Di Antonella Randazzo
Ci piace credere di avere un forte senso di libertà, e di essere capaci di attuarlo nella nostra vita e verso gli altri. Pensiamo che le persone condizionate dal sistema siano sempre le altre, mai noi.
Ma sappiamo anche che secoli di oppressione e di condizionamenti hanno prodotto persone che credono di essere libere, ma non lo sono.
I condizionamenti culturali li abbiamo “respirati” attraverso l’ambiente familiare, poi la scuola, la religione e in molti ambienti sociali in cui ci siamo trovati.
Si potrebbe obiettare che è esagerato trovare il condizionamento ovunque, ma basta intendere come le ideologie apprese nel sistema o nelle chiese siano limitanti per capire che non si sta esagerando. La verità è che le nostre menti vengono programmate sin dai primi anni di vita. Subendo tutti gli stessi condizionamenti non ci accorgiamo di essere diventati noi stessi il canale necessario a diffonderli.
Dimenticando cos’è libertà, si giunge a concepire soltanto un tipo di libertà “sotto condizione”, ovvero, una libertà soggetta ai giudizi altrui e ai nostri stessi giudizi, che determinano limiti.
Infatti, quando vediamo che altri agiscono in modo diverso da noi è difficile non provare l’impulso a giudicare, poiché, essendo in “libertà sotto condizione” siamo indotti a valutare negativamente le scelte diverse dalle nostre. Essere in “libertà sotto condizione” significa credere che esistano solo alcuni modi di agire bene, o che alcune scelte siano giuste e altre sbagliate anche se non danneggiano nessuno.
Spesso è la paura di essere giudicati a favorire la soppressione della creatività e dell’unicità, favorendo il conformismo.
Spiega il professore di Filosofia teoretica all’Università Statale di Milano, "Bicocca", Salvatore Natoli:
“La società in cui viviamo è fondamentalmente iperstimolante. Il soggetto si sente libero in quanto consuma, e quindi crede di scegliere. Viceversa, allorché non consuma si sente deprivato e meno libero. Si deve appurare quanto l’uomo effettivamente vuole ciò che consuma e quanto invece è "eterodiretto" nelle scelte. Probabilmente una delle modalità migliori per sperimentare la propria libertà è quella di opporsi alle mode e alle imposizioni urgenti che provengono dalla società dei consumi. La vera scelta è la ponderazione… l’uomo è libero se realmente si costituisce come un inizio, come una decisione che possa influire sulla realtà, cambiare il corso del mondo fino anche ad orientarlo. La libertà sostanzia qualcosa di innovativo, un salto di qualità. La libertà apre nuovi orizzonti. Se il gesto ripete quello che già c’è, è da dubitare che sia libero”. (1)
Anche Internet può non essere quel paradiso di libertà e di opportunità che qualche personaggio di regime propaganda, e talvolta appare restrittiva e specchio di quello che i media di massa producono. Basti pensare ai personaggi che vanno alla ricerca di contraddizioni o di errori per criticare o dileggiare. Ogni persona ha suoi difetti e contraddizioni, in quanto essere umano, e chi ha l’esigenza di metterli in evidenza svela una notevole incapacità di concepire la possibilità che ognuno sia libero di essere come vuole.
Investire tempo a colpire in modo personale gli altri, mettendo in evidenza i possibili difetti o le contraddizioni, appare un’aberrazione che soltanto una cultura di stampo nazifascista può produrre. Le persone che si comportano in tal modo potrebbero essere definite “cecchini dell’arbitrio” poiché possono mirare ad intimidire chi ha il coraggio di essere se stesso uscendo dal gregge.
Credere nella libertà è cosa assai più difficile di ciò che si pensa, e sono davvero poche le persone che sanno rispettare tutte le scelte, anche quelle opposte alle loro.
Eppure in teoria tutti sanno che le scelte vanno rispettate, se non danneggiano nessuno. Ma è risaputo che all’epoca del fascismo c’erano fior di squadristi che inneggiavano alla “libertà”, e oggi esistono gruppi politici che utilizzano la parola “libertà”, i cui esponenti sono assoldati per fare in modo che le persone non sappiano più neppure cosa significhi essere liberi.
La nostra cultura ha cercato da sempre di stigmatizzare chi fa scelte diverse dalla maggioranza, oppure di mettere il marchio di patologia persino su comportamenti del tutto naturali. Ad esempio, per molto tempo coloro che sceglievano un percorso esistenziale più creativo venivano bollati come “matti”, e persino il ridere è stato considerato in ambito psichiatrico come un comportamento potenzialmente patologico. Scriveva nel 1905 lo psichiatra Arthur Mitchell: “dato che ridere non è un comportamento controllabile ed è irrazionale, rappresenta una specie di disordine mentale transitorio”. (2)
Oggi, quando i mass media parlano di “diversi”, alludono a qualcosa di negativo, nella migliore delle ipotesi si tratta di immigrati che commettono reati, oppure di personaggi che fanno scelte sessuali atipiche. Dunque, quando pensiamo al concetto di “diverso” siamo spinti a caricarlo di un’accezione negativa.
Ci viene inculcata l’idea che chi fuoriesce dalle scelte della maggioranza abbia qualcosa di sbagliato, anche se non fa del male a nessuno. Eppure, come qualcuno ha detto, se davvero scegliamo di essere noi stessi siamo tutti “diversi” e “anormali”. Addirittura si potrebbe dire che la diversità rappresenti il senso della realtà, poiché se fossimo tutti uguali nulla potrebbe progredire. Come disse il filosofo Maurizio Ferraris: “Basta porsi una sola domanda: avrebbe senso parlare di un’idea, se non ci fossero altre idee, diverse?” (3)
Il sistema attuale ha l’esigenza di mostrare i veri artisti come drogati, alcolizzati o tormentati, per additarli come persone “non normali”, disturbate, e far capire che non conviene essere come loro. Ma gli artisti talvolta sono ben diversi da questi stereotipi, sono allegri e pieni di vita, come lo era il cantautore Rino Gaetano. Egli è stato descritto in un film prodotto dalla Rai come un alcolizzato, dal temperamento tormentato, capace di essere superficiale con le donne. E’ evidente che non si volesse raccontare la vera vita di questo grande artista, dato che non sono mai state interpellate le persone che lo conoscevano veramente, come la sorella.
Gli artisti, ovvero coloro che si comportano in modo più libero e autentico rispetto agli altri, vengono considerati alla stessa stregua dei dissidenti. Si cerca di far apparire queste persone come "diverse" e di caricarle di significati negativi per fare in modo che gli altri non seguano il loro esempio. Persino la denuncia di una realtà evidentemente non libera poiché dominata da un gruppo di persone, viene resa come una mania di persecuzione o associata a frustrazioni personali, o all'incapacità di adattarsi e di essere come tutti gli altri. Un modo assai efficace di mettere fuori combattimento chi solleva i paradossi dell'attuale sistema.
Sin da piccoli apprendiamo che non conviene essere veramente se stessi, e se tentiamo di esserlo veniamo disapprovati, o scoraggiati in vari modi.
In fondo gli artisti, come hanno sostenuto alcuni filosofi, sono diversi dagli altri in quantità e non in qualità. Questo significa che sono persone dotate di coraggio di essere se stesse, e di esprimere profondamente quello che sentono, anche quando ciò è difficile o non è conveniente.
Tutti noi potremmo scegliere di essere noi stessi, e dunque di essere gli artisti della nostra vita, qualora vincessimo la paura di essere sopraffatti dalla realtà esterna, o di trovare qualcosa in noi stessi che non collima con quello che gli altri ci richiedono.
Il non essere gli “artisti” della propria vita implica sempre un costo molto alto, che di solito non si valuta correttamente perché quasi tutti scelgono la strada più scorrevole, ovvero quella di adattarsi al sistema. Ma sappiamo quante persone soffrono di nevrosi (specie depressione), quante si ammalano di malattie psicosomatiche, e quante vivono un’esistenza qualitativamente al di sotto di quella che potrebbero avere. Ogni scelta ha il suo costo, e le sue conseguenze.
I peggiori nemici della libertà non sono coloro che producono disinformazione o cercano di controllare l’opinione pubblica, perché queste persone agiscono in modo libero nel sopprimere la libertà altrui. Queste persone abusano della libertà, approfittando del fatto che nel mondo di oggi la maggior parte delle persone non sa più cos’è la libertà. I peggiori nemici della libertà sono coloro che non posseggono più la capacità di essere liberi. Chi non è libero non riconosce nemmeno agli altri la possibilità di esserlo, diventando così il migliore alleato di chi sottrae la libertà ai popoli.
In un contesto non libero, le poche persone che agiscono in libertà possono persino suscitare sospetto. Ci si può chiedere: “come mai agiscono in tal modo?”, senza considerare che non è la libera scelta ad essere “anormale” ma la disponibilità degli individui a farsi omologare, a costo di vivere infelici o nevrotici.
Chi perde la capacità di capire cosa significa essere liberi perde anche la capacità di riconoscere la propaganda di regime, e di potersi liberare dal controllo mentale.
Oggi più che mai risulta difficile riconoscere la propaganda dall’informazione, o la disinformazione dall’intrattenimento.
Secondo gli studiosi Anthony R. Pratkanis e Elliot Aronson è possibile intavolare una discussione critica vincendo la propaganda:
“Per produrre una discussione critica (occorre): sondate le alternative, chiedetevi se c’è qualcos’altro che deve essere preso in considerazione… (raccogliete) un certo numero di suggerimenti… (fatevi) domande di approfondimento e di valutazione… Proteggete gli individui dagli attacchi e dalle critiche personali, in particolar modo se rappresentano punti di vista minoritari o divergenti”. (4)
Per capire se si tratta di propaganda o di vera informazione occorre chiedersi se il messaggio che stiamo ricevendo sta stimolando il pregiudizio, il pettegolezzo, gli aspetti superficiali, oppure ci sta invitando a riflettere.
Occorre interrogarsi sull’emotività suscitata dalla propaganda. Essa di solito fa leva sugli aspetti viscerali, invitandoci ad identificarci in un certo gruppo, partito o nazione, e a ritenere coloro che non vi appartengono come inferiori, oppure potenzialmente nocivi. Il modo in cui le nostre emozioni sono manipolate può creare effetti nocivi per i nostri stessi interessi. Occorrerebbe chiedersi: Quali emozioni questo messaggio suscita? Questo personaggio sta cercando di stimolare risposte emotive per il mio interesse o per accrescere il suo potere? Perché si tenta di screditare questa persona?
Ovviamente, il controllo dell’opinione pubblica e le limitazioni alla libertà non vengono attuate soltanto attraverso la propaganda, ma attraverso un sistema ideologico ben preciso, che ricalca le vecchie regole che mirano ad assoggettare gli individui.
Nel libro “Thought Reform and the Psychology of Totalism”, (5) Robert Jay Lifton, affronta il problema della deprogrammazione della mente condizionata, e considera otto criteri di controllo mentale: controllo del milieu, culto della confessione, manipolazione mistica, richiesta di purezza, scienza sacra, linguaggio caricato, dottrina contro persona e dispensazione dell'esistenza. Lifton ritiene assai distruttivo il caso in cui tutti gli otto punti vengono attuati su un individuo. Si può creare un controllo mentale distruttivo, che potrebbe portare persino alla morte.
Il “Controllo del milieu” equivale al controllo dell'ambiente, ovvero del rapporto fra le persone del gruppo e di come il gruppo influisce sull’individuo.
La “Manipolazione mistica” rappresenta la capacità di creare una realtà fittizia di esperienze "sovrannaturali" o fittizie, rese “reali”.
La “Richiesta di purezza” è l’esigere uno standard di prestazioni elevatissime, producendo frustrazione, sensi di colpa e vergogna. Si chiede un certo livello di sacrificio o masochismo. Si incute paura di non farcela, oppure un senso di disagio esistenziale.
Il “Culto della confessione” consiste nel distruggere i confini personali e fare in modo che ogni pensiero, sentimento o azione divengano di dominio pubblico, obbligando a condividerli o confessarli all’autorità. Queste informazioni saranno utilizzate per controllare meglio.
La “Scienza sacra” consiste nel far credere che sia necessario accettare dogmi, senza porre domande o avere dubbi. Viene offerta un’unica, assoluta verità, e si inculca l’idea che i leaders abbiano sempre ragione, e dunque occorra seguirli senza alcun senso critico o dubbio.
Il “Linguaggio caricato” consiste nell’imporre un vocabolario che limita gravemente i pensieri e risulta rigido e dogmatico (buono/cattivo, nero/bianco, noi/loro, ecc). Possono essere utilizzate frasi ad effetto oppure un linguaggio emotivo assai limitante.
La “Dottrina contro persona” è l’imporre la logica e le esperienze del gruppo su quelle della singola persona. La dottrina o l’ideologia vengono intese come assai più importanti della persona, che dunque deve adattarvisi anche con sacrificio e abnegazione.
La “Dispensazione dell'esistenza” è l’idea che i membri del gruppo abbiano diritto ad esistere mentre gli ex membri, i dissidenti o i critici non abbiano diritto ad esistere. Se un membro si allontana dal gruppo viene considerato “morto”.
Il sistema socio-politico-economico attuale attiva in modi diversi i meccanismi di controllo mentale, giungendo a “produrre” cittadini adatti a tale sistema (scienza sacra). Ad esempio, viene creato un ambiente in cui c’è la divisione noi/loro: cittadini/immigrati, destra/sinistra, donne/uomini, ecc. Inoltre, i mass media creano un ambiente intellettualmente deprivato, basato sugli aspetti più superficiali dell’esistenza (seduzione sessuale, protagonismo, emozioni immediate, ecc.) in modo tale che anche l’uso delle parole sia restrittivo e involuto (linguaggio caricato). Inoltre, vengono imposte ideologie implicite come fossero dogmi indiscutibili. Ad esempio il concetto di “sviluppo” economico, “competitività” o “globalizzazione” (dottrina contro persona), facendo credere di essere liberi in un contesto di forte dipendenza dal sistema, che tutto controlla e determina. Chi dissente diventa un “terrorista”, ovvero un nemico della società (dispensazione dell’esistenza). Molti individui vengono costretti a soffrire e a vivere stati di ansia e di preoccupazione (precariato, disoccupazione, povertà, ecc.), causate dalle esigenze del sistema stesso, facendo credere che essi sono obbligati a subire tali sofferenze, poiché sarebbero inevitabili (richiesta di purezza).
La maggior parte delle persone vive dunque in uno stato semi-ipnotico senza accorgersene, e questo è il successo maggiore che un sistema oppressivo potrebbe mai avere: rendere schiavi e far sentire liberi.
Come spiega Steven Hassan, viene messa in pratica “una tecnica capace di distruggere l’identità di un individuo… un sistema di influenze capaci di distruggere e sostituire l’insieme di credenze, comportamenti, modi di pensare, metodi di interazione con il prossimo. Una diversa fisionomia mentale che l’individuo non avrebbe mai scelto e mai accettato con la sua vera identità” .(6)
In ultima analisi, il controllo mentale consiste nel praticare tecniche che manipolano la vita mentale ed emotiva, a tal punto da indurre alla sottomissione, alla dipendenza e all’obbedienza. I dogmi vengono posti in modo sempre più indiretto e implicito, in modo tale che i soggetti non si rendano conto di obbedire a regole arbitrarie o dannose per i loro stessi interessi.
Chi non è più libero, ma crede di esserlo, tradisce la sua schiavitù cercando di impedire agli altri di essere liberi, e agendo in modo da far apparire del tutto doveroso imporre alcune scelte su altre e giudicare severamente chi fuoriesce dai canoni imposti. Può nascere in tal modo il pregiudizio verso le persone che non si conformano, e alcuni gruppi o individui verranno reietti o emarginati. La libertà diventerà dunque un lusso riservato a chi sa vivere in armonia con ciò che desidera essere, senza giudicare e senza dar peso ai giudizi altrui.
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NOTE
1) http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=680
2) Francescano Donata, “Ridere è una cosa seria”, Mondadori, Milano 2002, p. 11.
3) Intervista a “Donna Moderna”, 29 ottobre 2008.
4) Pratkanis Anthony R., Aronson Elliot, “L’età della propaganda”, Il Mulino, Bologna 2003, p. 350.
5) Lifton Robert Jay, “Thought Reform and the Psychology of Totalism” , University of North Carolina Press, 1989.
6) Steven Hassan, “Mentalmente Liberi”, Avverbi Roma 1999.
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19 commenti:
Ciao Antonella, il tuo post mi ha fatto rivivere, riflessioni che da tempo faccio, per questo le sintetizzo in una poesiola che scrissi tempo fa:
Essere! non essere! Io sono ma devo nascondermi
Io sono! Ma devo coprirmi con stracci che nascondano la mia anima
Il mio spirito devo soffocarlo con l’ipocrisia del sociale
Io sono ma non posso essere, devo adeguarmi ai canoni di questa società
Non posso esprimere la mia pazzia solo con essa potrei essere.
Salvo
Il leader incontestabile tutore della verità del nostro tempo è la tv.
In casa mia l'educazione per tutta la famiglia è stata la tv accesa dalla mattina alla sera.
I dogmi del totalitarismo dominante che i menbri della mia famiglia hanno imparato non hanno appartenenze politiche di destra o sinistra. Essi sono:
RUBANO TUTTI E RUBIAMO ANCHE NOI
GIRARE PER SUPERMERCATI
COMPRARSI DEI BEI VESTITI
COMPRARSI UNA BELLA MACCHINA
ANDARE IN DISCOTECA
IL SESSO E' IL TUO DIO, TRADISCI SENZA PROBLEMA TUO MARITO-MOGLIE
PENSA SOLO AL TUO PIACERE E TORNACONTO SI VIVE UNA VOLTA SOLA
FREGATENE DEGLI ALTRI SII FURBO
CHI NON LA PENSA COSI' E' UN POVERO DEBOLE E DEBOSCIATO
NOI SIAMO I FURBI
SIAMO UNA FAMIGLIA MODERNA
Gli effetti di tale brodo di coltura nella mia famiglia sono stati lo sgretolamento totale della famiglia; liti quotidiane, aggrssività violenta di pretese reciproche per soddisfare il proprio egoismo e le pretese di successo, totale insensibilità nei confronti delle "pretese" degli altri che confliggevano col proprio interesse personale.Tragedie quotidiane, separazione dei miei genitori, coivolgimento dei figli nelle liti tra genitori. Totale atomizzazione famigliare.
Io ero considerato un povero debole perchè avevo scelto di studiare anziche andare in discoteca. Lo studio era considerato una cosa da "matti". Mio fratello mi diceva che tutti quelli che studiavano diventavano "matti". Io mi vedevo come una sottospecie, uno scarto dell'evoluzione, un essere inferiore. Mio fratello era il dio.
Mia madre mi diceva che chi studiava non faceva un cazzo.
Loro erano i furbi, la famiglia moderna, che passava i fine settimana a rubare con orgoglio nei centri commerciale le cose che non riusciva a comprare perchè tanto si vive una volta sola.
per loro tutto questo era LIBERTA'.
Ma la libertà e la sua mancanza la vedi solo quando tu schiavo inizi a rallentare il tuo cammino insieme alle altre pecore fino a fermarti e a tornare indietro. Allora sentirai sul tuo corpo calpestato tutto il peso della tua scelta.
bellissimo articolo
grazie
Sono ben felice di essere un "diverso" così come mi classifica la società anche se comunque bisogna fare i conti con una certa realtà fatta di discriminazioni, malizie e sfottimenti vari.
20 anni fa giravo per la mia città - Milano - con una vecchia Trabant acquistata di terza mano a Berlino all'indomani della caduta del muro e ho sempre avuto una passione smodata per gli abiti vintage che da allora a oggi sfoggio per le starde e nel mio posto di lavoro, una stupenda collezione di giacche anni 60 e 70, frac anni 30 con cappelli a cilindro, marsine di epoca risorgimentale, vestiti inglesi dagli anni 20 agli anni 50. Inoltre non mi sono mai adeguato ai gusti delle masse, pensa che già ai tempi del liceo i miei gusti musicali spaziavano da Debussy ai Velvet Underground. Sono un diverso, un artista e non lo nego ne lo nascondo.
Il problema è che comunque devi fare i conti con una certa realtà e so cosa vuol dire sentirsi discriminati con atteggiamenti che fanno dal paternalismo alla cattiveria nuda e cruda. Dai tempi della scuola quando la ragazza preferiva un altro perchè anzichè Madonna ascoltavi Debussy, oppure non vestivo come voleva la moda del momento. Fin nel mondo del lavoro, quando se devono far avanzare qualcuno non scelgono te bensì scelgono quello "conformato" e non importa se l'omologato è meno bravo di te ( ma a me di far carriera non me ne può fregare di meno).
Oggi divido la mia vita fra un lavoro di impiegato (risultato di una scelta sbagliata dopo le superiori, cmq bisogna sopravvivere) e la mia attività di scrittore e studente di belle arti (spero di trovare una casa editrice che mi pubblichi).
Mi piace tanto scrivere racconti, soprattutto di carattere gotico fantastico e tenebroso orrorifico, metafisico e riesco a mescolare alle storie frammenti di spleen baudelairiano, ontologia heideggeriana e inquietudine pessoana, e tanti altri spunti. Scrivo anche poesie di ispirazione blakiana condite di umori alla poe.
Ma dopo aver scritto, ora che vivo in una piccola città, vado a comprare la verdura dal contadino scambiando due parole per coniscere meglio il suo mondo.
Però quando fuori di me ti scontri con persone che parlano solo di calcio (e a me il calcio non interessa affatto, è solo un giro di soldi, corruzione, sesso e droga) oppure di argomenti poveri e scopri che dette persone sono la maggioranza e lì che cominciano i guai.
Durante la mia vita sono stato fatto spesso bersaglio di sfottò, malignità e cattiverie di ogni tipo per il mio modo di essere. Ai tempi della scuola da molti compagni e perfino da qualche insegnante e oggi nell'azienda dove lavoro dove mi considerano un inaffidabile perchè non sono come vuole la maggioranza"diverso" non è soltanto il gay o il nero o il musulamano ma qualunque persona che si discosti dalla piattaforma degli omologati.
ora ti chiedo: pensi che si possa verramante arrivare a scardinare questa piattaforma? perchè onestamente dopo 20 di "diversità" comincio a vederla dura.
Per quanto riguarda la tv, ragione piena do a Federico. soltanto aggiungo che la tv non è sempre stata così
Ti ricordi per esempio l'almanacco del giorno dopo che andava in onda sulla rai tutte le sere prima del tg? Una trasmissione stupenda che perpetrava la memoria storico-popolare. L'hanno tolta e hanno fatto una gran boiata.
No, il tema non è svolto bene. Molto lo condivido, ma nel complesso non si arriva al nocciolo della questione.
I conizionamenti sociali sono inevitabili. Anche il linguaggio è una forma di condizionamento.
E la cosiddetta libertà individuale non è poi così importante. E' importante invece il principio guida della collettività. Ora, nel caso nostro, il problema è che il principio guida è l'economia, il "progresso" e la scienza. Questo ha fatto sì che abiamo sacrificato ogni buon senso al "vitello d'oro" del benessere e dello sviluppo.
Basta osservare il terrore che attanaglia tutti in questi frangenti di crisi, perchè non sappiamo se potremo conservare il nostro beneamato "benessere".
Ma per quanto riguarda la cosiddetta libertà individuale, essa DEVE sottostare a quella pubblica. E' un principio fondante della società. L'importante è: a cosa si ispira l'ente pubblico?. Il sogno di una piena libertà personale, libera dai condizionamenti e dai giudizi degli altri, mi sembra, appunto, solo un sogno.
In ogni caso, io credo, nei riguardi di questo argomento, una bella frase l'ha detta un mio amico: "la libertà che ci è donata, non è vera libertà". E infatti tutte quelle libertà "democratiche", che ci sono state "concesse" nn servono a un fico secco. E questo mi pare lo rilevi anche tu.
Ciao
Inevitabilmente noi siamo stati educati all'insegna della TV, il ns grande fratello. Per cui, nel mio piccolo ho insegnato a miei figli
di essere molto critici a tutto ciò che la TV emetteva. Penso che l'importanza sta proprio nell'educare a manipolare
tutto ciò che ci viene inculcato. Perchè proprio questo avviene in questa ns società. Noi tutti, quando veniamo al
mondo, non conosciamo nulla...nulla. Apprendiamo tutto da altri. Quindi un bambino è completamente in balia di noi
grandi, ma.....dopo no. Dopo è soltanto lui stesso a scegliere e come dice Mark Twain, ognuno di noi, tra due scelte
a disposizione, sceglie sempre quella che in quel momento ci conviene...sempre....
Importante è che il bimbo cresca con la consapevolezza che tutto ciò che gli viene inculcato, forse va sezionato e criticato
prima d'essere appreso nel cuore. Il che non avviene nella maggioranza, purtroppo.
Complimento per questo articolo, come per tutti gli altri, così estremamente lucidi e vicini.
Il condizionamento sociale non è inevitabile. E'inevitabile se non si è consapevoli del condizionamento, se ci si lascia scorrere la vita addosso. Ognuno di noi dovrebbe essere preparato a condizionare la propria vita in funzione del bene sociale, quindi la libertà individuale è molto importante ma solo se inserita in un gioco di squadra. L'attuale economia, che nei casi più estremi, a provocato i danni che tutti sappiamo, si basa però su individualità egoiste capaci di condizionare negativamente la società.
http://antiglobal.altervista.org/wordpress/la-legge-della-junglala-legge-della-jungla
A Titti,
Per non essere "educati all'insegna della TV" basta buttarla. Io l'ho fatto. Bellissimo!
Apprezzo i vostri punti di vista. Penso che nell'articolo emerga che non è facile essere se stessi, e accettare tutti così come sono. E' vero che alcuni condizionamenti culturali sono inevitabili, però questo non vuol dire che bisogna discriminare le persone soltanto per come vestono o perché il loro stile di vita non è uguale al nostro.
Ho apprezzato particolarmente il post di Marco, che ha il coraggio di essere se stesso anche se si accorge che qualcuno storce il naso o in qualche maniera penalizza.
Secondo me occorre partire da se stessi, ovvero cercare di essere se stessi e di non giudicare gli altri quando agiscono diversamente da noi. Sembra una cosa banale ma non lo è, perché in teoria tutti vogliamo comportarci così ma in pratica sono pochi a farlo.
"Secondo me occorre partire da se stessi, ovvero cercare di essere se stessi e di non giudicare gli altri quando agiscono diversamente da noi"
Si ma se un'altro ruba, violenta, mi aggredisce perchè io sono diverso da lui è un egoista che sfrutta sottomette e manipola gli altri, non gli importa altro che di se stesso e gli altri sono solo "cose" per soddisfare i suoi istinti, cioè E il modello che è propagandato e considerato FURBO dal sistema, se permetti io uno così lo giudico e lo cerco anche di fermare con tutti i mezzi possibili.
Non si può essere tolleranti coi violenti con gli assassini con gente che viola sistematicamente la privacy e la quiete personale altrimenti avremo la barbarie se ognuno è costretto ad accettare qualsiasi cosa dell'altro pur di rispettarlo.
Per "agire diversamente" non si intende in modo nocivo agli altri o criminale (vedi articolo). In questo caso mi sembra ovvio che non si possa accettare il comportamento.
X Luca
Beh, ad ognuno la proprio scelta. Solo che è difficile escludere la TV del tutto, in quanto viviamo in compagnia
con tanti altri. Siamo circondati. Comunque il tuo è un buon esempio ma difficile da seguire quando si ha figli
da crescere. Purtroppo bisogna far vedere tutti i lati del ns mondo a loro. Importante come dicevo prima, educarli
ad affrontare tutti questi lati della ns quotidianità. Perchè poi saranno loro a scegliere, se immersi nella Tv o
forse cercarsi qualche isola davvero isolata, dove non arriva neanche l'elettricità. Tornando all'argomento dell'articolo,
dobbiamo cercare di crescere i ns figli, capace di interpretare la propria libertà.
Essere libero per me è avere un pezzetto di terra di 4000mt che dia da sfamare la mia famiglia di 4persone con frutta,verdura, grano ed orto, qualche gallina un cane, un gatto 4 pesci rossi, il sole la luna le stelle.
Se ogni famiglia si sentisse libera così il mondo sarebbe un paradiso per tutti.
Per Titti,
Io ho figlie piccole, proprio per questo ho deciso di vivere senza TV, d'accordo con mia moglie. Se c'e' bisogno di intrattenimento video, casomai prendiamo insieme cartoni in DVD dalla biblioteca locale.
Senza parlare della fogna chiamata televisione italiana in genere, anche alcuni canali satellitari cosiddetti per bambini veicolano messaggi violenti e promuovono esempi di donne-bambine degradanti, sempre subalterne rispetto ai maschi, solo interessate allo shopping e alla seduzione. Questo soprattutto in certe mega produzioni americane che ci arrivano furbamente sotto forma di "tv per bambini/ragazzi".
Voglio che le mie figlie sappiano che sono pari agli uomini, che il detersivo lo puo' usare anche il papa' (e infatti lo usa), che non devono sbattere le ciglia per ottenere qualcosa e che per avere successo non si deve per forza aspirare ad essere una cantante pop o una principessa o essere magra come un chiodo.
Per noi grandi, poi, la TV stava diventando una noia mortale, per cui nessun rimpianto. Si legge molto di piu, si gioca di piu'. Anche alle figlie, dopo una certa resistenza iniziale, la cosa sembra piacere. Insomma, non credo che la televisione debba essere l'unica o la principale "finestra" verso l'esterno.
Si può partire da se stessi quando la realtà distorta dalla nostra mente accresce le nostre potenzialità intellettuali e tutto sembra divenire più vero?
C'è liberta quando c'è pensiero esperienza conoscenza ? O c'è libertà quando il pensiero muore ?
Salve Antonella, non lascio un commento al tuo post che come al solito è straordinario, ma vorrei sapere se conosci il libro "I ragazzi felici di Summerhill" di A.S. Neill. Mi farebbe piacere avere un tuo commento dato che lo sto leggendo e lo trovo a dir poco "illuminante" in quanto mamma.
Daria.
Daria, grazie per il tuo apprezzamento. Non ho ancora letto il libro che segnali però dato il tuo giudizio così positivo credo che lo leggerò senz'altro in futuro.
Ciao Antonella,
grazie per il tuo blog.
E' da relativamente poco tempo che ho iniziato a farmi delle domande, e' un percorso che ho intraprso anche grazie a mio marito. Lui si è sempre interessato a quella che credevamo essere un'informazione alternativa e utile, ma che poi abbiamo compreso meglio grazie al tuo post sui gatekeepers. Adesso cerco di farmi sempre delle domande prima di fare delle scelte. Perchè quando ero triste mi compravo dei vestiti su internet? Perche' prima di uscire con gli amici dovevo essere truccata e pettinata di tutto punto, per sentirmi bene? Perchè sto acquistando questo prodotto? Ho davvero bisogno di una crema anticellulite, di un ammorbidente o di una tisana depurativa???? Ora so che lo shopping come terapia gratificante è solo un'idea che mi hanno indotto a credere ed è solo l'ennesimo modo per buttare via i (pochi) soldi che guadagno. So che posso scegliere di truccarmi ma devo anche sapere che non esiste un cosmetico che non abbia sostanze alla lunga nocive all'organismo. So che al primo leggero mal di testa non è il caso di ingurgitare medicine i cui effetti collaterali sono peggiori dei benefici. So che il concetto di "fuori moda" è stato inventato solo per vendere prodotti di cui altrimenti non avremmo bisogno, non avendo ancora consumato quelli posseduti...So che la tv e i giornali sono inattendibili, e per farsi una propria opinione occorre valutare piu' fonti e usare strumenti non controllati. Ma basta tutto questo? Io sinceramente credo di essere ancora nella fase "paura e rabbia"...esco la mattina di casa, vedo le belle scie sopra la mia testa, guardo le pubblicità nei cartelloni che offendono la nostra intelligenza...e mi chiedo ne usciremo? C'è speranza? Voglio costruire una famiglia e sono contenta di essere riuscita a disinnescare certi meccanismi di cui prima non ero cosciente, e spero di trasmettere questo ai miei futuri figli, ma basterà? Sono sorpresa di trovare persone ancora capaci di pensare, e forse se sono riuscita a capire anch'io, che ero una consumatrice cieca e totalmente controllata, c'è speranza ;-)
Lo spero davvero. Bisogna tenere duro, cercare di stare svegli anche se non è facile e apparentemente ci si sente peggio di prima.
Cara Bianca, con il tuo percorso di consapevolezza tu stessa stai offrendo una concreta opportunità alla tua esistenza: quella di essere più vera, più profonda e più "umana". Questa è una splendida speranza che si offre a tutti, e che nel tempo sempre più persone coglieranno. E' ciò che conta veramente: vivere una vita autentica, in armonia con ciò che sentiamo di essere e con ciò che amiamo fare. Il mondo cambierà quando molte persone sceglieranno questo percorso che esclude crimini, tirannie e inutili sofferenze.
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