Di Antonella Randazzo
Non ho intenzione di provare che le donne sono discriminate, questo è già ampiamente provato. Basta guardare le statistiche per capirlo: le donne guadagnano meno, svolgono i lavori più umili, quasi mai si trovano nei ruoli più elevati o gratificanti, e nei rari casi in cui ricoprono tali ruoli, di solito sono mogli, figlie o parenti di uomini influenti.
E non è una questione che riguarda soltanto l’Italia. Ad esempio, negli Stati Uniti le donne guadagnano in media il 25% in meno degli uomini. E’ noto il caso di Lilly Ledbetter, che ricevendo una lettera anonima (alla Goodyear dove lavorava come caporeparto era proibito dire quanto si guadagnava) scopre di guadagnare ben il 40% in meno rispetto ai colleghi uomini. La Ledbetter non si rassegna e inizia una lunga e dura battaglia, per il semplice diritto a guadagnare la stessa cifra degli uomini che svolgevano il suo stesso lavoro.
Il sistema in cui viviamo rende assai più arduo il cammino delle donne: esse sono giudicate impietosamente per il loro aspetto fisico, e anche le loro scelte di vita sono sottoposte al vaglio più di quelle maschili.
Negli ultimi anni la situazione discriminante è persino peggiorata, facendo emergere un vero e proprio tentativo di calpestare la dignità delle donne, mostrandole sempre più spesso in ruoli di seduttrici, vallette o veline, che mostrano le forme fisiche e non parlano.
Sembra che il mondo non offra alternative alla donna: o nascondersi dentro un burka oppure mostrarsi seduttiva, scegliendo magari di avere un corpo rifatto, che stimoli le fantasie sessuali maschili.
Perché le donne non reagiscono come dovrebbero ai numerosi tentativi di sottrarre loro dignità e voce?
Molte non reagiscono semplicemente perché hanno altro a cui pensare: dalle statistiche risulta che la donna italiana è fra le donne europee che lavorano di più, considerando il lavoro in casa e fuori casa. Altre si indentificano con le immagini offerte dai media, e si preoccupano del proprio corpo, non credendosi mai abbastanza seduttive, all’altezza degli ideali estetici proposti. Per queste donne ci sono numerosi programmi che parlano di interventi estetici, come se le labbra a canotto o il seno a palla potessero risolvere ogni problema di mancata espressione della propria personalità.
Chi lamenta una situazione discriminante, facendo notare il degrado a cui la donna è sottoposta nei media, appare a molti come una persona strana, che potrebbe essere etichettata come “femminista”. Ma non bisogna militare per forza in qualche “parrocchia” per capire e sostenere che la donna deve essere rispettata nella sua dignità di persona.
Un comico come Beppe Grillo si chiede: “cosa vuol dire, ancora, la parola donna?"
Perché questa domanda non se la pongono le nostre autorità?
Credono forse che la donna reale coincida con quelle immagini artefatte, artificialmente gonfie e innaturali della Tv?
Qualcuno ha cercato di far notare il degrado al nostro presidente della Repubblica. La politica e giornalista Silvia Costa, ha inviato qualche giorno fa una lettera a Napolitano, in cui ha scritto:
“C’e’ un’immagine degradata delle donne e mercificata, con la complicità della quarta carica dello Stato”.
Com’è ormai risaputo, il nostro attuale capo di governo mostra senza alcun ritegno un profondo disprezzo per le donne: anche quando si trova di fronte personalità autorevoli, se si tratta di donne, si sente in dovere di adularle per farle sentire “importanti”, come se avessero bisogno dei suoi complimenti. Quando c’era in ballo la faccenda delicata di Eluana, egli si premurava a far sapere che la sfortunata ragazza aveva ancora le mestruazioni, e dunque poteva procreare, come se dovesse essere trattata da “contenitore del figlio dell’uomo”, definizione di donna che nei tempi antichi dava il filosofo Aristotele.
Il nostro attuale capo di governo si da’ parecchio da fare per mostrare immagini di donne improbabili, misere nel loro parlare affettato, nello sgranare gli occhi per attirare gli sguardi maschili. Sono poste in prima fila donne che non azzeccano un congiuntivo, che esibiscono una voce quasi infantile, che curano l’aspetto fisico ma trascurano l’esigere rispetto, accettando di sottomettersi ad un uomo che non le considera sue pari nella dignità di persona.
Molti notano che le giovani donne-vallette di Berlusconi hanno scelto liberamente di essere tali. Certo, lo hanno fatto. Ma cosa dire del fatto che queste ragazzine sono cresciute vedendo sin da piccole, negli spot pubblicitari e nei programmi Tv, il corpo femminile come oggetto di seduzione e desiderio? In tal modo sono state indotte a ritenere che ciò rappresenti un aspetto fondamentale del sesso femminile, e che i modelli esibiti dalla Tv siano gli unici o i più validi. Di conseguenza, la ragazzina plasma la sua personalità sull’idea di dover essere quanto più possibile seduttiva anche a costo di doversi sottoporre a dolorose operazioni chirurgiche. Persino ragazze ventenni vogliono sottoporsi ad interventi chirurgici, per gonfiare seno o labbra.
Le bambine piccole tendono a volersi sentire grandi e ad imitare i modelli della Tv, diventando piccole lolite seduttive anche a soli sei anni. E il mondo della moda asseconda questa tendenza, lanciando collezioni di abbigliamento per bambine che comprendono capi simili agli abiti da donna, con scollature e trasparenze. Una linea comprendeva persino un reggiseno per bambine piccole!
Si vuol fare in modo che le donne si abituino sin da piccole a preoccuparsi del loro aspetto fisico e di nient’altro.
Qualche anno fa, la giornalista del "Messaggero" Marida Lombardo Pijola ha scoperto una realtà raccapricciante di bambine che "seducono" ballando seminude nelle discoteche. Nel libro "Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa",(1) la giornalista ha riportato le interviste fatte a cinque bambine di undici/tredici anni che "lavorano" nelle discoteche. La sessualizzazione massiccia offerta dai media, che presentano ad ogni ora e occasione (pubblicità varia, cartelloni, immagini stampate sugli autobus, programmi con vallette, ecc.) corpi femminili nudi e seduttivi, fa pensare a queste bambine che sia del tutto normale offrire il proprio corpo a chiunque lo voglia vedere e persino toccare o abusare. Alcune di queste bambine erano indotte anche a trascorrere serate con ragazzi a cui dare "favori sessuali" a pagamento. Tutto questo nasce anche dal desiderio, incoraggiato dai media, di sentirsi "donne" anzitempo, dedicandosi alla seduzione sessuale. Le bambine che facevano le "cubiste" avevano assorbito l'idea che la cosa più importante è avere un corpo bellissimo, e che questo possa dare la possibilità di essere guardate, desiderate e, quindi, di esistere. L'esistenza viene ridotta all'essere visti, all'apparire o all'essere desiderati, in armonia con ciò che la Tv insegna.
Nella società patriarcale le donne sono state descritte nell’immaginario come streghe o fate, oggi sono veline, lolite e pupe, mai persone. C’è l’idea che la donna debba mostrare il suo lato seduttivo, il suo corpo o la sua accondiscendenza nei confronti dell'uomo. Come se essa valesse rispetto a quello che da’ all’uomo, e non avesse un suo valore intrinseco, di persona.
Analizzando a fondo tale situazione, alcuni autori hanno pensato che le donne fanno paura al sistema. In effetti, ci si dovrebbe chiedere: perché nei media la donna non è più mostrata come persona?
In un interessante e intelligente documentario dal titolo “Il corpo delle donne” (vedi video sotto), Lorella Zanardo fa notare: “che le donne, le donne vere, stiano scomparendo dalla tv e che siano state sostituite da una rappresentazione grottesca, volgare e umiliante. La perdita ci è parsa enorme: la cancellazione dell'identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un'adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime”.
Le dittature hanno bisogno di tenere le donne sotto controllo, facendole rimanere infantili, dipendenti emotivamente e materialmente dagli uomini, in modo tale da non potersi esprimere liberamente.
Le donne sono temute nei sistemi tirannici perché se lasciate libere di esprimersi sono più propense a desiderare un sistema diverso da quello patriarcale, un sistema che permetta di armonizzare la parte sinistra e la parte destra degli emisferi cerebrali. Ovvero un sistema che possa permettere di far emergere anche quegli aspetti considerati inferiori nel mondo occidentale, come l’intuito, l’empatia, l’altruismo e la solidarietà verso i più deboli.
I regimi temono lo spirito libero delle donne, e oggi, non potendolo più soffocare attraverso l’autoritarismo, lo soffocano stimolando gli aspetti più immediati del femminile, ovvero il bisogno di sedurre, di sentirsi amata perché bella e desiderabile.
Sempre più donne cadono nella trappola di credere che l’aspetto fisico sia così importante da dover soffocare la personalità e i talenti.
Più un sistema è civilmente involuto, più tende a creare divisioni, gravi discriminazioni, al fine di mettere gli uni contro gli altri e di impedire l’esprimersi della personalità umana.
L'ondata di precarizzazione del lavoro e la cosiddetta "globalizzazione" hanno aggravato la situazione femminile, aumentando le diseguaglianze e dunque la discriminazione dei soggetti socialmente più deboli (immigrati, donne, poveri). Come palliativo è stato offerto alla donna il ruolo di seduttrice, prospettandole "carriere" basate sull'avvenenza sessuale, come valletta, velina, ecc.
Un altro fattore che svela la grave discriminazione contro le donne si trova nelle pene spesso irrisorie inflitte agli uomini che hanno picchiato o violentato donne. Talvolta gli stupratori, e persino gli assassini, escono dal carcere dopo pochissimo tempo. L'idea che la donna debba essere tutelata di fronte a possibili ingiustizie, discriminazioni e violenze è recente, risalendo soltanto alla metà dello scorso secolo. Fino ad allora i soggetti più deboli (i minori, gli anziani e le donne) avevano diritti fondamentali limitati, specie in ambito familiare. Ad esempio, l'art. 559 c.p., che riguardava il reato di adulterio, fu abrogato soltanto nel 1968, e fino al 1975 (anno della riforma del diritto di famiglia) la donna non poteva avere la potestà sui figli.
Nel complesso, in Italia come in molti altri paesi, quando le donne mostrano di lottare per i loro diritti si sollevano vespai mediatici allo scopo di screditare le loro istanze e arginare gli effetti di queste lotte, fino a renderle ridicole o obsolete, scoraggiando le nuove generazioni dall'intento di pretendere più di quello che il sistema è disposto a concedere.
La festa dell’8 marzo può apparire come una sorta di beffa: perché ci dovrebbe essere bisogno di “festeggiare” la donna?
Forse l’8 marzo è offerto come “omaggio” alla “fatica” di essere donne, ma credo che molte donne farebbero a meno di questo “omaggio” in cambio di una effettiva parità e del rispetto della loro dignità in ogni circostanza.
Festeggiarla significa anmettere che la donna è discriminata, a tal punto da avere bisogno del contentino della “festa”, come palliativo per dimenticare, almeno per un giorno all’anno, di vivere in un sistema che cerca di tenere sotto controllo gli aspetti più autentici della sua natura, per impedire che possa avere peso su ciò che accade nella realtà politica, economica e sociale.
Di certo una rigida caratterizzazione dei ruoli, tipica delle dittature, è nociva per entrambi i sessi, poiché impedisce la percezione di sé come un "intero", intralciando la capacità di esprimere il proprio vero sé.
Gli squilibri nell’identità di genere possono produrre problemi, che vanno dalla mancata espressione della propria personalità fino al rancore verso l’altro sesso o l’incapacità di creare con l’altro sesso un rapporto armonico e costruttivo.
La discriminazione della donna colpisce e danneggia anche l’uomo. Oggi anche gli uomini sentono il bisogno di ridefinire i ruoli di genere e il concetto sociale di “maschile”. Ad esempio, nel sito www.maschileplurale.it si vuole dibattere sui “modelli di identità sessuale e di costruzione del desiderio prodotti dalla storia e dalla cultura patriarcale, che segnano, abitano e muovono ognuno di noi, per poter fare un'altra esperienza di sè e vivere le relazioni in modo più libero, ricco e intenso”.
Secondo il noto psicoanalista Carl Gustav Jung, si possono considerare il “maschile” e il “femminile” come figure archetipiche da cui è possibile comprendere il conflitto che il femminile vive all'interno della cultura patriarcale.
Per Jung gli esseri umani crescono quando recuperano tutte le parti del loro sé, altrimenti rischiano di proiettare nel partner aspetti non elaborati o negati, rendendo il rapporto distruttivo. Spiega lo psicoanalista junghiano Aldo Carotenuto:
"Le istanze psichiche, che Jung chiama Animus e Anima, rappresentano rispettivamente gli aspetti eterosessuali inconsci della psiche maschile e femminile, aspetti che, proprio per il fatto di essere inconsci, non possono essere sperimentati se non attraverso il riconoscimento delle proiezioni. Ciò significa, ad esempio, che l'uomo può divenire cosciente della propria Anima attraverso il riconoscimento della sua proiezione su una donna reale. Non si tratta di un compito facile dal momento che l'instaurazione di un rapporto con i contenuti inconsci non è un procedimento intellettuale. Si tratta tuttavia di un compito necessario se si vuole assumere nella vita una cosciente posizione interiore che guidi le nostre scelte in conformità alle nostre esigenze più intime e fondanti. Quanto meno l'individuo è evoluto sul piano della coscienza, tanto più la scelta del partner sarà dettata da motivi inconsci che decideranno 'a sua insaputa' l'atteggiamento psicologico ed emotivo che caratterizzerà l'incontro... il faticoso processo di conoscenza di noi stessi e dell'altro (può svelare) fucine di sofferenza che si tramandano di generazione in generazione, sofferenza nascosta, di cui non si può parlare perché non la si sa rendere cosciente, sofferenza vissuta nell'ombra del silenzio... L'Anima femminile dell'uomo e l'Animus maschile della donna giacciono sprofondati nell'inconscio... La donna si rapporta al suo compagno e al maschile in genere come "solo femminile" e parallelamente l'uomo si pone verso la donna come maschile tout court... non si offre alcuno spazio alla relazione individuale... Le tragedie del rapporto nascono proprio in questo modo: escludendo il nostro aspetto controsessuale inconscio... In passato (ma a volte ancora oggi) si arrivava a uccidere l'altro nel tentativo di liberarsi da una dipendenza avvertita come distruttiva".(2)
Secondo Jung ogni donna e ogni uomo posseggono una parte dell’altro sesso: la donna nascosta nella psiche dell’uomo e l’uomo in quella della donna farebbero da ponte verso le zone più profonde dell’inconscio. Nel corso della vita queste parti assumerebbero una funzione di guida nel conoscere se stessi. Gli archetipi maschili e femminili erano per Jung i mattoni costitutivi della psiche. Non bisogna confondere i potenziali femminili e maschili con i corpi e la sessualità maschile o femminile. Si può essere del tutto eterosessuali ma al contempo capaci di integrare gli aspetti maschili e femminili della propria psiche. Le potenzialità femminili comprendono, ad esempio, l’empatia, l’altruismo e l’emotività, mentre quelle maschili sono la determinazione, la forza, il coraggio e la sicurezza in se stessi. Per avere equilibrio, ogni individuo dovrebbe integrare tutte le potenzialità, senza nulla togliere al suo essere uomo o donna, con un determinato corpo e una precisa sessualità.
Oggi sempre più persone comprendono che le immagini femminili distorte offerte dai mass media sono negative per la rappresentazione sociale del femminile, e che si dovrebbe avviare un serio impegno per promuovere il rispetto e la dignità delle donne. Non basta parlare di “pari opportunità”, occorre anche impedire la possibilità di mostrare la donna soltanto come un corpo seduttivo o meno competente dell’uomo, o ad esso subordinata.
Nella cultura occidentale, che orienta sempre più verso uno stile di vita materialistico ed edonistico, il corpo ha assunto un ruolo centrale nel determinare il valore dell’individuo, specie se donna. La seduzione sessuale di un corpo perfetto o esteticamente accattivante è diventata sempre più importante; ad essa si aggiunge il culto dell’eterna giovinezza.
Oggi molte donne sono ossessionate dalla paura di invecchiare o di non essere abbastanza belle, e vengono indotte a vivere una vita meno creativa e autentica rispetto alle loro potenzialità, perdendo tempo ed energie nel copiare i modelli estetici offerti dai mass media e dalla moda. I modelli mediatici e la confusione del loro ruolo nella famiglia, concorrono a fare in modo che anche oggi le donne tendano a vivere al di sotto delle loro capacità professionali e mentali, ponendo dei limiti a ciò che realizzano. Molte donne non si occupano di politica o di economia, non leggono, se non riviste di dubbia qualità, e sono convinte che la comprensione della realtà nei suoi aspetti più profondi non le riguardi, demandando all'uomo tali questioni.
I loro talenti e l'impoverimento mentale a cui possono essere soggette ricadrà sulla qualità sociale del Paese. La scrittrice Gloria Steinem, nei suoi numerosi viaggi, notò che in tutto il mondo le donne di ogni classe sociale tendono a svalutarsi. Ella scrisse: "Era come se lo spirito femminile fosse un giardino di piante cresciute talmente a lungo all'ombra di quelle barriere da portarne impresso il segno anche dopo che alcune di esse erano state rimosse".(3)
Sono quasi sempre le donne a contrarre malattie dell'alimentazione, come l'anoressia e la bulimia. L'anoressia colpisce soprattutto ragazze dai 12 ai 21 anni, che cercano di fare diete dimagranti, per mettersi al pari dei modelli vigenti. Le donne, i vecchi e i bambini risultano essere le vittime più danneggiate dai media, specie della Tv. Osserva la scrittrice Patricia Adkins Chiti:
“L'individuo medio vede tra i 400 e i 600 annunci pubblicitari al giorno: questo significa che quando quella persona avrà sessant'anni ne avrà visti circa 40-50 milioni. Una promozione commerciale su undici contiene un messaggio diretto che riguarda la bellezza, la moda o l'igiene della persona e sempre una promozione su undici riguarda un 'prodotto di prestigio' (dalle automobili ai detergenti liquidi). I media promuovono e riflettono gli standard medi correnti in fatto di forma, misure e bellezza del corpo... Queste "donne da fantascienza" sono abbronzate, perfette, hanno un corpo splendente, e le parti più importanti di quei corpi sono le natiche e i seni. L'esposizione ripetuta agli ideali di femminilità provocante del tipo "bellezza del cinema" o "bambola Barbie" proposti dai media può far sì che donne giovani e meno giovani interiorizzino e facciano propri quegli ideali, che la pubblicità presenta come raggiungibili e reali. Finché le donne saranno poste di fronte alle loro immagini allo specchio esse continueranno a collegare quel che vedono sullo schermo (e nelle riviste) a simboli di prestigio, felicità, amore e successo e finiranno col concepire l'immagine di sé stesse in rapporto a un ideale irreale. Le rappresentazioni delle donne attraverso tutti i media si fondano su questi elementi: bellezza del viso e del corpo, sessualità espressa da questa bellezza, interesse per la dimensione sentimentale rispetto a quella razionale, tendenza a stabilire relazioni anziché a cercare indipendenza e libertà... Non esistono statistiche ufficiali, ma molti chirurghi e titolari di centri di chirurgia estetica, intervistati in un servizio di Five Live (un programma televisivo) hanno dichiarato di constatare un continuo aumento delle ragazze che chiedono interventi che vanno dall'impianto di silicone per ingrandire il seno alla plastica nasale”.(4)
Secondo la scrittrice Colette Dowling, nel contesto in cui viviamo, le donne sono attanagliate da molte paure e insicurezze che potrebbero facilmente superare: "(Le donne hanno) forme di ansia all'idea di esibirsi davanti a un pubblico, ansia a sua volta legata ad altre paure più generali che hanno a che vedere con la sensazione di essere inadeguate e indifese di fronte al mondo; la paura di eventuali reazioni negative da parte di chi non è d'accordo; la paura di essere criticate; la paura di dire di no; la paura di asserire in modo chiaro e diretto i propri bisogni, senza usare vie traverse. Sono timori tipici delle donne, perché fin da bambine ci hanno insegnato a credere che provvedere a noi stesse, affermare noi stesse è poco femminile. Desideriamo - intensamente - riuscire attraenti agli uomini: per nulla minacciose, dolci; 'femminili' appunto. Il che blocca in noi quella gioia e quella produttività che potrebbero invece caratterizzare la nostra vita. Per non parlare del comportamento da oche che riesce a tirarci fuori... C'è una nuova crisi nella femminilità - la situazione conflittuale è legata a una certa confusione tra quel che è 'femminile' e quel che non lo è - e impedisce a molte donne di funzionare serenamente, in modo ben integrato. Per anni la femminilità è stata associata - anzi, identificata - con la dipendenza... Chi vuole incominciare a sentirsi soddisfatta di se stessa deve innanzi tutto avere il coraggio di comprendere che cosa le succede dentro... la prima cosa che le donne devono cercare di capire è fino a che punto la paura governa la loro vita... Paura di essere indipendenti... di essere capaci... di essere incapaci... La paura si è infiltrata a livello così profondo nell'esperienza femminile da essere come una piaga occulta. Si è stratificata nel corso degli anni in virtù del condizionamento sociale ed è tanto più insidiosa in quanto così profondamente radicata nella nostra cultura che nemmeno ci rendiamo conto della sua esistenza... Ci sarà impossibile realizzare dei veri cambiamenti di vita... finché non incominceremo a lavorare sulle ansie... (e) non inizieremo a fare una specie di contro-lavaggio del cervello".(5)
Negli ultimi tempi ci sono stati segnali di “ripresa” delle donne, ovvero diversi tentativi di sensibilizzare sul problema del degrado della figura femminile nei mass media e dell’assenza delle donne nei ruoli di responsabilità.
Ad esempio, esistono siti in cui si dibatte del problema della discriminazione femminile e persone impegnate a difendere i diritti della donna.
Una società che limita lo sviluppo della personalità della donna riducendola ad un corpo seduttivo e facendo in modo che essa abbia una bassa autostima, in modo tale da non incidere sulla realtà, è una società disturbata. Non conviene a nessuno creare una società del genere, soltanto a chi domina senza scrupoli.
Una società davvero democratica, culturalmente e socialmente evoluta, non ha bisogno di denigrare le donne, e non le teme. Tutte le donne dovrebbero riprendere la loro vera personalità, liberandosi dalle imposizioni dovute ad un sistema patriarcale che ha bisogno di tenerle sotto controllo e di farle apparire in modo caricaturale.
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NOTE
1) Lombardo Pijola Marida, “Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa”, Bompiani Editore, Milano 2007.
2) Carotenuto Aldo, “Amare tradire”, Bompiani, Milano 1991, pp. 91-93.
3) Steinem Gloria, “Autostima”, Rizzoli, Milano 1994, p. 9.
4) Adkins Chiti Patricia, “Women and Media in Europe”, http://www.donneinmusica.org/editoriali/Lipstick_ita.pdf.
5) Dowling Colette, “Il complesso di Cenerentola. La segreta paura delle donne di essere indipendenti”, Longanesi & C., Milano 1982, pp. 46-52.
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22 commenti:
Saro' banale, ma pensando al ruolo della donna cosi' codificato a uso dell'uomo nelle nostre societa' mi viene in mente un episodio di qualche anno fa. Premetto che adoro cucinare (e sono anche bravino). Stavo dando una festa di "house warming" per inaugurare la mia nuova casa. Avevo preparato per il dopocena una serie di torte e desserts. Alcune amiche di un'invitato, quasi stizzite dalla mia bravura in cucina, mi dissero qualcosa che non avrei mai dimenticato: "Allora, adesso voi uomini ci portate via l'unica potere che avevamo, quello che deriva dal preprarare il cibo".
Mi si rivelo' un mondo che non conoscevo, venendo da una famiglia relativamente progressista. In una societa' involuta (in questo caso la nostra) il somministrare o meno cibo all'uomo diventava potere della donna relegata in cucina. E questa l'ho capita.
Altra nota. Benche' sia fuggito dalla citta' di Roma dove sono nato, talvolta ci torno perche' la mia banca e' li'. Si tratta di un quartiere cosiddetto "bene". Una volta ci abitava una borghesia molto discreta. Da tre anni a questa parte vedo moltissime signore, talvolta madri e figlie, trasformate in maschere tragicomiche dalla chirurgia estetica. Sono dovunque nel quartiere, francamente mi sento io imbarazzato per loro. Vestono in modo appariscente, l'apparire sembra essere l'unico motore che le anima. Si tratta di una realta' che non capisco, e vorrei tanto che qualcuno me la spiegasse. Cosa spinge queste signore a violentare il loro stesso corpo?
http://www.youtube.com/watch?v=ecz0xfKjWSw
Edoardo Bennato - La Fata
C'è solo un fiore in quella stanza
e tu ti muovi con pazienza
la medicina è amara ma
tu già lo sai che la berrà
Se non si arrende tu lo tenti
e sciogli il nodo dei tuoi fianchi
e quel vestito scopre già
chi coglie il fiore impazzirà
Farà per te qualunque cosa
e tu sorella e madre e sposa
e tu regina o fata, tu
non puoi pretendere di più
E forse è per vendetta
e forse è per paura
o solo per pazzia
ma da sempre
tu sei quella che paga di più
se vuoi volare ti tirano giù
e se comincia la caccia alla streghe
la strega sei tu
E insegui sogni da bambina
e chiedi amore e sei sincera
non fai magie, ne trucchi, ma
nessuno ormai ci crederà
C'è chi ti urla che sei bella
che sei una fata, sei una stella
poi ti fa schiava, però no
chiamarlo amore non si può
C'è chi ti esalta, chi ti adula
c'è chi ti espone anche in vetrina
si dice amore, però no
chiamarlo amore non si può
Buonasera
Interessante articono sulle donne, ed anche bella domanda CHI HA PAURA DELLE DONNE?
Io non saprei rispondere per "gli altri", ma io certamente non ho paura delle donne (a parte qualche caso particolare!!!!); ed anzi spero che le donne non ambiscano a replicare la società patriarcale!!!
Chissà, forse Joung ed altri psicologi potrebbero spiegare queta paura.
Forse in altre società (non occidentali) le donne sono più libere e felici che nella nostra!! e gli uomini anche.
Se poi parliamo della donna in rapporto all'economia-denaro, è un altro discorso. I soldi servono a tutti.
Un saluto
Denis
Mi pare emblematico a proposito anche il viso rifatto dell'attuale conduttrice del TG2 Manuela Moreno, non trovate?
Xaro
stupendo articolo, grazie antonella.. posso metterlo anche nel mio blog?
Certo, puoi metterlo nel tuo blog.
Complimenti bellissimo articolo. Per quanto riguarda il silenzio e l'inattivismo delle donne stesse su questi argomenti penso che non sia un problema del solo femminismo. Dovremmo essere quasi tutti indignati per questa ed altre mille questioni, dalla sicurezza al precariato sul lavoro, dalla difficoltà nel permettersi uno straccio di abitazione al degrado dei servizi pubblici ( in primis la scuola), il degrado della politica, della cultura, dell'ambiente stesso in cui viviamo e dovranno vivere i nostri figli etc. etc. Non basta dire "o tempora o mores", bisogna sganciarsi da questo sistema che ci tiene sotto scacco fisicamente e mentalmente. Ormai l'individualismo domina le meccaniche sociali di ogni paese, di ogni continente, di ogni città, di ogni quartiere, di ogni condominio, di quasi tutte le famiglie. Sganciarsi individualmente è praticamente impossibile, anche un senzatetto ha bisogno del sistema. Penso che l'arma vincente prima o poi sia quella del "comunismo" inteso nel suo senso letterale, e non! Dovremmo iniziare a condividere di più, anche le sofferenze, e non solo nei blog. Scusate la prolissità, complimenti ancora Antonella!
Mi aggiungo anch'io ai complimenti per il pezzo.
Articolo, poi, che se analizziamo coincide pure con la superficialità e l'inconsistenza GENERALE del sistema che ci circonda. E che volutamente è lasciato tale per rincretinirci e non farci pensare.
Dispiace che le donne vengano usate - anche perchè sempre e costantemente considerate come oggetto - per tale scopo.
Ancora complimenti, Antonella.
P.S.
Ironia della sorte ( ? ) vuole che il Ministro sulle pari opportunità del governo attuale... corrisponda a certi canoni.
X massi.
Magari fosse possibile! Ma purtroppo il comunismo è risultato fallimentare come sistema sul essere umano.
Quindi rimane soltanto come un'illusione e dobbiamo per forza puntare tutte le carte sul singolo. Nel senso,
ogni genitore deve educare i propri figli. Il ns futuro e non lasciarli in balia a loro stessi. Devono (le mamme, in
quanto i papà sono troppo impegnati nella loro carriera), devono essere presenti, informare,
spiegare tutto ciò che ci circonda. E sopratutto quello che la media ci inculca. Per questa ragione il ruolo della
donna oggigiorno tende a complicarsi. Perchè la donna oltre ad essere mamma, moglie, amante, economa di casa, pscicologa, governatrice, educatrice, ora deve anche farsi strada nella carriera professionale. La strada che le permette di rimanere indipendente.
Ovviamente economicamente parlando. Ma oggi il mondo parla soltanto al di fuori di SOLDI, guadagno, money, money....
L'unica cosa che ci renderebbe indipendenti. Allora questo sistema rende il quotidiano alquanto ostico alla donna,
sopratutto perchè mi sembra che l'uomo (maschio) non abbia nessun interesse o voglia di collaborare fino in fondo.
Comunque i miei complimenti vanno a te Antonella, che sento come una sorella gemella, perchè tutto ciò che dici e come
se fosse uscito dai miei pensieri....soltanto che io non ho la tua padronanza d'espressione....sei speciale!!
Grazie Titti! Però vorrei dire che siamo tutti speciali, perché l'importante è il cuore!
E' speciale chi ha il coraggio di capire qual è la vera realtà; è speciale chi vince la tentazione ad essere "come tutti gli altri", ovvero a seguire il gregge; è speciale chi sa guardare oltre l'apparenza per cogliere il meglio in ogni persona.
E se devo essere completamente sincera penso che tutti gli esseri umani siano speciali, perché in ognuno di essi c'è il seme dell'amore e prima o poi ogni persona lo troverà e lo farà germogliare.
Per TITTI; non tutti i "papà" sono impegnati a far carriera, fortunatamente.
Oggi ho lavorato in un posto dove il "papà" si prendeva cura delle proprie figlie e figli......mentre la mamma....no comment.
In qualsiasi caso, non bisogna e non amo generalizzare.
Denis
Avevo già visto il "triste" filmato pubblicato su Facebook (impossibile ma vero) ed ero rimasta disgustata perchè saranno almeno quattro anni che non guardo più televisione in assoluto. Ma ne ho vista tanta prima, quando ero ancora sposata e infelice e frustrata e sfruttata e manipolata e sottostimata e .... (aggiungete pure tutti gli aggettivi negativi che vi vengono in mente). Ad un certo punto c'è stato "il risveglio", ho capito che tutti gli aggettivi di cui sopra li scaricavo sistematicamente su mia figlia, e questo ovviamente mi ha fatto molto riflettere. Ho tirato fuori un po' di coraggio e ho fatto diversi cambiamenti sia pratici che interiori. Mi auguro che altre riescano a trovare questo coraggio ma è difficile farlo, e io lo so. Con questo articolo hai centrato in pieno l'argomento donne in tutta la sua totalità. Lo farò leggere sicuramente a mia figlia che adesso ha 11 anni, e se non riesce a comprenderlo in pieno adesso glielo riproporrò magari fra un anno o due; intanto io ho cercato, cerco e cercherò di dargli un esempio concreto diverso di donna.
Brava Daria, cerchiamo di diffondere quanto più possibile questi contenuti, e nel nostro piccolo sono certa che possiamo fare qualcosa per contrastare il degrado.
Il tuo esempio sarà fondamentale per la tua bimba, e speriamo che sempre più donne acquistino consapevolezza. Non è facile, è vero. ma è sempre possibile.
Titti,
Perche' sono i papa' a dover essere "troppo impegnati nella loro carriera"? Dove sta scritto?
Scusa, ma io mi ribello profondamente a questa divisione di ruoli (mamma in casa, papa' fuori tutto il giorno). Io sono papa' e sono presente, fisicamente e non a parole, nella vita delle mie figlie. Ci sono per educarle, per renderle libere, per sviluppare la loro creativita' e il loro senso critico. Per incoraggiarle a realizzare i loro sogni e non dar mai retta a chi provera' a minare la loro autostima. Rivendico con forza il mio diritto a "esserci" con loro e per questo ho rinunciato alla cosiddetta "carriera" (che io traduco: schiavismo alle dipendenze di un/a mediocre) e mi sono creato una libera professione che mi regala tempo libero. Non devo lavorare tutto il giorno per i soldi, non devo avere l'auto di lusso da esibire: ho tutto quello che mi serve e non ho debiti. Questo basta e avanza. Il resto del tempo lo dedico ai miei cari, con la mia presenza e compartecipazione alla loro vita, non con i soldi che guadagno.
Complimenti dott.ssa Randazzo per la sua lucida analisi della condizione femminile.
Vorrei porle una domanda che mi assilla da diverso tempo. Mi permetta però prima una breve digressione, a mo’ di rincorsa, prima di formularla.
È vero. Il potere maschile, il cosiddetto fallo-potere ha sempre cercato di tenere le donne in condizioni di cattività, di chiuderle in un recinto.
Nel mondo antico è stata rinchiusa nel recinto della vita familiare e indirizzata ai lavori domestici.
Il Cristianesimo, pur riconoscendo l’eguaglianza degli esseri umani, in quanto tutti figli di Dio, ha di fatto relegato la donna nel ruolo di generatrice e la sua condizione sociale resta immutata.
Nel mondo moderno, la società capitalistica ha rinchiuso la donna nel recinto del mercato che ha trasformato il suo corpo e la sua sessualità in merce di scambio, neutralizzandone la differenza degli eroismi, affinché potesse essere posta sotto la legge della scambiabilità.
"Con questo l’imperialismo maschile è pienamente realizzato – scrive il filosofo Lyotard in Rudimenti pagani – e il femminile viene spinto all’esterno del Corpus socians perché dotato di proprietà di cui questo corpus non sa che fare: selvatichezza, sensibilità, impulso, isteria, silenzio, danza mendica, bellezza del diavolo, ornamento, lascività, stregoneria, debolezza".
Che fare allora? Quale strategia di contropotere devono adottare le donne per contrastare l’imperialismo maschile e resistere alla sua assimilazione?
Il filosofo Lyotard diceva che le donne devono resistere al fallo-potere dando spazio alle specificità dello loro differenze che il mondo maschile rifiuta.
Scrive, infatti, sempre in Rudimenti pagani: "Il movimento delle donne può essere tentato di resistere alla assimilazione delle donne agli uomini indurendo questa differenza, rivendicando l’intuizione, il pathos, l’irresponsabilità di cui le si veste in modo ridicolo, facendone delle armi nella insurrezione al fallocentrismo. Si può pensare di estendere la portata di queste stesse debolezze, di fare con esse un mondo anti-maschile, che solo una scrittura femminile per voci, grida, bisbigli, complotti potrebbe esplorare>".
A questo punto – dott.ssa Randazzo – penso a Gramsci, alla fecondità della sua teoria dell’egemonia e alla sua utilizzazione nel campo dei Cultural studies da parte di Stuart Hall.
Gramsci ci ha insegnato che un potere o una cultura non costituisce mai un blocco monolitico immodificabile e perenne (ad es. il fallo-potere) ma è attraversato da una pluralità di voci e interpretazioni diverse che lottano per conquistare l’egemonia e che un gruppo o potere o cultura (si pensi alla battaglia femminista) che vuole inquadrare la società all’interno di un nuovo progetto (la liberazione della donna dal fallo-potere, per restare all’esempio) deve operare egemonicamente, cioè deve intrecciare gli apparati egemonici della società civile: la scuola, l’università, la cultura popolare, la stampa, il cinema, i media, i partiti, la chiesa, ecc.
Ora, dott.ssa Randazzo, converrà con me, nel ritenere che la nostra società post-moderna, come tra l’altro insegna lo stesso Lyotard, vede (dopo il tramonto dei grandi sistemi di pensiero) il prevalere – dalle istituzioni pubbliche e private alle pieghe e agli interstizi della vita individuale – il prevalere del cinico criterio di performatività che legittima saperi, culture, istituzioni, ecc nella misura in cui producono risultati altamente redditizi e dunque una migliore efficienza del sistema in termini economicistici. Le istanze critiche, il pensiero critico, divergente, il dissenso viene respinto all’esterno perché ritenuto uno “spreco”, un dispendio improduttivo che non restituisce nessuna ottimizzazione.
Questo prevalere della performatività sta producendo la stabilità della società attraverso l’imposizione di codici epostemici, etici, sematici per l'appunto di natura efficientistica che rimuovono da sé pratiche teoriche e comportamentali divergenti.
Sono d'accordo con lei. E' difficile per gli uomini liberarsi dal potere opprimente figurarsi per le donne, che per parecchi secoli sono state "annullate" come persone.
Ma la soluzione a mio avviso è sempre una: uscire dalla "massificazione" attraverso la consapevolezza e il lavoro su se stessi. Difficile ma possibile.
Non si può assoggettare chi è libero nel profondo delle sue emozioni.
Dott.ssa non è le arrivata la secoda parte del mio intervento, dove formulo la domanda?
Ad ogni modo, la rimando.
Adesso, finalmente, giungo alla domanda – dott.ssa Randazzo.
Se è vero che una strategia di contropotere nei confronti del fallo-potere deve passare attraverso l’esplicitazione di pratiche discorsive che esprimono le specificità femminili e che tali pratiche di contropotere – come insegna Gramsci – devono operare strategicamente attraverso gli “apparati egemonici” se vogliono pervenire all’egemonia, come – ecco la domanda – pensare di attuare una siffatta strategia di accerchiamento quanto gli apparati egemonici della società sono assediati dal criterio di perfomatività che impedisce, e respinge come dispendi improduttivi, quelle stesse pratiche femminili di contropotere?
A me pare che la delegittimazione e il prevalere della performatività costituiscano ostacoli davvero ostici da superare per ogni strategia di contropotere. Nel frattempo leggiamo, studiamo, scriviamo, discutiamo e progettiamo per resistere e non morire.
La ringrazio e chiedo scusa per la prolissità.
Vito
Vito mi sembra che nella tua domanda ci sia implicita la risposta, che condivido.
Scrivi "che la delegittimazione e il prevalere della performatività costituiscano ostacoli davvero ostici da superare per ogni strategia di contropotere. Nel frattempo leggiamo, studiamo, scriviamo, discutiamo e progettiamo per resistere e non morire".
Infatti, gli ostacoli sono tanti e non sono semplici da superare, ma non devono passivizzarci o farci sentire impotenti altrimenti perdiamo prima di iniziare a combattere. Occorre resistere e avere uno stile di vita che ci possa "liberare" dalla morsa opprimente della massificazione.
Più saremo a resistere e più la lotta produrrà effetti.
Dott.ssa Randazzo quello di cui le parla rappresenta una strategia di resistenza che, ad ogni modo, resta confinata nelle maglie più o meno strette della nostra individualità.
Io avverto l’esigenza di spingere verso la costituzione di una vera e propria pars costruens ideativia e valoriale da muovere contro le logiche fallocentriche ed efficientistiche che ammorbano il presente.
Non basta decostruire e resistere. Dobbiamo ri-costruire. Dobbiamo approntare una valida alternativa e agire affinché questa si renda visibile ed operativa. E su questo punto gli spunti critici non mancano: penso a Lyotard, Gramsci, Artaud, Derrida, Hall, Latousche, Haugè, Caillè, per citare solo alcune grandi anomalie dell’Occidente.
Io penso che una valida strategia per aggirare la chiusura performativa degli “apparati egemonici”della società e dare visibilità ed efficacia alle pratiche teoriche e comportamentali divergenti, sia quella di organizzare e convogliare questi frammenti di liberazione in RETI INTERNAIZONALI DI COMPLICITA’, a cominciare dalla rete web.
Dobbiamo superare l’ “individualismo di massa” che regna indisturbato, oltre che nei bassifondi della società, ahimè, anche nel mondo dell’università e della ricerca umana e sociale. Occorre unire, aggregare ogni sforzo interpretativo, sperimentare percorsi di ricerca aggregata, non foss’altro perché siamo in un contesto post-nazionale e globalizzato.
A questo obiettivo risponde la costituzione di una cerchia internazionale di ricercatori che condividono l’esigenza di un rilancio della dimensione umana e sociale del vivere insieme. Il suo primo obiettivo sarà quello di far esistere e ritrovare, su scala mondiale, tali ricercatori. Di qui si potrà provare ad articolare congiuntamente nuove ipotesi di esistenza e prospettive di vita migliore sino alla costituzione di una rappresentanza politica.
Questo modello partecipato di ricerca è stato attivato dal seminario permanete di filosofia della facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Bari e denominato “Manifesto per un Circolo dei professori e dei ricercatori scomparsi”. Può leggerlo qui: http://www.semperfil.it/?page_id=106
Con questo la saluto e le faccio i miei auguri per il suo lavoro di ricerca e divulgazione
Vito (giovane studente di filosofia all’Università di Bari)
CARA ANTONELLA , NELLA MIA LUNGHISSIMA RICERCA DI ADESIONE ALLA REALTA' HO INCONTRATO IL TUO LIBRO " LA STORIA OCCULTA " CHE PERO' RISULTA GIA' ESAURITO DA MOLTI MESI SIA PRESSO MACROLIBRARSI CHE PRESSO IL NUOVO MONDO .
VORREI RICEVERE QUALCHE INDICAZIONE SU COME/DOVE POTREI ANCORA REPERIRE UNA COPIA DEL TUO LIBRO.
GRAZIE !
Il libro "Dittature. La Storia occulta" è in ristampa, doveva uscire a marzo ma purtroppo ci sono stati diversi contrattempi. Spero che possa uscire entro luglio, e farò sapere tramite il blog.
Ho letto l'articolo; ho guardato con attenzione il video di Lorella Zanardo (tutte e tre le parti). Sono triste per tutto ciò che vedo, per come la società sta distruggendo la donna e per come la donna stessa è artefice della propria degradazione. Davvero prego che non si vada oltre...
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