lunedì

LE FALSE DISPUTE - Controllori all’attacco dei controllati

Di Antonella Randazzo





Più volte ho avuto modo di sostenere che la rete Internet non è quel paradiso di libertà e di costruttività che alcuni pensano. Tuttavia, in rete è possibile trovare argomenti non trattati o mistificati nei media di massa, e dunque si può ritenere che alcuni blog o siti possano fungere da canali pioneristici atti a stimolare un certo grado di consapevolezza ormai impossibile da avere se ci si rapporta soltanto ai mass media. Per questo motivo, stanno aumentando i personaggi che vengono incaricati dal regime di “vegliare” a che questi siti possano essere disturbati, limitati nelle loro risorse oppure, se possibile, sabotati.

Chi ha interesse a che si limiti o si impedisca una certa presa di coscienza della realtà sa che non può più impedire del tutto che certe tematiche, come il signoraggio, le scie chimiche, la verità sull’11 settembre o sul controllo mentale, vengano a galla in diversi siti o blog, e che dunque una certa quantità di persone presti attenzione a tali argomenti. Tuttavia, sa anche che è possibile diminuire la portata di queste argomentazioni usando diverse strategie.
Queste strategie comprendono tattiche per deviare l’attenzione, limitare la trattazione, porre riflettori su aspetti irrisori del problema, deridere chi ne discute o chi cerca di divulgare contenuti perniciosi allo status quo del sistema, e porre i dialoghi ad un livello assai più basso rispetto a quello che potrebbe essere senza tali ingerenze.
Talvolta ci si può chiedere come mai questi personaggi operino all’interno di blog che hanno molti lettori già fidelizzati, che dunque difficilmente saranno convinti dalle loro sterili argomentazioni. Peraltro, operando in questi siti, i debunker rischiano di essere smascherati e insultati. Pericolo che essi corrono volentieri dato che operano nell’anonimato e spesso con diversi nick.
Ad esempio, in un blog (http://paolofranceschetti.blogspot.com/) dove si pubblicizza un convegno su diversi argomenti “proibiti” (scie chimiche, massoneria e democrazia diretta) si leggono post che ricalcano le tecniche usuali dei controllori incaricati di attaccare i controllati.

Lo scopo principale è quello di dirottare l’attenzione sugli stessi debunker, impedendo che si discuta il tema in questione e che emerga la portata di esso. Altri scopi sono: attacchi personali a persone “pericolose”, portare la discussione a livelli molto bassi, impedendo che si discuta dei problemi veri e che si inoltrino post di vera informazione.

Il post tipico dell’attacco personale ad esempio è: “Se non son paranoidi non li vogliamo”, come se si dovesse dare per scontato che tutto quello che queste persone dicono è da rigettare e che le argomentazioni di queste persone dipendano dal loro grado di squilibrio mentale.
Altre allusioni usate abitualmente dalle persone che operano al soldo del sistema, contro gli autori indipendenti, sono: hanno atteggiamenti ossessivi, sono incapaci di equilibrio psichico, sono poco svegli, sono fissati sulle questioni che trattano, sono convinti di essere importanti, trattano questioni ridicole, non hanno prove a sostegno di ciò che dicono, sono persone “autoreferenziali”, ecc.

Si vuole far passare il messaggio della creduloneria, del protagonismo, dello squilibrio mentale o della limitazione intellettiva che indurrebbe a credere a cose del tutto inesistenti. C'è l'idea che chi osa uscire dal gregge diventi automaticamente una persona inaffidabile, ingenua e pronta a credere a qualsiasi cosa. Come se non fosse proprio il sistema a far credere in cose irrazionali e assurde.
Come è stato fatto notare, i debunker tendono ad assumere gli stessi atteggiamenti di personaggi come Piero Angela, che amano apparire concreti, scettici verso ciò che non è provato, che non è “scientifico”. E tutti quelli che non aderiscono a questo modo di essere devono apparire perlomeno disturbati, osando sfidare i dogmi della divina scienza ufficiale o delle comuni credenze avallate dal sistema. Rifiutando tali dettami si dovrebbe per forza diventare ridicoli. Ad esempio il seguente post dice: “Francesco, io preoccupato per le scie? :) non direi proprio, io rido delle scie e di chi crede che siano chimiche... se credi che lo siano rido anche di te :) che fai come il clown da circo [zret], ti piace farti ridere dietro? ;)… mi sto solo divertendo a prendervi per il culo, con voi credenti nelle scie chimiche non si puo fare altro.”(1)

L’idea fondamentale è che non possa esistere libertà di credere a quello che si vuole, ma che credere in alcune realtà, anche quando sono del tutto empiriche, debba esporre al ridicolo quando tali realtà non hanno il privilegio di essere avallate dal sistema. In altre parole, l’attuale sistema decide, attraverso la scienza ufficiale e attraverso ciò che i media divulgano (e nel modo in cui li divulgano), ciò che è ridicolo e ciò che non lo è, ciò che è equilibrato pensare e ciò che è paranoico.

Si tratta di una sfida che mira a mettere in guardia dal fatto che se si fuoriesce dai dettami di regime si diventa automaticamente ridicoli o paranoici. Anche quando ci sono prove a sostegno di ciò che si dice, si fa passare l’idea che non ce ne siano affatto, se il sistema così decide.
Ad esempio, nella trasmissione "Voyager", andata in onda su Rai Due il 19 marzo 2008, si parlò delle scie chimiche, come si trattasse di un mistero, e non si potesse o dovesse rendere conto agli aerei statunitensi che le creano. Come se non vi fosse un potere militare che sorveglia i cieli e documenta tutto ciò che avviene, permettendo agli aerei in questione di spargere sostanze chimiche. Si tratta di un argomento che viene ammantato di dubbi e misteri, e spacciato come una "bufala di Internet". In realtà, anche il filmato di propaganda trasmesso su Voyager ammetteva che tali aerei diffondono sostanze tossiche come alluminio o bario, ma si curava di rassicurare dicendo che le autorità dell'Aeronautica preposte vegliano per la "sicurezza". Ma se così fosse, perché mai permetterebbero tale scempio chimico?
E' evidente che la trasmissione mirava a far accettare il fatto, facendo capire che ci sarebbero motivi di controllo del clima per motivi bellici. Ma non veniva spiegato come mai tale fenomeno è così diffuso in Italia, che è un paese ufficialmente non in guerra. Voyager cercava di rassicurare facendo credere di informare, mentre in realtà stava relegando il fatto nel novero dei "misteri", e così facendo occultava il fatto che le nostre autorità non chiedono conto alle autorità statunitensi del fenomeno. Molte persone, di diverse città italiane, hanno telefonato all'Aeronautica per chiedere conto di ciò che stava accadendo, ricevendo risposte vaghe quando non offensive della loro intelligenza. Sta di fatto che anche di fronte a pericoli per la salute dei cittadini le autorità italiane si sottomettono a quelle statunitensi, come se il paese fosse una colonia. A nessuna autorità statunitense viene chiesta alcuna spiegazione, e la trasmissione Voyager mirava a far apparire ciò come "normale". Si offriva un servizio in cui non si davano spiegazioni chiare e razionali, su un fenomeno assai grave provocato da autorità straniere. I presupposti propagandistici impliciti nel documento trasmesso da Voyager erano: C'è un fenomeno visto da molti, ma esso non è chiaro, e chi lo crea non ha nessun dovere di chiarirlo; non c'è da preoccuparsi (anche se vengono gettate sostanze nocive) perché le autorità ci proteggono (anche se non rispondono adeguatamente alle richieste di informazioni dei cittadini); possono esistere fatti che le autorità non sono tenute a spiegare con chiarezza, che sono "segreti". Questo deve essere accettato quando riguarda il settore militare (anche se avviene in tempo di pace); Di fatto gli Usa hanno potere sul nostro paese e lo trattano come fosse una colonia, potendo fare ciò che vogliono senza subire alcun limite dalle autorità italiane.
Questo è soltanto un esempio di come si cerca di rendere misteriosi fatti del tutto razionali ed empirici.

Diversi soggetti al soldo del regime, partendo dal presupposto che chi si oppone al sistema abbia per forza qualche rotella fuori posto, si atteggiano a persone sagge, sensate, e persino in grado di mettere una parola giusta per realizzare quell’equilibrio che si presuppone manchi nei blog indipendenti. Ad esempio, uno di essi scrive: “Comunque, io aspetto sempre questi famosi ‘riscontri reali’” (riferendosi alle scie chimiche).
Si fa credere che chi sostiene cose che potrebbero minare lo status quo è sprovveduto a tal punto da accettare argomentazioni non sostenute dai fatti, e invece gli altri sarebbero concreti e avveduti.

Un altro metodo è quello di accusare chi denuncia le magagne del sistema delle stesse cose che egli denuncia: ad esempio se parla di scie chimiche egli sarà accusato di intralciare il lavoro di chi vuol far luce davvero sul fenomeno. Uno di questi post dice: “D'altronde, paranoia per paranoia, io posso dire che è invece Straker (nick di una persona che si occupa del problema delle scie chimiche) l'infiltrato che, con le sue sparate imbarazzanti, getta discredito sul lavoro di chi realmente indaga sulla questione. E' solo questione di punti di vista”.

Facendo credere che si tratti di “punti di vista” piuttosto che di tentativi di invertire i termini per far apparire l’opposto di ciò che è, si vuole assumere il tono saccente di chi è capace di assumere un punto di vista più esteso e obiettivo.

L’attacco volto a far sembrare chi denuncia i crimini come un egocentrico si può capire da post come questi:
“La favoletta delle scie chimiche è meglio di un libro di Clive Cussler. Con Staker nel ruolo del salvatore del mondo. Fantastico!”

L’accusa di protagonismo, in una società che alimenta in modo spropositato protagonismo e egocentrismo risulta azzeccata perché in effetti molte persone ormai vedono nel mettersi in mostra (vedi “Grande Fratello”) un modo di esistere. Si mira a far passare in secondo piano che essere davvero egocentrici non vuol dire denunciare determinate realtà inquietanti, dato che in tal caso si rischiano più strali che facili consensi.
Paradossalmente, chi cerca di uscire dalla morsa di un sistema nazifascista si trova a dover essere accusato di avere quegli stessi difetti prodotti dal sistema, poiché essi, essendo comuni, sono assai credibili, e può sfuggire il paradosso a chi, non fuoriuscendo dalla logica di massificazione mediatica, non si accorge che di tecniche di manipolazione si tratta.

Un altro atteggiamento saccente e saggio è quello che mira a mettere tutti sullo stesso piano: chi denuncia i crimini e chi difende (pagato) il sistema, facendo credere che in realtà chi cerca di uscire dal sistema non può davvero riuscirvi. Si tratta di un messaggio più potente di quello che si crede, dovendo tristemente appurare che moltissime persone che comprendono diverse verità mistificate dai regimi poi si sentono impotenti o pessimiste, svalutando la portata reale della consapevolezza acquisita. Dunque, mettendo tutti sullo stesso piano si vuole far passare il messaggio: “tanto non cambia nulla e non è detto che far emergere certe verità determini una reale differenza fra chi sa e chi non sa”.
Ad esempio leggiamo i seguenti post:

(post 1) “Vedi Paolo (Franceschetti), stiamo assistendo al classico dibattito tra persone con atteggiamenti paranoici (non che lo siano del tutto, ma ogni tanto gli scappa): Qualcuno dice: 'Ma queste scie degli aerei non sono come quelle solite, hanno un comportamento strano. Sono chimiche, artificiali, non semplice acqua cristallizzata'
Arriva Straker: 'Sono un progetto segreto per farci diventare androidi'.
Arriva il debunker: 'Straker dice una cazzata, quindi il problema non esiste'.
Gente come Straker ha atteggiamenti paranoidi perché è ossessionata dal megacomplotto (di chiara matrice escatologico-hollywoodiana). I debunker invece è ossessionato dalla presenza di gente come Straker, che ritiene una minaccia per tutta l'umanità. Entrambi si sentono investiti di un compito superno, quello di salvare il mondo a colpi di tastiera: l'uno di salvarlo dal megacomplotto apocalittico, l'altro dalle orde di Straker e Mazzucchi che abbindolano tutta l'umanità (tranne loro stessi) per raccogliere miliardi di euro. Vista da fuori, è una situazione ridicola. Se non fosse che l'ossessione di questi personaggi fa loro monopolizzare la discussione, cosicché qualunque persona normale se ne cava al più presto, non avendo nessuna voglia di partecipare al teatrino (e magari passare per uno dei pazzi). E questo succede per quasi tutti gli argomenti (per esempio il problema delle banche, che viene spiegato con la burla del signoraggio). E adesso prego, che ricomincino gli insulti.”

(post 2) “Continuo la mia disamina facendo notare come complottisti e debunker si comportino in maniera assolutamente identica, solo che speculare. Perdono ore e ore a seguire il proprio blog e quelli "nemici", si accusano di lavorare per soldi (del governo o dei gonzi), si accusano di spargere nomi e indirizzi (come se ci volesse chissà cosa: se uno dice di essere Tizio di Mondovì, basta andare al municipio di Mondovì e leggere le liste elettorali), si accusano di millantare professioni mai svolte, si accusano di non capire niente della scienza, quella vera. Un patetico teatrino dell'assurdo. E qui ne abbiamo una dimostrazione.”

(post 3) “Infatti se non te ne sei reso conto, il mio discorso coinvolge entrambi gli schieramenti. Hanno entrambi atteggiamenti ossessivi e paranoidi, soltanto che rivolti a oggetti diversi. Ovviamente questo non rende una parte particolarmente migliore dell'altra.”

Questi post mirano a raggiungere diversi risultati: mettere tutti sullo stesso piano, trattare tutti da persone disturbate (paranoidi), far apparire chi scrive come saggio e al di sopra di tutti, e aprire un'altra serie di post che concentrano l’attenzione sull’argomentazione del debunker piuttosto che sul tema in questione (“che ricomincino gli insulti”).

Nonostante l’assurdità dei commenti “pagati”, i lettori autentici di questi siti sono indotti a rispondere a questi post, seppure con toni di riprovazione o intimando di rinunciare a continuare a cercare di fomentare ostilità o scetticismo. In ogni caso i debunker hanno raggiunto il loro scopo: catturare attenzione, attirare critiche e impedire uno svolgimento più costruttivo della discussione.
Qualche lettore consiglia di estromettere questi personaggi cestinando i loro post:

“PARACELSO, NICO, FEDERICO, GG, ESSSSE, BIGREDCAT, ILPEYOTE, M.S. (Ci manca solo M.D.D. e siamo al completo) andate a farvi un giro e piantatela di trollare in questo sito chè tanto nessuno vi vuole.
E' inutile, sappiamo chi siete e che ci state a fare qui, siete persone sgradite e qui vi si dà il credito che meritate.
Zero. Ha ragione Gennaro : qua abbiamo sviluppato gli anticorpi e vi sgamiamo sempre e comunque.
Mi rivolgo a Paolo : capisco la politica del non censurare nulla, ma in questo caso mi sembra controproducente non dare una ripulita da queste zecche”.

Ma altri ritengono lecito discutere anche di queste ingerenze di bassa lega:

"Se diciamo fesserie perché filtrarle? Sarebbe facile dimostrare che sono fesserie, no? Invece censura a priori, toglie libertà di parola a chi non è d'accordo con lui (o almeno ci prova, come si può vedere qui), minaccia ed accusa.
E fa passare i commenti incensatori. Ho come idea che abbia il culto della personalità... La propria, ovviamente”.(2)

Altri mettono in evidenza l’inutilità di questi interventi “mirati”:

“gatti rossi e paracessi vi state soltanto arrampicando sugli specchi!!!
la vostra guerra di disinformazione e persa in partenza perchè le bugie hanno le zampe corte!”

Per concludere, si può sostenere con un certo margine di ragionevolezza che i metodi involuti e massificanti dell’attuale sistema vengono utilizzati anche in rete, allo scopo di attutire l’impatto che certe verità possono avere sui lettori, e soprattutto per produrre effetti limitanti, condizionanti e manipolanti, sapendo che non molti si accorgeranno di ciò e quasi tutti saranno comunque indotti a dare peso a queste ingerenze.
Lo scopo principale di tutto ciò è quello di difendere lo status quo e di continuare a controllare anche chi ha ben compreso l’esistenza di tale controllo e cerca di allontanarsi dalle maglie di un sistema dittatoriale che tutto vuol plasmare a sua immagine e somiglianza.



Copyright © 2009 - all rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it


NOTE

1) https://www.blogger.com/comment.g?postID=7678432859279835412&blogID=1407132873266794183&isPopup=false&page=2
2) https://www.blogger.com/comment.g?blogID=1407132873266794183&postID=7678432859279835412

giovedì

IL DEBUNKER

Negli ultimi tempi sono nati alcuni blog spazzatura che hanno lo scopo di mettere in cattiva luce, deridere e screditare coloro che scrivono articoli di denuncia contro il sistema attuale. I personaggi che scrivono su questi siti spazzatura (debunker) talvolta non si firmano e non permettono a nessuno di inviare post ai loro articoli. Le loro pseude-critiche sono prive di vera analisi, e mirano più che altro a sollevare polverone con l'intento di confondere. E’ evidente che si tratta di strategie che somigliano parecchio ai metodi usati nei media di massa.

Pubblichiamo qui alcuni stralci di un’analisi molto intelligente del fenomeno fatta da Massimo Mazzucco, che potete trovare nella versione integrale su http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3121




MANUALE OPERATIVO dell'Acchiappadebunker
"Se lo conosci lo combatti"

STRATEGIA E FINALITA’

Bisogna innanzitutto tenere presente che quando il debunker scende in campo non è più un uomo, ma una MACCHINA: egli cioè agisce meccanicamente, comportandosi nello stesso modo di fronte ai problemi più disparati, poichè ha un’unica finalità che li accomuna tutti: smontare una teoria pericolosa per il sistema vigente, qualunque essa sia.

Questo offre da un lato il vantaggio della prevedibilità – ogni macchina è programmata per agire in un modo determinato – ma impone di lottare contro un avversario privo di ogni condizionamento morale, la cui unica finalità sia quella di schiacciare l’avversario, con qualunque mezzo a disposizione.

Alla fine Kasparov ha perso contro Deep Blue per un crollo emotivo, non perchè la macchina dell'IBM giocasse meglio di lui a scacchi.

Per il debunker quindi non c’è nessuna differenza fra il caso Kennedy o l’undici settembre: sono ambedue "teorie cospiratorie" che minacciano lo status quo, e vanno ambedue combattute con l'unico fine di poter dire che “non stanno in piedi”.

Per questo motivo, il debunker assomiglia alla squadra di provincia che vada a giocare in trasferta contro la regina del campionato. Per lui il pareggio basta e avanza: non deve segnare goal, deve solo evitare di prenderne. In altre parole, lui non deve dimostrare nulla rispetto al caso in questione, poichè la versione ufficiale gli dà già ragione per default. Sta invece al complottista trovarne il punto debole, perforare la difesa e segnare almeno un goal nei canonici 90 minuti.

Occhio naturalmente al contropiede, perchè capita spesso di buttarsi all’attacco con tale furia accecante (specialità del debunker è proprio quella di farti perdere prima o poi la pazienza) da ritovarsi ogni tanto a dire una stupidaggine, che il debunker ti fa subito pagare a carissimo prezzo: ti infilza sotto lo sguardo attonito dei tuoi tifosi,...

... e poi ne approfitta per farci su un Carnevale di Rio che dura almeno una settimana.


ANALISI COMPLESSIVA

L’operazione complessiva di debunking avviene secondo due direttive immutabili:

1 - SCOMPOSIZIONE DEL SISTEMA
2 - EQUALIZZAZIONE PROBABILISTICA

Per portare a termine ciascuna operazione il debunker si avvale di una serie di FUNZIONI, che descriveremo in seguito nel dettaglio.

DEVIAZIONE DAL SIGNIFICANTE
SOPRAVVALUTAZIONE DELL’ININFLUENTE
PROMOZIONE DEL DEQUALIFICANTE
PUBBLICIZZAZIONE DELL’EVIDENTE
AUTOTITOLATURA DELL'IGNORANTE
VACCINAZIONE DEL GIUDICANTE
IGNORANZA DEL DEPONENTE
UNIVERSALIZZAZIONE DEL PENALIZZANTE

Vi sono poi due SUB-FUNZIONI AGGIUNTIVE, RFT e SPF.

ANALISI OPERATIVA

1 - SCOMPOSIZIONE DEL SISTEMA

E’ il principio fondamentale secondo cui opera per il debunker: scomporre immediatamente l’impianto di accusa nel maggior numero possibile di elementi isolati, con l’intento evidente di ridurne la forza d’urto complessiva. Nello stesso modo, il buon catenacciaro non si lascia impressionare dalla forza dell’avversario, e si dedica caparbiamente a neutralizzare ogni sua incursione con qualunque mezzo a disposizione: una volta con un fallo di mano, la seconda con una simulazione a suo favore, la terza con una parata eccezionale, la quarta con il classico colpo di culo… il debunker arranca instancabile per tutto l’incontro, azione dopo azione, finchè il fischio finale lo ritrova a reti inviolate. A quel punto i giornali scriveranno che “moralmente ha vinto la capolista”, ma al debunker non gliene può fregare di meno: lui si porta a casa il suo prezioso pareggio, e potrà sempre dire che la versione ufficiale non sta in piedi, “poichè nemmeno una delle accuse è stata dimostrata”.

NOTA IMPORTANTE: Il complottista che dimentichi per un solo istante questo principio fondamentale è condannato a soffrire lunghe ore di frustrazione lancinante.

2 - EQUALIZZAZIONE PROBABILISTICA

E’ la seconda fase della procedura di debunking, legata direttamente alla prima. Non appena scomposto il problema nei singoli elementi, diventa indispensabile rendere innocua la portata accusatoria di ciascuno.

Il debunker quindi si ingegna nel trovare una spiegazione alternativa plausibile per ciascun elemento probante, che non porti necessariamente alla condanna dell’imputato. A quel punto cercherà in tutti i modi di estendere l’impressione di debolezza dei singoli elementi all’intero sistema di accusa.

Si tratta in realtà di una variante della classica FALLACIA DI COMPOSIZIONE, che si verifica quando si cerchi di attribuire al tutto la qualità di una parte.

Es.: Gli appartamenti di quell'edificio sono piccoli. Quell'edificio ha tanti appartamenti. Quell'edificio è piccolo.

Mutatis mutandis, il debunker dice: i singoli capi di accusa sono deboli, quindi l’intera teoria del complotto non sta in piedi. In realtà si dimentica che esiste una cosa chiamata processo indiziario, nel quale invece tanti piccoli indizi, che da soli non basterebbero a condannare l’imputato, si trasformano spesso in una schiacciante dimostrazione di colpevolezza.

Ma il debunker più di così non può fare, e trova comunque molta gente che si accontenta di quel risultato.


ESEMPIO PRATICO

Vediamo ora la tecnica di SCOMPOSIZIONE/EQUALIZZAZIONE applicata ad uno dei casi più famosi della storia: l’omicidio Kennedy. Come noto, la caterva di incongruenze, contraddizioni e bugie vere e proprie, nella versione ufficiale del caso Kennedy è ormai stata sviscerata al punto da renderla insostenibile, ma è proprio in questi casi che si può vedere al meglio l’efficacia della tecnica del debunker.

Per semplicità, diciamo che l’impianto accusatorio contro la tesi ufficiale, che vuole Oswald come assassino unico, sia costituito da questi 3 elementi probanti:

a) Svariate testimonianze confermano che Oswald non fosse un bravo tiratore
b) Il fucile che ha usato era praticamente un pezzo di ferro con il manico
c) Dalla posizione da cui sparava Oswald era impossibile colpire James Tague (in seguito la spiegazione di questo fatto).

Si conclude quindi che molto difficilmente Oswald abbia ucciso Kennedy da solo.

A questo punto il debunker scalda le sue valvole, si mette all’opera, e ti risponde più o meno così:

"Prima di tutto, non è affatto vero che Oswald fosse un tiratore mediocre. C’è un sergente dei Marines che lo ha visto abbattere una quaglia in volo al primo colpo, da trecento metri di distanza."

A quel punto tu hai due possibilità, ma devi sapere che sei comunque fottuto:

Se dici “sarà stato un colpo di culo” sei fottuto perchè ti senti rispondere che nulla vieta che “il colpo di culo” si sia ripetuto anche a Dallas. (Ricordi l’ ”equalizzazione probabilistica?” Piano piano l’assurdo diventa improbabile, l’improbabile diventa possibile, il possibile diventa probabile, finchè ti ritrovi a stupirti perchè il fatto non si verifichi ogni santo giorno della settimana).

Se invece tu dici “E chi sarebbe ‘sto sergente, che ha visto Oswald abbattere la quaglia al volo?” ti senti rispondere dal debunker che il sergente è suo cugino. Tu educatamente chiedi di poter parlare con questo cugino, e ti viene risposto che non c’è nessun problema a farlo, ma che adesso è all’estero, e bisognerà aspettare che ritorni.

A quel punto tu credi di aver incastrato il debunker, e corri a festeggiare con gli amici dicendo: “Ah ah, voglio proprio vederlo, questo cugino che ci racconta come Oswald abbattesse le quaglie al volo!” E invece ti sei fottuto con le tue mani, perchè ti sei già dimenticato la regola numero 1, secondo la quale al debunker basta il nulla di fatto: lui non dovrà mai dimostrare nulla, gli basta inficiare in qualunque modo la TUA accusa. Sappi infatti che quel cugino non rientrerà MAI dal suo viaggio, perchè in questo modo sarà sempre possibile insinuare il dubbio che Oswald avesse una mira eccezionale, e questo basta al debunker per annullare in qualche modo la TUA accusa che fosse una schiappa col fucile.

Ricorda quindi sempre che il debunker combatte con finalità diverse dalle tue, per cui tu devi giocare una partita asimmetrica, nella quale quello che vale per te non vale necessariamente per lui, e viceversa.

Mentre sei lì che chiedi per l’ennesima volta, con tono sempre meno rilassato, “Insomma, quando cacchio torna ‘sto cugino?”, ti arriva la risposta al secondo elemento di accusa, ancora più sorprendente:

“E poi non è affatto vero che il Carcano fosse un ferrovecchio. Ci sono restauratori che ancora oggi vendono vecchi modelli di Carcano perfettamente funzionanti ed efficienti. Quarda qui, qui e qui”.

A quel punto tu cosa fai? Ti metti a chiedegli perchè mai Oswald avrebbe dovuto mettersi a cercare un “restauratore” di Carcano, sperando di trovarne uno “in perfetta efficienza”, quando con gli stessi soldi poteva tranquillamente comprarsi un Mauser ad alta precisione, che spacca il culo ai passeri senza nemmeno bisogno di farlo calibrare? E’ chiaro che di fronte a questa mossa del "restauratore" ti conviene rinunciare subito a quel capo di accusa, e concentrarti invece sul più solido e indistruttibile di tutti: la scheggia di James Tague.

Facciamo una breve parentesi per chi non conoscesse questo importante particolare del caso Kennedy, che QUI è analizzato nel dettaglio:

Mentre tutti pensano che il punto debole della versione ufficiale sia il cosiddetto “proiettile magico“, reso famoso dal film di Oliver Stone, quello è solo un clamoroso specchietto per allodole, tanto vistoso per il pubblico di bocca buona quanto inefficace in una reale discussione sul caso Kennedy. Puoi ridere finché vuoi delle mille deviazioni a cui sarebbe costretto il proiettile magico, infatti, ma non riuscirai mai a dimostrare in modo inconfutabile che non possa essere esistito. (Sempre per via della famosa “equalizzazione probabilistica”, che nel caso Kennedy ha fatto miracoli mai ripetuti fino ad oggi nella storia del debunking).

Il vero tallone d’Achille della versione ufficiale si trova invece - a mio parere - nel primo sparo, che deve essere andato a vuoto poiché un passante che si trovava sotto il cavalcavia, James Tague, rimase colpito al volto da una scheggia staccatasi dal marciapiede accanto a lui. E poiché sappiamo che il secondo e il terzo colpo andarono a segno (uno è il “magic bullett”, l’altro il colpo fatale alla testa), nessuno mette in dubbio il fatto che debba essere stato il primo colpo ad andare a vuoto.

Il primo colpo però – per una serie di calcoli che non stiamo a ripetere – deve essere stato sparato quando la limousine presidenziale si trovava ancora sotto la finestra di Oswald, e da quel punto

a) era praticamente impossibile mancare il bersaglio,
b) è ancora più impossibile spiegare come il proiettile abbia potuto subire una deviazione di almeno 40 gradi, necessaria per raggiungere la zona in cui si trovava Tague.

In altre parole, se stai sparando al televisore che hai davanti al naso, spiegami come fai a mancarlo, e a colpire nel frattempo tua zia che sta sulla porta alla tua destra che ti guarda.

Vediamo ora nel dettaglio le varie
FUNZIONI

DEVIAZIONE DAL SIGNIFICANTE: Avviene quando il debunker riesce a spostare l’attenzione dal vero oggetto della discussione ad uno meno influente, se non innocuo del tutto per l’imputato. A quel punto, se l’avversario abbocca, scatta la

SOPRAVVALUTAZIONE DELL’ININFLUENTE - In cui il fattore poco influente diventa pian piano di importanza capitale, nell’interesse esclusivo del debunker di far passare più tempo possibile. Dicesi anche “melina”, nelle quale il debunker è il massimo esperto universale.

Una forma particolarmente raffinata di DEVIAZIONE DAL SIGNIFICANTE è quella che contiene anche la PROMOZIONE DEL DEQUALIFICANTE. Avviene quando il debunker riesce ad introdurre nella deviazione un apparente aspetto penalizzante per l’accusato, riuscendo in questo modo a fugare ogni sospetto di trarre possibili vantaggi da quella deviazione.

E il caso della difesa aerea americana (NORAD), che si presta talmente volentieri alle critiche di “incompetenza” da suggerirle spesso lei stessa: “Eh, sì – dice con vistosa contrizione il generale del NORAD - in effetti siamo stati dei grandi pasticcioni quel giorno”. In questo modo non solo sposta l’attenzione dal vero problema (la complicità di alcuni suoi membri negli attentati), ma sembra anche subire la giusta “penitenza”, allontanando eventuali sospetti di trarre invece un buon vantaggio dalla sua autocritica.

Dinamica molto simile per la Chiesa di Roma, sempre disposta a riconoscere con grande contrizione il “peccato di alcuni suoi membri” (i preti pedofili), pur di allontanare l’attenzione dal fatto che Ratzinger non abbia mai abolito il documento che li proteggeva sistematicamente nelle loro scorribande proibite. (E’ il notorio Crimen Solicitationis, LINK documento che per oltre 20 anni Ratzinger avrebbe potuto abolire, e che invece ha mantenuto e implementato con tenacia sconcertante).

REGOLA PER INDIVIDUARE LA PROMOZIONE DEL DEQUALIFICANTE: Domandarsi se il tale individuo o istituzione abbiano normalmente l’abitudine di procedere a pubbliche autocritiche, arrivando in certi casi a proporle spontaneamente. In altre parole, vi risulta che il Pentagono o la Chiesa di Roma amino solitamente riconoscere i propri errori pubblicamente? Se la risposta è no, sappiate che molto probabilmente lo stanno facendo solo per coprirne uno peggiore.

PUBBLICIZZAZIONE DELL’EVIDENTE. Noto anche come trucco del “come potete vedere”, utilizzato dagli albori dell’umnanità da imbonitori e ciarlatani di mezzo mondo. Avviene quando il debunker citi delle prove apparentemente “evidenti”, che invece non esistono affatto, contando sulla fiducia che nel frattempo il pubblico ha imparato a riporre in lui.

REGOLA PER INDIVIDUARE la PUBBLICIZZAZIONE DELL’EVIDENTE. Un modo eccellente per rilevare questo tipo di atteggiamento è domandarsi come mai il debunker ami spendere intere pagine per raccontarci quanto lui sia informato, quanto sia uso a fare solo affermazioni verificate, e quanto disprezzi tutti coloro che invece procedono in modo superficiale e dilettantesco. (Voglio dire, la cosa dovrebbe essere implicita, e solo chi abbia una coda di paglia lunga un chilometro sente il bisogno di rassicurarti in quel senso).


AUTOTITOLATURA DELL'IGNORANTE - Altro paravento di cui il debunker ama spesso farsi scudo è il cosiddetto “metodo scientifico”, che solo lui sembra possedere, che solo lui sembra saper maneggiare, e che secondo lui lo distingue nettamente da tutti gli altri cialtroni che popolano la rete. Questo avviene anche, paradossalmente, quando il debunker sia il primo a non aver conseguito una sola laurea, e possa vantare al massimo un misero diploma di doganiere.

Proprio per questa sua insicurezza, il debunker ama ammantarsi di appellativi autoqualificanti, come ad esempio “cacciatore di bufale”, che serve anche ad allontanare eventuali sospetti di “bufalare” lui stesso il suo pubblico. Significativo in questo senso il caso del CICAP, che si è autoeletto addirittura a “verificatore delle affermazioni paranorali”, quando sono loro i primi a rifilare spiegazioni “paranormali” agli affezionati frequentatori.

D’altronde, ormai lo sappiamo: i repubblicani che si scagliano “contro l’immoralità di Washington” sono i primi a frequentare i festini gay; i ministri di giustizia di mezzo mondo sono i primi a violare le leggi per tornaconto personale; i cardinali che si riempiono la bocca di “pietà cristiana“ sono i primi a ignorare il pezzente che gli muore di fame davanti agli occhi; i medici che dicono di combattere il cancro contribuiscono per primi alla morte del paziente, ...

... mentre l’ultimo pirla senza credenziali viene trattato da tutti costoro come un appestato, se solo si prova a mettere in dubbio la loro autorità. Signore e signori, benvenuti nel mondo all’incontrario, dove quello che ce l’ha storto è l’unico che rischia di infilare il buco giusto.


VACCINAZIONE DEL GIUDICANTE: Avviene quando il debunker riveli volontariamente l’esistenza di un elemento particolarmente devastante nei suoi confronti, prima che il pubblico la scopra da solo. I più bravi cercano anche di invertire nel frattempo la valenza negativa di quell'elemento a sfavore del complottista.

Esempio: nel caso del Building 7, il debunker sa bene che esiste una serie di testimonianze che indicano in modo incontestabile come il crollo dell’edificio fosse stato previsto con molte ore di anticipo (rendendo quindi insostenibile la tesi del cedimento spontaneo: non solo non vi erano elementi per giustificarlo in quel momento, ma di certo non lo si sarebbe potuto prevedere con svariate ore di anticipo, visto che nessun edificio in acciaio al mondo era mai crollato prima a causa di un incendio. Li fanno in acciaio apposta per quello).

IGNORANZA DEL DEPONENTE: Nei casi estremi, quanto risulti impossibile “equalizzare” una testimoniaza particolarmente scomoda (quando cioè il debunker non riesca a trovare una sola spiegazione valida per un certo capo d’accusa), risolve con grande fermezza che sicuramente “il testimone si è sbagliato”.
Non importa se a udire le esplosioni durante i crolli delle Torri Gemelle siano state più di 40 persone. Se la loro testimonianza rischia di confermare la teoria del complotto, i testimoni che "si sbagliano" possono diventare anche 4.000: avranno udito tutti delle bombole del gas che scoppiavano, dei cassetti che cadevano, o delle porte che sbattevano, ma quelle semplicemente non erano esplosioni, perchè non potevano esserlo.

Talmente disperato è il ricorso all’ignoranza del deponente, che a volte il debunker ne fa uso quando non sia nemmeno possibile sostenerla. Prendiamo ad esempio il caso dei Ministro dei Trasporti Mineta, che durante la sua testimonianza denunciò involontariamente il fatto che Cheney fosse al corrente dell’aereo in avvicinamento su Washington (mentre la versione ufficiale sostiene che non ne sapesse più nulla da tempo).

In questo caso i debunker furono costretti a dire che Mineta “si sbagliava”, poichè non trovavano altre spiegazioni plausibili per quelle dichiarazioni palesemente incriminanti. Peccato che Mineta avesse deposto sotto giuramento, per cui sarebbe stato il primo a voler ritrattare una dichiarazione errata che incolpasse in modo così plateale il suo vicepresidente. Invece Mineta non l’ha mai corretta, e nessuno ha mai pensato di chiedergli di farlo. (Voglio dire, se tu vai davanti al giudice e per errore dichiari che io ho ucciso venti persone, come minimo ti chiedo di fargli sapere che ti sei sbagliato, no?)

Trattandosi di risorsa estrema, l’ignoranza del deponente è stata utilizzata in maniera autolesionistica anche in casi diversi dall’undici settembre. Nel caso Kennedy, ad esempio, vi sono almeno venti persone che dicono di aver visto un foro di circa 15 centimetri nella nuca del presidente ucciso (confermando quindi che il colpo mortale fu sparato dal davanti). Nonostante questo i debunklers del caso Kennedy (Federico Ferrero e Diego Verdegliglio i leader indiscussi, in Italia), sostengono che tutte queste persone si sarebbero semplicemente sbagliate, poiché “non erano medici patologi specializzati”. In altre parole, se tu non hai visto almeno 400 cadaveri nella tua vita, non sei in grado di distinguere un buco di 15 cm.- dal quale oltretutto “fuoriesce materia cerebrale in abbondanza”, come dissero molti dei testimoni - da un piccolo foro d’entrata nascosto fra i capelli, dove non riesci nemmeno ad infilare il dito mignolo.


Di solito il ricorso all’IGNORANZA DEL DEPONENTE indica che il debunker ha esaurito tutte le possibilità dialettiche a sua disposizione, e si prepara a dare fondo alla sua vera specialità, che è l’attacco diretto alla persona e alla credibilità dell’avversario. Il metodo preferito dal debunker in questo caso è la

UNIVERSALIZZAZIONE DEL PENALIZZANTE: Avviene quando il complottista commetta un errore, o presunto tale, che immediatamente il debunker metabolizza con voracità sorprendente, cercando di trasformarlo in prova definitiva, universale e irreversibile della più totale e completa malafede del suo avversario. E non soltanto.

Uno degli esempi più eclatanti è quello del professor Steven Jones, cattedra trentennale di Fisica all’Università dello Utah, e uno dei più noti scienziati ad aver accusato pubblicamente il governo americano di essere stato complice negli attentati dell’undici settembre.

Nell’ambito di una sua ricerca, il Prof. Jones pubblicò per sbaglio una fotografia di Ground Zero in cui alcune lampade dei soccorritori apparivano come pozze di metallo fuso, dando corpo alla tesi, da lui sostenuta, delle demolizioni controllate.

Fu proprio il sottoscritto a far notare l’errore al Prof. Jones, che lo corresse immediatamente. Ma ormai era tardi: i debunkers se ne erano appropriati con avidità sconcertante, e già lo presentavano ovunque – televisione compresa - come prova evidente della totale malafede di Steven Jones. Non contenti, i debunkers ne approfittavano per dire “lo vedete come lavorano i complottisti?”, cercando di allargare il discredito anche a tutti gli altri complottisti, passati presenti e futuri.

La meschinità del gesto, e l’evidente sproporzione fra il fatto e le conclusioni suggerite dai debunker, indicano in realtà lo stato di disperazione a cui si riesce a ridurre questi personaggi, se affrontati con la giusta dose di determinazione e preparazione.

Ricordiamo però che ormai siamo entrati nella “zona grigia”, dove nulla è più proibito al debunker che ormai sta lottando per la sua sopravvivenza.

E’ in queste circostanze che a volte il debunker è obbligato a ricorrere alle due sub-funzioni aggiuntive di cui abbiamo parlato in precedenza, la RFT e la SPF.

RFT sta per RAPPRESENTAZIONE DEL FINTO TONTO, e avviene quando il debunker, chiaramente messo in angolo, finge di non capire quello che è assolutamente evidente per chiunque altro. E quando l’avversario abbia la costanza di ripetergli il concetto finchè diventi impossibile eluderlo (molti si stancano prima, provocando il classico rumore - pam! pam! - delle palle che cascano secche sul pavimento), il debunker ricorre all’ultima possibilità che ancora gli rimane, la SPF.

L'acronimo sta per SINDROME DELLA PICCOLA FIAMMIFERAIA, nella quale il debunker si ricorda improvvisamente di un presunto torto subito in passato, che di colpo sembra ripresentarsi con dolori insopportabili, al punto da dover abbandonare temporaneamente il teatro di battaglia. (La SPF corrisponde all’opzione “buttati a terra ululando di dolore” che abbiamo descritto nel pannello di controllo di WINDOW 1.0).

Per illustrare meglio queste due sub-funzioni abbiamo scelto un esempio nel quale il debunker in questione – sempre il solito, purtroppo, ma è obiettivamente il più bravo di tutti - è riuscito ad attivare contemporaneamente ambedue le funzioni.

Si tratta del famoso “caso della portaerei”, nel quale Paolo Attivissimo fu accusato di aver abusato della fiduca dei suoi lettori, fingendo di aver scovato prove a supporto della sua tesi che non esistevano affatto. (Ne abbiamo già parlato sotto la funzione PUBBLICIZZAZIONE DELL’EVIDENTE).

Ebbene, pare che ultimamente il nostro abbia reagito ad un attacco particolarmente pressante, da parte di un altro complottista, dicendo (del sottoscritto):

"Una persona che non trova di meglio da fare che accanirsi contro di me perché a suo parere non ho indagato abbastanza pedantemente sulle origini di una barzelletta mi sembra decisamente a corto di argomenti migliori ma molto desideroso di rendersi ridicolo".

In questo modo ha dato uno splendido esempio di RFT (fingendo di non capire che il problema non è quello della “scarsa pedanteria”, ma dell’inganno intenzionale dei suoi lettori), e di SPF, spargendo per la rete un piagnucolio talmente penetrante da aver fatto piangere dozzine e dozzine di signore perbene.
Io stesso, lo confesso, non ho saputo trattenere una lacrimuccia.


CONCLUSIONE
Il percorso del debunker a difesa dello status quo è una specie di vortice, che inizia con spire ampie e maestose, eleganti e apparentemente disinteressate, per stringersi sempre di più in un gorgo scuro di aggressioni e scorrettezze, che aumentano di ferocia man mano che ci si avvicina al centro della spirale.

E' solo negli ultimi momenti che ci si gioca il tutto per tutto. Tutto quello che è avvenuto prima è stata solo una estenuante guerra di nervi, tesa a logorare l'avversario in vista dello scontro finale.

Chi ha avuto la forza di resistere fino a quel punto si trova ad un passo da una meritata vittoria contro l’impero della menzogna, ma chiunque decida di affrontare questo tipo di avventura deve prima accertarsi di essersi preparato al meglio per riuscire ad arrivare fino in fondo. Cedere in qualunque momento prima della fine significherà semplicemente aver sprecato tutte le energie per nulla.

Questo manuale può solo dare un piccolo aiuto in quella direzione, ma il resto deve mettercelo tutto chi voglia impegnarsi in questo genere di battaglia, con lo scopo ben preciso di ripulire al meglio la rete da questi professionisti della disinformazione.

Buone battaglie a tutti, debunkers compresi.

Massimo Mazzucco

sabato

LE CRISI IGNORATE

Di Antonella Randazzo






Il pianeta Terra è uno, ma il destino dei suoi abitanti non è uno solo.
Da diverso tempo ormai sentiamo strombazzare la parola “crisi” da molte fonti mediatiche. Ma molte aree del pianeta sono in crisi da molto tempo, e non si tratta di fallimento di banche ma di guerra, morte, torture, fame e violenza. Paesi come la Somalia, la Nigeria, il Ciad, il Darfur, lo Sri Lanka, il Nepal, la Birmania, l’Indonesia, Haiti, le Filippine e la Colombia vivono ormai da tempo in una realtà da incubo.
La guerra nello Sri Lanka ha ucciso oltre 70.000 persone. Dall’inizio degli anni Ottanta i singalesi lottano per quell’indipendenza che gli italiani, che vivono in un paese occupato militarmente e controllato capillarmente dal gruppo dominante, non sanno più nemmeno cosa sia.
Le nostre autorità sono sempre pronte a farci commuovere con le commemorazioni dell’Olocausto ebraico ma cercano in tutti i modi di insabbiare i genocidi che stanno avvenendo oggi, e i tanti pogrom contro tutti coloro che lottano per i loro diritti. Addirittura, quando questi dissidenti giungono nel nostro paese, spesso vengono bollati come “terroristi” e perseguitati. Ad esempio, nel giugno dello scorso anno la Digos ha arrestato diverse persone tamil, che pur essendo in lotta per i loro diritti, sono considerate in Europa e negli Usa come “terroristi”.
Si sa quanto i nostri governanti siano ossequiosi verso i loro padroni stranieri, infatti, essi non si risparmiano nel perseguitare dissidenti che hanno l’unica colpa di credere nel rispetto dei diritti umani. La criminalizzazione mediatica degli immigrati, attivata in grande stile negli ultimi decenni ha, fra le altre cose, anche l’obiettivo di ostacolare la comunicazione fra dissidenti che fuggono per salvare la loro vita da sistemi dittatoriali sostenuti dalle autorità occidentali, e cittadini dei paesi in cui si rifugiano.

Spiega il coordinatore dell’organizzazione dei giovani tamil in Italia, Kugathasan Thanushan: “Se veramente l'Italia è dalla parte della democrazia, invece di arrestare i tamil dovrebbe indagare sulla reale situazione in Sri Lanka, dove l'unica organizzazione terroristica è il governo che sta continuando il massacro di civili da ormai venticinque anni, con operazioni di pulizia etnica e di distruzione della cultura tamil. Gli arrestati sono tutti membri delle varie associazioni locali dei tamil, che hanno sempre svolto le loro attività con il permesso delle forze dell'ordine e organizzato eventi con l'appoggio delle autorità locali. Il mandato di arresto arriva non a caso dalla città di Napoli, dove c'è una forte presenza di singalesi sostenitori del governo. Non ci stupiamo di questo fatto: in Sri Lanka la libertà di stampa non esiste, e gli oppositori del governo hanno vita breve”.(1)

In Italia vivono alcune migliaia di tamil, riusciti a sfuggire all’inferno della guerra. Una guerra che ha le stesse caratteristiche di altre guerre: bombardamenti indiscriminati, persecuzioni spietate di tutti coloro che lottano per avere i minimi diritti umani, omicidi mirati e violenze contro i giornalisti che vorrebbero raccontare la verità su queste guerre.
In alcuni periodi i morti civili raggiungono livelli altissimi, avvengono veri e propri massacri, ma i mass media li ignorano e tutti noi crediamo che i bambini vengano massacrati soltanto in Medio Oriente. I genocidi o i massacri avvengono in moltissimi luoghi, in cui si chiede libertà e la possibilità di vivere una vita dignitosa.
I nostri soldati in Afghanistan si trovano a fianco degli occupanti e a sostegno degli oppressori portano diversi velivoli da combattimento pagati da tutti noi, che saranno utilizzati contro la resistenza afghana. Le autorità ci raccontano che questi mezzi servirebbero per "fotografare i papaveri da oppio", calpestando così la nostra intelligenza. Nel settembre del 2006 gli italiani parteciparono all'offensiva chiamata operazione 'Wyconda Pincer', che per sbaglio venne resa nota, facendo capire a tutti che le truppe Isaf non sono "truppe di pace" come ci raccontano.
Il "terrorismo" è un modo per giustificare la militarizzazione e la guerra da parte delle truppe occidentali. Come spiega lo storico Frank Furedi: "terroristi diventano tutte le persone straniere che non piacciono. Inoltre il terrorismo viene ridefinito come metafora multiuso ogni qualvolta il Terzo Mondo richieda un'azione concorde dell'Occidente".(2)
Le autorità anglo-americane ritengono di dover tenere ancora a lungo l’Afghanistan in “crisi” perché si tratta di un'area geostrategicamente importante, e perché occorre controllare la produzione di oppio.
La popolazione somala, attraverso le Corti islamiche, ha cercato di svincolarsi dal controllo statunitense, e di creare un sistema diverso. Per questo ha subito feroci bombardamenti e l’occupazione militare.
Ad Haiti, dopo lo sterminio degli indigeni Arawak e Taino ad opera dei conquistadores francesi e spagnoli, gli abitanti, che sono soprattutto i discendenti degli ex schiavi, per la loro volontà di autodeterminazione sono stati perseguitati e la loro economia ha subito gravissime devastazioni. Haiti è fra i paesi più poveri del mondo. A lungo i Caschi blu dell’Onu, insieme alla polizia haitiana, hanno commesso ogni sorta di crimine: stupri, uccisioni mirate e massacri di civili. Oggi i cittadini haitiani sono ancora in crisi e si sollevano gridando “abbiamo fame”, “fuori gli stranieri, via i Caschi blu”.
In Colombia le persone sono strette in un sistema oppressivo che uccide tutti quelli che non accettano di sottomettersi a chi imbraccia un’arma. I programmi di “aiuto” pagati dalle autorità statunitensi, come il “Plan Colombia” sono modi mascherati di alimentare la guerra e l’oppressione. Come spiega il Parroco della Parroquia de San Isidro Labrador, Padre Ángelo Casadei: “Qualunque guerra crea solo ingiustizie, da ogni parte, e chi ne porta il peso maggiore sono coloro che stanno nel mezzo: in questo caso i contadini. Sono pochi quelli rimasti da quando è iniziata la repressione nel Caguán, inaugurata dall'attuale Presidente. Una repressione che ha cambiato molto il nostro territorio. Molta gente se ne è andata e dà dolore vedere questo paese quasi vuoto. Qui abbiamo subito una vera "purga": è una repressione che vuole farla finita con la gente. Si stanno attaccando i piccoli commercianti del luogo, i loro lideres comunitari. È una guerra che sta lasciando solo morti. Le persone che restano sono disanimate… La cosa più triste di tutta questa storia è che molti dei desplazados fuggiti da Remolino si stanno vendendo all'Esercito e stanno denunciando persone innocenti che ancoro vivono qui cercando di rifarsi una vita onestamente. È una guerra tra poveri alimentata dalle stesse forze militari. E a pagare sono sempre gli stessi".(3)

Questi sono soltanto alcuni dei tanti esempi di gravissime crisi che esistono nel mondo.
Addirittura Medici senza Frontiere (Msf) parla di “adottare una crisi dimenticata”, in riferimento ai sessanta paesi attanagliati da gravissime crisi di vario genere (disastri naturali, guerre, epidemie, violenze, povertà, dittature, ecc.), completamente ignorate dai mass media. Msf, da cinque anni, pubblica il “Rapporto sulle crisi dimenticate”, per far emergere notizie che mai verranno date nei nostri telegiornali (per ulteriori informazioni www.crisidimenticate.it)
La “crisi” non è altro che il tentativo di abbattere un sistema ormai vissuto come tremendamente oppressivo persino nelle aree del Primo mondo.
Nel Terzo mondo queste crisi significano guerra, persecuzioni, mancanza di cibo e acqua e violenze di ogni genere.
Nel Primo mondo “crisi” significa che i paesi, sotto la stretta del debito e incalzati dai paradossi dell’attuale assetto economico-finanziario, diventano sempre più poveri e privi di risorse per la crescita sociale, culturale, civile ed economica. Le “crisi” sono dunque dovute alle stesse caratteristiche del sistema, e vengono sfruttate per sottrarre ancora più risorse pubbliche, attraverso le richieste di denaro per sostenere quelle banche e quelle grandi imprese controllate dalle stesse persone che sono responsabili della crescente povertà del paese e della stessa crisi.
Oggi ci chiediamo cosa accadrà e lo chiediamo ai politici, ossia agli stessi complici di chi ha ridotto il paese in miseria. Ma non possiamo certo credere che quelle stesse autorità che perseguitano coloro che nel Terzo mondo ancora credono nell’autodeterminazione abbiano a cuore le nostre sorti.
Le autorità occidentali non si riuniscono per avanzare la proposta di sopprimere il debito pubblico, per riformare il sistema finanziario o per sottrarre l’assetto economico al controllo dei pochi. No. Si riuniscono per cercare di elaborare nuovi modi per ingannare i popoli, nuovi modi per proteggere il gruppo egemone, nuovi modi per sottrarre altro denaro pubblico o nuovi modi per far accettare un sistema talmente iniquo che nel tempo non potrà che continuare a degenerare.
Qual è la soluzione?
Allo stato attuale delle cose l’unica via d’uscita è quella di non riconoscere più le istituzioni che reggono l’attuale sistema. Chiediamoci: cosa farebbero gli attuali personaggi al potere se nessuno andasse a votare, se nessuno riconoscesse più il valore dei loro pezzi di carta o se nessuno più li stesse ad ascoltare o si aspettasse da loro le soluzioni ai problemi?
Il potere di queste persone esiste soltanto se viene riconosciuto dai popoli, in caso contrario non esiste. Il potere è sempre stato dei popoli e sempre lo sarà, e la libertà non è altro che l’essere coscienti di questo. La forza dei popoli oggi sta nel riconoscere che esiste in realtà una sola, unica crisi, e non è quella economica o bellica, ma quella che richiede l’abbattimento di un’oppressione secolare ormai inaccettabile.


Copyright © 2009 - all rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it


NOTE

1) http://www.peacereporter.it/dettaglio_articolo.php?idart=11385
2) Furedi Frank, "New ideology of Imperialism", Pluto, Londra, 2004, p.116.
3) http://it.peacereporter.net/articolo/14694/Colombia%2C+una+scomoda+guerra+civile

venerdì

LIBERTA’ SOTTO CONDIZIONE E I CECCHINI DELL’ARBITRIO

Di Antonella Randazzo





Ci piace credere di avere un forte senso di libertà, e di essere capaci di attuarlo nella nostra vita e verso gli altri. Pensiamo che le persone condizionate dal sistema siano sempre le altre, mai noi.
Ma sappiamo anche che secoli di oppressione e di condizionamenti hanno prodotto persone che credono di essere libere, ma non lo sono.
I condizionamenti culturali li abbiamo “respirati” attraverso l’ambiente familiare, poi la scuola, la religione e in molti ambienti sociali in cui ci siamo trovati.
Si potrebbe obiettare che è esagerato trovare il condizionamento ovunque, ma basta intendere come le ideologie apprese nel sistema o nelle chiese siano limitanti per capire che non si sta esagerando. La verità è che le nostre menti vengono programmate sin dai primi anni di vita. Subendo tutti gli stessi condizionamenti non ci accorgiamo di essere diventati noi stessi il canale necessario a diffonderli.
Dimenticando cos’è libertà, si giunge a concepire soltanto un tipo di libertà “sotto condizione”, ovvero, una libertà soggetta ai giudizi altrui e ai nostri stessi giudizi, che determinano limiti.
Infatti, quando vediamo che altri agiscono in modo diverso da noi è difficile non provare l’impulso a giudicare, poiché, essendo in “libertà sotto condizione” siamo indotti a valutare negativamente le scelte diverse dalle nostre. Essere in “libertà sotto condizione” significa credere che esistano solo alcuni modi di agire bene, o che alcune scelte siano giuste e altre sbagliate anche se non danneggiano nessuno.
Spesso è la paura di essere giudicati a favorire la soppressione della creatività e dell’unicità, favorendo il conformismo.
Spiega il professore di Filosofia teoretica all’Università Statale di Milano, "Bicocca", Salvatore Natoli:
“La società in cui viviamo è fondamentalmente iperstimolante. Il soggetto si sente libero in quanto consuma, e quindi crede di scegliere. Viceversa, allorché non consuma si sente deprivato e meno libero. Si deve appurare quanto l’uomo effettivamente vuole ciò che consuma e quanto invece è "eterodiretto" nelle scelte. Probabilmente una delle modalità migliori per sperimentare la propria libertà è quella di opporsi alle mode e alle imposizioni urgenti che provengono dalla società dei consumi. La vera scelta è la ponderazione… l’uomo è libero se realmente si costituisce come un inizio, come una decisione che possa influire sulla realtà, cambiare il corso del mondo fino anche ad orientarlo. La libertà sostanzia qualcosa di innovativo, un salto di qualità. La libertà apre nuovi orizzonti. Se il gesto ripete quello che già c’è, è da dubitare che sia libero”. (1)

Anche Internet può non essere quel paradiso di libertà e di opportunità che qualche personaggio di regime propaganda, e talvolta appare restrittiva e specchio di quello che i media di massa producono. Basti pensare ai personaggi che vanno alla ricerca di contraddizioni o di errori per criticare o dileggiare. Ogni persona ha suoi difetti e contraddizioni, in quanto essere umano, e chi ha l’esigenza di metterli in evidenza svela una notevole incapacità di concepire la possibilità che ognuno sia libero di essere come vuole.
Investire tempo a colpire in modo personale gli altri, mettendo in evidenza i possibili difetti o le contraddizioni, appare un’aberrazione che soltanto una cultura di stampo nazifascista può produrre. Le persone che si comportano in tal modo potrebbero essere definite “cecchini dell’arbitrio” poiché possono mirare ad intimidire chi ha il coraggio di essere se stesso uscendo dal gregge.

Credere nella libertà è cosa assai più difficile di ciò che si pensa, e sono davvero poche le persone che sanno rispettare tutte le scelte, anche quelle opposte alle loro.
Eppure in teoria tutti sanno che le scelte vanno rispettate, se non danneggiano nessuno. Ma è risaputo che all’epoca del fascismo c’erano fior di squadristi che inneggiavano alla “libertà”, e oggi esistono gruppi politici che utilizzano la parola “libertà”, i cui esponenti sono assoldati per fare in modo che le persone non sappiano più neppure cosa significhi essere liberi.
La nostra cultura ha cercato da sempre di stigmatizzare chi fa scelte diverse dalla maggioranza, oppure di mettere il marchio di patologia persino su comportamenti del tutto naturali. Ad esempio, per molto tempo coloro che sceglievano un percorso esistenziale più creativo venivano bollati come “matti”, e persino il ridere è stato considerato in ambito psichiatrico come un comportamento potenzialmente patologico. Scriveva nel 1905 lo psichiatra Arthur Mitchell: “dato che ridere non è un comportamento controllabile ed è irrazionale, rappresenta una specie di disordine mentale transitorio”. (2)

Oggi, quando i mass media parlano di “diversi”, alludono a qualcosa di negativo, nella migliore delle ipotesi si tratta di immigrati che commettono reati, oppure di personaggi che fanno scelte sessuali atipiche. Dunque, quando pensiamo al concetto di “diverso” siamo spinti a caricarlo di un’accezione negativa.
Ci viene inculcata l’idea che chi fuoriesce dalle scelte della maggioranza abbia qualcosa di sbagliato, anche se non fa del male a nessuno. Eppure, come qualcuno ha detto, se davvero scegliamo di essere noi stessi siamo tutti “diversi” e “anormali”. Addirittura si potrebbe dire che la diversità rappresenti il senso della realtà, poiché se fossimo tutti uguali nulla potrebbe progredire. Come disse il filosofo Maurizio Ferraris: “Basta porsi una sola domanda: avrebbe senso parlare di un’idea, se non ci fossero altre idee, diverse?” (3)

Il sistema attuale ha l’esigenza di mostrare i veri artisti come drogati, alcolizzati o tormentati, per additarli come persone “non normali”, disturbate, e far capire che non conviene essere come loro. Ma gli artisti talvolta sono ben diversi da questi stereotipi, sono allegri e pieni di vita, come lo era il cantautore Rino Gaetano. Egli è stato descritto in un film prodotto dalla Rai come un alcolizzato, dal temperamento tormentato, capace di essere superficiale con le donne. E’ evidente che non si volesse raccontare la vera vita di questo grande artista, dato che non sono mai state interpellate le persone che lo conoscevano veramente, come la sorella.

Gli artisti, ovvero coloro che si comportano in modo più libero e autentico rispetto agli altri, vengono considerati alla stessa stregua dei dissidenti. Si cerca di far apparire queste persone come "diverse" e di caricarle di significati negativi per fare in modo che gli altri non seguano il loro esempio. Persino la denuncia di una realtà evidentemente non libera poiché dominata da un gruppo di persone, viene resa come una mania di persecuzione o associata a frustrazioni personali, o all'incapacità di adattarsi e di essere come tutti gli altri. Un modo assai efficace di mettere fuori combattimento chi solleva i paradossi dell'attuale sistema.

Sin da piccoli apprendiamo che non conviene essere veramente se stessi, e se tentiamo di esserlo veniamo disapprovati, o scoraggiati in vari modi.
In fondo gli artisti, come hanno sostenuto alcuni filosofi, sono diversi dagli altri in quantità e non in qualità. Questo significa che sono persone dotate di coraggio di essere se stesse, e di esprimere profondamente quello che sentono, anche quando ciò è difficile o non è conveniente.
Tutti noi potremmo scegliere di essere noi stessi, e dunque di essere gli artisti della nostra vita, qualora vincessimo la paura di essere sopraffatti dalla realtà esterna, o di trovare qualcosa in noi stessi che non collima con quello che gli altri ci richiedono.
Il non essere gli “artisti” della propria vita implica sempre un costo molto alto, che di solito non si valuta correttamente perché quasi tutti scelgono la strada più scorrevole, ovvero quella di adattarsi al sistema. Ma sappiamo quante persone soffrono di nevrosi (specie depressione), quante si ammalano di malattie psicosomatiche, e quante vivono un’esistenza qualitativamente al di sotto di quella che potrebbero avere. Ogni scelta ha il suo costo, e le sue conseguenze.

I peggiori nemici della libertà non sono coloro che producono disinformazione o cercano di controllare l’opinione pubblica, perché queste persone agiscono in modo libero nel sopprimere la libertà altrui. Queste persone abusano della libertà, approfittando del fatto che nel mondo di oggi la maggior parte delle persone non sa più cos’è la libertà. I peggiori nemici della libertà sono coloro che non posseggono più la capacità di essere liberi. Chi non è libero non riconosce nemmeno agli altri la possibilità di esserlo, diventando così il migliore alleato di chi sottrae la libertà ai popoli.
In un contesto non libero, le poche persone che agiscono in libertà possono persino suscitare sospetto. Ci si può chiedere: “come mai agiscono in tal modo?”, senza considerare che non è la libera scelta ad essere “anormale” ma la disponibilità degli individui a farsi omologare, a costo di vivere infelici o nevrotici.
Chi perde la capacità di capire cosa significa essere liberi perde anche la capacità di riconoscere la propaganda di regime, e di potersi liberare dal controllo mentale.
Oggi più che mai risulta difficile riconoscere la propaganda dall’informazione, o la disinformazione dall’intrattenimento.

Secondo gli studiosi Anthony R. Pratkanis e Elliot Aronson è possibile intavolare una discussione critica vincendo la propaganda:
“Per produrre una discussione critica (occorre): sondate le alternative, chiedetevi se c’è qualcos’altro che deve essere preso in considerazione… (raccogliete) un certo numero di suggerimenti… (fatevi) domande di approfondimento e di valutazione… Proteggete gli individui dagli attacchi e dalle critiche personali, in particolar modo se rappresentano punti di vista minoritari o divergenti”. (4)

Per capire se si tratta di propaganda o di vera informazione occorre chiedersi se il messaggio che stiamo ricevendo sta stimolando il pregiudizio, il pettegolezzo, gli aspetti superficiali, oppure ci sta invitando a riflettere.

Occorre interrogarsi sull’emotività suscitata dalla propaganda. Essa di solito fa leva sugli aspetti viscerali, invitandoci ad identificarci in un certo gruppo, partito o nazione, e a ritenere coloro che non vi appartengono come inferiori, oppure potenzialmente nocivi. Il modo in cui le nostre emozioni sono manipolate può creare effetti nocivi per i nostri stessi interessi. Occorrerebbe chiedersi: Quali emozioni questo messaggio suscita? Questo personaggio sta cercando di stimolare risposte emotive per il mio interesse o per accrescere il suo potere? Perché si tenta di screditare questa persona?
Ovviamente, il controllo dell’opinione pubblica e le limitazioni alla libertà non vengono attuate soltanto attraverso la propaganda, ma attraverso un sistema ideologico ben preciso, che ricalca le vecchie regole che mirano ad assoggettare gli individui.
Nel libro “Thought Reform and the Psychology of Totalism”, (5) Robert Jay Lifton, affronta il problema della deprogrammazione della mente condizionata, e considera otto criteri di controllo mentale: controllo del milieu, culto della confessione, manipolazione mistica, richiesta di purezza, scienza sacra, linguaggio caricato, dottrina contro persona e dispensazione dell'esistenza. Lifton ritiene assai distruttivo il caso in cui tutti gli otto punti vengono attuati su un individuo. Si può creare un controllo mentale distruttivo, che potrebbe portare persino alla morte.
Il “Controllo del milieu” equivale al controllo dell'ambiente, ovvero del rapporto fra le persone del gruppo e di come il gruppo influisce sull’individuo.
La “Manipolazione mistica” rappresenta la capacità di creare una realtà fittizia di esperienze "sovrannaturali" o fittizie, rese “reali”.
La “Richiesta di purezza” è l’esigere uno standard di prestazioni elevatissime, producendo frustrazione, sensi di colpa e vergogna. Si chiede un certo livello di sacrificio o masochismo. Si incute paura di non farcela, oppure un senso di disagio esistenziale.
Il “Culto della confessione” consiste nel distruggere i confini personali e fare in modo che ogni pensiero, sentimento o azione divengano di dominio pubblico, obbligando a condividerli o confessarli all’autorità. Queste informazioni saranno utilizzate per controllare meglio.
La “Scienza sacra” consiste nel far credere che sia necessario accettare dogmi, senza porre domande o avere dubbi. Viene offerta un’unica, assoluta verità, e si inculca l’idea che i leaders abbiano sempre ragione, e dunque occorra seguirli senza alcun senso critico o dubbio.
Il “Linguaggio caricato” consiste nell’imporre un vocabolario che limita gravemente i pensieri e risulta rigido e dogmatico (buono/cattivo, nero/bianco, noi/loro, ecc). Possono essere utilizzate frasi ad effetto oppure un linguaggio emotivo assai limitante.
La “Dottrina contro persona” è l’imporre la logica e le esperienze del gruppo su quelle della singola persona. La dottrina o l’ideologia vengono intese come assai più importanti della persona, che dunque deve adattarvisi anche con sacrificio e abnegazione.
La “Dispensazione dell'esistenza” è l’idea che i membri del gruppo abbiano diritto ad esistere mentre gli ex membri, i dissidenti o i critici non abbiano diritto ad esistere. Se un membro si allontana dal gruppo viene considerato “morto”.

Il sistema socio-politico-economico attuale attiva in modi diversi i meccanismi di controllo mentale, giungendo a “produrre” cittadini adatti a tale sistema (scienza sacra). Ad esempio, viene creato un ambiente in cui c’è la divisione noi/loro: cittadini/immigrati, destra/sinistra, donne/uomini, ecc. Inoltre, i mass media creano un ambiente intellettualmente deprivato, basato sugli aspetti più superficiali dell’esistenza (seduzione sessuale, protagonismo, emozioni immediate, ecc.) in modo tale che anche l’uso delle parole sia restrittivo e involuto (linguaggio caricato). Inoltre, vengono imposte ideologie implicite come fossero dogmi indiscutibili. Ad esempio il concetto di “sviluppo” economico, “competitività” o “globalizzazione” (dottrina contro persona), facendo credere di essere liberi in un contesto di forte dipendenza dal sistema, che tutto controlla e determina. Chi dissente diventa un “terrorista”, ovvero un nemico della società (dispensazione dell’esistenza). Molti individui vengono costretti a soffrire e a vivere stati di ansia e di preoccupazione (precariato, disoccupazione, povertà, ecc.), causate dalle esigenze del sistema stesso, facendo credere che essi sono obbligati a subire tali sofferenze, poiché sarebbero inevitabili (richiesta di purezza).
La maggior parte delle persone vive dunque in uno stato semi-ipnotico senza accorgersene, e questo è il successo maggiore che un sistema oppressivo potrebbe mai avere: rendere schiavi e far sentire liberi.
Come spiega Steven Hassan, viene messa in pratica “una tecnica capace di distruggere l’identità di un individuo… un sistema di influenze capaci di distruggere e sostituire l’insieme di credenze, comportamenti, modi di pensare, metodi di interazione con il prossimo. Una diversa fisionomia mentale che l’individuo non avrebbe mai scelto e mai accettato con la sua vera identità” .(6)

In ultima analisi, il controllo mentale consiste nel praticare tecniche che manipolano la vita mentale ed emotiva, a tal punto da indurre alla sottomissione, alla dipendenza e all’obbedienza. I dogmi vengono posti in modo sempre più indiretto e implicito, in modo tale che i soggetti non si rendano conto di obbedire a regole arbitrarie o dannose per i loro stessi interessi.
Chi non è più libero, ma crede di esserlo, tradisce la sua schiavitù cercando di impedire agli altri di essere liberi, e agendo in modo da far apparire del tutto doveroso imporre alcune scelte su altre e giudicare severamente chi fuoriesce dai canoni imposti. Può nascere in tal modo il pregiudizio verso le persone che non si conformano, e alcuni gruppi o individui verranno reietti o emarginati. La libertà diventerà dunque un lusso riservato a chi sa vivere in armonia con ciò che desidera essere, senza giudicare e senza dar peso ai giudizi altrui.



Copyright © 2009 - all rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it


NOTE

1) http://www.emsf.rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=680
2) Francescano Donata, “Ridere è una cosa seria”, Mondadori, Milano 2002, p. 11.
3) Intervista a “Donna Moderna”, 29 ottobre 2008.
4) Pratkanis Anthony R., Aronson Elliot, “L’età della propaganda”, Il Mulino, Bologna 2003, p. 350.
5) Lifton Robert Jay, “Thought Reform and the Psychology of Totalism” , University of North Carolina Press, 1989.
6) Steven Hassan, “Mentalmente Liberi”, Avverbi Roma 1999.

martedì

MASSONERIA E SETTE

Di Antonella Randazzo






Il concetto di “setta” richiama alla mente sparuti gruppi che praticano metodi di controllo mentale, che non hanno nulla a che vedere con le istituzioni e le chiese ufficiali. In realtà esistono gruppi che mirano a controllare anche all’interno di quegli ambiti che non usiamo definire sette, come le chiese, le ideologie misticheggianti (come alcuni gruppi new age) e la massoneria.
Essere settari significa pensare che soltanto la propria religione o ideologia sia vera e le altre siano tutte false. L’idea che la verità possa essere soltanto in un credo o dottrina è appannaggio non soltanto delle religioni ufficiali, ma anche di moltissime ideologie, compresa quella praticata dalla massoneria.
Molte persone non saprebbero spiegare cos’è la Massoneria, la associano ad un fenomeno singolare, quasi pittoresco, e ne sottovalutano l’importanza nel sistema attuale. Nei libri di Storia, per quel poco che se ne parla, essa appare come un’organizzazione “liberale”, che darà origine al presunto “spirito moderno pluralistico e relativistico”. Non c’è nulla di più sbagliato che ritenere tale immagine della Massoneria. Infatti, al di là di ogni tentativo di mistificare la sua realtà, essa appare una setta esoterica con obiettivi di controllo dei comportamenti e della mente.
I riti massonici sono finalizzati ad un’evidente assoggettamento, praticato attraverso la creazione di emozioni e sentimenti di subordinazione, come la ripetizione di frasi che evocano una terribile punizione qualora l’adepto volesse allontanarsi o rivelare i riti praticati. Ad esempio, il principiante deve recitare:
"Mi incateno sotto una pena per cui, possa la mia gola essere tagliata, la mia lingua sradicata dalla sua radice, possa io essere seppellito nella ruvida sabbia del mare dove l'acqua è bassa e bersagliato dal riflusso della marea e da doppie correnti per le ventiquattro ore del giorno, se io dovessi mai consapevolmente o volontariamente violare il giuramento solenne come apprendista principiante. Perciò aiutami Dio."

Il settarismo è rafforzato dall’esistenza di dogmi, ovvero aspetti della dottrina che non possono essere messi in discussione perché ritenuti fonte assoluta di verità.
Ufficialmente, la Massoneria rigetta chi crede che la verità sia in un’unica religione, tuttavia, essa propugna un indiscutibile “metodo”. Il politologo Alain Gèrard sosteneva che "la massoneria del Grande Oriente di Francia non è né una religione né una filosofia, ma soltanto un metodo". La Massoneria permette a tutti di aderire alla religione che si vuole, ma senza mettere in discussione il metodo, o percorso indicato dal vertice dell'organizzazione. Chi accetta il metodo massonico deve ritenere di percorrere un cammino di verità, deducendo che altri che non lo percorrono siano nell’errore.
Il pluralismo ideologico sostenuto dalla massoneria sarebbe dunque soltanto apparente, finalizzato a rafforzare quell’alone di “liberalità” a cui da sempre è stata associata.
Il credere di appartenere ad un’organizzazione liberale predispone all’assoggettamento. La massoneria attraeva in quanto non si riteneva contenesse quegli aspetti rigidi e dogmatici propri della religione.
Il metodo massonico implica l’esistenza di credenze etico-filosofiche, e l’impiego di segni, simboli e pratiche volti a produrre effetti sul pensiero e sul comportamento. In altre parole, l’assoggettato non deve credere di essere tale, e può aderire anche ad altre dottrine, ma di fatto la massoneria potrà esercitare un forte potere su di lui, a tal punto da indurlo ad agire nel modo voluto da chi sta al vertice dell’organizzazione. Questi effetti sono propriamente quelli che ogni setta si propone.
Il percorso spirituale che ogni religione indica non è di per sé settario, ma lo può diventare quando le autorità religiose predicano di possedere la verità assoluta e impongono dogmi. Gli adepti saranno indotti a ritenere di possedere la verità e per questo di essere privilegiati, e dunque che i non appartenenti alla loro religione siano nell’errore. Addirittura, come spiegava il massone di 33° grado Ulisse Bacci nel testo “Il Libro del Massone italiano” del 1908, la Massoneria sostiene che l’immortalità è data soltanto agli iniziati. E’ l’idea che attraverso l’iniziazione massonica l’uomo possa essere divinizzato, e quindi reso immortale.
L’idea che soltanto i massoni possano diventare divinità viene ripresa da dottrine gnostiche. Il membro del Supremo Consiglio dei 33 del Rito Scozzese Antico e Accettato, Elio Sciubba, spiega che “La massoneria è la gnosi. I massoni sono veri gnostici che continuano la loro millenaria tradizione”.(1)
Gli gnostici credevano di non doversi sottomettere ad alcuna legge esterna poiché essi, essendo divinità, decidevano liberamente le regole da seguire. I vertici massonici ritengono anch'essi di essere divinità e di dover imporre agli altri, che non lo sono, le leggi da loro decise. Quest’idea attribuisce al vertice massonico poteri di controllo dei meccanismi politici, economici o finanziari, ovvero il controllo occulto degli Stati. Non è certo un caso che la maggior parte dei personaggi di potere (passati e presenti) siano massoni.
Già in passato fu sollevato il problema che la Massoneria avesse le caratteristiche di una setta, e per questo un certo Giembi scrisse un articolo dal titolo “La Massoneria e le sette”, che in passato ha figurato sul sito Internet della Gran Loggia d’Italia della Regione Toscana. Nell’articolo si dice che la Massoneria sarebbe omologata ad una setta perché accoglie soltanto un’élite, e che dato che il termine "setta" ha una valenza negativa, sarebbero gli “antimassonici” ad ordire una manovra per screditare la massoneria, in modo del tutto “fantasioso”. In realtà non si tratta di fantasie ma di realtà e logica: chi fa assurgere i suoi adepti a divinità e pone un metodo indiscutibile, fondato su riti che prevedono giuramenti solenni (con minacce di ferimento o morte) e tecniche di controllo, non può essere che una setta, si chiami “Massoneria” o in qualsiasi altro modo. Al massone viene permesso di accettare il “relativismo”, ma gli si fa anche credere di possedere una “verità che è più vera delle altre”.

La Massoneria moderna nasce in Inghilterra il 24 giugno del 1717, ma ancor prima esisteva il movimento dei Rosacroce, che propugnava un assetto di tipo massonico. Nel 1717 furono create le quattro logge britanniche che formarono la grande loggia d'Inghilterra. Diversi anni dopo, negli Stati Uniti nacquero le logge americane di Philadelphia (1730) e di Boston (1733). Successivamente nacquero logge in molte parti del mondo. In Italia la Massoneria fu portata da alcuni cittadini inglesi, intorno al 1730. La prima loggia italiana fu creata a Firenze. A Milano, nel 1805, il conte Alexandre Grasse De Tilly creò il primo Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato per l’Italia. Lo stesso personaggio si dette un gran da fare per fondare altre logge in Europa e in America. I massoni italiani riceveranno vari incarichi durante i moti rivoluzionari del 1820-21, 1848-49 e durante il Risorgimento.

Originariamente i massoni sostenevano di trarre ispirazione dalla Bibbia, e di doversi distinguere dalle Chiese cristiane per i loro principi di libertà di pensiero e di associazione. Tuttavia, pur accettando adepti provenienti da ogni credo religioso e politico, la Massoneria in passato si ergeva come “religione delle religioni”, assurgendo a canale unificante delle religioni, idoneo a far raggiungere livelli elevati di evoluzione interiore. Persone appartenenti a tutti i credi religiosi hanno aderito alla massoneria, anche se la Chiesa Cattolica, fino al 1983, impediva (con un divieto papale) ai cattolici di aderire alle logge massoniche.
I massoni invocano il “Grande Architetto dell’Universo” come essere supremo. Ma questo Dio non risulta affatto essere lo stesso Dio delle grandi religioni. Un’importante autorità massonica, Manly Palmer, scrisse: "Quando il massone ... ha imparato il mistero della sua Potenza, le ribollenti energie di Lucifero sono nelle sue mani" (2), facendo intendere che Lucifero o Satana, è il loro Dio, che essi ritengono essere assai potente e fonte di potere per gli uomini.

Il massone Jim Shaw sostenne che la massoneria non si basa sulla Bibbia ma sulla Cabala, un testo medioevale di misticismo e magia. Il noto massone Albert Pike spiega che la "ricerca della luce massonica" conduce alla Cabala, quale fonte del credo massonico.
Pike, nel suo libro "Morali e Dogmi dell'Antica e Accettata Scottish Rite della massoneria per il Concilio supremo del 33° Grado", sostiene che la verità del culto massonico è conosciuta soltanto dagli adepti che giungono al livello 32° e 33° e che tutti gli altri vengono volontariamente tenuti all’oscuro e ingannati attraverso false interpretazioni.

Un altro noto massone, autore del testo, “Manual of the Lodge, Macoy and Sickles”, Albert G. Mackey, stabilisce legami fra i culti pagani e la massoneria. Spiega: "(la massoneria si ispira) agli antichi riti e alle pratiche misteriose in seno all'oscurità pagana."
In coerenza con questo, i massoni non parlano molto di “peccato”, sostenendo che ogni azione potrebbe essere accettata all’interno della “grande illuminazione” massonica. Essi non parlano nemmeno di “salvezza”, ma soltanto di un percorso di apprendimento, dall’iniziazione fino agli alti livelli. Sta di fatto però che agli alti livelli ci arrivano in pochissimi.
Per capire il vero tipo di culto a cui la massoneria si rivolge può essere utile comprendere i suoi simboli più ricorrenti, ad esempio, il simbolo della rosa, che troviamo anche nella denominazione “Rosacroce” e “Rosa Rossa”.
Chi è disposto ad accantonare lo scetticismo che aleggia su questi argomenti, può notare che da tempi assai remoti il simbolismo non ha rappresentato un fatto di sola immagine, ma un mezzo per produrre determinati effetti. I simboli servono a far passare conoscenze e informazioni in modo occulto, o a comunicare sapendo che soltanto chi è in grado di capire capirà.
La rosa rossa è un simbolo che può avere almeno due interpretazioni. Una è quella che associa il fiore al femminile e il colore rosso al menarca (già in epoca antica la rosa rossa simboleggiava il sangue versato), ad indicare i legami tra il ciclo lunare e il ciclo mestruale. Ciò richiama alla ciclicità che la luna compie, come metafora di un viaggio che ha un inizio e una fine, inteso come permanere all’infinito nel ciclo nascita/morte. In termini esoterici si tratta di evocare il potere del femminile di non dare vita o di dare vita ((la mancata nascita annunciata dal sangue e la potenzialità di generare confermata dallo stesso).
Il Maestro Massonico di 33° grado Ulisse Bacci nel testo “Il Libro del Massone italiano”, del 1908, chiarisce il significato di alcuni simboli massonici, fra i quali quello che collega la vita alla morte. Si tratta del mito pagano di morte e rinascita: “putrescat ut resurgat”, ovvero il rito del ciclo di morte-rinascita che viene utilizzato nel momento dell’iniziazione al grado di Maestro. Il dualismo morte/vita, bene/male, luce/tenebre è simboleggiato anche dai pavimenti delle logge, che hanno piastrelle bianche e nere.
L’altra interpretazione del simbolo della rosa è più complessa ed evoca la rosa nella sua doppia valenza bellezza/male o femminile buono/femminile malvagio. Infatti, la rosa, avendo le spine, inesorabilmente ferisce chi la afferra. Dunque, si tratta del femminile che attrae ma produce una ferita. La fuoriuscita di sangue dalla ferita può essere associata alla perdita di energia, vitalità. E’ la cosiddetta “ferita di Iside”, ovvero il femminile “buono” che cede energie al femminile “malvagio”, offrendo il sangue come in un sacrificio, e con esso la vitalità.
E’ assai antica la simbologia del femminile come buono/cattivo, che dietro la bellezza nasconde insidie.
La simbologia del fiore che sottrae energia facendo sanguinare potrebbe essere associata all’essenza dell’attuale sistema di potere. Tale potere non si basa sulla forza militare, come si potrebbe ingenuamente pensare, ma sulla sottrazione di energia vitale. Infatti, qualora tutti i popoli dovessero uscire dallo stato di “ipnosi di massa”, non ci potrà essere alcun esercito in grado di reprimere per ripristinare il precedente assetto. Si può dunque inferire che l’attuale sistema si basa su caratteristiche associate al femminile malvagio, inteso come manipolatorio, ingannatore, capace di assoggettare producendo uno stato ipnotico, senza dover utilizzare necessariamente alcuna coercizione fisica. In altre parole, esso fa appello al potere delle emozioni, reprimendo gli aspetti del femminile che producono emozioni del potere, come l’empatia, la solidarietà e l’amore, soppiantandoli con le emozioni dell’impotenza, come la paura e la rabbia.
Dunque, la massoneria esprimerebbe gli aspetti ombra (nascosti) dell’attuale sistema. Anche gli stessi adepti che non raggiungono gli alti livelli sono tenuti all’oscuro del vero senso della massoneria moderna, perché la ferita è inferta anche a loro. La ferita del cedere energie attraverso l’assoggettamento ad una realtà che ha l’obiettivo principale di limitare l’espressione delle potenzialità umane, per creare una società di persone dominate dalla loro stessa paura.



Copyright © 2009 - all rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it


NOTE

1) “Massoneria e satanismo”, Centro Orientamenti e Tradizione
Forza Nuova, http://www.paviatricolore.org/documenti/Massoneria.pdf.
2) Manly Palmer Hall, “The Lost Keys of Freemasonry”, New York, Penguin Books 2006, p. 48.