DI LAVORARE FINO A QUANDO NON SARANNO GARANTITE LE MISURE ANTINFORTUNISTICHE.
Un gruppo di operai della Breda Fucine
Gennaio 1978
NOTA: SMAL – Servizio di Medicina preventive per gli Ambienti di Lavoro
Volantino 2
CINQUE OPERAI IERI SONO MORTI IN UNA FABBRICA DEL VENETO
Uno di essi è caduto in una fossa di liquami. Gli altri quattro sono morti nel tentativo di salvarlo. Il liquame era diventato un tossico mortale perché da tempo non veniva sostituito. Nessun controllo era stato eseguito prima di avviare il lavoro di scarico.
La vita degli operai non costa niente ai padroni, ci sono tanti disoccupati da mandare al macello che non vale la pena di sprecare qualche spicciolo in opere di prevenzione.
Gli investimenti devono essere produttivi, ciò che non rende profitto è capitale morto, muoia dunque l’operaio purché si valorizzi il capitale!
Per quattro operai che non hanno esitato a dare la loro vita nel disperato tentativo di salvare un compagno i valori morali sono completamente rovesciati. Quando non si ha proprietà da difendere, quando si è costretti a vendere quotidianamente le proprie braccia per vivere, quando la solidarietà con i propri compagni diventa l’unica possibilità di difendersi dallo sfruttamento, ci si può anche gettare in una fossa di veleni per allungare un braccio al proprio compagno di sventura. Ma sono valori di una classe particolare che dev’essere tenuta sottomessa ai gradini più bassi della società. Quando se ne parla è solo per insultarli. Gli operai sono assenteisti, non producono aabastanza, non sono abbastanza solidali con i padroni e l’economia è in crisi.
Per i cinque operai, per le loro famiglie dunque neppure un minuto di sciopero, non un comunicato di condanna o di solidarietà.
Evidentemente, anche per i ‘rappresentanti dei lavoratori’ l’umanità si distingue per il valore della pelle, ci sono quelle pregiate e quelle che non valgono neppure un minuto di protesta. D’altra parte sono 5000 gli operai che ogni anno vengono assassinati sul posto di lavoro. Tre ore di sciopero per ciascuno significherebbe far perdere ai padroni 15.000 ore di profitti. Dove andrebbe a finire la solidarietà nazionale per salvare i padroni dalla crisi?
OPERAI, CINQUE COMPAGNI SONO MORTI E NON NE CONOSCIAMO NEPPURE IL NOME, NON POSSIAMO ONORARNE LA MEMORIA NE’ AIUTARNE LE FAMIGLIE. ECCO COSA CONTIAMO NELLA DEMOCRAZIA DEI BORGHESI.
Gli operai dei Magli e Trafila della Breda Fucine
Volantino 3
OPERAI!
Operai,
la crisi non trova soluzione e può precipitare in qualsiasi momento. I padroni hanno accumulato una massa di capitali che non possono riprodursi ai saggi di profitto precedenti. La concorrenza fra capitalisti di diversi paesi spinge rapidamente ad una nuova guerra.
I sacrifici che ci hanno imposto erano solo una piccola parte di quelli che ora devono imporci. Per battere la concorrenza i padroni devono consumare più produttivamente la nostra pelle: salari da fame, licenziamenti, intensificazione dei ritmi. Eliminare ogni resistenza in fabbrica ne è la condizione: ordine e produttività sono le bandiere innalzate in difesa del profitto.
Agnelli e l’industria di stato indicano la strada: 61 operai licenziati alla Fiat, decine all’Alfa. I primi minavano la ‘civile convivenza’ in fabbrica, i secondi si ammalavano spesso. Le campagne su terrorismo e assenteismo servono da copertura alla repressione.
CHI DIFENDE GLI OPERAI IN QUESTA SITUAZIONE?
Il sindacato e le aristocrazie di fabbrica che rappresenta hanno assunto in pieno la difesa del capitalismo italiano: più sacrifici, più produttività per la salvezza dell’economia nazionale. Di fronte ai licenziamenti chiedono le ‘prove’, perché sia la magistratura dei padroni a giudicare. Ma non è difficile trovarle: qualunque lotta che ponga dei limiti al nostro consumo mina la civile convivenza tra sfruttati e sfruttatori. Il sindacato difende solo i privilegi acquisiti svendendo i nostri interessi!
I cosiddetti ‘partiti operai’ che controllano il sindacato si uniscono con tutto il parlamento su un punto centrale: garantire ai padroni le condizioni ideali per i loro profitti.
Non possiamo farci trascinare impreparati nel precipitare della crisi. Il capitale ci propone maggiore sfruttamento, licenziamenti in massa, sottomissione all’economia di guerra, inquadramento sotto le bandiere del capitale per sparare sugli operai di altri paesi.
ORGANIZZARSI
I gruppi operai delle diverse fabbriche devono collegarsi, valutare la situazione, confrontarsi su un compito non più rinviabile: darsi una organizzazione politica indipendente per lottare contro il capitale, emanciparsi dallo sfruttamento, eliminare le classi.
GLI OPERAI DI TUTTI I PAESI HANNO GLI STESSI INTERESSI
Gruppo operaio della Fiat (Mirafiori e Rivalta)
Gruppo operaio Breda Fucine
Collettivo operaio Falck Unione
Gruppo operaio Alfa Arese
Operai della Borletti
Operai dell’Italsider (Genova)
Novembre 1979
Fino agli anni Ottanta dello scorso secolo, gli eventi mediatici non erano completamente controllati dal gruppo di potere, come adesso, e dunque esistevano pubblicazioni che raccontavano le cose dal punto di vista dei lavoratori, e producevano indignazione, rabbia e reazioni.
Già all’epoca però i partiti e i sindacati svolgevano un potente ruolo di controllo sulle libere associazioni dei lavoratori, e si ergevano ad unici organi di difesa dei diritti, impedendo in vari modi la libera lotta dei cittadini.
Pubblichiamo alcuni volantini scritti da gruppi di operai nel periodo 1978-1979 (tratti dal libro di Michele Michelino, “1970-1983 la lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni”, Nuova Cesat Coop, Firenze 2003). Invitiamo a leggerli attentamente e, fatte le debite considerazioni storiche, commentarli alla luce della situazione attuale dei lavoratori nel nostro paese.
A parte la maggiore ideologizzazione che si avverte nel linguaggio, forse traspare una maggiore consapevolezza circa i metodi del regime per reprimere ogni tentativo di cambiamento.
Teniamo conto che da allora sono passati ben trenta anni. Pensate a quante cose sono cambiate, ad esempio dal punto di vista tecnologico e mediatico. Dopo trenta anni, è impressionante l’attualità dei temi trattati.
Oggi la situazione dei lavoratori è peggiorata, basti pensare al lavoro precario, che interesserebbe circa tre milioni di persone, e alle morti sul lavoro, che sarebbero in aumento. Osserviamo che questi operai non ripongono la loro fiducia né nel PCI né nei sindacati. Specie dopo la cosiddetta “svolta dell’Eur" del 1977, essi vorrebbero organizzarsi autonomamente, ma non ci riusciranno. Spiega Michelino: “Negli anni ’76-80 la difficoltà di organizzare lotte politiche e sindacali autonome indipendenti dal controllo del PCI e del sindacato era evidente; la criminalizzazione di chiunque si muovesse sul terreno della lotta di classe – schiacciato fra lo stato e i sostenitori della lotta armata come unica forma di lotta- insieme all’evidenziarsi del fallimento e al conseguente scioglimento dei gruppi extraparlamentari (Lotta Continua, Movimento Lavoratori per il Socialismo, Democrazia Proletaria, Marxisti-Leninisti, ecc.) aveva creato, nei militanti delusi, la voglia di scappare dalla fabbrica. E le extraliquidazioni che i padroni mettevano a disposizione per ‘aiutarli’ a lasciare le fabbriche rientravano nella tattica del bastone (la repressione) e della carota (i soldi), per eliminare potenziali agitatori e organizzatori della resistenza operaia… L’azione repressiva viene mistificata, il fatto che non sia vista dalla maggioranza degli operai come rivolta contro di loro, le loro lotte ed i loro interessi, ma come necessità per eliminare i terroristi in fabbrica, dimostra la difficoltà di lavorare politicamente su posizioni anticapitalistiche in fabbrica”. (Michelino Michele, “1970-1983 la lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni”, Nuova Cesat Coop, Firenze 2003, p. 63).
Volantini scritti da gruppi di operai nel periodo 1978-1979
Volantino 1
SULLA PERICOLOSITA’ DEL LAVORO IN FABBRICA
Le condizioni antinfortunistiche in forgia sono inesistenti. Da tempo succedono fatti gravi. Oltre ai rumori, al fumo e al calore che minano la salute, lavorando sugli impianti vecchi e logori gli incidenti sono all’ordine del giorno. Gru che perdono pezzi, magli che perdono i bulloni, con grave rischio per gli operai.
L’ultimo incidente verificatosi al maglio 35000 alla presenza dello SMAL (è partito come un proiettile un blocchetto di ferro) solo per puro caso non ha ammazzato qualche operaio.
La direzione rispondendo alla lettera inviata dallo SMAL all’ispettorato del lavoro dove si denunciavano le condizioni di lavoro e l’incidente successo, ancora una volta ha scaricato la colpa sugli operai.
Operai della Breda Fucine, in nome dell’aumento della produttività e del profitto i padroni e i loro tirapiedi ci costringono a lavorare in condizioni pericolose.
L’aumento dello sfruttamento è la causa principale dell’aumento degli infortuni.
RIBADIAMO LA DIFESA DEI NOSTRI INTERESSI, RIFIUTANDOCI DI LAVORARE FINO A QUANDO NON SARANNO GARANTITE LE MISURE ANTINFORTUNISTICHE.
Un gruppo di operai della Breda Fucine
Gennaio 1978
NOTA: SMAL – Servizio di Medicina preventive per gli Ambienti di Lavoro
Volantino 2
CINQUE OPERAI IERI SONO MORTI IN UNA FABBRICA DEL VENETO
Uno di essi è caduto in una fossa di liquami. Gli altri quattro sono morti nel tentativo di salvarlo. Il liquame era diventato un tossico mortale perché da tempo non veniva sostituito. Nessun controllo era stato eseguito prima di avviare il lavoro di scarico.
La vita degli operai non costa niente ai padroni, ci sono tanti disoccupati da mandare al macello che non vale la pena di sprecare qualche spicciolo in opere di prevenzione.
Gli investimenti devono essere produttivi, ciò che non rende profitto è capitale morto, muoia dunque l’operaio purché si valorizzi il capitale!
Per quattro operai che non hanno esitato a dare la loro vita nel disperato tentativo di salvare un compagno i valori morali sono completamente rovesciati. Quando non si ha proprietà da difendere, quando si è costretti a vendere quotidianamente le proprie braccia per vivere, quando la solidarietà con i propri compagni diventa l’unica possibilità di difendersi dallo sfruttamento, ci si può anche gettare in una fossa di veleni per allungare un braccio al proprio compagno di sventura. Ma sono valori di una classe particolare che dev’essere tenuta sottomessa ai gradini più bassi della società. Quando se ne parla è solo per insultarli. Gli operai sono assenteisti, non producono aabastanza, non sono abbastanza solidali con i padroni e l’economia è in crisi.
Per i cinque operai, per le loro famiglie dunque neppure un minuto di sciopero, non un comunicato di condanna o di solidarietà.
Evidentemente, anche per i ‘rappresentanti dei lavoratori’ l’umanità si distingue per il valore della pelle, ci sono quelle pregiate e quelle che non valgono neppure un minuto di protesta. D’altra parte sono 5000 gli operai che ogni anno vengono assassinati sul posto di lavoro. Tre ore di sciopero per ciascuno significherebbe far perdere ai padroni 15.000 ore di profitti. Dove andrebbe a finire la solidarietà nazionale per salvare i padroni dalla crisi?
OPERAI, CINQUE COMPAGNI SONO MORTI E NON NE CONOSCIAMO NEPPURE IL NOME, NON POSSIAMO ONORARNE LA MEMORIA NE’ AIUTARNE LE FAMIGLIE. ECCO COSA CONTIAMO NELLA DEMOCRAZIA DEI BORGHESI.
Gli operai dei Magli e Trafila della Breda Fucine
Volantino 3
OPERAI!
Operai,
la crisi non trova soluzione e può precipitare in qualsiasi momento. I padroni hanno accumulato una massa di capitali che non possono riprodursi ai saggi di profitto precedenti. La concorrenza fra capitalisti di diversi paesi spinge rapidamente ad una nuova guerra.
I sacrifici che ci hanno imposto erano solo una piccola parte di quelli che ora devono imporci. Per battere la concorrenza i padroni devono consumare più produttivamente la nostra pelle: salari da fame, licenziamenti, intensificazione dei ritmi. Eliminare ogni resistenza in fabbrica ne è la condizione: ordine e produttività sono le bandiere innalzate in difesa del profitto.
Agnelli e l’industria di stato indicano la strada: 61 operai licenziati alla Fiat, decine all’Alfa. I primi minavano la ‘civile convivenza’ in fabbrica, i secondi si ammalavano spesso. Le campagne su terrorismo e assenteismo servono da copertura alla repressione.
CHI DIFENDE GLI OPERAI IN QUESTA SITUAZIONE?
Il sindacato e le aristocrazie di fabbrica che rappresenta hanno assunto in pieno la difesa del capitalismo italiano: più sacrifici, più produttività per la salvezza dell’economia nazionale. Di fronte ai licenziamenti chiedono le ‘prove’, perché sia la magistratura dei padroni a giudicare. Ma non è difficile trovarle: qualunque lotta che ponga dei limiti al nostro consumo mina la civile convivenza tra sfruttati e sfruttatori. Il sindacato difende solo i privilegi acquisiti svendendo i nostri interessi!
I cosiddetti ‘partiti operai’ che controllano il sindacato si uniscono con tutto il parlamento su un punto centrale: garantire ai padroni le condizioni ideali per i loro profitti.
Non possiamo farci trascinare impreparati nel precipitare della crisi. Il capitale ci propone maggiore sfruttamento, licenziamenti in massa, sottomissione all’economia di guerra, inquadramento sotto le bandiere del capitale per sparare sugli operai di altri paesi.
ORGANIZZARSI
I gruppi operai delle diverse fabbriche devono collegarsi, valutare la situazione, confrontarsi su un compito non più rinviabile: darsi una organizzazione politica indipendente per lottare contro il capitale, emanciparsi dallo sfruttamento, eliminare le classi.
GLI OPERAI DI TUTTI I PAESI HANNO GLI STESSI INTERESSI
Gruppo operaio della Fiat (Mirafiori e Rivalta)
Gruppo operaio Breda Fucine
Collettivo operaio Falck Unione
Gruppo operaio Alfa Arese
Operai della Borletti
Operai dell’Italsider (Genova)
Novembre 1979
lunedì
DAL SITO DI PAOLO BARNARD
IL TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI
Marco Travaglio ha appena scritto un commento su Gaza, diramato dalla sua casa editrice Chiarelettere, che inizia così: “Israele non sta attaccando i civili palestinesi. Israele sta combattendo un’organizzazione terroristica come Hamas che, essa sì, attacca civili israeliani”.
Bene.
Il compianto Edward Said, palestinese e docente di Inglese e di Letteratura Comparata alla Columbia University di New York, scrisse anni fa un saggio intitolato “The Treason of the Intellectuals” (il tradimento degli intellettuali). Si riferiva alla vergognosa ritirata delle migliori menti progressiste d’America di fronte al tabù Israele. Ovvero come costoro si tramutassero nelle proverbiali tre scimmiette - che non vedono, non sentono, non parlano - al cospetto dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra che il Sionismo e Israele Stato avevano commesso e ancora commettono in Palestina, contro un popolo fra i più straziati dell’era contemporanea.
E di tradimento si tratta, senza ombra di dubbio, e cioè tradimento della propria coscienza, delle proprie facoltà intellettive, e del proprio mestiere. Gli intellettuali infatti hanno a disposizione, al contrario delle persone comuni, ogni mezzo per sapere, per approfondire. Ma nel caso dei 60 anni di conflitto israelo-palestinese, con la mole schiacciate e autorevole di documenti, di prove e di testimonianze che inchiodano lo Stato ebraico, non sapere e non pronunciarsi può essere solo disonestà e vigliaccheria. Poiché in quella tragedia la sproporzione fra i rispettivi torti è così colossale che non riconoscere nel Sionismo e in Israele un “torto marcio”, una colpa grottescamente e atrocemente superiore a qualsiasi cosa la parte araba abbia mai fatto o stia oggi facendo, è ignobile. E’ un tradimento della più elementare pietas, del cuore stesso dei Diritti dell’Uomo e della legalità moderna. E’ complicità, sì, com-pli-ci-tà nei crimini ebraici in Palestina. Leggete più sotto.
I traditori nostrani abbondano, particolarmente nelle fila dell’ala ‘progressista’. Marco Travaglio guida oggi il drappello, che vede Furio Colombo, Gad Lerner, Umberto Eco, Adriano Sofri, Gustavo Zagrebelsky, Walter Veltroni, Davide Bidussa et al., affiancati dell’instancabile lavoro di falsificazione della cronaca di tutti i corrispondenti a Tel Aviv delle maggiori testate italiane. E ci si chiede: perché lo fanno? Personalmente non mi interessa la risposta, e non voglio neppure addentrarmi in ipotesi contorte del tipo ‘il potere della lobby ebraica’, la carriera, o simili.
Ciò che conta è il danno che costoro causano, che è, si badi bene, superiore a quello delle armi, delle torture, delle pulizie etniche, del terrorismo. Molto superiore.
Perché una cosa sia chiara a tutti: l’unica speranza di porre fine alla barbarie in Palestina sta nella presa di posizione decisa dell’opinione pubblica occidentale, nella sua ribellione alla narrativa mendace che da 60 anni permette a Israele di torturare un intero popolo innocente e prigioniero nell’indifferenza del mondo che conta, quando non con la sua attiva partecipazione. Ma se gli intellettuali non fanno il loro dovere di denuncia della verità, se cioè non sono disposti a riconoscere ciò che l’evidenza della Storia gli sbatte in faccia da decenni, e se non hanno il coraggio di chiamarla pubblicamente col suo nome, che è: Pulizia Etnica dei palestinesi, mai si arriverà alla pace laggiù. E l’orrore continua. Essi, di quegli orrori, hanno una piena e primaria corresponsabilità.
L’evidenza della Storia di cui parlo è in primo luogo: che il progetto sionista di una ‘casa nazionale’ ebraica in Palestina nacque alla fine del XIX secolo con la precisa intenzione di cancellare dalla ‘Grande Israele’ biblica la presenza araba, attraverso l’uso di qualsiasi mezzo, dall’inganno alla strage, dalla spoliazione violenta alla guerra diretta, fino al terrorismo senza freni. I palestinesi erano condannati a priori nel progetto sionista, e lo furono 40 anni prima dell’Olocausto. Quel progetto è oggi il medesimo, i metodi sono ancor più sadici e rivoltanti, e Israele tenterà di non fermarsi di fronte a nulla e a nessuno nella sua opera di Pulizia Etnica della Palestina. Questo accadde, sta accadendo e accadrà. Questo va detto, illustrato con la sua mole schiacciante di prove autorevoli, va gridato con urgenza, affinché il pubblico apra finalmente gli occhi e possa agire per fermare la barbarie.
In secondo luogo: che la violenza araba-palestinese, per quanto assassina e ingiustificabile (ma non incomprensibile), è una reazione, REAZIONE, disperata e convulsa, a oltre un secolo di progetto sionista come sopra descritto, in particolare a 60 anni di orrori inflitti dallo Stato d’Israele ai civili palestinesi, atrocità talmente scioccanti dall’aver costretto la Commissione dell’ONU per i Diritti Umani a chiamare per ben tre volte le condotte di Israele “un insulto all’Umanità” (1977, 1985, 2000). La differenza è cruciale: REAGIRE con violenza a violenze immensamente superiori e durate decenni, non è AGIRE violenza. E’ immorale oltre ogni immaginazione invertire i ruoli di vittima e carnefice nel conflitto israelo-palestinese, ed è quello che sempre accade. E’ immorale condannare il “terrorismo alla spicciolata” di Hamas e ignorare del tutto il Grande terrorismo israeliano.
Le prove. Non posso ricopiare qui migliaia di documenti, citazioni, libri, atti ufficiali e governativi, rapporti di intelligence americana e inglese, dell’ONU, delle maggiori organizzazioni per i Diritti Umani del mondo, di intellettuali e politici e testimoni ebrei, e tanto altro, che dimostrano oltre ogni dubbio quanto da me scritto. Quelle prove sono però facilmente consultabili poiché raccolte per voi e rigorosamente referenziate in libri come “La Pulizia Etnica della Palestina”, di Ilan Pappe, Fazi ed., o “Pity The Nation”, di Robert Fisk, Oxford University Press, e “Perché ci Odiano”, Paolo Barnard, Rizzoli BUR, fra i tantissimi. O consultabili nei siti http://www.btselem.org/index.asp, http://www.jewishvoiceforpeace.org, http://zope.gush-shalom.org/index_en.html, http://www.kibush.co.il, http://rhr.israel.net, http://otherisrael.home.igc.org. O ancora leggendo gli archivi di Amnesty International o Human Rights Watch, o ne “La Questione Palestinese” della libreria delle Nazioni Unite a New York.
E torno al “tradimento degli intellettuali” nostrani. Vi sono aspetti di quel fenomeno che sono fin disperanti. Il primo è l’ignoranza in materia di conflitto israelo-palestinese di alcuni di quei personaggi, Marco Travaglio per primo; un’ignoranza non scusabile, per le ragioni dette sopra, ma anche ‘sospetta’ in diversi casi.
Un secondo aspetto è l’ipocrisia: l’evidenza di cui sopra è soverchiante nel descrivere Israele come uno Stato innanzi tutto razzista, poi criminale di guerra, poi terrorista, poi Canaglia, poi persino neonazista nelle sue condotte come potere occupante. Ricordo il 17 novembre 1948, quando Aharon Cizling, allora ministro dell’agricoltura della neonata Israele, sorta sui massacri dei palestinesi innocenti, disse: “Adesso anche gli ebrei si sono comportati come nazisti, e tutta la mia anima ne è scossa”. Ricordo Albert Einstein, che sul New York Times del dicembre 1948 definì l’emergere delle forze di Menachem Begin (futuro premier d’Israele) in Palestina come “un partito fascista per il quale il terrorismo e la menzogna sono gli strumenti”. Ricordo Ephrahim Katzir, futuro presidente di Israele, che nel 1948 mise a punto un veleno chimico per accecare i palestinesi, e ne raccomandò l’uso nel giugno di quell’anno. Ricordo Ariel Sharon, che sarà premier, e che nel 1953 fu condannato per terrorismo dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 101, dopo che ebbe rinchiuso intere famiglie palestinesi nelle loro abitazioni facendole esplodere. Ricordo l’ambasciatore israeliano all’ONU, Abba Eban, che nel 1981 disse a Menachem Begin: “Il quadro che emerge è di un Israele che selvaggiamente infligge ogni possibile orrore di morte e di angoscia alle popolazioni civili, in una atmosfera che ci ricorda regimi che né io né il signor Begin oseremmo citare per nome”. Ricordo la risoluzione ONU A/RES/37/123, che nel dicembre del 1982 definì il massacro dei palestinesi a Sabra e Chatila sotto la “personale responsabilità di Ariel Sharon” un “atto di genocidio”. Ricordo le parole dello Special Rapporteur dell’ONU per i Diritti Umani, il sudafricano John Dugard, che nel febbraio del 2007 scrisse che l’occupazione israeliana era Apartheid razzista sui palestinesi, e che Israele doveva essere processata dalla Corte di Giustizia dell’Aja. Ricordo le parole dell'intellettuale ebreo Norman G. Finkelstein, i cui genitori furono vittime dell’Olocausto: “Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi da nazisti.” Ricordo che esistono prove soverchianti che Israele usa bambini come scudi umani; che lascia morire gli ammalati ai posti di blocco; che manda i soldati a distruggere i macchinari medici nei derelitti ospedali palestinesi; che viola dal 1967 tutte le Convenzioni di Ginevra e i Principi di Norimberga; che ammazza i sospettati senza processo e con loro centinai di innocenti; che punisce collettivamente un milione e mezzo di civili esattamente come Saddam Hussein fece con le sue minoranze shiite; che massacra 19.000 o 1.000 civili a piacimento in Libano (1982, 2006) e poi reclama lo status di vittima del ‘terrorismo’. Ricordo che il Piano di Spartizione della Palestina del 1947 fu rigettato da Ben Gurion prima ancora che l'ONU lo adottasse, e che esso privava i palestinesi di ogni risorsa importante (dai Diari di Ben Gurion). Ricordo che la guerra arabo-israeliana del 1948 fu una farsa dove mai l’esercito ebraico fu in pericolo di sconfitta, tanto è vero che Ben Gurion diresse in quei mesi i suoi soldati migliori alla pulizia etnica dei palestinesi (sempre dai Diari di Ben Gurion); che la guerra dei Sei Giorni nel 1967 fu un’altra menzogna, dove ancora Israele sapeva in aticipo di vincere facilmente “in 7 giorni”, come disse il capo del Mossad Meir Amit a McNamara a Washington prima delle ostilità, e mentre l’egiziano Nasser tentava disperatamente di mediare una pace (dagli archivi desecretati della Johnson Library, USA); che gli incontri di Camp David nel 2000 furono un inganno per distruggere Arafat, come ho dimostrato in “Perché ci Odiano” intervistando i mediatori di Clinton; che i governi di Israele hanno redatto 4 piani in sei anni per la distruzione dell'Autorità Palestinese sancita dagli accordi di Oslo mentre fingevano di volere la pace (nomi: Fields of Thorns, Dagan, The Destruction of the PA, ed Eitam); che la tregua con Hamas che ha preceduto l’aggressione a Gaza fu rotta da Israele per prima il 4 novembre del 2008 (The Guardian, 5/11/08 – Ha’aretz, 30/12/08), con l’assassino di 6 palestinesi. E queste sono solo briciole della mole di menzogne che ci hanno raccontato da sempre sulla 'epopea' sionista.
Ricordo infine Ben Gurion, il padre di Israele, che lasciò scritto: “Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle loro terre, per ripulire la Galilea dalla sua popolazione araba”. E ancora: “C’è bisogno di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti”. Quell'uomo pronunciò quelle agghiaccianti parole 20 anni prima della nascita dell’OLP, più di 30 anni prima della nascita di Hamas, 50 anni prima dell’esplosione del primo razzo Qassam su Sderot in Israele.
Ricordo ai nostri ‘intellettuali’ di andarle a leggere queste cose, che sono in libreria accessibili a tutti, prima di emettere sentenze.
E l’ipocrisia sta nel fatto che questi negazionisti di tali orrori storici possono scrivere le enormità che scrivono sulla tragedia di Gaza, sulla Pulizia Etnica dei palestinesi, e possono dichiararsi filo-israeliani “appassionati” (Travaglio) senza essere ricoperti di vergogna dal mondo della cultura, dai giornalisti e dai politici come lo sarebbe chiunque negasse in pubblico l’orrore patito per decenni dalle vittime dell’Apartheid sudafricana, o i massacri di pulizia etnica di Srebrenica e in tutta la ex Jugoslavia.
Il mio appello a questi colti mistificatori è: continuare a seppellire sotto un oceano di menzogne, di ipocrisia, sotto l’indifferenza allo strazio infinito di un popolo, sotto la vostra paura o la vostra convenienza, la grottesca sproporzione fra il torto di Israele e quello palestinese, causa e causerà ancora morti, agonie, inferno in terra per esseri umani come noi, palestinesi e israeliani. Sono più di cento anni che il nostro mondo li sta umiliando, tradendo, derubando, straziando, con Israele come suo sicario. Sono 60 anni che chiamiamo quelle vittime “terroristi” e i terroristi “vittime”. Questo è orribile, contorce le coscienze. Non ci meravigliamo poi se i palestinesi e i loro sostenitori nel mondo islamico finiscono per odiarci. Dio sa quanta ragione hanno, cari 'intellettuali'.
Paolo Barnard
Gennaio 2009
Tratto da
http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=86
Marco Travaglio ha appena scritto un commento su Gaza, diramato dalla sua casa editrice Chiarelettere, che inizia così: “Israele non sta attaccando i civili palestinesi. Israele sta combattendo un’organizzazione terroristica come Hamas che, essa sì, attacca civili israeliani”.
Bene.
Il compianto Edward Said, palestinese e docente di Inglese e di Letteratura Comparata alla Columbia University di New York, scrisse anni fa un saggio intitolato “The Treason of the Intellectuals” (il tradimento degli intellettuali). Si riferiva alla vergognosa ritirata delle migliori menti progressiste d’America di fronte al tabù Israele. Ovvero come costoro si tramutassero nelle proverbiali tre scimmiette - che non vedono, non sentono, non parlano - al cospetto dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra che il Sionismo e Israele Stato avevano commesso e ancora commettono in Palestina, contro un popolo fra i più straziati dell’era contemporanea.
E di tradimento si tratta, senza ombra di dubbio, e cioè tradimento della propria coscienza, delle proprie facoltà intellettive, e del proprio mestiere. Gli intellettuali infatti hanno a disposizione, al contrario delle persone comuni, ogni mezzo per sapere, per approfondire. Ma nel caso dei 60 anni di conflitto israelo-palestinese, con la mole schiacciate e autorevole di documenti, di prove e di testimonianze che inchiodano lo Stato ebraico, non sapere e non pronunciarsi può essere solo disonestà e vigliaccheria. Poiché in quella tragedia la sproporzione fra i rispettivi torti è così colossale che non riconoscere nel Sionismo e in Israele un “torto marcio”, una colpa grottescamente e atrocemente superiore a qualsiasi cosa la parte araba abbia mai fatto o stia oggi facendo, è ignobile. E’ un tradimento della più elementare pietas, del cuore stesso dei Diritti dell’Uomo e della legalità moderna. E’ complicità, sì, com-pli-ci-tà nei crimini ebraici in Palestina. Leggete più sotto.
I traditori nostrani abbondano, particolarmente nelle fila dell’ala ‘progressista’. Marco Travaglio guida oggi il drappello, che vede Furio Colombo, Gad Lerner, Umberto Eco, Adriano Sofri, Gustavo Zagrebelsky, Walter Veltroni, Davide Bidussa et al., affiancati dell’instancabile lavoro di falsificazione della cronaca di tutti i corrispondenti a Tel Aviv delle maggiori testate italiane. E ci si chiede: perché lo fanno? Personalmente non mi interessa la risposta, e non voglio neppure addentrarmi in ipotesi contorte del tipo ‘il potere della lobby ebraica’, la carriera, o simili.
Ciò che conta è il danno che costoro causano, che è, si badi bene, superiore a quello delle armi, delle torture, delle pulizie etniche, del terrorismo. Molto superiore.
Perché una cosa sia chiara a tutti: l’unica speranza di porre fine alla barbarie in Palestina sta nella presa di posizione decisa dell’opinione pubblica occidentale, nella sua ribellione alla narrativa mendace che da 60 anni permette a Israele di torturare un intero popolo innocente e prigioniero nell’indifferenza del mondo che conta, quando non con la sua attiva partecipazione. Ma se gli intellettuali non fanno il loro dovere di denuncia della verità, se cioè non sono disposti a riconoscere ciò che l’evidenza della Storia gli sbatte in faccia da decenni, e se non hanno il coraggio di chiamarla pubblicamente col suo nome, che è: Pulizia Etnica dei palestinesi, mai si arriverà alla pace laggiù. E l’orrore continua. Essi, di quegli orrori, hanno una piena e primaria corresponsabilità.
L’evidenza della Storia di cui parlo è in primo luogo: che il progetto sionista di una ‘casa nazionale’ ebraica in Palestina nacque alla fine del XIX secolo con la precisa intenzione di cancellare dalla ‘Grande Israele’ biblica la presenza araba, attraverso l’uso di qualsiasi mezzo, dall’inganno alla strage, dalla spoliazione violenta alla guerra diretta, fino al terrorismo senza freni. I palestinesi erano condannati a priori nel progetto sionista, e lo furono 40 anni prima dell’Olocausto. Quel progetto è oggi il medesimo, i metodi sono ancor più sadici e rivoltanti, e Israele tenterà di non fermarsi di fronte a nulla e a nessuno nella sua opera di Pulizia Etnica della Palestina. Questo accadde, sta accadendo e accadrà. Questo va detto, illustrato con la sua mole schiacciante di prove autorevoli, va gridato con urgenza, affinché il pubblico apra finalmente gli occhi e possa agire per fermare la barbarie.
In secondo luogo: che la violenza araba-palestinese, per quanto assassina e ingiustificabile (ma non incomprensibile), è una reazione, REAZIONE, disperata e convulsa, a oltre un secolo di progetto sionista come sopra descritto, in particolare a 60 anni di orrori inflitti dallo Stato d’Israele ai civili palestinesi, atrocità talmente scioccanti dall’aver costretto la Commissione dell’ONU per i Diritti Umani a chiamare per ben tre volte le condotte di Israele “un insulto all’Umanità” (1977, 1985, 2000). La differenza è cruciale: REAGIRE con violenza a violenze immensamente superiori e durate decenni, non è AGIRE violenza. E’ immorale oltre ogni immaginazione invertire i ruoli di vittima e carnefice nel conflitto israelo-palestinese, ed è quello che sempre accade. E’ immorale condannare il “terrorismo alla spicciolata” di Hamas e ignorare del tutto il Grande terrorismo israeliano.
Le prove. Non posso ricopiare qui migliaia di documenti, citazioni, libri, atti ufficiali e governativi, rapporti di intelligence americana e inglese, dell’ONU, delle maggiori organizzazioni per i Diritti Umani del mondo, di intellettuali e politici e testimoni ebrei, e tanto altro, che dimostrano oltre ogni dubbio quanto da me scritto. Quelle prove sono però facilmente consultabili poiché raccolte per voi e rigorosamente referenziate in libri come “La Pulizia Etnica della Palestina”, di Ilan Pappe, Fazi ed., o “Pity The Nation”, di Robert Fisk, Oxford University Press, e “Perché ci Odiano”, Paolo Barnard, Rizzoli BUR, fra i tantissimi. O consultabili nei siti http://www.btselem.org/index.asp, http://www.jewishvoiceforpeace.org, http://zope.gush-shalom.org/index_en.html, http://www.kibush.co.il, http://rhr.israel.net, http://otherisrael.home.igc.org. O ancora leggendo gli archivi di Amnesty International o Human Rights Watch, o ne “La Questione Palestinese” della libreria delle Nazioni Unite a New York.
E torno al “tradimento degli intellettuali” nostrani. Vi sono aspetti di quel fenomeno che sono fin disperanti. Il primo è l’ignoranza in materia di conflitto israelo-palestinese di alcuni di quei personaggi, Marco Travaglio per primo; un’ignoranza non scusabile, per le ragioni dette sopra, ma anche ‘sospetta’ in diversi casi.
Un secondo aspetto è l’ipocrisia: l’evidenza di cui sopra è soverchiante nel descrivere Israele come uno Stato innanzi tutto razzista, poi criminale di guerra, poi terrorista, poi Canaglia, poi persino neonazista nelle sue condotte come potere occupante. Ricordo il 17 novembre 1948, quando Aharon Cizling, allora ministro dell’agricoltura della neonata Israele, sorta sui massacri dei palestinesi innocenti, disse: “Adesso anche gli ebrei si sono comportati come nazisti, e tutta la mia anima ne è scossa”. Ricordo Albert Einstein, che sul New York Times del dicembre 1948 definì l’emergere delle forze di Menachem Begin (futuro premier d’Israele) in Palestina come “un partito fascista per il quale il terrorismo e la menzogna sono gli strumenti”. Ricordo Ephrahim Katzir, futuro presidente di Israele, che nel 1948 mise a punto un veleno chimico per accecare i palestinesi, e ne raccomandò l’uso nel giugno di quell’anno. Ricordo Ariel Sharon, che sarà premier, e che nel 1953 fu condannato per terrorismo dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 101, dopo che ebbe rinchiuso intere famiglie palestinesi nelle loro abitazioni facendole esplodere. Ricordo l’ambasciatore israeliano all’ONU, Abba Eban, che nel 1981 disse a Menachem Begin: “Il quadro che emerge è di un Israele che selvaggiamente infligge ogni possibile orrore di morte e di angoscia alle popolazioni civili, in una atmosfera che ci ricorda regimi che né io né il signor Begin oseremmo citare per nome”. Ricordo la risoluzione ONU A/RES/37/123, che nel dicembre del 1982 definì il massacro dei palestinesi a Sabra e Chatila sotto la “personale responsabilità di Ariel Sharon” un “atto di genocidio”. Ricordo le parole dello Special Rapporteur dell’ONU per i Diritti Umani, il sudafricano John Dugard, che nel febbraio del 2007 scrisse che l’occupazione israeliana era Apartheid razzista sui palestinesi, e che Israele doveva essere processata dalla Corte di Giustizia dell’Aja. Ricordo le parole dell'intellettuale ebreo Norman G. Finkelstein, i cui genitori furono vittime dell’Olocausto: “Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi da nazisti.” Ricordo che esistono prove soverchianti che Israele usa bambini come scudi umani; che lascia morire gli ammalati ai posti di blocco; che manda i soldati a distruggere i macchinari medici nei derelitti ospedali palestinesi; che viola dal 1967 tutte le Convenzioni di Ginevra e i Principi di Norimberga; che ammazza i sospettati senza processo e con loro centinai di innocenti; che punisce collettivamente un milione e mezzo di civili esattamente come Saddam Hussein fece con le sue minoranze shiite; che massacra 19.000 o 1.000 civili a piacimento in Libano (1982, 2006) e poi reclama lo status di vittima del ‘terrorismo’. Ricordo che il Piano di Spartizione della Palestina del 1947 fu rigettato da Ben Gurion prima ancora che l'ONU lo adottasse, e che esso privava i palestinesi di ogni risorsa importante (dai Diari di Ben Gurion). Ricordo che la guerra arabo-israeliana del 1948 fu una farsa dove mai l’esercito ebraico fu in pericolo di sconfitta, tanto è vero che Ben Gurion diresse in quei mesi i suoi soldati migliori alla pulizia etnica dei palestinesi (sempre dai Diari di Ben Gurion); che la guerra dei Sei Giorni nel 1967 fu un’altra menzogna, dove ancora Israele sapeva in aticipo di vincere facilmente “in 7 giorni”, come disse il capo del Mossad Meir Amit a McNamara a Washington prima delle ostilità, e mentre l’egiziano Nasser tentava disperatamente di mediare una pace (dagli archivi desecretati della Johnson Library, USA); che gli incontri di Camp David nel 2000 furono un inganno per distruggere Arafat, come ho dimostrato in “Perché ci Odiano” intervistando i mediatori di Clinton; che i governi di Israele hanno redatto 4 piani in sei anni per la distruzione dell'Autorità Palestinese sancita dagli accordi di Oslo mentre fingevano di volere la pace (nomi: Fields of Thorns, Dagan, The Destruction of the PA, ed Eitam); che la tregua con Hamas che ha preceduto l’aggressione a Gaza fu rotta da Israele per prima il 4 novembre del 2008 (The Guardian, 5/11/08 – Ha’aretz, 30/12/08), con l’assassino di 6 palestinesi. E queste sono solo briciole della mole di menzogne che ci hanno raccontato da sempre sulla 'epopea' sionista.
Ricordo infine Ben Gurion, il padre di Israele, che lasciò scritto: “Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle loro terre, per ripulire la Galilea dalla sua popolazione araba”. E ancora: “C’è bisogno di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti”. Quell'uomo pronunciò quelle agghiaccianti parole 20 anni prima della nascita dell’OLP, più di 30 anni prima della nascita di Hamas, 50 anni prima dell’esplosione del primo razzo Qassam su Sderot in Israele.
Ricordo ai nostri ‘intellettuali’ di andarle a leggere queste cose, che sono in libreria accessibili a tutti, prima di emettere sentenze.
E l’ipocrisia sta nel fatto che questi negazionisti di tali orrori storici possono scrivere le enormità che scrivono sulla tragedia di Gaza, sulla Pulizia Etnica dei palestinesi, e possono dichiararsi filo-israeliani “appassionati” (Travaglio) senza essere ricoperti di vergogna dal mondo della cultura, dai giornalisti e dai politici come lo sarebbe chiunque negasse in pubblico l’orrore patito per decenni dalle vittime dell’Apartheid sudafricana, o i massacri di pulizia etnica di Srebrenica e in tutta la ex Jugoslavia.
Il mio appello a questi colti mistificatori è: continuare a seppellire sotto un oceano di menzogne, di ipocrisia, sotto l’indifferenza allo strazio infinito di un popolo, sotto la vostra paura o la vostra convenienza, la grottesca sproporzione fra il torto di Israele e quello palestinese, causa e causerà ancora morti, agonie, inferno in terra per esseri umani come noi, palestinesi e israeliani. Sono più di cento anni che il nostro mondo li sta umiliando, tradendo, derubando, straziando, con Israele come suo sicario. Sono 60 anni che chiamiamo quelle vittime “terroristi” e i terroristi “vittime”. Questo è orribile, contorce le coscienze. Non ci meravigliamo poi se i palestinesi e i loro sostenitori nel mondo islamico finiscono per odiarci. Dio sa quanta ragione hanno, cari 'intellettuali'.
Paolo Barnard
Gennaio 2009
Tratto da
http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=86
domenica
Endgame 1/14 Ita Sub (Alex Jones)
Un documentario per capire il sistema attuale.
Ringrazio chi lo ha tradotto e pubblicato su YouTube.
La comprensione della verità del sistema, seppur drammatica, non deve far dimenticare che i popoli hanno sempre avuto e sempre avranno il potere di liberarsi dalla schiavitù, qualora decidessero di avere consapevolezza e di non delegare le responsabilità.
venerdì
MEMORIALI DI VINCENZO CALCARA
Su segnalazione di un lettore (Alex) pubblichiamo alcuni stralci del memoriale del pentito Vincenzo Calcara. L’intero memoriale può essere letto all’indirizzo:
http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=663
Memoriali di Vincenzo Calcara
Scritto da Salvatore Borsellino - Federico Elmetti
Giovedì 18 Settembre 2008 11:45
A circa tre mesi e mezzo di distanza dal 30 Maggio 2008, giorno in cui pubblicai la prima parte dei memoriali di Vincenzo Calcara, che in questo periodo hanno realizzato in totale più di 34.000 accessi, li ripubblico sotto altra veste grazie alla preziosa collaborazione di Federico Elmetti, un ricercatore italiano che vive a Bruxelles
PROLOGO
22 Marzo 2008
Mio Amatissimo e Stimatissimo Salvatore,
tutto ciò che doverosamente ho comunicato a tua cognata Agnese e a tuo nipote Manfredi ritengo giusto dirlo anche a te.
Tutto ciò che scrivo è dettato, ponderato e pensato secondo la mia coscienza, a cui non potrei mai mentire.
Non metterò mai in pratica alcun mio desiderio, alcuna mia decisione che pur io ritenga doverosa e giusta, se, prima, questi desideri, queste decisioni non saranno scandagliati dalla mia coscienza.
Agirò sempre seguendo la mia coscienza.
In questo viaggio catartico che sono le mie confessioni, mi farò accompagnare sì dai miei sentimenti ma anche da quella ragione che sa tener a bada i sentimenti.
D'altra parte, sono anche consapevole del fatto che, di fronte ad una coscienza più grande della mia e a sentimenti, doveri, desideri e decisioni più grandi dei miei, tutto ciò che è stato passato al vaglio della mia coscienza si deve fermare.
Caro Salvatore, in questi lunghi anni di intensi colloqui che ho avuto con tua cognata Agnese, ho percepito il suo grande affetto verso di me. Mi ha più volte consigliato di dare un taglio al mio passato, di non voltarmi più indietro, ma di guardare avanti e pensare al futuro dei miei figli. Ovviamente non posso fare a meno di apprezzare la cura che questa grande donna ha avuto nei miei confronti e alle lezioni di vita che con animo sincero ha saputo impartirmi. Credo che le parole di Donna Agnese abbiano un unico significato: svincolarsi dal proprio passato permette ad ognuno di noi di acquisire una posizione da cui è più facile poi afferrare e vivere meglio sia il presente che l'avvenire.
Una cosa è certa. Tutto quello che questa nobile grande donna mi ha trasmesso, compreso quell'onore che solo donne particolari sanno avere, mantenere, difendere e mettere in pratica, lo trasmetterò alle mie figlie. Nel caso in cui, per mia debolezza, non riuscissi a trasmettere loro tutto quello che indegnamente ho ricevuto da tuo fratello Paolo, da tua cognata, dai tuoi nipoti e adesso anche da te, sarebbe per me una una vergognosa e terribile sconfitta!
Nelle lunghe conversazioni che ho avuto con la grande anima di tuo fratello Paolo e con tua Cognata, non posso non ricordarmi due grandi parole: “verità'” e “uomo libero”. Queste due meravigliose parole fanno parte di quel grande patrimonio di valori che erano propri del tuo amato fratello Paolo e che anche a te degnamente appartengono.
E' vero: la Verità rende liberi.
Ma è anche vero che un diamante sporco di carbone non può mai riflettere la propria luce.
Sono fermamente convinto che un uomo può essere definitivamente libero solamente dopo aver fatto rispettare la Verità e aver amato ciò che sta dentro e oltre la Verità.
Solo dopo essere stata amata più di ogni altra cosa, la Verità entra nell'animo di un uomo rendendolo libero…
Credetemi, io so quello che dico. E mi assumo ogni responsabilità. Sfido chiunque a dimostrare il contrario di ciò che ho sempre detto, che sto dicendo e che sempre dirò fino all’ultima goccia di sangue. La mia forza è la Verità, che ho sempre detto e che sempre dirò. Niente mi fa paura. Mi potranno uccidere fisicamente (e ben venga la morte) ma non potranno uccidere la Verità. Vi prego di considerare con attenzione la mie parole e la sincerità che sta dietro di esse. La società civile mi insegna che quando un uomo è sincero il mondo si muove!
Messina Denaro Francesco, il mio capo assoluto, amava più della sua stessa vita, più di suo figlio Matteo e più di ogni altro affetto, quell'Idea del Male che ha partorito Cosa Nostra e che ha fatto di essa una forte Entità collegata ad altre Entità. Messina Denaro Francesco era ben cosciente del fatto che, solo mettendo in primo piano l'Entità di Cosa Nostra, avrebbe potuto fare di suo figlio Matteo un genio e un grande capo. Matteo Messina Denaro oggi testimonia suo padre Francesco Messina Denaro, che continua a vivere dentro di lui. Al contrario di Messina Denaro Francesco, io ho consacrato le mie quattro figlie a quell'Idea del Bene che racchiude tutto quanto il mio amato Dr. Paolo Borsellino amava, compresa la Verità, i valori, il coraggio e il dovere. Ed io, se non farò il mio dovere, non mi sentirò degno di pensare ai miei figli.
Sappi, mio stimatissimo Salvatore, che se io ho consacrato le mie quattro figlie, la loro madre e tutto me stesso a questa nobile Idea del Bene, piena di luce infinita, è stato perché gli ho creduto!
E io sono pronto a morire per ciò che credo!
Queste mie figlie e la mia donna hanno il sacrosanto diritto di essere amate da me di un amore che non sia egoistico, privo di coraggio, di valori e di Verità, perché allora quell'amore li renderebbe schiavi dell'Idea del Male e li porterebbe alla distruzione fisica e spirituale. Le mie figlie hanno il diritto di attingere, attraverso di me, a quella Verità che mi ha reso libero e che io ho il dovere di trasmettere con amore altruistico e coraggio. Tali valori daranno sicuramente alle mie figlie una solida base. Su di essa potranno degnamente prepararsi alla “gara della vita”, a cui parteciperanno come donne libere, insieme con la libera società civile. Da lì, poi, potranno proiettarsi al futuro e avere come meta la vittoria finale su quell'infame Idea del Male che ho conosciuto direttamente e che tante amare lacrime, sangue e dolore ha causato ai figli della grande nobile Idea del Bene, piena di luce e di verità.
Sono consapevole che il mio presente attuale è legato a “quel presente”, a quei momenti in cui ho maturato la mia scelta e all'incontro che ho avuto con tuo fratello Paolo. Il Dr. Paolo Borsellino ha tolto delle ore preziose alle persone che amava per dedicarle alla Verità, facendo della Verità lo scopo della sua vita. Il Dr. Borsellino era ed è una grande anima che ha servito lo Stato e la società civile fino in fondo. Io non ho il suo coraggio, ma ho il dovere di far rispettare e difendere la Verità che mi ha reso libero.
Carissimo Salvatore, ciò che continuo a comunicarti ha un solo obiettivo: il mio dovere di riconoscenza verso il Dr. Paolo Borsellino, che si traduce nel dire a te ogni mio pensiero, sentimento, idea e ogni cosa che realmente era ed è collegata a “quel presente” che ho vissuto con tuo Fratello Paolo. “Quel presente” che è e sarà sempre il mio presente. Non permetterò a nessuno di mettere questo presente nel dimenticatoio.
Al cuore non si comanda, ma ancor di più alla ragione! Sono però consapevole che, di fronte a un cuore e a una ragione più grandi della mia, mi devo fermare e ubbidire. Farò sempre di tutto per dimostrare che dietro ogni mia parola ci sia un riscontro, una realtà.
Qualcuno continua a dimostrare di volermi bene solo “con le belle parole” e mi ha dato l'impressione che, con diabolica sottigliezza, abbia invece interesse a mettere nel dimenticatoio quel presente che mi lega a tuo fratello Paolo. Dico questo perché spesso sento dire queste parole: “Sono passati molti anni”. Vorrei tanto far capire a chi con intelligenza sa usare la ragione (la stessa che predicava Machiavelli) che non bisogna affiancare a questa ragione quella sottigliezza diabolica che contribuisce a rafforzare l'Idea del Male. Mi posso permettere di dire a chi vuole apparire come “Paladino di Francia” e fa credere di essere all'altezza di combattere il Male, che il frutto non nasce dalle belle parole, ma nasce e matura con un'azione forte e determinata. Vogliono dimostrare chissà che cosa, ma in realtà cercano solo il proprio interesse. I frutti non sono tutti uguali. Ci sono frutti che saziano solo il corpo e ci sono frutti che saziano sia il corpo che lo spirito. Le belle azioni compiute di chi ha in mano i "semi" del Dr. Paolo Borsellino non devono essere egoistiche (in modo da saziare solo il corpo), ma devono essere altruistiche, piene di lealtà e coraggio, in modo da saziare corpo e spirito. Se c'è da fare una cosa, la si faccia bene. L'azione più deplorevole e meschina è quella tiepida, quella che non è né fredda né calda.
Quella società civile, a cui il Dr. Paolo Borsellino era devoto e che serviva con fedeltà, deve ben sapere che quegli uomini dei Poteri Occulti degli anni '80 e '90 che facevano parte delle Istituzioni (comprese quelle religiose) hanno lasciato degli eredi. Questi eredi continuano a portare avanti ciò che hanno ereditato.
Senza ombra di dubbio, come allora il carnefice andava al funerale della vittima, così anche oggi succede la medesima cosa. Ci sono tante associazioni che sono schierate apertamente contro la mafia (e non solo la mafia) e che continuano ancora oggi a ricordare, difendere e onorare le vittime delle stragi, ben consapevoli del rischio che corrono (come ad esempio Giorgio Bongiovanni). Ma non si dovrebbe dimenticare che anche il carnefice sa piangere ed è bravissimo ad esternare un falso dolore. Gli eredi dei carnefici sanno anche schierarsi apertamente e ricordare con inganno e ipocrisia le vittime di questo male oscuro. Anzi, in certi casi, dimostrano di essere più bravi di chi veramente combatte con lealtà. Chi ha ereditato forza e potere a sua insaputa, se vuole essere veramente leale, per prima cosa non deve mai onorare e difendere quella forza negativa che l'ha creato e deve capire che la guerra non si fa come la faceva Don Chisciotte.
Una volta, Antonino Vaccarino, l'ex Sindaco di Castelvetrano, pupillo e delfino di Francesco Messina Denaro, mi disse queste parole: “La forza dell'antica Roma e le conquiste dei Romani erano dovute esclusivamente all'Idea di Roma. Roma era un'Idea! Sappi, caro Enzuccio, che l'Idea a cui noi apparteniamo è più forte dell'Idea di Roma. In questa sublime e potente Idea è racchiusa la nostra Entità, insieme ad altre Entità”.
Carissimo Salvatore, per vincere questa Idea del Male si devono attaccare gli eredi di questa Idea che li fa essere forti. Bisogna colpirli nel cuore! Ma più che gli uomini, si deve distruggere l'Idea che è radicata in questi uomini.
Sono sicurissimo che chi ha ordinato a Messina Denaro Francesco di organizzare il piano per uccidere il tuo Amato Fratello, gli ha anche manifestato la preoccupazione e la paura che questo piano fallisse. Tanto è vero che, per mettersi al sicuro, Messina Denaro Francesco ha organizzato non uno ma due piani per ucciderlo, in modo tale che sia nell'uno che nell'altro non avrebbe potuto avere scampo! Il primo consisteva nell'ucciderlo con un fucile di precisione e, in quel caso, sarei stato io a sparare. Il secondo piano consisteva nell'ucciderlo con una autobomba, e anche in quel caso, io avrei partecipato, ma con un ruolo di minore portata: avrei fatto semplicemente da copertura. Posso dire di aver visto con i miei occhi la condanna a morte del Dr. Borsellino! Ricordo benissimo il giorno in cui, a casa del Sindaco Vaccarino, c’era il mio capo assoluto Messina Denaro Francesco che mi disse di tenermi pronto per partecipare all’uccisione del Dr. Borsellino o di un suo Sostituto.
Il Dr. Borsellino non sarebbe dovuto morire! Tutti sapevano che c’era un piano ben organizzato per eliminarlo quando era Procuratore di Marsala e che questo piano doveva essere portato a termine dal mio Capo Assoluto della storica famiglia di CASTELVETRANO Messina Denaro Francesco. Di questa morte annunciata la televisione di Stato ha parlato più e più volte.
Ma fui io il primo a parlarne apertamente nei primi mesi del 1992 in Corte d'Assise d'Appello di Palermo, dove si procedeva contro Nitto Santapaola e Mariano Agate per l'omicidio del Sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Quel “pentito-a-metà” di Giuffrè ha confermato ciò che io dissi in Corte D'Assise di Palermo al Presidente Barreca. Ma, per quanto riguarda ciò che va oltre Cosa Nostra, il collaboratore di giustizia Giuffrè ha paura di parlare!
Ricordo quando mi trovai nella cella di isolamento al carcere di Favignana, quando, dopo una lunga introspezione ed una analisi di tutto ciò che era stata la mia vita, ho capito che la mafia mi aveva usato, educandomi a valori sbagliati, ipocriti e violenti che avevano messo in pericolo la mia stessa vita. In quei momenti mi veniva in mente il Dr. Borsellino, il giudice che avrei dovuto uccidere per eliminare uno dei maggiori ostacoli al domino mafioso. In quella cella d'isolamento c'era in me un grande travaglio interiore e, prima che io mi decidessi a chiamare il Dr. Borsellino, capii che questa forza del Male che mi aveva plasmato fin dalla Giovinezza aveva mostrato tutta la sua debolezza e vigliaccheria davanti alla sua professionalità e al suo coraggio. Questa cosa li rese, davanti ai miei occhi, non invincibili come mi avevano fatto credere, bensì vulnerabili! Il mio non è stato solo un pentimento giudiziario ma anche un pentimento interiore e morale. Metteva in ballo tutti quei valori e quegli insegnamenti mafiosi che avevano mostrato tutta la loro debolezza davanti al nobile coraggio del Dr. Borsellino. Questo pentimento interiore lo devo soprattutto a lui, in quanto mi stava sempre vicino e mi aiutava a capire le ragioni profonde del mio pentimento.
Con quella luce particolare negli occhi mi diceva: "Vincenzo, ti assicuro che la parola pentimento è una parola nobile". E mi citava il pentimento del Re Davide dopo aver ucciso un innocente e avergli sottratto anche la moglie.
Quando lo incontrai, capii che c’era qualcosa che ci univa e che questa cosa non era solo il nostro legame, tanto diverso, con quella forza del Male di cui io facevo parte, ma qualcosa di ancora più oscuro e ineluttabile: l’oscura immensità della morte! Con lui condividevo lo stesso destino di morte, deciso dai capi mafiosi e da quelle Entità racchiuse in una grande e potente forza del Male.
Sapevamo entrambi che saremmo morti e questo ci ha reso ancora più vicini. Ed io Vincenzo Calcara, che credevo a questa forza del Male ed ero pronto a morire per essa, non potevo non unirmi ad un uomo con il quale avevo in comune una sola cosa: la morte! Sì, perché anche io ero stato condannato a morte, avendo avuto una relazione con la figlia di un uomo d’onore. Sapevo benissimo che la mia condanna a morte sarebbe stata eseguita dopo avermi usato per uccidere il Dr. Borsellino.
Tutte le volte che lo incontravo, rimanevo veramente colpito dal suo sorriso disarmante, da quella luce nel suo sguardo, lo sguardo di chi è fedele a se stesso e alle regole fino in fondo. Ma ero anche colpito dalla sua bontà, degna solo dei più devoti cristiani. Ripeto, il Dr. Paolo Borsellino, come magistrato, non era secondo a nessuno. La sua umiltà da vero cristiano lo faceva apparire secondo al suo amico Falcone, ma in realtà la sua professionalità ha fatto sì che la sua morte fosse anticipata!
Mio Stimatissimo, devi anche sapere che l'affetto particolare che il tuo amato fratello nutriva nei miei confronti è nato e si è rafforzato solo dopo aver toccato con le sue mani la mia lealtà verso di lui. Grazie a me trovò prove e riscontri di certi misteri, che per lui erano più importanti di quella sua vita che io cercavo di salvargli. Dopodiché, ha chiamato Sua Eccellenza l'Alto Commissario Finocchiaro e mi ha messo al sicuro nelle sue mani salvandomi la vita!
La Società Civile non deve sapere solo i rapporti d'affetto e gli abbracci tra me e il Dr. Borsellino. Deve essere al corrente della sua professionalità e di tutte le altre cose che hanno fatto paura, che continuano a fare paura e che vengono tenute chiuse negli armadi.
Il Dr. Borsellino aveva messo in pericolo interessi forti. Era quindi un ostacolo e un pericolo per quello che poteva ancora fare. Il Dr. Borsellino era in possesso di verità scomode. Di verità che facevano e fanno tuttora paura sia a Cosa Nostra che a quei poteri occulti molto pericolosi da sempre collegati a Cosa Nostra.
Tanti, anche tra coloro che si spacciavano per suoi amici, si dovrebbero vergognare di averlo lasciato solo al suo destino.
Siccome io credo nella coscienza dell’uomo e so con certezza che non si può mentire alla propria coscienza, mi rivolgo soprattutto a quelle persone della società civile che, anche se non collusi con nessuna di queste Entità malefiche, non hanno avuto il coraggio di fare un passo avanti per blindare e difendere la vita e il corpo fisico del Dr. Borsellino. A loro io voglio trasmettere tutte le sensazioni belle e le vibrazioni positive che il Dr. Borsellino mi ha trasmesso. Solo così potranno evitare lacrime di pentimento.
Migliaia di pentiti hanno parlato. Ma ci sono cose che non sono mai state dette. Molti di loro non ne hanno parlato, semplicemente perché non ne erano al corrente. Alcuni, invece, che conoscono quelle cose, credono che, non parlandone, avranno salva la vita.
Io invece ne voglio parlare, perché ho il mio asso nella manica. Solo io ho questo privilegio e quindi non posso arrecare troppi danni o problemi a chi indaga su queste cose. Per quanto concerne le Entità collegate a Cosa Nostra, ho parlato ampiamente con il Dr. Luca TESCAROLI presso la Procura di Roma. Ora, io temo per la sua vita, così come per la Dott.ssa Monteleone, per via delle indagini che stanno conducendo. D'altra parte, capisco anche che un attentato al Dr. Tescaroli non sarebbe conveniente per chi volesse la sua morte: sarebbe una conferma implicita della cose che dico.
Credo di poter dire di essere arrivato a conoscere circa l'80-90% della Verità.
Tutte le cose che racconterò sono le stesse che ho raccontato al Dottor Borsellino.
Lui prendeva appunti nella sua agenda rossa.
Quella stessa agenda che è stata fatta sparire misteriosamente il giorno dell'attentato in Via D'Amelio.
E che non è stata più ritrovata.
L'INIZIAZIONE
La maggior parte delle notizie più riservate di cui parlerò le ho apprese da Michele Lucchese.
Michele Lucchese era non solo un imprenditore, ma anche un politico e un uomo di grande fiducia di Messina Denaro Francesco, il mio Capo Assoluto. Sia Michele Lucchese che Messina Denaro Francesco, a loro volta, sono venuti a sapere di queste notizie riservate tramite il famigerato notaio Salvatore Albano. Posso affermare con certezza che Brusca e Cancemi conoscono il notaio Albano. Questo Albano, nativo di Borgetto, un paese della provincia di Palermo, era sposato con una donna slava, con la quale ha adottato una bambina. Iscritto all’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, così come il noto cardinale Marcinkus, era amico fraterno del famoso Luciano Liggio di Corleone, di cui curava gli interessi economici. Non solo. Era pure amico fraterno dei cugini Salvo, esattori e uomini d’onore. Talmente amico cheinviò loro un vassoio d'argento in dono per le nozze di Angela Salvo, la figlia prediletta di Nino, con il medico Gaetano Sangiorgi, oggi all'ergastolo come basista dell'agguato in cui fu ucciso il cugino del suo suocero, l'altro esattore, Ignazio. Si tratta del famoso vassoio del processo-Andreotti. Dentro al Vaticano il notaio Albano era di casa, ed era la persona giusta di collegamento tra l’Entità di Cosa Nostra e l’Entità del Vaticano.
Michele Lucchese nutriva per me grande affetto e fiducia. Tanto per dire quanto si fidasse di me, aveva fatto in modo che avessi la residenza a casa sua. Lucchese apparteneva ad una Loggia Massonica segreta e voleva assolutamente che anch'io entrassi a farne parte. Per questo chiese l'autorizzazione a Messina Denaro Francesco. Si era messo in testa di prepararmi all'iniziazione “Il Tempio” con Rito Scozzese: sarebbe stato lui il mio garante. Ricordo che un giorno, tutto contento, mi annunciò che Messina Denaro Francesco aveva acconsentito: “U zù Cicciu ha detto di sì!”.
Allora non perse tempo e iniziò subito a insegnarmi le prime regole fondamentali della Massoneria. Innanzi tutto alcuni termini specifici come Gran Maestro Venerabile, Gran Segretario, Grande Luce, 33°, 32°, 30° Grado, “in sonno”. Essere un fratello “in sonno” significa, per esempio, essere in un periodo di prova, in attesa di entrare a far parte a tutti gli effetti della Famiglia. Succede un po' la stessa cosa anche all'interno di Cosa Nostra. Anche lì si viene, per così dire, posati, quasi come in castigo, per poi ricevere di nuovo l'affetto del Capo Assoluto.
Lucchese mi insegnò anche come si riconosce un Fratello Massone, come ci si saluta quando ci si stringe la mano o ci si bacia e come ci si riunisce nel Tempio.
Cito un episodio particolarmente divertente. In un'occasione, Antonino Vaccarino, l'ex sindaco di Castelvetrano e ufficialmente Massone del Grande Oriente, venne a trovare Lucchese a Milano. Ero presente anch'io. Visto il grande affetto e confidenza che c'era con lui, Lucchese mi ordinò di mettere in pratica quello che avevo imparato e salutarlo con il Rito Massone. Vaccarino scoppiò a ridere e mi disse: “Sono contento che anche tu sia diventato massone!”. Era contento ed orgoglioso di me.
Questa mia appartenenza alla Massoneria si è rivelata utilissima. Per esempio, ho potuto salvare l'occhio di mia figlia Fiammetta, che necessitava di essere curato con medicinali costosissimi. Devo ringraziare il Dr. Par... (non è ben leggibile nell’originale n.d.r.). Una volta avevo notato che questo dottore era stato salutato con Rito Massone da una persona che è venuta a trovarlo. Capii dunque che era un nostro fratello. Un giorno decisi di presentarmi da lui come un fratello “in sonno” (anche se “in sonno” si è sempre fratelli), lo salutai da Massone e lui mi diede gratis quelle medicine necessarie per mia figlia.
LA MORTE DI PAPA LUCIANI
La casa di Michele Lucchese si trovava a Paderno Dugnano in una zona, per così dire, “sicura”, cioè controllata meticolosamente dal nostro amico, il Maresciallo dei Carabinieri, Giorgio Donato. A mezzogiorno mi incontro con lui. Appena mi vede, Lucchese mi chiede di raccontargli per filo e per segno tutto quello che ho fatto e visto nella mia “giornata romana”. Io, con pazienza infinita, gli riferisco tutti i dettagli dell'operazione, compresa l'agitazione che avevo notato sul volto di Antonov.
“Michele, non mi avevi mica detto che si doveva fare un attentato al Papa!”.
Lui sorride.
Poi mi dice: “Vedi? In questo momento Furnari e Santangelo sono a pranzo insieme al Turco in quel ristorante. Tu adesso ci vai e, mentre Santangelo rimane col Turco, tu mostri a Furnari il punto esatto in cui devono fargli fare la fine de lu sceccu!”.
Che, in siciliano, significa “fare la fine dell'asino”.
“Caro Enzo, devi sapere che un asino si usa finché serve. E' nato per essere usato. Quando non serve più, lo si ammazza!”
Sapevo fin troppo bene cosa volessero dire quelle parole.
Poi mi dà appuntamento a casa sua per la sera stessa.
Dopo aver fatto come mi aveva ordinato, la sera mi presento da lui.
Lucchese, come al solito, mi accoglie calorosamente.
“Allora?”
“Furnari e Santangelo sono con il Turco. Lo stanno portando nel luogo che gli ho indicato”.
“Bravissimo! Enzo, non ho voluto che partecipassi anche tu all'omicidio del Turco. Ho preferito che stessi qui, a farmi compagnia. Spero che capirai. Ora, però, prima, fammi fare una telefonata”.
Lucchese prende in mano la cornetta e compone un numero. Dalle sue prime parole capisco che dall'altra parte del filo c'è il Comandante dei Carabinieri, Giorgio Donato.
Ricordo queste parole: “Azione avviata!”
Dopo aver terminato la telefonata, si volta verso di me con aria soddisfatta: “La zona è sotto controllo. Questo amico è troppo in gamba!”
Poi, mentre aspettiamo che tornino Furnari e Santangelo, Lucchese inizia a parlarmi del motivo per cui era stato pianificato l'attentato al Papa.
“Enzo, ci sono un paio di cose che devi sapere. Papa Wojtyla aveva intenzione di seguire il solco appena tracciato da Papa Luciani, e cioè rompere gli equilibri all'interno del Vaticano. Ti rivelo una cosa. Papa Luciani era intenzionato a fare una vera e propria rivoluzione all'interno del Vaticano. Siccome desiderava tanto che la Chiesa fosse più povera, aveva preparato un progetto per ridimensionare la ricchezza del Vaticano e aveva studiato un piano per aiutare le famiglie povere del mondo, innanzitutto quelle italiane. Ovviamente, tutto ciò si doveva fare per mezzo della I.O.R., la Banca del Vaticano, che sarebbe stata data in gestione a persone laiche secondo l'insegnamento di Gesù: “Dare a Cesare quel che è di Cesare”. Papa Luciani non sopportava l'idea che Cardinali e Vescovi gestissero queste enormi ricchezze e, quindi, la sua prima intenzione era quella di rimuovere proprio quei Cardinali che usavano e manipolavano il Vescovo Marcinkus e che sfruttavano non solo la sua capacità di gestire lo I.O.R., ma anche e soprattutto i suoi contatti e le sue potenti amicizie a livello europeo ed internazionale. Se Papa Luciani non fosse morto, da lì a pochi giorni sarebbero stati rimossi e sostituiti immediatamente sia Marcinkus che altri quattro Cardinali e forse anche, se non erro, il Segretario di Stato o il Segretario del Papa. Al loro posto sarebbero subentrati altrettanti Vescovi e Cardinali di massima fiducia. Costoro, in gran segreto, avevano preparato insieme a Papa Luciani un piano ben preciso. Dopo essersi inseriti ognuno al posto giusto, si sarebbero attivati subito per distribuire il 90% delle ricchezze del Vaticano in diverse parti del mondo, in modo tale da costruire case, scuole, ospedali etc... Il 10% delle rimanenti ricchezze sarebbe stato affidato e fatto gestire allo Stato Italiano per conto e in base ai bisogni della Chiesa. Insomma, voleva fare una vera e propria rivoluzione e cogliere tutti di sorpresa!
Purtroppo, il Povero Papa non ha potuto portare a termine il proprio piano, in quanto uno dei Cardinali di fiducia lo ha tradito ed è andato a raccontare tutto a Marcinkus e agli altri Cardinali! Costoro, appena vennero a conoscenza della cosa, si attivarono immediatamente e con la loro diabolica intelligenza riuscirono, senza lasciare nessuna traccia, ad uccidere il loro Papa con una grande quantità di gocce di calmante, grazie anche all'aiuto del suo medico personale”.
Rimasi completamente stupefatto dalle parole di Lucchese.
“Michele, e chi sarebbero questi quattro cardinali?”
“Enzo. Io ti posso riferire quello che mi ha detto il Notaio Albano”.
“E che dice il notaio?”
“Dice che erano quattro le “anime nere” che si aggiravano dentro il Vaticano ed esercitavano un forte potere sfruttando le doti manageriali del Vescovo Marcinkus. Mi ha fatto quattro nomi. Innanzitutto il Cardinale Macchi, uno dei prediletti di Papa Paolo VI, che l'aveva anche ordinato Suo Segretario. Faceva parte dei cavalieri del Santo Sepolcro, proprio come il Vescovo Marcinkus”.
“Cardinal Macchi! Questo nome non mi è nuovo... Ma certo! Ha lo stesso nome di un mio compagno delle Elementari! E chi altri?”
“La seconda “anima nera” era il Cardinal Villot, Vallot o Vellot, scusami ma adesso non ricordo bene...”
“Che nome strano! Non termina nemmeno con una vocale. Deve essere straniero”.
“Esatto, Enzo. Questo Cardinale, pur non essendo Italiano, ha fatto delle cose straordinarie e ha salvato la finanza del Vaticano, quella finanza che Papa Luciani voleva distruggere.
E poi c'era il Cardinale Benelli...”
“Benelli! Come la marca della mia prima moto! Si chiamava proprio così. Mi ricordo ancora. Me la regalò Casesic, il mio padrino di Cresima...”
“Per ultimo mi fece il nome del Cardinale Gianvio, che mi sembra fosse anche Segretario. Tutti e tre comunque facevano parte dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Enzuccio, figghiu miu, devi capire che questi quattro Cardinali avevano in mano lo I.O.R. e le finanze del Vaticano! E avevano pure un filo diretto proprio con il Notaio Albano che, come ben sai, all'interno di Cosa Nostra è come un fiore all'occhiello”.
“Senti, Michele. Una curiosità. Ma l'altro Turco, che fine ha fatto?”
“L'altro turco, a quanto pare, tu non l'hai neppure incontrato. Si chiama Ali Agca. L'altra notte ha pernottato in un albergo a Palermo, prima di arrivare a Roma per l'attentato. Devi sapere che tutte e due i Turchi sono stati addestrati in Sicilia da uomini di Cosa Nostra. Nel caso, dopo l'attentato, fosse riuscito a fuggire, c'era già pronto un piano per ucciderlo!”.
Siamo andati avanti a parlare ancora per un paio d'ore, fino a notte inoltrata, finché non sentiamo arrivare Furnari e Santangelo.
LE CINQUE ENTITA'
Nell'Autunno del 1991, quando il Dr. Borsellino era Procuratore a Marsala, decisi di raccontargli come era strutturata Cosa Nostra, per quanto io ero riuscito a sapere. Volevo mostrargli come Cosa Nostra non fosse altro che una di quelle che io chiamo cinque Entità che, con la loro rete segretissima di collegamenti, occupano e influenzano gran parte della vita politica, economica e istituzionale italiana. In uno dei tanti incontri con il Dr. Borsellino, gli avevo ancora una volta esternato la mia preoccupazione per la sua vita dicendogli di mettersi al sicuro, perché solo da vivo poteva essere la mia ancora di salvezza.
Lui mi aveva risposto con queste parole: “Vincenzo, solo se togli dal tuo cuore quel negativo sentimento di paura, puoi onorare te stesso, la scelta che hai fatto e anche la fiducia che ho riposto in te e, perché no, anche quelle preziose ore che ho tolto alla mia famiglia per dedicarle a te, per sostenerti nei momenti difficili. Ricordati quello che ti dissi l’altra volta: “E’ bello morire per ciò in cui si crede, e chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Vincenzo, siamo nella stessa barca, indietro non si torna! Adesso racconta con dovizia di particolare tutto ciò che mi hai accennato sulle Entità e su quella potente Idea. Però sappi che quando ti verrò a trovare a Roma, tutto ciò che mi hai detto e mi dici sarà messo a verbale e firmato da te. Ricordati che le cose più importanti le scrivo su questa Agenda, e poi non potrai dire di non avermele dette”.
A quel punto gli dissi che mi era stato raccontato con orgoglio che queste cinque Entità sono state partorite da una potente e nobile Idea e al cuore di questa Idea sono legate indissolubilmente. Essa le nutre di nobili valori, che a loro volta si fanno largo nel cuore e nella mente degli uomini che ne sono degni. Questo è quanto mi hanno fatto credere e a cui ho sempre creduto finché non incontrai il Dr. Borsellino.
L'unica persona che io ricordi che ha fatto cenno all'esistenza di queste cinque Entità è stato Buscetta. Al di fuori di lui, nessun altro pentito ha voluto parlarne. In realtà, queste Entità possono essere pensate anch'esse come delle Idee, forti e apparentemente indistruttibili. Per fare un esempio, è chiaro che l'idea di un palazzo è più importante del palazzo stesso: il palazzo può crollare, ma la sua idea non ne rimane scalfita. Quando si parla di Cosa Nostra e delle altre Entità ad essa collegate, bisogna tenere ben presente questo fatto: quello che conta è la qualità di queste Idee.
Quella nobile grande Idea di cui parlavo può essere allora definita come un'Idea Madre che racchiude al suo interno tutte le cinque Idee rappresentate dalle cinque Entità. Quali sono queste Entità? Eccole:
1) Cosa Nostra
2) 'Ndrangheta
3) Pezzi deviati delle Istituzioni
4) Pezzi deviati della Massoneria
5) Pezzi deviati del Vaticano (un 10% direi)
Queste cinque Entità sono intimamente legate le une alle altre, come se fossero gli organi vitali di uno stesso corpo. Hanno gli stessi interessi. Prima di tutto, la loro sopravvivenza. E per sopravvivere e restare sempre potenti si aiutano l’una con l’altra usando qualsiasi mezzo, anche il più crudele. Queste cinque Entità sono state e rappresentano tuttora una potenza economica incredibile, capace di condizionare in alcuni casi il potere politico italiano, anche quello rappresentato da persone pulite. Purtroppo si sono create delle situazioni tali che il potere politico italiano non può fare a meno di questi poteri occulti. Queste cinque Entità occulte si fondono soprattutto quando ci sono in gioco interessi finanziari ed economici condizionando così l’Italia a livello di politica e istituzioni.
C’è una regola fondamentale: ogni Entità è assolutamente autonoma. Nessuna Entità può interferire nel campo di un’altra Entità. Le regole che si attuano sono pressoché uguali a quelle di Cosa Nostra. Ad esempio. Se dentro Cosa Nostra un uomo d’onore viene “posato”, in un’altra Entità si dice “è a riposo”, oppure è “in sonno”, come ho già avuto modo di spiegare in precedenza. In ogni caso, la sostanza non cambia.
Ma come sono strutturate nello specifico?
Bene. Al vertice di ogni Entità c'è una Commissione, rappresentata da non più di 12 persone.
Ogni Commissione è presieduta da un Triumvirato, composto dal Capo Assoluto e da altre due persone che, in quanto a forza e potenza, non sono meno del Capo Assoluto. Il Triumvirato controlla i cosiddetti Soldati, persone riservatissime che si incontrano fra di loro secondo gli ordini impartiti dal Triumvirato stesso. E' importante capire che, all'interno di ogni Commissione, solo il Triumvirato è a conoscenza dell'esistenza delle altre Idee. Tutti gli altri, anche all'interno della Commissione stessa, sono all'oscuro di tutto e l'unica cosa che possono fare è scambiarsi informazioni, ma senza poter cogliere la vastità degli intrecci.
Succede però, come è naturale, che, a un certo punto, arrivi la fine di un Triumvirato. Ecco allora che sono già pronte automaticamente le “persone-ombra”, che sostituiranno i membri del Triumvirato dopo la loro morte. Ogni componente del Triumvirato si sceglie la propria Ombra (può anche essere un Capo famiglia qualsiasi) e la prepara affinché sia pronta a prendere il suo posto. In realtà, non solo i componenti del Triumvirato, ma anche ogni singolo membro della Commissione ha la propria Ombra. E' una tradizione che si tramanda nel tempo. Così come chi fa l'avvocato, poi crescerà un figlio avvocato.
E' come una sorta di clonazione.
Purtroppo, è un argomento piuttosto delicato e della massima segretezza ed io non sono riuscito a capire da chi vengano “costruite” queste Ombre, pronte alla successione.
I cinque Triumvirati, a capo delle cinque Entità, sono fra essi collegati e formano la cosiddetta Super Commissione, quella che io chiamavo Idea Madre. Ovviamente, ogni persona della Suprema Commissione ha il diritto e il dovere di scegliersi un'Ombra. Al vertice di questa Super Commissione, composta quindi da 15 persone (tre per ogni Entità), c'è un altro Triumvirato, una sorta di Super Triumvirato, a cui tutta la Super Commissione deve sottostare per le decisioni finali. I componenti di questo Super Triumvirato sono eletti con voto segreto e comandano a vita. La funzione di questa Super Commissione è quella di garantire i diritti e l'autonomia delle cinque Entità, compresa naturalmente l'Entità di Cosa Nostra.
Saranno una ventina in tutto i pentiti che sanno di questa Super Commissione, ma non ne vogliono parlare. Io non posso credere che tutti i pentiti, a parte Brusca e Cancemi, non conoscano altro all'infuori di Cosa Nostra. Tra di loro c'è qualcuno che sa. Ma hanno paura di parlare perché credono che, non parlandone, salveranno la loro vita.
So di per certo che alcuni componenti della Suprema Commissione hanno partecipato alle scrittura della Costituzione Italiana, insieme ovviamente a tanti altri uomini puliti, che però hanno paura di opporvisi perché fiutano il pericolo.
Cosa Nostra
Il braccio più armato di tutte le Entità è quello di Cosa Nostra. In questo non è seconda a nessuno.
Finora le istituzioni hanno sempre e solo colpito L'Entità di Cosa Nostra, che però è solo il braccio armato di un'Idea può grande, l'Idea Madre.
Le migliaia e migliaia di uomini d'onore che compongono Cosa Nostra sono come un esercito, sono radicati sul territorio e riducono inevitabilmente la Sicilia ad una terra martoriata. Incutono paura al popolo siciliano e impongono la cultura dell’omertà. Ogni bambino che nasce in Sicilia non può fare a meno di respirare quella cultura di morte che Cosa Nostra impone con forza.
Pezzi deviati delle Istituzioni
L’Entità dei pezzi deviati delle Istituzioni è radicata in tutto il territorio italiano. E’ composta da uomini politici, servizi segreti, magistrati, giudici e sottufficiali dei carabinieri, polizia ed esercito. Le idee di Cosa Nostra e dei pezzi deviati delle Istituzioni sono da sempre collegate. Ne è un esempio l'omicidio di Salvatore Giuliano. Questa Entità ha in seno uomini di grandissima qualità, preparati, addestrati e pronti a causare danni enormi a chiunque. Questi uomini non sono secondi ai Soldati di Cosa Nostra e vengono chiamati Gladiatori. Sono uomini riservatissimi e di grandissima importanza, in quanto hanno giurato di servire fedelmente lo Stato, ma in realtà il loro giuramento è assolutamente falso. Agli occhi dei loro colleghi puliti, che per fortuna sono in maggioranza, appaiono anche loro puliti e, con inganno, dimostrano lealtà verso le Istituzioni.
Sono a tutti gli effetti uno Stato dentro lo Stato.
Pezzi deviati della Massoneria
La stessa cosa vale per l’Entità della Massoneria, anch'essa strettamente collegata all'Entità dei pezzi deviati delle Istituzioni. Questa Entità della Massoneria deviata, all'interno della Massoneria pulita, ha un grande potere ed enormi ricchezze e, per forza di cose, chi gestisce il potere in Italia deve venire a patti con la Massoneria. Questa Entità è stata creata attorno al 1866 all’insaputa del Re da un illustre Massone, il Conte Camillo Benso di Cavour.
Pezzi deviati del Vaticano
Anche all'interno del Vaticano c'è un'Idea. L'Entità dei pezzi deviati delle istituzioni del Vaticano è ben radicata anch’essa sul territorio Italiano. E’ composta da Vescovi, Cardinali e Nunzi Apostolici. Anche loro agli occhi di altri Vescovi e Cardinali, per fortuna in maggioranza (ma nel passato in minoranza) appaiono puliti e fedeli a Gesù Cristo e al Papa.
In realtà sono dei diavoli travestiti da santi, che sfruttano la buona fede di tante persone.
Con un metodo segreto che solo loro conoscono e grazie alla loro diabolica intelligenza, anche se in minoranza, riescono quasi sempre ad ingannare e a manipolare quei Vescovi e quei Cardinali che servono veramente con devozione ed umiltà la Chiesa.
So che a livello nazionale c’erano sguinzagliati alcuni Cardinali di prestigio per inculcare nella mente del popolo italiano il convincimento che la mafia non esistesse e che fosse solo un'invenzione dei comunisti. Il loro intento era quello di indirizzare milioni di persone a votare lo “Scudo Crociato”, la Democrazia Cristiana. Credo che nell'ex-DC coloro che facevano parte di queste Idee non superassero il 10-15%. Posso dire con certezza che circa l'80% non ne faceva parte, mentre il restante 20% era in incognito.
Il Vescovo Marcinkus, che ho nominato più e più volte, in quanto Americano non poteva far parte dell’Entità. Egli era semplicemente uno strumento del Cardinale Macchi e del notaio Albano, che sfruttavano le sue capacità nel saper gestire lo I.O.R. e le sue conoscenze a livello internazionale. Ovviamente sfruttavano soprattutto la sua ingenuità. Nella Banca del Vaticano sono transitati migliaia e migliaia di miliardi appartenenti alle cinque Entità Occulte, compresa quella di Cosa Nostra (leggasi la sentenza di assoluzione per il riciclaggio di quei famosi 10 miliardi). Questi soldi venivano appunto riciclati e, una volta divenuti puliti, reinvestiti. Al notaio Albano, in qualità di notaio, venivano affidati ingenti beni immobili (terreni, ville, tenute, palazzi) che venivano intestati non solo a Cardinali e Vescovi, ma anche a uomini di Cosa Nostra, a uomini della Massoneria, a uomini politici e anche a parenti e amici che facevano da prestanome.
Tutto ciò che io dico lo dico con la certezza che nessuno potraàdimostrare che sia falso.
Se si vuole, basta che si controllano tutti gli atti notarili o i rogiti che il Notaio Albano ha fatto in vita sua. Il Dr. Borsellino ha saputo riscontrare ciò che dico. Questi riscontri li ha scritti nella sua agenda rossa!
L'INSEGNAMENTO DI PAOLO
Quando, il 23 maggio 1992, sentii in televisione la notizia della strage ai danni del Dr. Falcone, fu come se toccassi con mano la forza devastante di Cosa Nostra. Ricordo che la paura prese veramente il sopravvento su di me facendomi scaraventare al muro il televisore.
Pochi giorni dopo, il Dr. Borsellino mi viene a trovare e, dopo aver ascoltato quello che avevo da dire, si alza in piedi, si accende una sigaretta e inizia a parlarmi con queste parole: “In questo momento non è il tuo capo che ti parla, ma un giudice che servirà fedelmente lo Stato e la società civile fino all’ultimo momento. Pagherei qualunque cosa pur di poter dire in faccia a questi cosiddetti capi che la decisione che hanno preso di uccidere il mio amico Giovanni Falcone non è altro che una decisione ignobile, partorita da una mente ancora più ignobile! Non hanno nemmeno rispettato l’unica regola d'onore che gli era rimasta, quella di non uccidere le Donne. Non le femmine, le Donne! Meritano veramente disprezzo. Questi uomini, se così si possono definire, non rappresentano e non sono figli di una potente e nobile Idea, ma rappresentano e sono figli di una debole, ignobile e malata idea del male, racchiusa nell’illusione di valori ignobili, che entrano nella loro mente malata di uomini infami. Essi non conoscono né l’onore né quei grandi valori che stavano dietro al mio amico Giovanni Falcone e alla sua Donna, che ha avuto solo la colpa di seguire il suo uomo!”.
Parlava con una tale rabbia in corpo: “Ma io non gli darò la possibilità di uccidere la mia Donna, non glielo permetterò mai. Ti dico anche che loro possono uccidere il mio corpo fisico. E di questo sono ben cosciente. Ma sono ancora più cosciente che non potranno uccidere le mie idee e tutto ciò a cui credo! Questi infami si erano illusi che, uccidendo il mio amico Giovanni, avrebbero anche ucciso le sue idee e quel grande patrimonio di valori che stava dietro di Lui. Ma si sono sbagliati, perché il mio amico Giovanni tutto ciò che amava e onorava, lo amava così profondamente da legarselo nel suo animo, rendendolo dunque immortale.”
Giuro che le parole del Dr. Borsellino erano così potenti e piene di vibrazioni, che facevano tremare il pavimento. Erano così forti che non riuscivo a guardarlo negli occhi, quegli occhi scintillanti e pieni di rabbia. Era chiaro che il dolore di questo nobile uomo era fortissimo. Questo dolore io lo vivo anche in questo momento e non riesco a contenerlo. Non è un dolore normale. E' un dolore puro e nobile. Ma siccome io non ho niente di nobile, faccio fatica a contenere questo dolore. Sono convinto che questo nobile sentimento di dolore non appartenga a me: io non ne sono degno. Appartiene invece alle persone che lui amava profondamente e in primis alla moglie, ai figli e anche alle nipotine che non ha conosciuto e che io indegnamente ho avuto modo di incontrare: ho persino baciato la sua prima nipotina Agnese. Ma insieme a questo sentimento di dolore c’era anche un sentimento di coraggio, permeato da vibrazioni positive che Lui mi ha trasmesso e che io voglio trasmettere alle sue nipotine Lucia, Vittoria, Merope.
A tutte le persone che il Dr. Borsellino amava profondamente, compreso le donne e gli uomini della società civile, io dico che nessuno può uccidere la Verità! Soprattutto quando la Verità è legata al proprio animo. Che me ne faccio di questa vita che io amo, se non onoro la Verità che appartiene alla vita? Il Dr. Borsellino, con il suo esempio, mi ha insegnato che un uomo deve amare la vita dopo che ha imparato ad amare ciò che sta oltre la vita!
Mi sembra di sentire ancora la sue parole mentre mi spiegava che in qualunque struttura umana esiste il bene e il male. I santi e i diavoli. E che ognuno di noi deve far riemergere quella scintilla divina che ogni uomo ha in sé. E che comunque alla fine il bene trionferà sul male, perché questa è una volontà e una legge divina che nessuna forza del male potrà fermare. Siccome io credo nella coscienza dell’uomo e in quella scintilla divina e so con certezza che non si può mentire alla propria coscienza, desidero veramente che le sensazioni belle che mi dava il Dr. Borsellino in vita e che mi dà anche adesso dal cielo le possa anche provare chi si spacciava o si spaccia per suo amico, ma che invece lo ha abbandonato al suo destino, se non addirittura tradito. Sono sicuro che queste persone, prima o poi, verseranno lacrime di pentimento.
Io ho visto con i miei occhi l’odio che Cosa Nostra e tutte quelle Entità collegate a Cosa Nostra nutrivano nei confronti del Dr. Borsellino. Queste Entità, come ho avuto modo di spiegare, sono racchiuse in una unica, grande Idea del male. Ma io non ho visto solo l'odio. Ho visto anche la paura, la preoccupazione che questa forza del male aveva nei confronti del Dr. Borsellino. Per cui vi dico, e lo dico per cognizione diretta, che questa Idea del male non è invincibile. C’è la prova che ha avuto paura di un uomo della società civile e quindi è vulnerabile. Il punto debole di questa Idea del male è la paura che ha verso uomini pieni di coraggio e di valori.
Lo Stato e la società civile non possono permettere che verità ignobili e infami siano nascoste sotto la nostra nobile bandiera. Una verità ignobile non può stare sotto la bandiera accanto alla Verità nobile. Come non ci si può permettere di far passare un diavolo per un santo. Solamente una Verità nobile può essere nascosta sotto la bandiera, poiché è lei stessa la bandiera nobile, per la quale nobile sangue è stato versato. Viceversa, una verità ignobile può solo stare sotto e a fianco della bandiera ignobile di Cosa Nostra e di tutte quelle Entità collegate a Cosa Nostra. Solo chi è vigliacco e ha paura è degno di stare a fianco di una verità ignobile e una bandiera ignobile. Verità e bandiera ignobili non possono sventolare sotto il sole come se fossero nobili. Così come uomini di potere e uomini delle Istituzioni, se sono ignobili, non possono e non devono stare a fianco di uomini puliti che servono e garantiscono lo Stato e la società civile. Altrimenti è come se rubassero il sacro e lo mischiassero con il profano. E mi fermo qua.
Sono trascorsi quattordici anni e ancora il sangue innocente del Dr. Borsellino grida giustizia e Verità. Ma non solo. Anche il sangue innocente di altri uomini, uccisi da questa Idea del male, grida giustizia e Verità.
Il Dr. Borsellino era solito dirmi: “Vincenzo, quando vado via, se ti senti nervoso o agitato, fatti una preghiera. Vedrai che ti sentirai meglio”.
Io allora una volta gli risposi: “Dottore, adesso mi vado a confessare dal Vescovo Marcinkus e dal suo capo, il Cardinale, quelli che hanno riciclato i miliardi di Cosa Nostra!”
Il Dr. Borsellino mi riprese: “Non generalizzare. Ci sono anche tanti Vescovi e Cardinali buoni, nelle cui mani si può mettere la propria vita. Certamente non darò a nessuno la possibilità di infangare tutta la Chiesa! Un persona d’onore difende e dice sempre la verità senza paura. Vincenzo, fatti la barba. Ricordati che la dignità di una persona passa anche attraverso l’aspetto fisico. Prendi una cassetta di musica classica e rilassiamoci un po'”.
Allora io tirai fuori le mie cassette e ci rilassammo fumando una sigaretta insieme. Queste cassette di musica classica mi sono state sequestrate quando fui arrestato, ma lui si interessò a farmele riavere. Ricordo che le avevo comprate in un negozio non lontano dal Teatro dell’Opera di Roma, quando ero latitante e travestito da monaco. Quando ho detto alla signora del negozio “La pace sia con voi”, insieme a una bella benedizione, mi ha fatto lo sconto e regalato pure altre cassette!
Un'altra volta il Dr. Borsellino mi disse: “Sono sicuro che tu, piano piano, ti spoglierai e uscirai fuori da tutta quella cultura di morte che ti hanno trasmesso. Se tu vuoi, ce la puoi fare. Basta volerlo. Non sentirti un infame, gli infami sono loro. Io sono un servitore dello Stato e sono contento di fare il mio dovere fino in fondo. Quando una persona collabora con la giustizia, come tu stai facendo, sono felice, perché sicuramente si toglierà qualche mela marcia in mezzo alla società civile. Ma sappi che io non mi fiderò mai di un uomo d’onore che collabora per convenienza e nello stesso tempo gli rimane la mentalità e la cultura mafiosa.
Viceversa, se il pentimento è veramente interiore, allora sì che è apprezzata e creduta la sua collaborazione con la giustizia. Vincenzo, promettimi che non mi farai pentire del pensiero bello che ho avuto per te. Oggi sono andato da mia madre e da mia sorella. Dopo pochi minuti che ero là, ho avuto il pensiero di venirmi a fumare una sigaretta con te e farti un po’ di compagnia”.
Era un uomo veramente speciale!
Voglio ricordare un altro episodio per me particolarmente significativo. Una volta lo feci arrabbiare, perché mi scappò una frase meschina riguardo ai suoi sostituti. Quando mi sentì dire quelle parole, ricordo che cambiò immediatamente espressione di viso e mi disse: “Ma come ti permetti di parlare così? Che razza di uomo sei? Hai dimostrato di essere un meschino! Tu ti preoccupi per me solo per salvare la tua vita, solo per la tua convenienza. La paura non ti fa ragionare: vergognati! Se non fossi qui nella veste di magistrato ti darei tanti di quei schiaffoni! Ma col pensiero è come se te li avessi dati”.
Chiamò la guardia, si fece aprire e se ne andò senza neanche salutarmi. Mi sentivo un verme, ero davvero mortificato. Provavo dentro di me un profondo sentimento di colpa, perché avevo capito che con le mie stupide parole lo avevo fatto soffrire. Mi ricordai che in effetti mi aveva detto che i suoi sostituti erano come i suoi secondi figli.
Già ero entrato nella convinzione di avere perso l’affetto e la stima del Dr. Borsellino. Ma non fu così. Dopo neanche un paio d’ore si apre la porta e vedo Lui che, come al solito, dice alla guardia di lasciarlo solo con me. Ricordo e sento ancora le belle vibrazioni che ho provato nel momento in cui lo vidi.
Mi disse: “Mi dispiace di essere stato severo con te, ma sappi che le parole che mi hai detto avrebbero fatto arrabbiare anche un santo!”.
E, facendomi un sorriso, aggiunse: “E io non sono un santo. Sono un essere umano che ha sangue nelle vene”.
Come al solito, era stato comprensivo e affettuoso.
Poi, andandosene, mi salutò così: “Vincenzo, non ti preoccupare per me. Sappi che è bello morire per le cose in cui si crede”.
Gli risposi: “Dottore, queste parole le farò sicuramente mie. Ci può contare”.
Non è facile per me ripensare a tutto il tempo che ho trascorso insieme al Dr. Borsellino senza provare una profonda nostalgia. Quanto vorrei che fosse ancora in vita! Come non vorrei essere qui a parlare di Lui! Pur di averlo vivo, avrei voluto essere suo nemico ed essere da Lui umiliato e sconfitto. Pur di averlo vivo, avrei preferito non assaporare le gioe che mi hanno dato queste quattro figlie che sono venute al mondo dopo la sua morte. Purtroppo il Dr. Borsellino fisicamente non c’è più. Ma io dico che il Dr. Borsellino è vivo più che mai. Il Dr. Borsellino era più di un vaso pregiato. Il Dr. Borsellino era un uomo. Le forze del male lo hanno distrutto fisicamente, ma non hanno potuto distruggere la sua anima, le sue idee, i suoi valori, la sua nobiltà e tutto ciò di bello che c’era in Lui.
Devo dire che questo grande uomo ha cambiato veramente la mia vita. Dentro di me non sento più il sentimento di odio, di vendetta e neppure il desiderio di fare del male. Cerco di mettere in atto tutti quei valori che mi ha insegnato e tutte le cose belle che mi ha trasmesso in quei momenti difficili, sia per Lui che per me. Sono sicuro che, con il suo sacrificio, tante coscienze sono state toccate.
EPILOGO
Nel 2001, subito dopo aver scontato il debito con la giustizia ed essere diventato finalmente un libero cittadino, provai il forte desiderio di andare a visitare la tomba del Dr. Borsellino.
Senza pensarci due volte, partii per Palermo presentandomi al Centro Borsellino insieme alla mia compagna e alle mie quattro bambine. Lì sentivo veramente la Sua presenza! La sua grande anima era lì. Mi sembrava di toccarla con le mani. Dissi a Padre Bucaro che non sarei andato via da Palermo se non mi avesse portato a visitare la Sua tomba. Volevo ad ogni costo onorare la grande anima del Dr. Borsellino portando l’innocenza di quattro bambini con il dono di fiori e orchidee. Non avevo mai dimenticato quella volta in cui mi disse: “Ho fatto di tutto, ma tua moglie e le tue figlie ti hanno rinnegato. Vedrai che ti farai una vita e una nuova famiglia”.
Ricordo ancora l’entusiasmo dei miei figli che litigavano tra di loro per mettere i fiori più belli a Nonno Paolo, perché così l’ho voluto presentare agli occhi dell’innocenza. Il mio cuore non aveva mai pianto di gioia come quella volta.
Ma la cosa che mi ha toccato moltissimo è stato il gesto nobile della signora Agnese.
Mi disse: “Tu hai avuto il desiderio di visitare la tomba di mio marito. Adesso anch’io ho un desiderio”. E mi diede l’onore di visitare il villino di Villagrazia, quello da cui partì Paolo il 19 luglio 1992 per recarsi in Via D'Amelio, il giorno della strage. Non riesco veramente a esprimere a parole le vibrazioni belle e positive che ho provato in quel luogo. Mi sento di dire con profonda umiltà e cuore aperto che tutti proverebbero queste belle sensazioni. Chiesi a Donna Agnese il luogo dove il Dr. Borsellino preferiva stare e me lo ha indicato. Anche lì provai bellissime sensazioni. Sentivo veramente la sua presenza.
Posso dire che i valori e le cose belle che ho visto nel Dr. Borsellino li ho visti anche in Donna Agnese e nei suoi figli. Veramente una famiglia speciale, che ha partecipato a tutto quanto ha fatto il Dr. Borsellino, condividendone le scelte e sapendo a cosa sarebbero andati incontro, senza tirarsi indietro, proprio per l’amore che nutrivano verso questa società che volevano cambiare. Dopo la morte del loro caro sono rimasti una famiglia discreta, cercando giorno per giorno di fare del bene senza troppa pubblicità. Ho potuto verificare personalmente l'azione quotidiana dei ragazzi del Centro Borsellino. Anche questo è un altro segno della scelta cristiana e umana che questa famiglia speciale fa con grande riserbo e con grande delicatezza.
E’ solo grazie a questa famiglia unica e speciale se sono riuscito a sopravvivere sino ad oggi insieme alla mia compagna e alle mie quattro bambine. Ma soprattutto grazie a Donna Agnese, che in questi anni mi ha aiutato a sradicare gli ultimi residui di male che c’erano ancora dentro di me.
http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=663
Memoriali di Vincenzo Calcara
Scritto da Salvatore Borsellino - Federico Elmetti
Giovedì 18 Settembre 2008 11:45
A circa tre mesi e mezzo di distanza dal 30 Maggio 2008, giorno in cui pubblicai la prima parte dei memoriali di Vincenzo Calcara, che in questo periodo hanno realizzato in totale più di 34.000 accessi, li ripubblico sotto altra veste grazie alla preziosa collaborazione di Federico Elmetti, un ricercatore italiano che vive a Bruxelles
PROLOGO
22 Marzo 2008
Mio Amatissimo e Stimatissimo Salvatore,
tutto ciò che doverosamente ho comunicato a tua cognata Agnese e a tuo nipote Manfredi ritengo giusto dirlo anche a te.
Tutto ciò che scrivo è dettato, ponderato e pensato secondo la mia coscienza, a cui non potrei mai mentire.
Non metterò mai in pratica alcun mio desiderio, alcuna mia decisione che pur io ritenga doverosa e giusta, se, prima, questi desideri, queste decisioni non saranno scandagliati dalla mia coscienza.
Agirò sempre seguendo la mia coscienza.
In questo viaggio catartico che sono le mie confessioni, mi farò accompagnare sì dai miei sentimenti ma anche da quella ragione che sa tener a bada i sentimenti.
D'altra parte, sono anche consapevole del fatto che, di fronte ad una coscienza più grande della mia e a sentimenti, doveri, desideri e decisioni più grandi dei miei, tutto ciò che è stato passato al vaglio della mia coscienza si deve fermare.
Caro Salvatore, in questi lunghi anni di intensi colloqui che ho avuto con tua cognata Agnese, ho percepito il suo grande affetto verso di me. Mi ha più volte consigliato di dare un taglio al mio passato, di non voltarmi più indietro, ma di guardare avanti e pensare al futuro dei miei figli. Ovviamente non posso fare a meno di apprezzare la cura che questa grande donna ha avuto nei miei confronti e alle lezioni di vita che con animo sincero ha saputo impartirmi. Credo che le parole di Donna Agnese abbiano un unico significato: svincolarsi dal proprio passato permette ad ognuno di noi di acquisire una posizione da cui è più facile poi afferrare e vivere meglio sia il presente che l'avvenire.
Una cosa è certa. Tutto quello che questa nobile grande donna mi ha trasmesso, compreso quell'onore che solo donne particolari sanno avere, mantenere, difendere e mettere in pratica, lo trasmetterò alle mie figlie. Nel caso in cui, per mia debolezza, non riuscissi a trasmettere loro tutto quello che indegnamente ho ricevuto da tuo fratello Paolo, da tua cognata, dai tuoi nipoti e adesso anche da te, sarebbe per me una una vergognosa e terribile sconfitta!
Nelle lunghe conversazioni che ho avuto con la grande anima di tuo fratello Paolo e con tua Cognata, non posso non ricordarmi due grandi parole: “verità'” e “uomo libero”. Queste due meravigliose parole fanno parte di quel grande patrimonio di valori che erano propri del tuo amato fratello Paolo e che anche a te degnamente appartengono.
E' vero: la Verità rende liberi.
Ma è anche vero che un diamante sporco di carbone non può mai riflettere la propria luce.
Sono fermamente convinto che un uomo può essere definitivamente libero solamente dopo aver fatto rispettare la Verità e aver amato ciò che sta dentro e oltre la Verità.
Solo dopo essere stata amata più di ogni altra cosa, la Verità entra nell'animo di un uomo rendendolo libero…
Credetemi, io so quello che dico. E mi assumo ogni responsabilità. Sfido chiunque a dimostrare il contrario di ciò che ho sempre detto, che sto dicendo e che sempre dirò fino all’ultima goccia di sangue. La mia forza è la Verità, che ho sempre detto e che sempre dirò. Niente mi fa paura. Mi potranno uccidere fisicamente (e ben venga la morte) ma non potranno uccidere la Verità. Vi prego di considerare con attenzione la mie parole e la sincerità che sta dietro di esse. La società civile mi insegna che quando un uomo è sincero il mondo si muove!
Messina Denaro Francesco, il mio capo assoluto, amava più della sua stessa vita, più di suo figlio Matteo e più di ogni altro affetto, quell'Idea del Male che ha partorito Cosa Nostra e che ha fatto di essa una forte Entità collegata ad altre Entità. Messina Denaro Francesco era ben cosciente del fatto che, solo mettendo in primo piano l'Entità di Cosa Nostra, avrebbe potuto fare di suo figlio Matteo un genio e un grande capo. Matteo Messina Denaro oggi testimonia suo padre Francesco Messina Denaro, che continua a vivere dentro di lui. Al contrario di Messina Denaro Francesco, io ho consacrato le mie quattro figlie a quell'Idea del Bene che racchiude tutto quanto il mio amato Dr. Paolo Borsellino amava, compresa la Verità, i valori, il coraggio e il dovere. Ed io, se non farò il mio dovere, non mi sentirò degno di pensare ai miei figli.
Sappi, mio stimatissimo Salvatore, che se io ho consacrato le mie quattro figlie, la loro madre e tutto me stesso a questa nobile Idea del Bene, piena di luce infinita, è stato perché gli ho creduto!
E io sono pronto a morire per ciò che credo!
Queste mie figlie e la mia donna hanno il sacrosanto diritto di essere amate da me di un amore che non sia egoistico, privo di coraggio, di valori e di Verità, perché allora quell'amore li renderebbe schiavi dell'Idea del Male e li porterebbe alla distruzione fisica e spirituale. Le mie figlie hanno il diritto di attingere, attraverso di me, a quella Verità che mi ha reso libero e che io ho il dovere di trasmettere con amore altruistico e coraggio. Tali valori daranno sicuramente alle mie figlie una solida base. Su di essa potranno degnamente prepararsi alla “gara della vita”, a cui parteciperanno come donne libere, insieme con la libera società civile. Da lì, poi, potranno proiettarsi al futuro e avere come meta la vittoria finale su quell'infame Idea del Male che ho conosciuto direttamente e che tante amare lacrime, sangue e dolore ha causato ai figli della grande nobile Idea del Bene, piena di luce e di verità.
Sono consapevole che il mio presente attuale è legato a “quel presente”, a quei momenti in cui ho maturato la mia scelta e all'incontro che ho avuto con tuo fratello Paolo. Il Dr. Paolo Borsellino ha tolto delle ore preziose alle persone che amava per dedicarle alla Verità, facendo della Verità lo scopo della sua vita. Il Dr. Borsellino era ed è una grande anima che ha servito lo Stato e la società civile fino in fondo. Io non ho il suo coraggio, ma ho il dovere di far rispettare e difendere la Verità che mi ha reso libero.
Carissimo Salvatore, ciò che continuo a comunicarti ha un solo obiettivo: il mio dovere di riconoscenza verso il Dr. Paolo Borsellino, che si traduce nel dire a te ogni mio pensiero, sentimento, idea e ogni cosa che realmente era ed è collegata a “quel presente” che ho vissuto con tuo Fratello Paolo. “Quel presente” che è e sarà sempre il mio presente. Non permetterò a nessuno di mettere questo presente nel dimenticatoio.
Al cuore non si comanda, ma ancor di più alla ragione! Sono però consapevole che, di fronte a un cuore e a una ragione più grandi della mia, mi devo fermare e ubbidire. Farò sempre di tutto per dimostrare che dietro ogni mia parola ci sia un riscontro, una realtà.
Qualcuno continua a dimostrare di volermi bene solo “con le belle parole” e mi ha dato l'impressione che, con diabolica sottigliezza, abbia invece interesse a mettere nel dimenticatoio quel presente che mi lega a tuo fratello Paolo. Dico questo perché spesso sento dire queste parole: “Sono passati molti anni”. Vorrei tanto far capire a chi con intelligenza sa usare la ragione (la stessa che predicava Machiavelli) che non bisogna affiancare a questa ragione quella sottigliezza diabolica che contribuisce a rafforzare l'Idea del Male. Mi posso permettere di dire a chi vuole apparire come “Paladino di Francia” e fa credere di essere all'altezza di combattere il Male, che il frutto non nasce dalle belle parole, ma nasce e matura con un'azione forte e determinata. Vogliono dimostrare chissà che cosa, ma in realtà cercano solo il proprio interesse. I frutti non sono tutti uguali. Ci sono frutti che saziano solo il corpo e ci sono frutti che saziano sia il corpo che lo spirito. Le belle azioni compiute di chi ha in mano i "semi" del Dr. Paolo Borsellino non devono essere egoistiche (in modo da saziare solo il corpo), ma devono essere altruistiche, piene di lealtà e coraggio, in modo da saziare corpo e spirito. Se c'è da fare una cosa, la si faccia bene. L'azione più deplorevole e meschina è quella tiepida, quella che non è né fredda né calda.
Quella società civile, a cui il Dr. Paolo Borsellino era devoto e che serviva con fedeltà, deve ben sapere che quegli uomini dei Poteri Occulti degli anni '80 e '90 che facevano parte delle Istituzioni (comprese quelle religiose) hanno lasciato degli eredi. Questi eredi continuano a portare avanti ciò che hanno ereditato.
Senza ombra di dubbio, come allora il carnefice andava al funerale della vittima, così anche oggi succede la medesima cosa. Ci sono tante associazioni che sono schierate apertamente contro la mafia (e non solo la mafia) e che continuano ancora oggi a ricordare, difendere e onorare le vittime delle stragi, ben consapevoli del rischio che corrono (come ad esempio Giorgio Bongiovanni). Ma non si dovrebbe dimenticare che anche il carnefice sa piangere ed è bravissimo ad esternare un falso dolore. Gli eredi dei carnefici sanno anche schierarsi apertamente e ricordare con inganno e ipocrisia le vittime di questo male oscuro. Anzi, in certi casi, dimostrano di essere più bravi di chi veramente combatte con lealtà. Chi ha ereditato forza e potere a sua insaputa, se vuole essere veramente leale, per prima cosa non deve mai onorare e difendere quella forza negativa che l'ha creato e deve capire che la guerra non si fa come la faceva Don Chisciotte.
Una volta, Antonino Vaccarino, l'ex Sindaco di Castelvetrano, pupillo e delfino di Francesco Messina Denaro, mi disse queste parole: “La forza dell'antica Roma e le conquiste dei Romani erano dovute esclusivamente all'Idea di Roma. Roma era un'Idea! Sappi, caro Enzuccio, che l'Idea a cui noi apparteniamo è più forte dell'Idea di Roma. In questa sublime e potente Idea è racchiusa la nostra Entità, insieme ad altre Entità”.
Carissimo Salvatore, per vincere questa Idea del Male si devono attaccare gli eredi di questa Idea che li fa essere forti. Bisogna colpirli nel cuore! Ma più che gli uomini, si deve distruggere l'Idea che è radicata in questi uomini.
Sono sicurissimo che chi ha ordinato a Messina Denaro Francesco di organizzare il piano per uccidere il tuo Amato Fratello, gli ha anche manifestato la preoccupazione e la paura che questo piano fallisse. Tanto è vero che, per mettersi al sicuro, Messina Denaro Francesco ha organizzato non uno ma due piani per ucciderlo, in modo tale che sia nell'uno che nell'altro non avrebbe potuto avere scampo! Il primo consisteva nell'ucciderlo con un fucile di precisione e, in quel caso, sarei stato io a sparare. Il secondo piano consisteva nell'ucciderlo con una autobomba, e anche in quel caso, io avrei partecipato, ma con un ruolo di minore portata: avrei fatto semplicemente da copertura. Posso dire di aver visto con i miei occhi la condanna a morte del Dr. Borsellino! Ricordo benissimo il giorno in cui, a casa del Sindaco Vaccarino, c’era il mio capo assoluto Messina Denaro Francesco che mi disse di tenermi pronto per partecipare all’uccisione del Dr. Borsellino o di un suo Sostituto.
Il Dr. Borsellino non sarebbe dovuto morire! Tutti sapevano che c’era un piano ben organizzato per eliminarlo quando era Procuratore di Marsala e che questo piano doveva essere portato a termine dal mio Capo Assoluto della storica famiglia di CASTELVETRANO Messina Denaro Francesco. Di questa morte annunciata la televisione di Stato ha parlato più e più volte.
Ma fui io il primo a parlarne apertamente nei primi mesi del 1992 in Corte d'Assise d'Appello di Palermo, dove si procedeva contro Nitto Santapaola e Mariano Agate per l'omicidio del Sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Quel “pentito-a-metà” di Giuffrè ha confermato ciò che io dissi in Corte D'Assise di Palermo al Presidente Barreca. Ma, per quanto riguarda ciò che va oltre Cosa Nostra, il collaboratore di giustizia Giuffrè ha paura di parlare!
Ricordo quando mi trovai nella cella di isolamento al carcere di Favignana, quando, dopo una lunga introspezione ed una analisi di tutto ciò che era stata la mia vita, ho capito che la mafia mi aveva usato, educandomi a valori sbagliati, ipocriti e violenti che avevano messo in pericolo la mia stessa vita. In quei momenti mi veniva in mente il Dr. Borsellino, il giudice che avrei dovuto uccidere per eliminare uno dei maggiori ostacoli al domino mafioso. In quella cella d'isolamento c'era in me un grande travaglio interiore e, prima che io mi decidessi a chiamare il Dr. Borsellino, capii che questa forza del Male che mi aveva plasmato fin dalla Giovinezza aveva mostrato tutta la sua debolezza e vigliaccheria davanti alla sua professionalità e al suo coraggio. Questa cosa li rese, davanti ai miei occhi, non invincibili come mi avevano fatto credere, bensì vulnerabili! Il mio non è stato solo un pentimento giudiziario ma anche un pentimento interiore e morale. Metteva in ballo tutti quei valori e quegli insegnamenti mafiosi che avevano mostrato tutta la loro debolezza davanti al nobile coraggio del Dr. Borsellino. Questo pentimento interiore lo devo soprattutto a lui, in quanto mi stava sempre vicino e mi aiutava a capire le ragioni profonde del mio pentimento.
Con quella luce particolare negli occhi mi diceva: "Vincenzo, ti assicuro che la parola pentimento è una parola nobile". E mi citava il pentimento del Re Davide dopo aver ucciso un innocente e avergli sottratto anche la moglie.
Quando lo incontrai, capii che c’era qualcosa che ci univa e che questa cosa non era solo il nostro legame, tanto diverso, con quella forza del Male di cui io facevo parte, ma qualcosa di ancora più oscuro e ineluttabile: l’oscura immensità della morte! Con lui condividevo lo stesso destino di morte, deciso dai capi mafiosi e da quelle Entità racchiuse in una grande e potente forza del Male.
Sapevamo entrambi che saremmo morti e questo ci ha reso ancora più vicini. Ed io Vincenzo Calcara, che credevo a questa forza del Male ed ero pronto a morire per essa, non potevo non unirmi ad un uomo con il quale avevo in comune una sola cosa: la morte! Sì, perché anche io ero stato condannato a morte, avendo avuto una relazione con la figlia di un uomo d’onore. Sapevo benissimo che la mia condanna a morte sarebbe stata eseguita dopo avermi usato per uccidere il Dr. Borsellino.
Tutte le volte che lo incontravo, rimanevo veramente colpito dal suo sorriso disarmante, da quella luce nel suo sguardo, lo sguardo di chi è fedele a se stesso e alle regole fino in fondo. Ma ero anche colpito dalla sua bontà, degna solo dei più devoti cristiani. Ripeto, il Dr. Paolo Borsellino, come magistrato, non era secondo a nessuno. La sua umiltà da vero cristiano lo faceva apparire secondo al suo amico Falcone, ma in realtà la sua professionalità ha fatto sì che la sua morte fosse anticipata!
Mio Stimatissimo, devi anche sapere che l'affetto particolare che il tuo amato fratello nutriva nei miei confronti è nato e si è rafforzato solo dopo aver toccato con le sue mani la mia lealtà verso di lui. Grazie a me trovò prove e riscontri di certi misteri, che per lui erano più importanti di quella sua vita che io cercavo di salvargli. Dopodiché, ha chiamato Sua Eccellenza l'Alto Commissario Finocchiaro e mi ha messo al sicuro nelle sue mani salvandomi la vita!
La Società Civile non deve sapere solo i rapporti d'affetto e gli abbracci tra me e il Dr. Borsellino. Deve essere al corrente della sua professionalità e di tutte le altre cose che hanno fatto paura, che continuano a fare paura e che vengono tenute chiuse negli armadi.
Il Dr. Borsellino aveva messo in pericolo interessi forti. Era quindi un ostacolo e un pericolo per quello che poteva ancora fare. Il Dr. Borsellino era in possesso di verità scomode. Di verità che facevano e fanno tuttora paura sia a Cosa Nostra che a quei poteri occulti molto pericolosi da sempre collegati a Cosa Nostra.
Tanti, anche tra coloro che si spacciavano per suoi amici, si dovrebbero vergognare di averlo lasciato solo al suo destino.
Siccome io credo nella coscienza dell’uomo e so con certezza che non si può mentire alla propria coscienza, mi rivolgo soprattutto a quelle persone della società civile che, anche se non collusi con nessuna di queste Entità malefiche, non hanno avuto il coraggio di fare un passo avanti per blindare e difendere la vita e il corpo fisico del Dr. Borsellino. A loro io voglio trasmettere tutte le sensazioni belle e le vibrazioni positive che il Dr. Borsellino mi ha trasmesso. Solo così potranno evitare lacrime di pentimento.
Migliaia di pentiti hanno parlato. Ma ci sono cose che non sono mai state dette. Molti di loro non ne hanno parlato, semplicemente perché non ne erano al corrente. Alcuni, invece, che conoscono quelle cose, credono che, non parlandone, avranno salva la vita.
Io invece ne voglio parlare, perché ho il mio asso nella manica. Solo io ho questo privilegio e quindi non posso arrecare troppi danni o problemi a chi indaga su queste cose. Per quanto concerne le Entità collegate a Cosa Nostra, ho parlato ampiamente con il Dr. Luca TESCAROLI presso la Procura di Roma. Ora, io temo per la sua vita, così come per la Dott.ssa Monteleone, per via delle indagini che stanno conducendo. D'altra parte, capisco anche che un attentato al Dr. Tescaroli non sarebbe conveniente per chi volesse la sua morte: sarebbe una conferma implicita della cose che dico.
Credo di poter dire di essere arrivato a conoscere circa l'80-90% della Verità.
Tutte le cose che racconterò sono le stesse che ho raccontato al Dottor Borsellino.
Lui prendeva appunti nella sua agenda rossa.
Quella stessa agenda che è stata fatta sparire misteriosamente il giorno dell'attentato in Via D'Amelio.
E che non è stata più ritrovata.
L'INIZIAZIONE
La maggior parte delle notizie più riservate di cui parlerò le ho apprese da Michele Lucchese.
Michele Lucchese era non solo un imprenditore, ma anche un politico e un uomo di grande fiducia di Messina Denaro Francesco, il mio Capo Assoluto. Sia Michele Lucchese che Messina Denaro Francesco, a loro volta, sono venuti a sapere di queste notizie riservate tramite il famigerato notaio Salvatore Albano. Posso affermare con certezza che Brusca e Cancemi conoscono il notaio Albano. Questo Albano, nativo di Borgetto, un paese della provincia di Palermo, era sposato con una donna slava, con la quale ha adottato una bambina. Iscritto all’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, così come il noto cardinale Marcinkus, era amico fraterno del famoso Luciano Liggio di Corleone, di cui curava gli interessi economici. Non solo. Era pure amico fraterno dei cugini Salvo, esattori e uomini d’onore. Talmente amico cheinviò loro un vassoio d'argento in dono per le nozze di Angela Salvo, la figlia prediletta di Nino, con il medico Gaetano Sangiorgi, oggi all'ergastolo come basista dell'agguato in cui fu ucciso il cugino del suo suocero, l'altro esattore, Ignazio. Si tratta del famoso vassoio del processo-Andreotti. Dentro al Vaticano il notaio Albano era di casa, ed era la persona giusta di collegamento tra l’Entità di Cosa Nostra e l’Entità del Vaticano.
Michele Lucchese nutriva per me grande affetto e fiducia. Tanto per dire quanto si fidasse di me, aveva fatto in modo che avessi la residenza a casa sua. Lucchese apparteneva ad una Loggia Massonica segreta e voleva assolutamente che anch'io entrassi a farne parte. Per questo chiese l'autorizzazione a Messina Denaro Francesco. Si era messo in testa di prepararmi all'iniziazione “Il Tempio” con Rito Scozzese: sarebbe stato lui il mio garante. Ricordo che un giorno, tutto contento, mi annunciò che Messina Denaro Francesco aveva acconsentito: “U zù Cicciu ha detto di sì!”.
Allora non perse tempo e iniziò subito a insegnarmi le prime regole fondamentali della Massoneria. Innanzi tutto alcuni termini specifici come Gran Maestro Venerabile, Gran Segretario, Grande Luce, 33°, 32°, 30° Grado, “in sonno”. Essere un fratello “in sonno” significa, per esempio, essere in un periodo di prova, in attesa di entrare a far parte a tutti gli effetti della Famiglia. Succede un po' la stessa cosa anche all'interno di Cosa Nostra. Anche lì si viene, per così dire, posati, quasi come in castigo, per poi ricevere di nuovo l'affetto del Capo Assoluto.
Lucchese mi insegnò anche come si riconosce un Fratello Massone, come ci si saluta quando ci si stringe la mano o ci si bacia e come ci si riunisce nel Tempio.
Cito un episodio particolarmente divertente. In un'occasione, Antonino Vaccarino, l'ex sindaco di Castelvetrano e ufficialmente Massone del Grande Oriente, venne a trovare Lucchese a Milano. Ero presente anch'io. Visto il grande affetto e confidenza che c'era con lui, Lucchese mi ordinò di mettere in pratica quello che avevo imparato e salutarlo con il Rito Massone. Vaccarino scoppiò a ridere e mi disse: “Sono contento che anche tu sia diventato massone!”. Era contento ed orgoglioso di me.
Questa mia appartenenza alla Massoneria si è rivelata utilissima. Per esempio, ho potuto salvare l'occhio di mia figlia Fiammetta, che necessitava di essere curato con medicinali costosissimi. Devo ringraziare il Dr. Par... (non è ben leggibile nell’originale n.d.r.). Una volta avevo notato che questo dottore era stato salutato con Rito Massone da una persona che è venuta a trovarlo. Capii dunque che era un nostro fratello. Un giorno decisi di presentarmi da lui come un fratello “in sonno” (anche se “in sonno” si è sempre fratelli), lo salutai da Massone e lui mi diede gratis quelle medicine necessarie per mia figlia.
LA MORTE DI PAPA LUCIANI
La casa di Michele Lucchese si trovava a Paderno Dugnano in una zona, per così dire, “sicura”, cioè controllata meticolosamente dal nostro amico, il Maresciallo dei Carabinieri, Giorgio Donato. A mezzogiorno mi incontro con lui. Appena mi vede, Lucchese mi chiede di raccontargli per filo e per segno tutto quello che ho fatto e visto nella mia “giornata romana”. Io, con pazienza infinita, gli riferisco tutti i dettagli dell'operazione, compresa l'agitazione che avevo notato sul volto di Antonov.
“Michele, non mi avevi mica detto che si doveva fare un attentato al Papa!”.
Lui sorride.
Poi mi dice: “Vedi? In questo momento Furnari e Santangelo sono a pranzo insieme al Turco in quel ristorante. Tu adesso ci vai e, mentre Santangelo rimane col Turco, tu mostri a Furnari il punto esatto in cui devono fargli fare la fine de lu sceccu!”.
Che, in siciliano, significa “fare la fine dell'asino”.
“Caro Enzo, devi sapere che un asino si usa finché serve. E' nato per essere usato. Quando non serve più, lo si ammazza!”
Sapevo fin troppo bene cosa volessero dire quelle parole.
Poi mi dà appuntamento a casa sua per la sera stessa.
Dopo aver fatto come mi aveva ordinato, la sera mi presento da lui.
Lucchese, come al solito, mi accoglie calorosamente.
“Allora?”
“Furnari e Santangelo sono con il Turco. Lo stanno portando nel luogo che gli ho indicato”.
“Bravissimo! Enzo, non ho voluto che partecipassi anche tu all'omicidio del Turco. Ho preferito che stessi qui, a farmi compagnia. Spero che capirai. Ora, però, prima, fammi fare una telefonata”.
Lucchese prende in mano la cornetta e compone un numero. Dalle sue prime parole capisco che dall'altra parte del filo c'è il Comandante dei Carabinieri, Giorgio Donato.
Ricordo queste parole: “Azione avviata!”
Dopo aver terminato la telefonata, si volta verso di me con aria soddisfatta: “La zona è sotto controllo. Questo amico è troppo in gamba!”
Poi, mentre aspettiamo che tornino Furnari e Santangelo, Lucchese inizia a parlarmi del motivo per cui era stato pianificato l'attentato al Papa.
“Enzo, ci sono un paio di cose che devi sapere. Papa Wojtyla aveva intenzione di seguire il solco appena tracciato da Papa Luciani, e cioè rompere gli equilibri all'interno del Vaticano. Ti rivelo una cosa. Papa Luciani era intenzionato a fare una vera e propria rivoluzione all'interno del Vaticano. Siccome desiderava tanto che la Chiesa fosse più povera, aveva preparato un progetto per ridimensionare la ricchezza del Vaticano e aveva studiato un piano per aiutare le famiglie povere del mondo, innanzitutto quelle italiane. Ovviamente, tutto ciò si doveva fare per mezzo della I.O.R., la Banca del Vaticano, che sarebbe stata data in gestione a persone laiche secondo l'insegnamento di Gesù: “Dare a Cesare quel che è di Cesare”. Papa Luciani non sopportava l'idea che Cardinali e Vescovi gestissero queste enormi ricchezze e, quindi, la sua prima intenzione era quella di rimuovere proprio quei Cardinali che usavano e manipolavano il Vescovo Marcinkus e che sfruttavano non solo la sua capacità di gestire lo I.O.R., ma anche e soprattutto i suoi contatti e le sue potenti amicizie a livello europeo ed internazionale. Se Papa Luciani non fosse morto, da lì a pochi giorni sarebbero stati rimossi e sostituiti immediatamente sia Marcinkus che altri quattro Cardinali e forse anche, se non erro, il Segretario di Stato o il Segretario del Papa. Al loro posto sarebbero subentrati altrettanti Vescovi e Cardinali di massima fiducia. Costoro, in gran segreto, avevano preparato insieme a Papa Luciani un piano ben preciso. Dopo essersi inseriti ognuno al posto giusto, si sarebbero attivati subito per distribuire il 90% delle ricchezze del Vaticano in diverse parti del mondo, in modo tale da costruire case, scuole, ospedali etc... Il 10% delle rimanenti ricchezze sarebbe stato affidato e fatto gestire allo Stato Italiano per conto e in base ai bisogni della Chiesa. Insomma, voleva fare una vera e propria rivoluzione e cogliere tutti di sorpresa!
Purtroppo, il Povero Papa non ha potuto portare a termine il proprio piano, in quanto uno dei Cardinali di fiducia lo ha tradito ed è andato a raccontare tutto a Marcinkus e agli altri Cardinali! Costoro, appena vennero a conoscenza della cosa, si attivarono immediatamente e con la loro diabolica intelligenza riuscirono, senza lasciare nessuna traccia, ad uccidere il loro Papa con una grande quantità di gocce di calmante, grazie anche all'aiuto del suo medico personale”.
Rimasi completamente stupefatto dalle parole di Lucchese.
“Michele, e chi sarebbero questi quattro cardinali?”
“Enzo. Io ti posso riferire quello che mi ha detto il Notaio Albano”.
“E che dice il notaio?”
“Dice che erano quattro le “anime nere” che si aggiravano dentro il Vaticano ed esercitavano un forte potere sfruttando le doti manageriali del Vescovo Marcinkus. Mi ha fatto quattro nomi. Innanzitutto il Cardinale Macchi, uno dei prediletti di Papa Paolo VI, che l'aveva anche ordinato Suo Segretario. Faceva parte dei cavalieri del Santo Sepolcro, proprio come il Vescovo Marcinkus”.
“Cardinal Macchi! Questo nome non mi è nuovo... Ma certo! Ha lo stesso nome di un mio compagno delle Elementari! E chi altri?”
“La seconda “anima nera” era il Cardinal Villot, Vallot o Vellot, scusami ma adesso non ricordo bene...”
“Che nome strano! Non termina nemmeno con una vocale. Deve essere straniero”.
“Esatto, Enzo. Questo Cardinale, pur non essendo Italiano, ha fatto delle cose straordinarie e ha salvato la finanza del Vaticano, quella finanza che Papa Luciani voleva distruggere.
E poi c'era il Cardinale Benelli...”
“Benelli! Come la marca della mia prima moto! Si chiamava proprio così. Mi ricordo ancora. Me la regalò Casesic, il mio padrino di Cresima...”
“Per ultimo mi fece il nome del Cardinale Gianvio, che mi sembra fosse anche Segretario. Tutti e tre comunque facevano parte dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Enzuccio, figghiu miu, devi capire che questi quattro Cardinali avevano in mano lo I.O.R. e le finanze del Vaticano! E avevano pure un filo diretto proprio con il Notaio Albano che, come ben sai, all'interno di Cosa Nostra è come un fiore all'occhiello”.
“Senti, Michele. Una curiosità. Ma l'altro Turco, che fine ha fatto?”
“L'altro turco, a quanto pare, tu non l'hai neppure incontrato. Si chiama Ali Agca. L'altra notte ha pernottato in un albergo a Palermo, prima di arrivare a Roma per l'attentato. Devi sapere che tutte e due i Turchi sono stati addestrati in Sicilia da uomini di Cosa Nostra. Nel caso, dopo l'attentato, fosse riuscito a fuggire, c'era già pronto un piano per ucciderlo!”.
Siamo andati avanti a parlare ancora per un paio d'ore, fino a notte inoltrata, finché non sentiamo arrivare Furnari e Santangelo.
LE CINQUE ENTITA'
Nell'Autunno del 1991, quando il Dr. Borsellino era Procuratore a Marsala, decisi di raccontargli come era strutturata Cosa Nostra, per quanto io ero riuscito a sapere. Volevo mostrargli come Cosa Nostra non fosse altro che una di quelle che io chiamo cinque Entità che, con la loro rete segretissima di collegamenti, occupano e influenzano gran parte della vita politica, economica e istituzionale italiana. In uno dei tanti incontri con il Dr. Borsellino, gli avevo ancora una volta esternato la mia preoccupazione per la sua vita dicendogli di mettersi al sicuro, perché solo da vivo poteva essere la mia ancora di salvezza.
Lui mi aveva risposto con queste parole: “Vincenzo, solo se togli dal tuo cuore quel negativo sentimento di paura, puoi onorare te stesso, la scelta che hai fatto e anche la fiducia che ho riposto in te e, perché no, anche quelle preziose ore che ho tolto alla mia famiglia per dedicarle a te, per sostenerti nei momenti difficili. Ricordati quello che ti dissi l’altra volta: “E’ bello morire per ciò in cui si crede, e chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Vincenzo, siamo nella stessa barca, indietro non si torna! Adesso racconta con dovizia di particolare tutto ciò che mi hai accennato sulle Entità e su quella potente Idea. Però sappi che quando ti verrò a trovare a Roma, tutto ciò che mi hai detto e mi dici sarà messo a verbale e firmato da te. Ricordati che le cose più importanti le scrivo su questa Agenda, e poi non potrai dire di non avermele dette”.
A quel punto gli dissi che mi era stato raccontato con orgoglio che queste cinque Entità sono state partorite da una potente e nobile Idea e al cuore di questa Idea sono legate indissolubilmente. Essa le nutre di nobili valori, che a loro volta si fanno largo nel cuore e nella mente degli uomini che ne sono degni. Questo è quanto mi hanno fatto credere e a cui ho sempre creduto finché non incontrai il Dr. Borsellino.
L'unica persona che io ricordi che ha fatto cenno all'esistenza di queste cinque Entità è stato Buscetta. Al di fuori di lui, nessun altro pentito ha voluto parlarne. In realtà, queste Entità possono essere pensate anch'esse come delle Idee, forti e apparentemente indistruttibili. Per fare un esempio, è chiaro che l'idea di un palazzo è più importante del palazzo stesso: il palazzo può crollare, ma la sua idea non ne rimane scalfita. Quando si parla di Cosa Nostra e delle altre Entità ad essa collegate, bisogna tenere ben presente questo fatto: quello che conta è la qualità di queste Idee.
Quella nobile grande Idea di cui parlavo può essere allora definita come un'Idea Madre che racchiude al suo interno tutte le cinque Idee rappresentate dalle cinque Entità. Quali sono queste Entità? Eccole:
1) Cosa Nostra
2) 'Ndrangheta
3) Pezzi deviati delle Istituzioni
4) Pezzi deviati della Massoneria
5) Pezzi deviati del Vaticano (un 10% direi)
Queste cinque Entità sono intimamente legate le une alle altre, come se fossero gli organi vitali di uno stesso corpo. Hanno gli stessi interessi. Prima di tutto, la loro sopravvivenza. E per sopravvivere e restare sempre potenti si aiutano l’una con l’altra usando qualsiasi mezzo, anche il più crudele. Queste cinque Entità sono state e rappresentano tuttora una potenza economica incredibile, capace di condizionare in alcuni casi il potere politico italiano, anche quello rappresentato da persone pulite. Purtroppo si sono create delle situazioni tali che il potere politico italiano non può fare a meno di questi poteri occulti. Queste cinque Entità occulte si fondono soprattutto quando ci sono in gioco interessi finanziari ed economici condizionando così l’Italia a livello di politica e istituzioni.
C’è una regola fondamentale: ogni Entità è assolutamente autonoma. Nessuna Entità può interferire nel campo di un’altra Entità. Le regole che si attuano sono pressoché uguali a quelle di Cosa Nostra. Ad esempio. Se dentro Cosa Nostra un uomo d’onore viene “posato”, in un’altra Entità si dice “è a riposo”, oppure è “in sonno”, come ho già avuto modo di spiegare in precedenza. In ogni caso, la sostanza non cambia.
Ma come sono strutturate nello specifico?
Bene. Al vertice di ogni Entità c'è una Commissione, rappresentata da non più di 12 persone.
Ogni Commissione è presieduta da un Triumvirato, composto dal Capo Assoluto e da altre due persone che, in quanto a forza e potenza, non sono meno del Capo Assoluto. Il Triumvirato controlla i cosiddetti Soldati, persone riservatissime che si incontrano fra di loro secondo gli ordini impartiti dal Triumvirato stesso. E' importante capire che, all'interno di ogni Commissione, solo il Triumvirato è a conoscenza dell'esistenza delle altre Idee. Tutti gli altri, anche all'interno della Commissione stessa, sono all'oscuro di tutto e l'unica cosa che possono fare è scambiarsi informazioni, ma senza poter cogliere la vastità degli intrecci.
Succede però, come è naturale, che, a un certo punto, arrivi la fine di un Triumvirato. Ecco allora che sono già pronte automaticamente le “persone-ombra”, che sostituiranno i membri del Triumvirato dopo la loro morte. Ogni componente del Triumvirato si sceglie la propria Ombra (può anche essere un Capo famiglia qualsiasi) e la prepara affinché sia pronta a prendere il suo posto. In realtà, non solo i componenti del Triumvirato, ma anche ogni singolo membro della Commissione ha la propria Ombra. E' una tradizione che si tramanda nel tempo. Così come chi fa l'avvocato, poi crescerà un figlio avvocato.
E' come una sorta di clonazione.
Purtroppo, è un argomento piuttosto delicato e della massima segretezza ed io non sono riuscito a capire da chi vengano “costruite” queste Ombre, pronte alla successione.
I cinque Triumvirati, a capo delle cinque Entità, sono fra essi collegati e formano la cosiddetta Super Commissione, quella che io chiamavo Idea Madre. Ovviamente, ogni persona della Suprema Commissione ha il diritto e il dovere di scegliersi un'Ombra. Al vertice di questa Super Commissione, composta quindi da 15 persone (tre per ogni Entità), c'è un altro Triumvirato, una sorta di Super Triumvirato, a cui tutta la Super Commissione deve sottostare per le decisioni finali. I componenti di questo Super Triumvirato sono eletti con voto segreto e comandano a vita. La funzione di questa Super Commissione è quella di garantire i diritti e l'autonomia delle cinque Entità, compresa naturalmente l'Entità di Cosa Nostra.
Saranno una ventina in tutto i pentiti che sanno di questa Super Commissione, ma non ne vogliono parlare. Io non posso credere che tutti i pentiti, a parte Brusca e Cancemi, non conoscano altro all'infuori di Cosa Nostra. Tra di loro c'è qualcuno che sa. Ma hanno paura di parlare perché credono che, non parlandone, salveranno la loro vita.
So di per certo che alcuni componenti della Suprema Commissione hanno partecipato alle scrittura della Costituzione Italiana, insieme ovviamente a tanti altri uomini puliti, che però hanno paura di opporvisi perché fiutano il pericolo.
Cosa Nostra
Il braccio più armato di tutte le Entità è quello di Cosa Nostra. In questo non è seconda a nessuno.
Finora le istituzioni hanno sempre e solo colpito L'Entità di Cosa Nostra, che però è solo il braccio armato di un'Idea può grande, l'Idea Madre.
Le migliaia e migliaia di uomini d'onore che compongono Cosa Nostra sono come un esercito, sono radicati sul territorio e riducono inevitabilmente la Sicilia ad una terra martoriata. Incutono paura al popolo siciliano e impongono la cultura dell’omertà. Ogni bambino che nasce in Sicilia non può fare a meno di respirare quella cultura di morte che Cosa Nostra impone con forza.
Pezzi deviati delle Istituzioni
L’Entità dei pezzi deviati delle Istituzioni è radicata in tutto il territorio italiano. E’ composta da uomini politici, servizi segreti, magistrati, giudici e sottufficiali dei carabinieri, polizia ed esercito. Le idee di Cosa Nostra e dei pezzi deviati delle Istituzioni sono da sempre collegate. Ne è un esempio l'omicidio di Salvatore Giuliano. Questa Entità ha in seno uomini di grandissima qualità, preparati, addestrati e pronti a causare danni enormi a chiunque. Questi uomini non sono secondi ai Soldati di Cosa Nostra e vengono chiamati Gladiatori. Sono uomini riservatissimi e di grandissima importanza, in quanto hanno giurato di servire fedelmente lo Stato, ma in realtà il loro giuramento è assolutamente falso. Agli occhi dei loro colleghi puliti, che per fortuna sono in maggioranza, appaiono anche loro puliti e, con inganno, dimostrano lealtà verso le Istituzioni.
Sono a tutti gli effetti uno Stato dentro lo Stato.
Pezzi deviati della Massoneria
La stessa cosa vale per l’Entità della Massoneria, anch'essa strettamente collegata all'Entità dei pezzi deviati delle Istituzioni. Questa Entità della Massoneria deviata, all'interno della Massoneria pulita, ha un grande potere ed enormi ricchezze e, per forza di cose, chi gestisce il potere in Italia deve venire a patti con la Massoneria. Questa Entità è stata creata attorno al 1866 all’insaputa del Re da un illustre Massone, il Conte Camillo Benso di Cavour.
Pezzi deviati del Vaticano
Anche all'interno del Vaticano c'è un'Idea. L'Entità dei pezzi deviati delle istituzioni del Vaticano è ben radicata anch’essa sul territorio Italiano. E’ composta da Vescovi, Cardinali e Nunzi Apostolici. Anche loro agli occhi di altri Vescovi e Cardinali, per fortuna in maggioranza (ma nel passato in minoranza) appaiono puliti e fedeli a Gesù Cristo e al Papa.
In realtà sono dei diavoli travestiti da santi, che sfruttano la buona fede di tante persone.
Con un metodo segreto che solo loro conoscono e grazie alla loro diabolica intelligenza, anche se in minoranza, riescono quasi sempre ad ingannare e a manipolare quei Vescovi e quei Cardinali che servono veramente con devozione ed umiltà la Chiesa.
So che a livello nazionale c’erano sguinzagliati alcuni Cardinali di prestigio per inculcare nella mente del popolo italiano il convincimento che la mafia non esistesse e che fosse solo un'invenzione dei comunisti. Il loro intento era quello di indirizzare milioni di persone a votare lo “Scudo Crociato”, la Democrazia Cristiana. Credo che nell'ex-DC coloro che facevano parte di queste Idee non superassero il 10-15%. Posso dire con certezza che circa l'80% non ne faceva parte, mentre il restante 20% era in incognito.
Il Vescovo Marcinkus, che ho nominato più e più volte, in quanto Americano non poteva far parte dell’Entità. Egli era semplicemente uno strumento del Cardinale Macchi e del notaio Albano, che sfruttavano le sue capacità nel saper gestire lo I.O.R. e le sue conoscenze a livello internazionale. Ovviamente sfruttavano soprattutto la sua ingenuità. Nella Banca del Vaticano sono transitati migliaia e migliaia di miliardi appartenenti alle cinque Entità Occulte, compresa quella di Cosa Nostra (leggasi la sentenza di assoluzione per il riciclaggio di quei famosi 10 miliardi). Questi soldi venivano appunto riciclati e, una volta divenuti puliti, reinvestiti. Al notaio Albano, in qualità di notaio, venivano affidati ingenti beni immobili (terreni, ville, tenute, palazzi) che venivano intestati non solo a Cardinali e Vescovi, ma anche a uomini di Cosa Nostra, a uomini della Massoneria, a uomini politici e anche a parenti e amici che facevano da prestanome.
Tutto ciò che io dico lo dico con la certezza che nessuno potraàdimostrare che sia falso.
Se si vuole, basta che si controllano tutti gli atti notarili o i rogiti che il Notaio Albano ha fatto in vita sua. Il Dr. Borsellino ha saputo riscontrare ciò che dico. Questi riscontri li ha scritti nella sua agenda rossa!
L'INSEGNAMENTO DI PAOLO
Quando, il 23 maggio 1992, sentii in televisione la notizia della strage ai danni del Dr. Falcone, fu come se toccassi con mano la forza devastante di Cosa Nostra. Ricordo che la paura prese veramente il sopravvento su di me facendomi scaraventare al muro il televisore.
Pochi giorni dopo, il Dr. Borsellino mi viene a trovare e, dopo aver ascoltato quello che avevo da dire, si alza in piedi, si accende una sigaretta e inizia a parlarmi con queste parole: “In questo momento non è il tuo capo che ti parla, ma un giudice che servirà fedelmente lo Stato e la società civile fino all’ultimo momento. Pagherei qualunque cosa pur di poter dire in faccia a questi cosiddetti capi che la decisione che hanno preso di uccidere il mio amico Giovanni Falcone non è altro che una decisione ignobile, partorita da una mente ancora più ignobile! Non hanno nemmeno rispettato l’unica regola d'onore che gli era rimasta, quella di non uccidere le Donne. Non le femmine, le Donne! Meritano veramente disprezzo. Questi uomini, se così si possono definire, non rappresentano e non sono figli di una potente e nobile Idea, ma rappresentano e sono figli di una debole, ignobile e malata idea del male, racchiusa nell’illusione di valori ignobili, che entrano nella loro mente malata di uomini infami. Essi non conoscono né l’onore né quei grandi valori che stavano dietro al mio amico Giovanni Falcone e alla sua Donna, che ha avuto solo la colpa di seguire il suo uomo!”.
Parlava con una tale rabbia in corpo: “Ma io non gli darò la possibilità di uccidere la mia Donna, non glielo permetterò mai. Ti dico anche che loro possono uccidere il mio corpo fisico. E di questo sono ben cosciente. Ma sono ancora più cosciente che non potranno uccidere le mie idee e tutto ciò a cui credo! Questi infami si erano illusi che, uccidendo il mio amico Giovanni, avrebbero anche ucciso le sue idee e quel grande patrimonio di valori che stava dietro di Lui. Ma si sono sbagliati, perché il mio amico Giovanni tutto ciò che amava e onorava, lo amava così profondamente da legarselo nel suo animo, rendendolo dunque immortale.”
Giuro che le parole del Dr. Borsellino erano così potenti e piene di vibrazioni, che facevano tremare il pavimento. Erano così forti che non riuscivo a guardarlo negli occhi, quegli occhi scintillanti e pieni di rabbia. Era chiaro che il dolore di questo nobile uomo era fortissimo. Questo dolore io lo vivo anche in questo momento e non riesco a contenerlo. Non è un dolore normale. E' un dolore puro e nobile. Ma siccome io non ho niente di nobile, faccio fatica a contenere questo dolore. Sono convinto che questo nobile sentimento di dolore non appartenga a me: io non ne sono degno. Appartiene invece alle persone che lui amava profondamente e in primis alla moglie, ai figli e anche alle nipotine che non ha conosciuto e che io indegnamente ho avuto modo di incontrare: ho persino baciato la sua prima nipotina Agnese. Ma insieme a questo sentimento di dolore c’era anche un sentimento di coraggio, permeato da vibrazioni positive che Lui mi ha trasmesso e che io voglio trasmettere alle sue nipotine Lucia, Vittoria, Merope.
A tutte le persone che il Dr. Borsellino amava profondamente, compreso le donne e gli uomini della società civile, io dico che nessuno può uccidere la Verità! Soprattutto quando la Verità è legata al proprio animo. Che me ne faccio di questa vita che io amo, se non onoro la Verità che appartiene alla vita? Il Dr. Borsellino, con il suo esempio, mi ha insegnato che un uomo deve amare la vita dopo che ha imparato ad amare ciò che sta oltre la vita!
Mi sembra di sentire ancora la sue parole mentre mi spiegava che in qualunque struttura umana esiste il bene e il male. I santi e i diavoli. E che ognuno di noi deve far riemergere quella scintilla divina che ogni uomo ha in sé. E che comunque alla fine il bene trionferà sul male, perché questa è una volontà e una legge divina che nessuna forza del male potrà fermare. Siccome io credo nella coscienza dell’uomo e in quella scintilla divina e so con certezza che non si può mentire alla propria coscienza, desidero veramente che le sensazioni belle che mi dava il Dr. Borsellino in vita e che mi dà anche adesso dal cielo le possa anche provare chi si spacciava o si spaccia per suo amico, ma che invece lo ha abbandonato al suo destino, se non addirittura tradito. Sono sicuro che queste persone, prima o poi, verseranno lacrime di pentimento.
Io ho visto con i miei occhi l’odio che Cosa Nostra e tutte quelle Entità collegate a Cosa Nostra nutrivano nei confronti del Dr. Borsellino. Queste Entità, come ho avuto modo di spiegare, sono racchiuse in una unica, grande Idea del male. Ma io non ho visto solo l'odio. Ho visto anche la paura, la preoccupazione che questa forza del male aveva nei confronti del Dr. Borsellino. Per cui vi dico, e lo dico per cognizione diretta, che questa Idea del male non è invincibile. C’è la prova che ha avuto paura di un uomo della società civile e quindi è vulnerabile. Il punto debole di questa Idea del male è la paura che ha verso uomini pieni di coraggio e di valori.
Lo Stato e la società civile non possono permettere che verità ignobili e infami siano nascoste sotto la nostra nobile bandiera. Una verità ignobile non può stare sotto la bandiera accanto alla Verità nobile. Come non ci si può permettere di far passare un diavolo per un santo. Solamente una Verità nobile può essere nascosta sotto la bandiera, poiché è lei stessa la bandiera nobile, per la quale nobile sangue è stato versato. Viceversa, una verità ignobile può solo stare sotto e a fianco della bandiera ignobile di Cosa Nostra e di tutte quelle Entità collegate a Cosa Nostra. Solo chi è vigliacco e ha paura è degno di stare a fianco di una verità ignobile e una bandiera ignobile. Verità e bandiera ignobili non possono sventolare sotto il sole come se fossero nobili. Così come uomini di potere e uomini delle Istituzioni, se sono ignobili, non possono e non devono stare a fianco di uomini puliti che servono e garantiscono lo Stato e la società civile. Altrimenti è come se rubassero il sacro e lo mischiassero con il profano. E mi fermo qua.
Sono trascorsi quattordici anni e ancora il sangue innocente del Dr. Borsellino grida giustizia e Verità. Ma non solo. Anche il sangue innocente di altri uomini, uccisi da questa Idea del male, grida giustizia e Verità.
Il Dr. Borsellino era solito dirmi: “Vincenzo, quando vado via, se ti senti nervoso o agitato, fatti una preghiera. Vedrai che ti sentirai meglio”.
Io allora una volta gli risposi: “Dottore, adesso mi vado a confessare dal Vescovo Marcinkus e dal suo capo, il Cardinale, quelli che hanno riciclato i miliardi di Cosa Nostra!”
Il Dr. Borsellino mi riprese: “Non generalizzare. Ci sono anche tanti Vescovi e Cardinali buoni, nelle cui mani si può mettere la propria vita. Certamente non darò a nessuno la possibilità di infangare tutta la Chiesa! Un persona d’onore difende e dice sempre la verità senza paura. Vincenzo, fatti la barba. Ricordati che la dignità di una persona passa anche attraverso l’aspetto fisico. Prendi una cassetta di musica classica e rilassiamoci un po'”.
Allora io tirai fuori le mie cassette e ci rilassammo fumando una sigaretta insieme. Queste cassette di musica classica mi sono state sequestrate quando fui arrestato, ma lui si interessò a farmele riavere. Ricordo che le avevo comprate in un negozio non lontano dal Teatro dell’Opera di Roma, quando ero latitante e travestito da monaco. Quando ho detto alla signora del negozio “La pace sia con voi”, insieme a una bella benedizione, mi ha fatto lo sconto e regalato pure altre cassette!
Un'altra volta il Dr. Borsellino mi disse: “Sono sicuro che tu, piano piano, ti spoglierai e uscirai fuori da tutta quella cultura di morte che ti hanno trasmesso. Se tu vuoi, ce la puoi fare. Basta volerlo. Non sentirti un infame, gli infami sono loro. Io sono un servitore dello Stato e sono contento di fare il mio dovere fino in fondo. Quando una persona collabora con la giustizia, come tu stai facendo, sono felice, perché sicuramente si toglierà qualche mela marcia in mezzo alla società civile. Ma sappi che io non mi fiderò mai di un uomo d’onore che collabora per convenienza e nello stesso tempo gli rimane la mentalità e la cultura mafiosa.
Viceversa, se il pentimento è veramente interiore, allora sì che è apprezzata e creduta la sua collaborazione con la giustizia. Vincenzo, promettimi che non mi farai pentire del pensiero bello che ho avuto per te. Oggi sono andato da mia madre e da mia sorella. Dopo pochi minuti che ero là, ho avuto il pensiero di venirmi a fumare una sigaretta con te e farti un po’ di compagnia”.
Era un uomo veramente speciale!
Voglio ricordare un altro episodio per me particolarmente significativo. Una volta lo feci arrabbiare, perché mi scappò una frase meschina riguardo ai suoi sostituti. Quando mi sentì dire quelle parole, ricordo che cambiò immediatamente espressione di viso e mi disse: “Ma come ti permetti di parlare così? Che razza di uomo sei? Hai dimostrato di essere un meschino! Tu ti preoccupi per me solo per salvare la tua vita, solo per la tua convenienza. La paura non ti fa ragionare: vergognati! Se non fossi qui nella veste di magistrato ti darei tanti di quei schiaffoni! Ma col pensiero è come se te li avessi dati”.
Chiamò la guardia, si fece aprire e se ne andò senza neanche salutarmi. Mi sentivo un verme, ero davvero mortificato. Provavo dentro di me un profondo sentimento di colpa, perché avevo capito che con le mie stupide parole lo avevo fatto soffrire. Mi ricordai che in effetti mi aveva detto che i suoi sostituti erano come i suoi secondi figli.
Già ero entrato nella convinzione di avere perso l’affetto e la stima del Dr. Borsellino. Ma non fu così. Dopo neanche un paio d’ore si apre la porta e vedo Lui che, come al solito, dice alla guardia di lasciarlo solo con me. Ricordo e sento ancora le belle vibrazioni che ho provato nel momento in cui lo vidi.
Mi disse: “Mi dispiace di essere stato severo con te, ma sappi che le parole che mi hai detto avrebbero fatto arrabbiare anche un santo!”.
E, facendomi un sorriso, aggiunse: “E io non sono un santo. Sono un essere umano che ha sangue nelle vene”.
Come al solito, era stato comprensivo e affettuoso.
Poi, andandosene, mi salutò così: “Vincenzo, non ti preoccupare per me. Sappi che è bello morire per le cose in cui si crede”.
Gli risposi: “Dottore, queste parole le farò sicuramente mie. Ci può contare”.
Non è facile per me ripensare a tutto il tempo che ho trascorso insieme al Dr. Borsellino senza provare una profonda nostalgia. Quanto vorrei che fosse ancora in vita! Come non vorrei essere qui a parlare di Lui! Pur di averlo vivo, avrei voluto essere suo nemico ed essere da Lui umiliato e sconfitto. Pur di averlo vivo, avrei preferito non assaporare le gioe che mi hanno dato queste quattro figlie che sono venute al mondo dopo la sua morte. Purtroppo il Dr. Borsellino fisicamente non c’è più. Ma io dico che il Dr. Borsellino è vivo più che mai. Il Dr. Borsellino era più di un vaso pregiato. Il Dr. Borsellino era un uomo. Le forze del male lo hanno distrutto fisicamente, ma non hanno potuto distruggere la sua anima, le sue idee, i suoi valori, la sua nobiltà e tutto ciò di bello che c’era in Lui.
Devo dire che questo grande uomo ha cambiato veramente la mia vita. Dentro di me non sento più il sentimento di odio, di vendetta e neppure il desiderio di fare del male. Cerco di mettere in atto tutti quei valori che mi ha insegnato e tutte le cose belle che mi ha trasmesso in quei momenti difficili, sia per Lui che per me. Sono sicuro che, con il suo sacrificio, tante coscienze sono state toccate.
EPILOGO
Nel 2001, subito dopo aver scontato il debito con la giustizia ed essere diventato finalmente un libero cittadino, provai il forte desiderio di andare a visitare la tomba del Dr. Borsellino.
Senza pensarci due volte, partii per Palermo presentandomi al Centro Borsellino insieme alla mia compagna e alle mie quattro bambine. Lì sentivo veramente la Sua presenza! La sua grande anima era lì. Mi sembrava di toccarla con le mani. Dissi a Padre Bucaro che non sarei andato via da Palermo se non mi avesse portato a visitare la Sua tomba. Volevo ad ogni costo onorare la grande anima del Dr. Borsellino portando l’innocenza di quattro bambini con il dono di fiori e orchidee. Non avevo mai dimenticato quella volta in cui mi disse: “Ho fatto di tutto, ma tua moglie e le tue figlie ti hanno rinnegato. Vedrai che ti farai una vita e una nuova famiglia”.
Ricordo ancora l’entusiasmo dei miei figli che litigavano tra di loro per mettere i fiori più belli a Nonno Paolo, perché così l’ho voluto presentare agli occhi dell’innocenza. Il mio cuore non aveva mai pianto di gioia come quella volta.
Ma la cosa che mi ha toccato moltissimo è stato il gesto nobile della signora Agnese.
Mi disse: “Tu hai avuto il desiderio di visitare la tomba di mio marito. Adesso anch’io ho un desiderio”. E mi diede l’onore di visitare il villino di Villagrazia, quello da cui partì Paolo il 19 luglio 1992 per recarsi in Via D'Amelio, il giorno della strage. Non riesco veramente a esprimere a parole le vibrazioni belle e positive che ho provato in quel luogo. Mi sento di dire con profonda umiltà e cuore aperto che tutti proverebbero queste belle sensazioni. Chiesi a Donna Agnese il luogo dove il Dr. Borsellino preferiva stare e me lo ha indicato. Anche lì provai bellissime sensazioni. Sentivo veramente la sua presenza.
Posso dire che i valori e le cose belle che ho visto nel Dr. Borsellino li ho visti anche in Donna Agnese e nei suoi figli. Veramente una famiglia speciale, che ha partecipato a tutto quanto ha fatto il Dr. Borsellino, condividendone le scelte e sapendo a cosa sarebbero andati incontro, senza tirarsi indietro, proprio per l’amore che nutrivano verso questa società che volevano cambiare. Dopo la morte del loro caro sono rimasti una famiglia discreta, cercando giorno per giorno di fare del bene senza troppa pubblicità. Ho potuto verificare personalmente l'azione quotidiana dei ragazzi del Centro Borsellino. Anche questo è un altro segno della scelta cristiana e umana che questa famiglia speciale fa con grande riserbo e con grande delicatezza.
E’ solo grazie a questa famiglia unica e speciale se sono riuscito a sopravvivere sino ad oggi insieme alla mia compagna e alle mie quattro bambine. Ma soprattutto grazie a Donna Agnese, che in questi anni mi ha aiutato a sradicare gli ultimi residui di male che c’erano ancora dentro di me.
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